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Contratto Sanità – All’arroganza del governo rispondiamo con la lotta!

di Mario Iavazzi – Assemblea Generale CGIL

Il 26 settembre si è tenuto l’ultimo incontro tra Aran (l’agenzia del governo che negozia i contratti nazionali) e sindacati per il rinnovo del contratto nazionale del comparto sanità pubblica, scaduto dal 31 dicembre 2021. La linea del governo è chiara: questo contratto deve essere a perdere (e anche tanto!) per i lavoratori!

Sul piano normativo nulla di buono: nessun aumento delle indennità ferme da 25 anni e peggioramento delle condizioni sulle reperibilità.

Sulla parte economica, Aran prevede per tutti i contratti pubblici aumenti pari al 5,78%. In base alle proiezioni del governo, l’aumento medio sarebbe pari a 130 euro lordi mensili. Se si considera che oltre la metà di questi aumenti vengono già percepiti dai lavoratori a titolo di indennità di vacanza contrattuale, l’incremento vero in busta dalla firma del contratto sarebbe di circa 63 euro!

Questi aumenti ridicoli, a fronte di un’inflazione ufficiale (quella ufficiosa è decisamente più alta!) del 17% nel 2022-23, rappresentano un ulteriore impoverimento dei salari.

La “novità” di questa fase sono gli apprezzamenti della CISL per le proposte del governo, che rendono concreta, per la prima volta, l’ipotesi di un contratto separato.

Il “no” della CGIL e l’eventuale non sottoscrizione di un contratto non risolve nulla. Il punto è cosa si fa per evitare questa prospettiva e per conquistare un contratto dignitoso.

È stata indetta una manifestazione nazionale da parte di CGIL e UIL per sabato 19 ottobre, alla quale tanti lavoratori, e noi con loro, parteciperanno con la consapevolezza che iniziative di questo tipo non sono assolutamente sufficienti a far arretrare il governo. È necessario sviluppare una mobilitazione articolata, con assemblee e scioperi nei luoghi di lavoro, ma per farlo ci vogliono innanzitutto rivendicazioni adeguate.

La piattaforma “unitaria” rivendica in maniera generica aumenti che recuperino il potere d’acquisto perso in questi anni. Che cosa significa questo? Anche il 5,78% è un “recupero del potere d’acquisto”, seppur parziale. Bisogna invece essere chiari: per recuperare quello che i salari hanno perso in questi anni, bisogna ottenere aumenti non inferiori a 400 euro mensili! Solo con questo obiettivo i lavoratori saranno disposti a lottare con convinzione e determinazione.

 

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