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13 Febbraio 2018“Dopo intenso lavoro la Regione ha comunicato al Segretario regionale della CGIL Emilia Romagna la decisione dell’azienda di aderire alle proprie richieste.
Pertanto la Castelfrigo si impegnerà per applicare l’intesa regionale, contribuendo alla ricollocazione dei lavoratori licenziati dalle cooperative che lavorano in appalto. “
È bastata dunque una semplice comunicazione da parte della Regione per porre fine al blocco delle merci che da 4 giorni e notti i lavoratori e la CGIL avevano organizzato davanti ai cancelli della Castelfrigo. Certo formalmente si è rimosso il casus belli che ha portato all’inasprimento della lotta. Tuttavia quale bilancio si può fare al termine di queste quattro giornate? Con una battuta si potrebbe dire che si è scatenata la terza guerra mondiale per ottenere una promessa (pare solo) verbale oltre alla rimozione dei 6 lavoratori somministrati,che saranno ricollocati in altro cantiere dall’agenzia, assunti la scorsa settimana in più rispetto ai già 52 iscritti Cisl.
Il punto di fondo però che da mesi è alla base della vertenza, cioè il vergognoso accordo firmato dalla Cisl che prevede di fatto il licenziamento discriminatorio degli iscritti alla CGIL perché promotori dello sciopero di due anni fa ed invece l’assunzione dei restanti lavoratori perché iscritti alla Cisl, non viene minimamente intaccato. Ci si obietta che quello della discriminazione, come anche quello dell’intermediazione di manodopera, è un problema che la CGIL sta affrontando attraverso le vie legali. Ma proprio qui sta l’essenza del limite di fondo di questa lotta, come già abbiamo avuto modo di spiegare in precedenza. Ovvero averla incanalata su binari esclusivamente mediatici e giudiziari. Una linea di condotta che in realtà questi ultimi quattro giorni di blocco hanno palesemente contraddetto. Fino a lunedì scorso si sosteneva infatti che il blocco dei cancelli non si sarebbe potuto fare perché illegale. Aldilà della opinabile correttezza di questa affermazione in punta di diritto (come dimostrano per esempio i 66 giorni di blocco totale di merci e crumiri messo in atto alla Vapor Europe), forse che in questi quattro giorni sono cambiate le leggi? Non ci risulta.
In realtà ciò che ha fatto cambiare strada e scegliere la linea dura è stata la evidente pressione dei lavoratori, che peraltro fin da gennaio chiedevano questo inasprimento del conflitto, di fronte alla nuova ennesima provocazione da parte del padrone. Non a caso i lavoratori venerdì hanno accettato ob torto collo di rimuovere il blocco con poca convinzione, con molta rabbia e delusione e solo dopo fortissime pressioni da parte della Cgil in una assemblea infuocata e molto tesa. Come potrebbe d’altronde essere altrimenti? In questi 4 giorni i lavoratori hanno potuto vedere e misurare la forza e la potenzialità che sono in grado di mettere in campo col blocco delle merci. Sono riusciti a mettere in scacco regione e prefettura al punto da mandare in tilt i vari apparati dello Stato borghese. Perciò è stata logica, sacrosanta e naturale la loro richiesta, maturata da questa presa di coscienza, di non attendere più i tempi della magistratura Borghese ma di alzare la posta e rivendicare da subito l’eliminazione della discriminazione politica e sindacale nei loro confronti. Certo questo avrebbe implicato che la durata del blocco e anche il livello dello scontro sarebbero aumentati, così come sarebbe aumentato il rischio di essere ad un certo punto caricati dalla celere. Ma i lavoratori erano disposti a correre questo rischio e ad andare fino in fondo. Lo hanno detto e ripetuto in albanese, cinese, ghanese e italiano. Se questo non è avvenuto è solo ed esclusivamente perché la Cgil non ha voluto. Emerge così, ancora una volta, il limite di fondo della linea strategica generale del nostro sindacato.
Come per la vertenza sulle pensioni o per quella sul contratto dei metalmeccanici anche alla Castelfrigo si palesa la non disponibilità ad alzare il livello dello scontro, o almeno a provarci, fino al punto di mettere in discussione le compatibilità del sistema. In questo caso del sistema concertativo emiliano. Tale è la soggezione nei confronti delle istituzioni che il comunicato sindacale sopracitato si consuma in una ingiustificata sviolinata verso il presidente piddino della regione mentre si dimentica persino di citare anche solo di sfuggita la coraggiosa lotta intrapresa dai lavoratori in questi 4 giorni. In realtà il tanto osannato accordo del 29 dicembre ha dimostrato ciò che è veramente: un boomerang che ha imbrigliato il sindacato nel momento in cui si è deciso di inasprire la lotta.
Perciò alla domanda se questa può definirsi una vittoria, come viene pomposamente presentata dal gruppo dirigente della Cgil, la risposta è che da un punto di vista strettamente sindacale avrebbe potuto anche esserlo se quantomeno Castelfrigo avesse riconosciuto l’intesa del 29 dicembre in un accordo messo per iscritto, cosa che al momento non risulta affatto chiara. Da un punto di vista politico invece, la conclusione di queste quattro giornate é una vittoria di Pirro che rischia di tradursi in una disfatta senza appello. In cambio di un semplice impegno che, come al solito, molto probabilmente l’azienda non rispetterà si è disgregato l’esercito demoralizzandolo. Errore molto grave se è vero, come insegna Napoleone, che in guerra il morale delle truppe è sempre condicio sine qua non per la vittoria. L’auspicio è naturalmente che la delusione non porti i lavoratori a mollare definitivamente il fronte. Quel che resta certo è che una grossa occasione per chiudere la partita è sfumata. Questa è la differenza di fondo rispetto alla lotta di due anni fa che invece sì, si concluse con una indiscutibile vittoria sia politica che sindacale (si veda la nostra analisi di allora qui ).
In ogni caso il presidio, senza più il blocco delle merci, prosegue e proseguirà comunque fino a quando l’ultimo lavoratore non sarà ricollocato. Invitiamo pertanto tutti a continuare a dare manforte e sostegno a questi tenaci e coraggiosi lavoratori anche e soprattutto con la presenza fisica davanti ai cancelli della Castelfrigo. Ne hanno davvero bisogno, oggi più che mai.