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Contro il governo dei manganelli e dei divieti

di Roberto Sarti

Chiudilo, chiudilo… no, mer… non è caduto”– “Sono caduti” – “Bene

Sono le ultime frasi della conversazione via radio più ascoltata di queste settimane. Quella tra i carabinieri che, dopo un inseguimento durato otto chilometri per le vie di Milano, hanno speronato lo scooter su cui viaggiava Ramy Elgaml, uccidendolo.

Qual è stata la reazione di Matteo Salvini davanti a queste registrazioni? “I carabinieri hanno fatto il loro dovere”. Il ministro dell’Interno Piantedosi si è unito subito al coro: “Vogliamo presto tutele aggiuntive per le forze dell’ordine.” È allo studio lo “scudo penale” per polizia e carabinieri.

Queste dichiarazioni ignobili e reazionarie non sono casuali, ma programmatiche. “Reprimere, reprimere e ancora reprimere”, è lo slogan del governo Meloni.

A ogni manifestazione di dissenso l’esecutivo grida al caos. Basta qualche scritta su un muro contro Israele che scatta l’accusa di “antisemitismo”. Sono sufficienti un paio di cassonetti rovesciati per invocare leggi d’emergenza.

Tale è stata la reazione anche dopo i cortei riguardo l’omicidio di Ramy: la maggioranza di governo vuole accelerare l’approvazione al Senato del disegno di legge sicurezza, già passato alla Camera.

Il DDL sicurezza

Il DDL 1660 introduce nuovi reati; attacca il diritto di sciopero e di manifestazione; vuole reprimere ogni conflitto o forma di dissenso.

Viene reintrodotto il reato di blocco stradale “col solo corpo”, finora considerato illecito amministrativo, con reclusione tra i 6 mesi e i 2 anni. La pena è maggiore se il blocco è esercitato in modo collettivo e potrà naturalmente riguardare i picchetti in caso di sciopero.

Sono inasprite le pene (fino a 5 anni di galera e multa fino a 15mila euro) per il danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico. Aggravata la pena per imbrattamento di beni o immobili pubblici. Introdotto anche un nuovo reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui. La pena prevista in questo caso va da 2 a 7 anni, la stessa degli omicidi sul luogo di lavoro. Per il governo Meloni la proprietà privata vale più della vita umana.

Sugli immigrati e i carcerati la stretta repressiva è, semmai, ancora più pesante. Chi organizza una protesta nei CPR potrà essere recluso da 1 a 6 anni, ridotti da 1 a 4 per chi vi partecipa. Nelle carceri sarà punito ogni atto di resistenza, anche passiva, con l’introduzione del “delitto di rivolta” all’interno dei penitenziari: per commetterlo, basta che all’azione partecipino tre detenuti. È prevista la revoca della cittadinanza italiana, nel caso se ne possegga più di una, nel caso di condanna definitiva per determinati reati e, infine, a chi è senza permesso di soggiorno non sarà consentito acquistare una SIM.

Alle “forze dell’ordine” sarà garantita l’impunità più totale. Sarà introdotto un nuovo reato di lesioni personali a un agente di pubblica sicurezza che svolge le sue funzioni (ora è limitato agli eventi sportivi). È contemplata un aggravante pure nel caso in cui la resistenza a pubblico ufficiale sia volta a impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, come ad esempio il Tav in Val di Susa o il Ponte sullo Stretto.

Ai servizi segreti vengono concessi poteri straordinari. In un paese la cui storia è costellata dai depistaggi su stragi e trame eversive, i membri dei servizi potranno commettere reati e dirigere organizzazioni terroristiche se autorizzati dal presidente del consiglio!

Della società dei divieti desiderata da Meloni e soci fa parte anche il nuovo Codice della strada. Invece di intervenire su infrastrutture fatiscenti e trasporti al collasso, si criminalizza chi ha bevuto un bicchiere, o fatto uso di marijuana settimane prima, e al momento della guida è del tutto sobrio.

Zone rosse e Daspo urbano

Il DDL 1660 non è un fulmine a ciel sereno ma si inserisce nel solco dei provvedimenti securitari precedenti, proposti sia da governi di destra come da quelli di centro sinistra, come i decreti Minniti e Lamorgese.

Inoltre, a fare da prova generale al decreto sicurezza sono i Daspo urbani e le zone rosse, istituite e utilizzate largamente dalle giunte di centrosinistra di tante città italiane, da Bologna a Firenze, passando per Milano, Roma e Napoli. I Daspo urbani, introdotti da Minniti del PD, non sono previsti solo per pericolosi delinquenti ma per chiunque “ostacoli o turbi l’accesso o la permanenza in stazioni, porti, aeroporti, presidi sanitari, scuole, siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali, luoghi di cultura o di interesse turistico …” e quindi possono essere utilizzati contro proteste e presidi politici e sindacali.

I Daspo, che possono essere comminati dai sindaci o dai questori, sono stati applicati diffusamente nelle zone rosse istituite di recente: oltre 7.600 controlli e 43 allontanamenti a Bologna in tre mesi, 6.200 controlli e 68 allontanamenti a Firenze, 8.303 controlli e 106 allontanamenti a Milano.

I sindaci targati PD sono dunque i primi responsabili delle politiche repressive già in atto nelle città italiane. Pertanto l’opposizione al DDL sicurezza sbandierata da Schlein e compagnia dimostra un’ipocrisia sconcertante.

Da più parti si fa appello all’incostituzionalità del DDL 1660. L’esperienza di questi anni non ha insegnato nulla ai pasdaran dei ricorsi a colpi di carte bollate. Il primo decreto “sicurezza” risale al 2008 e la Corte costituzionale ha sempre chiuso un occhio, quando non tutti e due.

Altri gridano al regime e alla svolta autoritaria. Non dubitiamo che Meloni e Salvini gradirebbero rinverdire i fasti del Ventennio, ma oggi non ne esistono le condizioni.

Divieti e repressione indiscriminata non costituiscono un segnale di forza del governo, bensì di debolezza.
Le precettazioni quasi quotidiane di Salvini non sono servite a limitare gli scioperi, ma hanno dato loro nuovo vigore, come abbiamo visto lo scorso autunno. Nello sciopero generale del 29 novembre i lavoratori hanno iniziato a riprendere la parola: non ne possono più di condizioni di vita e di lavoro che peggiorano costantemente.

L’Italia è come una pentola a pressione pronta a esplodere. Governo e padroni cercano con la forza di tenerla chiusa a tutti i costi, pieni di timore che la rabbia di giovani e lavoratori faccia saltare il coperchio e travolga leggi repressive e attacchi antioperai.

Come comunisti rivoluzionari siamo pronti a intervenire in questi processi, e ti invitiamo a farlo con noi!

 

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