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Elezioni a Roma: la sinistra che non c’è e quella che bisogna costruire

Roma nel 2016 è una città stravolta da anni di mostruosi tagli alla spesa corrente che hanno portato al collasso trasporti, case, strade, raccolta dei rifiuti e tutti i servizi pubblici.

Una città che vuole costruire un nuovo stadio (mentre ne ha uno, il Flaminio, in stato di completo abbandono) e candidarsi per le Olimpiadi del 2024 quando ancora paga i danni degli scandali dei mondiali di nuoto del 2009; dove ci si scaglia regolarmente contro i sindacati e contro i lavoratori e si chiudono gli occhi sul fatto che 70 appalti su 100 sono affidati senza gara ad aziende di cui non si controlla nemmeno il documento Antimafia o il Documento di regolarità contributiva (MafiaCapitale gode ancora di ottima salute); dove si è pronti a sgomberare centri sociali e spazi occupati ma, delle case in centro affittate in maniera clientelare a morosi o abusivi, ne sono state recuperate solo il 2%.

Dove l’ATER, l’Ente che gestisce le case popolari (case popolari si fa per dire…), ha lanciato una nuova guerra a suon di sfratti e di cartelle esattoriali (che in alcuni casi arrivano a oltre 100mila euro) contro chi ha affitti non pagati (e magari ha dovuto sborsare di tasca propria migliaia di euro negli ultimi anni per fare la manutenzione di case a pezzi che l’Ater regolarmente si dimentica di fare, ecco la corruzione e gli scandali su cui si chiudono gli occhi!).

Servizi pubblici allo stremo

Il debito consolidato del comune di Roma è passato dai 22,3 miliardi di euro del 2010 ai 13,6 del 2015. Nove miliardi di euro di tagli in cinque anni. E il piano di lacrime e sangue continua fino al 2048! (IL SOLE24ORE del 19/02/2016)

Il bilancio del 2016 taglia altri 160milioni di euro alla spesa corrente per i servizi ed è prevista una riduzione del 3% alle spese del dipartimento scuola, già martoriato dai tagli di tutte le giunte che si sono succedute negli ultimi vent’anni, oltre all’aumento delle rette per i nido dove ci sono ancora dieci milioni di euro di tagli.

roma1Sempre nel bilancio del 2016 ci sono tagli del 20% per tutte le partecipate dal comune (le ex municipalizzate), Atac e AMA in testa; 30 milioni in meno per il personale, da trovare con licenziamenti e tagli al salario, tutto questo mentre lo stesso Documento Unico di Programmazione (Dup) del commissario Tronca mette nero su bianco che per adempiere ai servizi essenziali al Comune mancano 8000 dipendenti (pag 184-185). E se entreranno un po’ di multe si troverà qualche euro per la manutenzione delle strade e delle fognature. ( IL MESSAGGERO del 16/02/2016)

Prefetti e Commissari al comando

Dopo la caduta di Marino, il sindaco che si professava più renziano di Renzi nell’attacco all’articolo 18 e che si è lanciato anima e corpo in un attacco a 360gradi contro lavoratori e sindacati, è stato il turno del duo Prefetto Gabrielli e Commissario venuto da Milano Tronca che, come prima cosa, hanno rilanciato in grande stile l’offensiva anti-sindacale e contro i movimenti.

La repressione è agli apici: basti pensare che la stagione politica 2015-2016 si è aperta con la polizia che si è fatta trovare in stile Genova 2001 ed ha impedito un corteo a San Lorenzo col prefetto che, all’incontro del giorno prima in Prefettura, veicolava il suo slogan istituzionale dell’anno: per ogni nuova occupazione due sgomberi.

Preso il testimone da Marino, Gabrielli l’ha passato al commissario Tronca.

Al grido Roma è la città più assenteista d’Italia Tronca si è voluto distinguere dal suo predecessore, dando più vigore al piglio anti-sindacale e contro i lavoratori dei suoi interventi.

Si annoverano tra le azioni del commissario moralizzatore: un nuovo taglio al salario accessorio; la caccia all’uomo in stile Marchionne di tutti quelli che hanno i congedi parentali per la legge 104 e il lancio della privatizzazione degli asili nido contro la quale le educatrici del Comune sono in lotta.

Tronca, visto che non erano massacranti a sufficienza, ha aumentato i tagli: una ulteriore sforbiciata di 73 milioni in più sul bilancio 2016 rispetto a quanto inizialmente previsto; 60,7 milioni in meno per il salario accessorio, 8,8 milioni in meno per la manutenzione degli edifici, 8,4 milioni di tagli per l’ambiente e le bonifiche, 3,7 milioni in meno al sostegno per l’acquisto di libri per gli alunni delle scuole medie e superiori, 2,2 milioni in meno per le mense comunali; 2 milioni in meno al trasporto pubblico (Il Messaggero – 13/03/2016).

Scene di lotta di classe nella capitale

Il 6 giugno 2014 si è tenuto il primo sciopero dei dipendenti comunali di Roma (26.000, la più grande azienda di questo Paese), contro l’applicazione del nuovo contratto proposto dall’amministrazione Marino (il quale teorizzava che il buco enorme del bilancio comunale dovessero pagarlo i lavoratori); era prevista flessibilità selvaggia e disponibilità a qualsiasi orario di servizio per accedere al salario accessorio, tolto il quale non rimangono stipendi da parlamentari, ma solo salari da fame.

Una mobilitazione che ha visto scendere in piazza tutti gli impiegati del comune, le maestre e le educatrici di asili e scuole materne e i vigili urbani.

In questi due anni, la lotta dei dipendenti comunali è andata avanti, seppure tra mille difficoltà e attacchi che sono venuti da tutte le parti.

roma2L’incapacità dei dirigenti sindacali di dare una prospettiva ed una piattaforma unificante a tutti i settori in lotta hanno momentaneamente sfibrato la disponibilità a continuare le mobilitazioni, soprattutto in un momento in cui (estate 2015) si scatenava a livello nazionale sulla stampa borghese (Il Messaggero punta centrale, Repubblica e Corriere della Sera ali di sfondamento) una campagna con un livore senza precedente contro i lavoratori romani.

Succedeva così che il Colosseo diventava un monumento inaccessibile a vita per via di due ore di assemblea sindacale. E i lavoratori della metro vedevano scagliarsi contro giornali, televisioni e qualche cittadino che guarda troppo la televisione, solo perché portavano avanti una lotta contro la richiesta di essere disponibili ai turni fino a 11 ore nell’arco della giornata. I lavoratori della città di Roma sono stati attaccati per poter peggiorare le condizioni di tutti i lavoratori del Pubblico Impiego, a partire dalla proposta (c’è ancora qualche disegno di legge da discutere in parlamento) di togliere l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori anche ai dipendenti pubblici.

Come se tutto questo non bastasse, è proseguita a tamburo battente la campagna per la privatizzazione di Atac (trasporto pubblico) e Ama (la municipalizzata dell’ambiente), corredata da peggioramenti nella turnazione ed aumenti dell’orario di lavoro.

Centrodestra e Centrosinistra in frantumi

Il Movimento Cinque Stelle, con una immagine offuscata a livello nazionale dalla retromarcia sulle unioni civili e da qualche scandaluccio in giro qua e là per lo stivale, al termine di una arzigogolata procedura di selezione, ha candidato la ex consigliera Raggi e forse lascia sul tavolo una vittoria annunciata: prima dichiarazione della neo-candidata contro i rom che non lavorano e vogliono il posto nei campi, assistenza e servizi mentre sul tema privatizzazioni e diritti dei lavoratori capitolini il silenzio è assordante.

Alfio Marchini, rampollo di una nota famiglia di costruttori romani, candidato a sindaco almeno da quando in questo paese qualcuno dava ancora retta a Monti, si ritrova solo con l’appoggio di Alfano mentre Berlusconi candida Bertolaso, ex capo della Protezione Civile che ha arricchitto i costruttori dopo la tragedia del terremoto a L’aquila e uomo dell’Opus Dei che, a guardare bene, un pregio ce l’ha: essere altamente detestabile per aver messo la faccia e anche qualcos’altro in tutti gli scandali degli ultimi dieci anni in Italia.

Fratelli d’Italia sembra abbiano rotto gli indugi e così anche il centrodestra.

Si candida la ministronza Giorgia Meloni, quella che strizza un occhio agli ambienti (ristretti) del neofascismo romano e l’altro a quelli (decadenti) del berlusconismo e fa le campagne demagogiche sul pane e la casa agli italiani. Salvini, dopo la farsa delle sue primarie che dovevano minare i diktat di Berlusconi, ora trova finalmente una sponda per scagliarsi contro l’ex padrone incontrastato del centrodestra e sostiene la Meloni dopo aver agganciato tra le sue fila (in un abbraccio benedetto da Marion Le Pen) qualche reduce della estrema destra romana.

Renzi, portando a votare alle primarie la metà delle persone rispetto alla volta precedente (malgrado oltre 3000 schede bianche aggiunte nelle urne per allungare il brodo), è riuscito ad imporre il suo candidato, Roberto Giachetti, che, oltre ad essere pienamente inserito nelle logiche democratiche di privatizzzazioni e attacco allo stato sociale, è stato anche uno dei consiglieri di Rutelli durante le sue disastrose amministrazioni .

A sinistra del PD il panorama è desolante

Sinistra Ecologia e Libertà, oggi Sinistra Italiana, ha sostenuto Marino senza battere ciglio anche quando c’erano i lavoratori in piazza a lottare contro le sue politiche provando a rianimarlo col suo sostegno anche dopo che aveva rassegnato le dimissioni sotto la spinta di scandali per uso di fondi pubblici. Sbattuti fuori dalla giunta per esplicita richiesta di Renzi, hanno continuato a dare un appoggio esterno al sindaco Pd in caduta libera di consensi.

Tacendo per dignità sull’ipotesi comparsa sui giornali di una candidatura di Massimo Bray, ex ministro del governo Letta, ora i vendoliani a Roma (dopo aver tacitamente sostenuto il candidato non renziano alle primarie del PD, Morassut) si dividono tra chi vuole sostenere Fassina, anche lui nel consiglio dei ministri del governo che ha anticipato quello Renzi, e chi vuole riproporre Marino. Che alternativa eccitante!

Nel programma di Fassina, presentato il cinque marzo in un’assemblea in cui era presente solo il vecchio ceto politico senza più base, nessuno dei nodi decisivi è sciolto; a partire dalla privatizzazione del trasporto e dalla critica radicale al Documento Unico di Programmazione, fino alla sua cancellazione. C’è la proposta di un reddito di dignità per famiglie di quattro persone con reddito annuo inferiore ai 3000 euro, che così interessa solo chi di fatto vive quasi al di sotto di limiti di sussistenza e lascia fuori tante famiglie operaie in difficoltà.

Un programma che sembra la brutta copia di quello di Marino, che ora infatti ne contende la candidatura: liberare i fori e il centro dalle macchine, più metro, più autobus e più tram senza spiegare dove andare a prendere i soldi. Evitando sistematicamente di affrontare tutti i nodi al centro dello scontro di classe in questa città negli anni della giunta Marino, dei commissariamenti e dei prefettamenti.

Non una parola significativa sulle privatizzazioni o sul taglio del salario accessorio dei dipendenti comunali.

Il tutto senza una critica seria alla giunta Marino di cui Fassina resta sostenitore “Marino ha pagato per atti di discontinuità che hanno spezzato interessi molto forti.(…) ha introdotto degli elementi di discontinuità molto chiari, anche se a mio avviso insufficienti.“ (dichiarazione del 17/03/15) non escludendo la possibilità di farsi indietro se Marino decidesse di ripresentarsi o vincesse eventuali primarie a sinistra.

Incantata come una bella statuina Rifondazione Comunista, prima ad illudere (e a illudersi?) che dai movimenti potesse venire una spinta per una candidatura alternativa per poi essere pronta a sostenere Fassina, considerando l’ex viceministro del governo Letta elemento di discontinuità.

Non sono da meno le varie candidature comuniste a sindaco che, slegate dalle lotte reali che attraversano la città ed incapaci di stare dentro un processo di aggregazione per costruire un polo di classe, non possono fare altro che presentare candidature di bandiera incapaci di andare oltre un consenso lillipuziano.

Quali prospettive per le mobilitazioni a Roma?

Ora la trattativa sul salario accessorio è ferma in attesa delle elezioni. Il momento migliore per provare ad accennare un bilancio e a riordinare le forze.

Dopo lo sciopero del 6 giugno del 2014, i lavoratori a Roma hanno provato più volte a mobilitarsi, dando seguito a quanto proclamato durante quello sciopero dal palco: che la lotta in difesa del salario sarebbe andata avanti. Non altrettanto hanno fatto i dirigenti dei sindacati confederali, per i quali lì iniziava e lì finiva.

Non ha brillato nemmeno l’USB, uscita con mille voti in più dalle ultime elezioni RSU al Comune di Roma (tutti presi alla CGIL) e che però non riesce a dare una prospettiva credibile alle lotte nemmeno nei settori dove ha più forza (trasporti e asili nido) ed è, qui come in tutta Italia, alle prese con una scissione che si è dimostrata d’impatto tra le fila dei lavoratori più combattivi del sindacato di base.

Tantissime sono state le manifestazioni, le occupazioni dell’aula Giulio Cesare (l’aula dei consigli comunali) e le manifestazioni al Campidoglio.

Anche i lavoratori dell’ATAC e dell’AMA sono scesi più volte in piazza con degli scioperi cittadini contro le esternalizzazioni e le privatizzazioni, anche se è mancato un momento di esplosività dirompente sulla falsariga delle cinque giornate di Genova 2013.

Per non parlare della lotta per la casa che, in una città con un’emergenza abitativa senza precedenti, cresce di giorno in giorno, anche sotto la spinta delle decine di migliaia di lettere di sfratto e morosità che l’Ater sta mandando a settori popolari già duramente colpiti dalla crisi.

È mancato il coordinamento di queste mobilitazioni.

Coordinamenti di delegati che potessero elaborare una piattaforma unificante, a dire il vero una esigenza lampante se pensiamo che, assieme ai tagli al salario dei dipendenti comunali, c’è la politica di privatizzazioni ed esternalizzazioni: le maestre e le educatrici dei nido ce lo insegnano.

Una piattaforma che potrebbe coinvolgere organizzazioni sindacali, i movimenti sociali e le organizzazioni della sinistra romana. Lo spazio politico c’è, come dimostrano gli scioperi di massa dei comunali e del trasporto, e come si è visto nelle decine di migliaia di persone che si sono mobilitate contro Salvini del 28 febbraio dell’anno scorso.

La lotta in difesa del diritto alla casa deve essere una lotta popolare, proletaria e di massa, altrimenti semplicemente non è. Non è pensabile che si possa allargare il diritto alla casa rinchiudendosi a difesa delle proprie occupazioni oppure pensando che tanto in consiglio comunale o in municipio c’è sempre qualche consigliere che viene alle assemblee di movimento, anche perché questi ormai sono sempre meno e sempre meno disponibili a farsi vedere a braccetto coi centri sociali e i movimenti, se si pensa a SEL in primo luogo.

Senza un collegamento reale coi giovani e i lavoratori di questa città non si risponde nemmeno alla repressione del Prefetto e del Commissario.

Anche le singole vertenze (quelle delle maestre ed educatrici, dei vigili, e di tutti i dipendenti comunali) vanno condotte eleggendo delegati di trattativa che sono gli unici depositari della reale volontà dell’insieme dei lavoratori, visto che abbiamo constatato quale è la determinazione a lottare messa in campo dai dirigenti sindacali: zero.

Alle elezioni comunali la sinistra che serve a questa città non c’è. Tutti i nodi fondamentali dello scontro di classe che ha attraversato Roma in questi anni sono sistematicamente elusi.

Sinistra Classe e Rivoluzione proprio dall’affrontare questi nodi vuole ripartire, approfondendo il protagonismo dei lavoratori che si è espresso in questi anni, con la proposta di un programma di rivendicazioni per i giovani e i lavoratori a Roma.

  • NO ALLE PRIVATIZZAZIONI E ALLE ESTERNALIZZAZIONI

  • NESSUN TAGLIO AI SALARI DEI DIPENDENTI COMUNALI

  • ASSUNZIONE DEGLI 8000 DIPENDENTI CHE MANCANO ALL’ORGANICO COMUNALE

  • RIPRISTINO DEL TURN-OVER

  • IL DEBITO COMUNALE LO PAGHINO LE BANCHE E LE ISTITUZIONI CHE C’HANNO SPECULATO SOPRA

  • RADDOPPIO DEI FINANZIAMENTI A SCUOLE, TRASPORTI E A TUTTI I SERVIZI PUBBLICI

  • REQUISIZIONE DI TUTTE LE CASE SFITTE IN MANO ALLE IMMOBILIARI E PIANO DI COSTRUZIONE DI CASE POPOLARI

  • NESSUN TAGLIO ALLA SANITA’. AUMENTO DEI FINANZIAMENTI ALLE STRUTTURE COMUNALI E REGIONALI

  • NO ALLA LEGGI SECURITARIE E ALLA REPRESSIONE CONTRO I GIOVANI

  • PER UN PARTITO DI CLASSE CAPACE DI RAPPRESENTARE REALMENTE LE ESIGENZE DEI LAVORATORI CAPITOLINI

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