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27 Marzo 2017In periodi normali, a livello mondiale le elezioni politiche olandesi non avrebbero fatto notizia. Ma non siamo in tempi normali. I Paesi Bassi per decenni sono stati considerati come uno dei paesi del nord Europa più solidi e stabili. Non è più così, dal momento che la crisi del capitalismo mondiale ha degli effetti su questo piccolo paese.
Prima che i risultati delle elezioni olandesi fossero resi noti, la classe dominante europea si stava domandando se il PVV, il partito di Geert Wilders, sarebbe diventato il partito di maggioranza. Questa era anche la domanda che ponevano i tanti giornalisti stranieri che hanno invaso il paese. Dopo tutto, con la Brexit nel Regno Unito e Trump diventato presidente degli Stati Uniti, tutto poteva accadere. Questo era ciò che temevano ed era palpabile in tutte le loro dichiarazioni, articoli e commenti. Altrettanto evidente è stato il loro sollievo quando ha vinto il VVD, il partito del primo ministro Rutte.
Quando è stato chiaro che il VVD era primo con 33 dei 150 seggi (il 21,3%), i governanti europei erano al settimo cielo. L’ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha twittato la sua felicità per il risultato delle elezioni. Jean-Claude Juncker si è congratulato con Rutte, chiedendogli di “costruire insieme una forte Europa”. Ora spera che Macron vinca alle elezioni presidenziali francesi e che Schulz o la Merkel vincano in Germania. Sperano che tali vittorie pongano fine alla marea di populismo di destra che si sta diffondendo in tutta Europa e non solo.
Il PVV è arrivato secondo ottenendo 20 seggi e il 13,1% dei voti. Questo è meglio del risultato del 2012 quando ottenne 15 seggi e il 10,1%, ma non gli è riuscito di ripetere l’exploit del 2010, quando il partito ottenne 24 seggi e il 15,4% dei voti totali.
Per la classe dominante europea questo è stata vista come una buona notizia dato che ora ci sarà una ampia coalizione di governo con un carattere più europeista, qualcosa di cui hanno disperatamente bisogno in questi tempi di incerte condizioni economiche globali.
Wilders ha costruito la sua popoalrità con le sue posizioni anti-islamica e anti-profughi, chiedendo la messa al bando del Corano, la chiusura delle moschee e delle scuole islamiche e per fermare l’ingresso dei rifugiati. Ha demagogicamente utilizzato i tagli alla spesa sanitaria per affermare che “gli stranieri ottengono denaro gratis, mentre la nostra gente deve soffrire”. Ma sembra che questa propaganda reazionaria abbia cominciato a logorarsi e dopo essersi presentato per molti anni come un leader “anti-establishment”, non ha ottenuto i progressi elettorali che si aspettava.
Molti potenziali elettori del PVV hanno deciso di votare per Rutte. L’elemento principale si trova nell’economia. Negli ultimi due anni c’è stata una lieve ripresa. Nel marzo dello scorso anno, la disoccupazione si attestava al 6,4% mentre ora è scesa a circa il 5% [fonte]. Dopo i due anni di recessione (nel 2012-13), nel corso degli ultimi due anni l’economia ha raggiunto una crescita del PIL superiore al 2%. Rutte ha potuto rivendicarne il merito. I suoi elettori temevano anche – soprattutto alla luce del voto sulla Brexit – che un ampio voto per il PVV avrebbe destabilizzato il paese mettendo a rischio la ripresa economica.
Negli ultimi giorni prima delle elezioni anche il “Caso Turchia” ha giocato un ruolo. Il governo olandese ha voluto limitare e regolare una visita del ministro degli esteri di Erdogan che stava conducendo una campagna tra gli emigrati turchi a favore di un voto per il Sì nel referendum costituzionale reazionario. Dopo aver giocato un rischio calcolato, nessuna delle due parti era pronta a cedere all’altra e i due governi sono arrivati ad uno scontro frontale. Al ministro turco è stato impedito l’ingresso al consolato turco di Rotterdam e la polizia si è scontrata con i manifestanti turchi di destra.
I media olandesi di destra hanno appoggiato tutto questo dal momento che “abbiamo finalmente dimostrato di essere i padroni delle nostre strade”. Questo fatto ha rafforzato la reazione su entrambi i lati dando un vantaggio sia a Rutte che a Erdogan. Anche se questo non è stato l’unico fattore, certamente ha dato una vantaggio dell’ultimo minuto a Rutte.
Altri sviluppi significativi sono stati la storica battuta d’arresto del PvdA (il partito laburista olandese), l’aumento dei voti per i cristiano-democratici della CDA e dei liberali del D66, un grande aumento per GroenLinks (Sinistra verde) e la stagnazione dell’SP (Partito Socialista).
Una battuta d’arresto per la coalizione al governo e il crollo della socialdemocrazia
Tuttavia, nonostante tutti i discorsi sulla ripresa economica, la coalizione di governo del VVD-PvdA guidata da Mark Rutte non è popolare. I partiti della coalizione hanno visto scendere il numero complessivo di seggi da 79 a 42. Questa battuta d’arresto è dovuta principalmente alla massiccia perdita di voti della PvdA che passa da 38 seggi (24,8%) a 9 (5,7%), la sua più grande sconfitta elettorale di sempre.
Nel 2012 il partito di destra del VVD affermava chiaramente che avrebbe introdotto misure di austerità per far uscire l’Olanda dalla crisi. I socialdemocratici del PvdA si erano opposti in campagna elettorale, facendo però una svolta di 180 gradi dopo le elezioni con l’appoggio esterno al governo, condividendo così le responsabilità per l’austerità, i tagli alla spesa sanitaria e l’introduzione dei prestiti per gli studenti.
Il VVD sostiene che la piccola ripresa dell’economia è dovuta al “male necessario” delle politiche di austerità e che grazie a questo “nei prossimi decenni” la crescita tornerà ad essere all’ordine del giorno. Nessun altro partito ha messo in discussione questa idea e il VVD se ne è potuto vantare come di una propria conquista.
Dall’altra parte il PvdA diceva che “visto che alla fine è tornata la crescita, stavolta possiamo davvero attuare il nostro programma del 2012”. Fatta eccezione per un paio di piccole riforme, non ci sono risultati di cui vantarsi in questa epoca di crisi e di controriforme.
Questo spiega il tracollo del PvdA come parte di un disegno più ampio, la crisi più generale del riformismo che abbiamo visto altrove, come il Pasok in Grecia, il PSOE in Spagna e il PS in Francia. In questa epoca di crisi del capitalismo, i partiti riformisti non possono più attuare un programma di riforme, quindi si trovano di fronte ad un dilemma storico.
I riformisti del PvdA non hanno vinto in nessun collegio elettorale. Nelle grandi città hanno perso voti tra la classe media e i giovani, in favore dei partiti della sinistra liberale del D66 e del GroenLinks. Quella che era la loro base tra i turchi di seconda generazione e i marocchini si è ridotta a causa della svolta a destra del PvdA in materia di immigrazione. Hanno adottato un atteggiamento “duro” e più sciovinista nei confronti degli immigrati, credendo che questo gli avrebbe fatto riconquistare quei voti che erano andati al PVV. A causa di questa svolta, due parlamentari turco-olandesi hanno lasciato il partito, per formare il Denk (Penso), un partito multiculturale che ha avuto un certo successo nelle grandi città e ha ottenuto 3 seggi in parlamento. Un partito che, nonostante il suo programma di lotta contro la discriminazione, è in realtà un partito conservatore con legami con le organizzazioni reazionarie turche.
Perfino nella provincia settentrionale di Groningen, che ha una forte tradizione socialista e comunista e che in passato ha sempre votato PvdA, il partito ha perso rispetto a PVV e SP. Il PvdA non è stato aiutato dal fatto che fosse al governo mentre scoppiava un movimento di massa contro le trivellazioni di gas a Groningen, una cosa che negli ultimi anni ha portato a terremoti che hanno danneggiato alcune case. Il governo Rutte ha messo gli interessi della NAM, la compagnia del petrolio e del gas (di proprietà di Shell e di ExxonMobil), prima della sicurezza degli abitanti di Groningen. Il ruolo del PvdA di appoggio esterno al governo ha così portato ad un calo dei voti anche in questo tradizionale roccaforte del partito.
Questa è la più grande sconfitta che il partito abbia mai sofferto nella sua storia. Quegli elettori che sono rimasti fedeli al partito sono soprattutto persone anziane. Di quelli che hanno votato PvdA in queste elezioni, il 44% era di età superiore ai 65 anni. Questo è il prezzo che il partito ha pagato per non essere riuscito a offrire una reale alternativa all’austerità portata avanti da Rutte.
Il populismo ha perso?
Appena è diventato chiaro che Wilders non aveva sfondato come temuto da alcuni, sia in Olanda che all’esterno si è esultato per il fatto che “il populismo ha perso”. La marcia inarrestabile del populismo di destra sembra essersi arrestato sulle rive del continente europeo, con l’Unione europea al sicuro, almeno per ora.
Questa però non è l’intera storia. È vero che Wilders non è riuscito a vincere, ma le sue politiche lungi dall’essere respinte, vengono assunte dagli altri partiti. Mark Rutte ha invitato le persone “che non rispettano i valori olandesi” a lasciare il paese. Un altro membro di spicco del suo partito, Halbe Zijlstra, ha detto che “molti rifugiati arrivano in Olanda per avere la chirurgia plastica gratuita”. Rutte è stato uno degli architetti degli accordi tra UE e Turchia per respingere i rifugiati e sta cercando altri accordi simili con i paesi del Nord Africa.
I conservatori del CDA hano condotto una campagna di destra per prendere i voti dei potenziali elettori del PVV nelle piccole città e nei distretti rurali . In passato sono stati il principale partito borghese, con un’ala conservatrice e una più “sociale”, legata alla federazione sindacale cristiana. Dopo anni di declino, la loro ala sociale è evaporata quindi ora si stanno concentrando sul populismo di destra, copiando molte delle posizioni del PVV e richiedendo misure di sicurezza di vasta portata contro “la minaccia dell’Islam radicale”.
Questo significa che i tre maggiori partiti hanno adottato, almeno in parte, una retorica populista di destra. Poi c’è il nuovo partito populista di destra, il Forum per la democrazia, che è uno sbocco per gli strati tipicamente “intellettuali conservatori”. Questi partiti insieme hanno ora 64 seggi, circa il 40% del Parlamento. Questo risultato, che è ovviamente diverso da una grande vittoria PVV, significa che nei prossimi anni questi partiti cercheranno istericamente di fare un gran rumore sulle misure di sicurezza, sull’Islam radicale, sulla minaccia dei cittadini con il doppio passaporto sleali verso il paese e la “minaccia per l’identità olandese”.
La sinistra liberale
Anche il D66 e il GroenLinks, i partiti che si sono opposti esplicitamente al populismo di destra, sono cresciuti. Questi partiti sono per lo più un fenomeno urbano, forti tra la classe media delle città. Anche molti giovani hanno votato per questi partiti, in particolare gli studenti.
Il D66 è un cosiddetto partito liberale “progressista”, ma è in realtà formato da una élite urbana che vuole applicare la deregolamentazione del mercato del lavoro e vuole eliminare i contratti di lavoro stabili ottenuti in anni di lotta dalla classe operaia olandese. Lo fa dicendo che abbiamo bisogno di ridefinire il significato di “fissi”. Questa è la natura della sinistra liberale, opporsi al nazionalismo di Wilders con un liberismo di mercato urbano cosmopolita, che è ugualmente contrario agli interessi dei lavoratori.
D’altra parte, il GroenLinks ha attratto molti nuovi giovani elettori. Il partito ha cercato di “radicalizzare” la sua immagine con la nuova figura di primo piano, quel Jesse Klaver che parla di una nuova speranza e copia l’immagine e la retorica di Obama e Trudeau. In questo senso il suo “radicalismo” è falso, ma la sua crescita elettorale è reale.
Il GroenLinks è passato da 4 seggi (2,3%) a 14 (8,9%), un record assoluto per il partito. Ad Amsterdam è diventato il partito con più voti. Il suo “anti-populismo”, l’essere pro-rifugiati e le politiche ecologiche trovano l’appoggio di un nuovo settore di giovani. In passato, Jesse Klaver ha sostenuto delle controriforme, come ad esempio l’introduzione dei prestiti per gli studenti e la “flessibilità” del mercato del lavoro. I nuovi elettori giovani non hanno grossa memoria di queste cose. Dovranno quindi imparare a proprie spese qual’è la vera natura di Klaver.
Con la stagnazione del Partito Socialista e la decimazione del PvdA, si è preparata per i prossimi anni l’arena per una “battaglia” tra il liberismo di sinistra e il populismo di destra. Ci saranno dibattiti simili alle discussioni che ci sono state in Gran Bretagna sulla Brexit e ai discorsi visti nella campagna della Clinton contro Trump riguardo al “male minore”. Così le questioni socio-economiche reali saranno messi da parte, mentre gli attacchi contro la classe operaia saranno all’ordine del giorno, soprattutto quando “la nuova epoca di crescita” si fermerà.
La stagnazione del Partito Socialista
In teoria il Partito Socialista, riformista di sinistra, avrebbe dovuto essere in una posizione vantaggiosa, visto che c’era un sacco di disillusione verso il governo di Rutte e in particolare verso il PvdA. Però questo non si è concretizzato. Partivano da 15 seggi (9,6%) ma ne hanno perso uno e sono scesi a 14 (9,2%). Questo è di gran lunga inferiore a quello che hanno ottenutp nella storica vittoria del 2006, quando è diventato il terzo partito con 25 seggi (16,6%).
Quando dopo le elezioni del 2006, non sono stati fatti entrare nel governo, la leadership ha dichiarato che il problema era che il partito fosse stato “troppo radicale” e dunque hanno moderato il programma. Da allora il partito ha guidato molti Consigli locali, spesso in coalizione con partiti di destra. In questo processo il partito ha perso membri e non è mai più stato in grado di ottenere lo stesso risultato elettorale.
Il partito è quindi entrato in stagnazione, nonostante tanti buoni attivisti e campagne come quelle per un Servizio Sanitario Nazionale, per affitti più bassi e salari minimi e sussidi più alti. Sono state sicuramente buone campagne, ma l’attenzione primaria alle problemi di base non è stato sufficiente.
Tra i giovani il voto per il SP è al di sotto della media nazionale. Dagli elettori più giovani viene visto come un partito per gli anziani, i poveri e gli ammalati, anche se, per fare un esempio, si batte per l’abolizione del sistema del prestito per gli studenti.
Il partito ha cercato di inseguire gli elettori del PVV non adottando una forte presa di posizione “a favore dei migranti” e rimanendo “neutrale” su molte questioni. Il partito è favorevole a porre fine alla libera circolazione di lavoratori immigrati dall’Europa orientale. La sua posizione sull’Unione Europea è poco chiara, una miscela di riformismo di sinistra con elementi sciovinisti. Il SP sottolinea la necessità di avere più polizia per le strade e sostiene acriticamente tutto ciò che viene in mente ai sindacati di polizia, mentre ci sono molti problemi di violenza poliziesca e sui giovani migranti.
Solo verso la fine della campagna elettorale il partito ha iniziato a parlare della questione della discriminazione. Nel frattempo, molti attivisti immigrati giovani e antirazzisti si sono uniti a Denk o a Artikel1 (nato da una scissione di Denk), non sentendosi a proprio agio con il SP.
Ciò che è necessario per far ripartire il partito è una chiara posizione socialista e internazionalista. Inseguire gli elettori del PVV non aiuterà affatto. In generale, servirà solo a rafforzare i partiti di destra. I lavoratori che votano il PVV devono essere conquistati con politiche socialiste e non attraverso quelle nazionaliste.
Gli altri partiti
Alcuni altri partiti minori hanno visto una certa crescita. Il Partij voor de Dieren (Partito dei Diritti degli Animali) combina la politica sui diritti degli animali con un radicale politica economica della “decrescita” e una critica del “modo di produzione”. La sua crescita da 2 a 5 seggi è un segno della radicalizzazione degli elettori degli ambientalisti, stanchi del liberismo verde di GroenLinks.
50PLUS, un partito demagogico per “persone con più di 50 anni”, è riuscito a convincere una parte di anziani ed è cresciuto da 2 a 4 seggi. In precedenza abbiamo accennato ai nuovi arrivati del Denk e del Forum per la Democrazia che hanno ottenuto rispettivamente 3 e 2 posti. Una delle poche costanti delle elezioni è il voto per i piccoli partiti cristiani, che uniti hanno ottenuto 8 seggi.
Artikel 1, nata da una “confluenza” di sinistra di Denk, non ha ottenuto neanche un seggio nonostante il sostegno di molti attivisti antirazzisti. Gli attivisti di questo partito devono capire la necessità di collegare la lotta contro la discriminazione ad un chiaro programma socialista di trasformazione della società e di spiegare che la discriminazione è radicata proprio nella società di classe.
Prospettive
A questo punto Mark Rutte deve formare un governo con quattro o cinque partiti. Wilders non ha vinto, ma il prossimo governo non sarà stabile a lungo. Sarà una vasta coalizione, che probabilmente includerà il CDA e il D66, per poi fare entrare anche il GroenLinks o il piccolo partito Unione Cristiana.
L’apparente stabilità del governo comincerà ad essere compromessa non appena inizierà a mettere in pratica le sue politiche. Una delle prime misure che introdurranno saranno le cosiddette “nuove riforme del mercato del lavoro”. Quando la “grande ripresa” si concluderà, vedremo poi tagli ancora più drastici, che segneranno la fine della luna di miele con questo governo e sarà anche la fine della credibilità dello stesso Mark Rutte, visto che sarà chiaro a tutti che la recente ripresa economica non era per nulla dovuta a lui.
Ci saranno delle opportunità per il SP, ma deve cambiare rotta. Invece di far vedere quanto sono “pragmatici”, devono lottare per un programma socialista. Se non si spostano a sinistra, l’opposizione verrà combattuta sulle basi “culturali”, di GroenLinks da una parte e del PVV dall’altra.
Il crollo elettorale del PvdA avrà un effetto anche sulla FNV, la federazione sindacale. Con il PvdA al governo, la burocrazia sindacale sentivano sempre di avere un punto di appoggio e lo usavano come scusa per non lanciare le mobilitazioni. Ora che questo appoggio è svanito, potrebbero essere costretti, contro la loro stessa volontà, a fare delle mobilitazioni quando i padroni inizieranno ad attaccare i lavoratori.
È dunque chiaro che mentre nel breve termine il risultato elettorale potrebbe dare “stabilità”, nel lungo termine nulla è stato risolto. Non viviamo più in “condizioni normali”. Le contraddizioni fondamentali che derivano dalla crisi del capitalismo mondiale non sono state rimosse. Nei prossimi anni, sempre più giovani e lavoratori capiranno, grazie all’esperienza, che il problema non è quello della crescita del “populismo”, che ha una presa su certi strati della popolazione, ma è il sistema stesso ad essere marcio fino alle fondamenta e che quindi dobbiamo spazzarlo via.
L’Olanda è entrato in un periodo di crescente instabilità. La recente ripresa economica ha dato un po’ di tregua alla classe dominante. Ma l’Olanda non può sfuggire alle conseguenze della crisi più generale del capitalismo che colpisce sia l’Europa che il mondo. Questo costringerà il governo ad una offensiva contro i lavoratori, nel tentativo di quadrare il cerchio economico. Così si aggraverà il già instabile equilibrio politico e sociale.
Nel passato, la classe operaia olandese ha ottenuto molte concessioni dai capitalisti, ottenendo uno degli tenori di vita più alti del mondo. Ormai è diventato un grosso problema per la borghesia olandese, e nel tentativo di eliminare tali riforme, vedranno tornare i lavoratori alle loro storiche tradizioni di lotta di classe. In questa situazione, una tendenza marxista radicata tra i giovani e la classe operaia può diventare un potente polo di attrazione per i settori più radicalizzati.