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18 Dicembre 2019È da qualche mese disponibile Cercando la rivoluzione di Francesco Giliani. Il lavoro ricostruisce la vita di Enrico Russo, comunista e sindacalista napoletano le cui vicende biografiche si fondono con i più importanti avvenimenti del novecento. Russo è infatti l’ultimo segretario della Camera del Lavoro di Napoli prima del fascismo; è poi esule politico tra Francia e Belgio dove è attivo nel movimento comunista internazionale; nel 1936 lo troviamo a capo di una colonna del POUM (Partido Obrero de Unificación Marxista) a combattere per la vittoria della rivoluzione in Spagna e nel ’43 è di nuovo a Napoli, dove diviene segretario della CGL rossa, l’organizzazione sindacale nata nel sud Italia fuori dalla linea di collaborazione di classe avanzata dal PCI dopo la caduta del fascismo.
Una figura di prima piano del movimento operaio completamente dimenticata. L’autore nell’introduzione al volume sottolinea l’entità e spiega le ragioni, profondamente politiche, della sua rimozione: “Russo, nato nel 1895, fece pienamente parte di una generazione infiammata dalla rivoluzione d’Ottobre. Mai integratosi nell’apparato staliniano e nelle sue menzogne e troppo fedele agli ideali internazionalisti ed egualitari abbracciati nella sua gioventù, ecco il combinato disposto che ha prodotto soltanto il silenzio sulla sua vicenda.”
Incontriamo Enrico Russo quando nel 1911 da giovane meccanico si iscrive alla sezione socialista. Sarà poi metallurgico, in una Napoli operaia in grande trasformazione. Il socialismo napoletano è diviso tra i vecchi notabili, sostenitori di un socialismo paternalista e umanitario e dediti principalmente all’attività elettorale, e le giovani leve operaie e marxiste del partito, legate nazionalmente all’ala intransigente del Partito Socialista Italiano. La principale novità sarà rappresentata dal circolo Karl Marx e da Amadeo Bordiga, le cui idee avranno un peso decisivo sulla vita e sulle scelte politiche di Russo.
Giliani ne ricostruisce i passi, inquadrandoli nelle condizioni peculiari create dalla guerra e la conseguente ripresa del conflitto di classe. Russo nel 1920 diviene segretario della FIOM, come organizzatore è in prima fila nella costruzione dello sciopero generale provinciale dei metalmeccanici del febbraio del 1920, così come in importanti lotte come quella alla Bacini & Scali o all’Ilva di Bagnoli.
Enrico Russo, come tutta la sua vita dimostra, è un uomo d’azione ma partecipa a pieno titolo ai dibattiti del movimento operaio e delle sue organizzazioni. Nel volume possiamo seguirne la maturazione politica, dall’iniziale formazione sindacale all’adesione al Partito Comunista d’Italia, a cui arriva nel 1924 insieme ad altri membri della mozione terzina (la frazione dei socialisti massimalisti che si dichiaravano a favore dell’adesione alla Terza Internazionale). In mezzo ci sono anni cruciali in cui, in seguito alla sconfitta del biennio rosso, la borghesia contrattacca e la minaccia fascista si concretizza.
Russo attraversa questa stagione da segretario della FIOM e vede gli effetti nefasti che la linea nazionale della CGL e dei socialisti produce. Nel tentativo di provare ad allargare la risposta operaia, si sposta a sinistra, distaccandosi dalla linea concertativa proposta dalla FIOM diretta da Bruno Buozzi.
La stabilizzazione del fascismo determina un periodo infernale per il movimento operaio. La Camera del Lavoro di Napoli viene assaltata dai fascisti mentre la sezione napoletana del PCdI è costretta a sciogliersi e a riorganizzarsi. L’attività militante è sempre più insostenibile e per Russo si susseguono i fermi di polizia. Diventa segretario della Camera del Lavoro di Napoli, tenuta in piedi dai soli comunisti, ridotti alla clandestinità. Con le leggi eccezionali la repressione verso gli attivisti politici è accresciuta; Russo è condannato a 3 anni e 6 mesi di confino ma evita l’arresto e si dà alla latitanza. A dicembre del ’26 raggiunge la Francia, dove riceve un foglio di via ma non rimpatria.
Per Enrico Russo comincia così la vita dell’esule politico comunista. Grazie al libro di Giliani ne seguiamo gli spostamenti con gli occhi della polizia politica, nelle cui carte Russo scompare e riappare. Il testo a tratti prende le sembianze di un romanzo poliziesco. Veniamo introdotti in un mondo di spie, doppiogiochisti, militanti insospettabili che sono fiduciari dell’OVRA.
L’autore, grazie all’eccezionale padronanza del dibattito del movimento operaio internazionale, ricostruisce l’attivismo di Russo spiegando le ragioni profonde delle sue scelte. Il comunista napoletano si schiera tra i critici delle tesi staliniane del socialfascismo e contro la degenerazione stalinista dell’Internazionale Comunista. Lo scontro è duro, l’affermazione dei metodi burocratici fa sì che ai comunisti dissidenti non venga più rinnovata la tessera del partito. Russo aderisce alla Frazione di sinistra del PCdI, evoluzione dell’ala bordighiana, e ne diviene uno dei dirigenti, mentre, costretto a lasciare la Francia, si sposta in Belgio.
La vita del comunista napoletano sarà profondamente scossa dallo scoppio della guerra civile spagnola nel 1936. Come scrive Giliani: “Russo è infiammato dagli eventi spagnoli. Dal suo punto di vista, non ci possono essere dubbi: il conflitto nella penisola iberica non è riducibile a una contesa tra governo e generali, ovvero tra democrazia liberale e fascismo, e i comunisti debbono fare tutto quello che possono fare per il trionfo della rivoluzione socialista in Spagna”.
Vale la pena di soffermarsi su questo aspetto che rappresenta uno dei contributi più rilevanti del libro. Nei documenti della polizia come in quelli dei partiti comunisti stalinizzati, bordighisti e trotskisti vengono sovrapposti, confusi in un amalgama che serve a liquidare e calunniare senza troppi distinguo. I fatti di Spagna sono in realtà un punto di non ritorno nel rapporto tra le due correnti, le cui divergenze risalgono al dibattito dei primi congressi dell’Internazionale Comunista. Giliani sintetizza efficacemente le differenze tra le due scuole. Il rifiuto delle parole d’ordine democratiche e transitorie, come quella della Repubblica, porta i bordighisti ad astenersi dallo scontro. La loro impostazione dottrinaria rende impossibile riconoscere il processo rivoluzionario in corso in Spagna: esattamente su questo avviene la rottura di Russo col bordighismo. Per i dirigenti della Frazione fascismo e antifascismo sono due campi borghesi, bisogna quindi avanzare la parola d’ordine del disfattismo rivoluzionario. La lotta deve essere condotta in fabbrica e non al fronte, una proposta politica, di cui si fa portavoce la rivista Prometeo, letteralmente disarmante.
La Frazione si spacca e Russo è parte della minoranza del gruppo. Intensifica i suoi contatti con i trotskisti italiani residenti a Parigi. Al pari loro Russo propone la formazione di “legioni rivoluzionarie” per combattere in Spagna.
A Barcellona erano già attivi i trotskisti italiani Nicola Di Bartolomeo e Virginia Gervasini. Fosco e Sonia (i loro nomi di battaglia), danno vita alla Columna Internacional “Lenin” del POUM che fu la prima unità militare formata soltanto da stranieri a combattere in Spagna.
Sul fronte di Huesca Russo, già sottufficiale nella prima guerra mondiale, è nominato responsabile militare della colonna. La “Lenin” partecipa alla principale avanzata militare realizzata dagli antifascisti nell’intero corso della guerra civile. Il 30 settembre i suoi miliziani assaltano e conquistano Estrecho Quinto e Monte Aragon, la cui conquista “fu festeggiata, in grande intimità, in una capanna di pastori, al lume di una candela posta su una bottiglia e con un poco di spumante. Quella notte indimenticabile Russo ispiratosi alle stelle che vedeva dai buchi del tetto, ci cantò Quanno spunta a’ luna a Marechiaro”.
In Cercando la rivoluzione seguiamo lo sconvolgimento che provoca sulla vita della colonna il decreto emanato dal governo della Generalitat della Catalogna, di cui fanno parte anche il POUM e gli anarchici della CNT, che trasforma le milizie in un esercito borghese, con l’obiettivo di togliere alla classe operaia il controllo delle operazioni militari. I membri della “Lenin” sono contrari allo scioglimento delle milizie ma divisi sul da farsi. Tra vicende alterne Russo si rifiuta di combattere, rientra dal fronte e si sposta a Barcellona per continuare la sua battaglia sul terreno politico. Rientra in Francia a fine ottobre del ‘36 e sviluppa un’intensa attività di propaganda a favore della rivoluzione spagnola, specie contro l’ingerenza di Stalin.
Russo è un esule comunista senza documenti in condizione di illegalità in ogni Paese in cui mette piede. Si sposta tra Belgio e Francia in una situazione umanamente disperata, finché non viene catturato nel Belgio invaso dai nazisti nel ’40, passa per il campo di concentramento di St-Cyprien per poi essere confinato alle isole Tremiti. Verrà liberato solo dopo l’8 settembre.
Quando nell’ottobre del ’43 Russo torna a Napoli il clima politico e sociale della città è incandescente. Russo si butta a capofitto nella ricostruzione del sindacato e nella lotta politica. Dopo anni di isolamento lui ed altri rivoluzionari hanno finalmente nuova acqua in cui nuotare. È tra i promotori della Confederazione Generale del Lavoro, alla storia di questa organizzazione Francesco Giliani ha dedicato un altro studio, Fedeli alla classe, che è la più approfondita ricerca in merito. La CGL tiene la sua assise fondativa nel febbraio del ‘44 con più di 2mila lavoratori presenti, vi aderiscono 30 Camere del Lavoro, 23 federazione della terra e 4 sindacati nazionali di categoria, pubblica un giornale, Battaglie Sindacali, portavoce di una linea classista. Russo ne è il segretario finché con la nascita della CGIL, avvenuta sulla base di un patto tra comunisti, socialisti e democristiani, le pressioni del PCI fanno breccia in diverse Camere del Lavoro che temono di essere tacciate di scissionismo. La CGL decide quindi per l’ingresso nella nuova confederazione.
Il volume ha il merito di spiegare il ruolo avuto da innumerevoli comunisti non allineati alla politica unitaria del PCI e della loro influenza di massa. Oppositori storici che come Russo non hanno condiviso la linea dei Fronti Popolari, avanzata dall’Internazionale Comunista già nel ’35, che ora Togliatti ripropone in Italia. Il fascismo e la clandestinità non hanno tra l’altro reso possibile una vera discussione sulla degenerazione stalinista. La riorganizzazione del partito avviene spesso senza contatti col Centro Interno, creando non poche contraddizioni. La normalizzazione prevede l’allineamento o l’espulsione dei dissidenti, da cui nasce l’esigenza di nuovi raggruppamenti.
Politicamente Russo ha aderito nel maggio del ‘44 alla Frazione di sinistra, l’organizzazione politica più radicata tra quelle che si oppongono alla linea di collaborazione di classe del PCI (arriverà a contare 10000 membri) e strettamente legata alla CGL, che è un vero ponte verso settori importanti della classe. Quando nel luglio del ’45 la Frazione esce dal PCI disperdendo il capitale accumulato, Russo non rientra nell’alveo del bordighismo e aderisce al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria – denominazione dei socialisti dal ’43 al ’47), dove ritiene che ci sia uno spazio maggiore per una politica classista, per poi seguire la scissione socialdemocratica di Palazzo Barberini. In generale Russo non sembra più convinto dell’utilità di una militanza all’interno dei gruppi della sinistra rivoluzionaria e antistalinista e fa fatica a trovare una collocazione. L’ultima esperienza militante che lo vede coinvolto è nella redazione del giornale Battaglia Socialista che esce a Napoli tra il ‘53 e il ‘55. Il tratto prevalente è ormai in lui la demoralizzazione che lo porta all’inattivismo. Muore nel ‘73 senza farsi assoldare da nessuna burocrazia politica o sindacale. Non partecipa, per usare le sue parole, “all’arrembaggio dei posti”, muore da solo e in povertà.
Cercando la rivoluzione è un libro bello e importante che sintetizza una ricerca negli archivi di diversi Paesi (Stati Uniti, Italia, Francia e Belgio). È in primo luogo una biografia che rende giustizia ad un combattente che ha lottato per tutta la vita dalla parte della classe operaia. Lo fa senza indulgenze o infingimenti. Russo sbaglia, tentenna, avanza o indietreggia nel suo percorso, finisce per demoralizzarsi e si lascia “politicamente morire”. Alla fine del libro troviamo familiare la sua “andatura svelta”, conosciuta dalle polizie di mezza Europa ma anche la sua irrequietezza. Simpatizziamo con la sua voglia di vivere nonostante la fatica delle condizioni materiali durante l’emigrazione. Lo vediamo provare e riprovare nel tentativo di forgiare un’organizzazione, un partito, utile agli scopi che si prefigge.
Non tutto il libro si esaurisce nella biografia del comunista napoletano. Cercando la rivoluzione è anche la storia di decine e decine di rivoluzionari che hanno subordinato la propria esistenza alla lotta contro l’oppressione e lo sfruttamento. Parecchi li incrociamo, mentre leggiamo, magari insieme a Russo in Spagna, per poi rincontrarli anni dopo impegnati a ricostruire le organizzazioni operaie a Napoli. Alcuni di quelli citati sono poco o per niente conosciuti, altri sono nomi noti dell’antifascismo italiano come Camillo Berneri o Guido Picelli, che nella penisola iberica troveranno la morte. Per tutti al centro vi è la lotta per difendere il proletariato dalla barbarie fascista in un orizzonte anticapitalista. Da questa angolatura, che è indubbiamente anche quella di Russo, il libro fornisce un distillato degli eventi che hanno segnato il movimento operaio nella prima parte del ‘900. Un libro da leggere, presentare e discutere per tutti quelli che da storie come quelle di Russo potranno imparare per raccoglierne il testimone.
Francesco Giliani, Cercando la rivoluzione, Red Star Press, Roma, 2019
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