Pulizia etnica a Gaza – L’ennesimo crimine dell’imperialismo
11 Dicembre 2024La lotta paga, i lavoratori Trasnova da oggi lo sanno con certezza
16 Dicembre 2024di Luca Chiti e Giovanni Prossimo (PCR Firenze)
La strage di Calenzano, dove sono morti 5 lavoratori e altri 26 sono rimasti feriti (due ustionati gravi) è l’ennesima catastrofe prevedibile ed evitabile, in cui i lavoratori pagano con la vita la mancanza di condizioni di sicurezza.
Parliamo di un sito industriale grande 170mila mq che riceve benzina, gasolio e kerosene dalla raffineria Eni di Livorno, li stocca in serbatoi per una capacità totale di 160mila tonnellate e li invia poi alle pensiline di carico per le autobotti.
Industrie di questo tipo, “a rischio industriale rilevante” (in Italia ve ne sono 974) dovrebbero essere sottoposte a controlli scrupolosi e costanti… cosa che però non accade, perché azienda e istituzioni talgliano le spese per la sicurezza in favore dei profitti.
Non solo: il sito, che risale agli anni ’50, ha subito poche volte una manutenzione generale. Negli scorsi anni era evidente che si stavano preparando le condizioni per questo incidente.
Nel 2001 si erano incendiate tre cisterne, e solo l’intervento fulmineo dei vigili del fuoco aveva evitato una tragedia come quella di oggi.
Ma nulla era stato fatto per risolvere i problemi, tanto che Medicina Democratica denuncia: “Avevamo segnalato che le criticità in materia di valutazione dei rischi e relativi interventi di riduzione e gestione degli stessi, rilevate dagli enti di controllo nel 2017 e nel 2020 erano improvvisamente state risolte nella ultima ispezione nel corso del 2023. Ci chiediamo se tale risoluzione fosse più documentale che riguardante aspetti impiantistici specifici.“
Giani, presidente della Regione Toscana, cerca di lavarsi le mani dicendo che “è stato solo un difetto di carico delle autobotti” ma è ormai assodato che l’incidente è dovuto a una perdita di combustibili. Secondo quanto dichiarato da ARPAT, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, una fuoriuscita di alcuni vapori altamente infiammabili, dovuta alla mancata manutenzione e sicurezza dell’impianto.
Un fatto emerso dalle indagini è particolamente significativo: due mesi fa Vincenzo Martinelli, camionista morto nell’esplosione, avrebbe messo in evidenza “continue anomalie sulla base di carico” in una lettera alla sua azienda Bt per contestare un procedimento disciplinare a suo carico sul rifiuto di finire un viaggio (fonte: Ansa). Non solo quindi si ignorava la mancanza di sicurezza, ma si colpivano i lavoratori che la denunciavano e si rifiutavano di lavorare in quelle condizioni.
Le conseguenze vanno oltre il già tragico conto delle morti. L’esplosione ha creato un’onda d’urto che ha investito tutta l’area (facendo anche saltare i vetri del vicino centro commerciale “I Gigli”, frequentato da migliaia di persone) e si è generata una nube tossica che ha coperto la zona di Calenzano, Settimello e parte della provincia di Firenze. La Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) denuncia la presenza di monossido di carbonio, diossine, policlorobifenili, idrocarburi, policiclici aromatici e benzene, che sono stati respirati dai lavoratori dell’area industriale e da tutta la comunità.
Il responsabile di questa strage è l’Eni che nonostante sia controllata dallo Stato viene condotta esattamente come ogni azienda privata: per aumentare i profitti, tagliano le spese sulla sicurezza. E ugualmente responsabili sono le istituzioni che non hanno fatto nulla pur conoscendo la situazione. L’ipocrisia di Meloni che si dice vicina alle vittime è disgustosa, quando il suo governo è il primo a favorire la privatizzazione di Eni. Ma lo stesso vale per Giani e il sindaco di Calenzano, del Pd, che hanno fatto ponti d’oro alle grandi aziende sul territorio.
Cgil, Cisl e Uil hano convocato uno sciopero di 4 ore a fine turno. Abbiamo ovviamente aderito allo sciopero. Ma ormai è diventata una triste ricorrenza che si ripete a ogni incidente grave, come dopo quelli di Esselunga e Toyota. Il compito del sindacato non è quello di fare presidi testimoniali in cui esprimere cordoglio, chiedendo che le istituzioni facciano qualcosa (le stesse che permettono tutto questo!). È organizzare i lavoratori e imporre cambiamenti nelle condizioni di lavoro, a condizione di bloccare tutto. Quante aziende sono nelle stesse condizioni dell’Eni di Calenzano?
Vogliamo far seguire alle parole i fatti? É necessario che il sindacato promuova una mobilitazione generale per la sicurezza sul lavoro, che parta da alcuni punti chiari:
- lavoratori, Rsu e Rls devono avere totale agibilità nelle aziende per verificare e segnalare le condizioni di sicurezza sui posti di lavoro.
- una azienda che non garantisce condizioni di sicurezza deve sospendere immediatamente l’attività, con piena garanzia del salario, fino a che queste condizioni siano garantite;
- le aziende che si rifiutano di garantire la sicurezza e nella quali si verificano incidenti gravi devono essere espropriate, rese pubbliche e fatte funzionare sotto il diretto controllo dei lavoratori;
- va stroncato il sistema degli appalti che le grandi aziende usano per non rispondere delle condizioni di lavoro.