Rivoluzione n°15
11 Marzo 2016Famiglia, diritti, libertà: la prospettiva socialista
15 Marzo 2016Tra sabato 12 e domenica 13 marzo lo street artist Blu ha cancellato tutte le sue opere a Bologna come segno di protesta contro una mostra sulla street art organizzata da Roversi Monaco, ex Magnifico rettore e personaggio di spicco della borghesia cultural-bancaria della città; Genius Bononiae, vale a dire l’ente che gestisce privatamente i musei comunali; il tutto con il sostegno della Fondazione Carisbo. Il caso sta facendo parlare molto e l’indignazione a riguardo è enorme.
La street art negli ultimi anni si è diffusa a macchia d’olio. Non si tratta solo di artisti famosi quali Banksy, il bolognese Blu, o i brasiliani Osgemeos, ma di una vera e propria proliferazione di street artist in tutto il mondo. Forme artistiche provenienti dal basso e rivolte alla società tutta, in particolare a quella che vive nelle periferie popolari delle città, non sono una novità assoluta. Tendenze simili le abbiamo viste in moltissimi contesti, in particolare come forma di protesta contro i regimi o altre forme di oppressione. In un contesto come quello odierno di crisi del capitalismo, con tutta la depressione sociale e oppressione culturale che porta con sé, di cui il degrado dei quartieri popolari è un sintomo sempre più evidente, l’arte di strada ha visto una vera e propria esplosione.
Trotsky e Breton nel 1938 scrivevano, a proposito dell’arte in un contesto di crisi del sistema: “Nel periodo attuale, caratterizzato dall’agonia del capitalismo sia democratico che fascista, l’artista, senza neppure aver bisogno di dare una forma manifesta alla sua dissidenza sociale, si vede minacciato di privazione del diritto alla vita ed alla continuazione della sua opera con l’esclusione da tutti i mezzi di diffusione.” Condizioni simili hanno portato migliaia di giovani oggi a ribellarsi attraverso questo tipo di espressione artistica e moltissimi altri a rispecchiarsi in queste forme di espressione.
I murales per loro natura esprimono malcontento e denunciano le diverse forme di oppressione che questo sistema ci impone. I più famosi sono sicuramente quelli di Banksy e dello stesso blu che contestavano la costruzione del muro di Gaza da parte dello stato di Israele. Anche nelle altre sue opere l’artista italiano muovo un forte atto d’accusa nei confronti della società, raffigurata come un mostro fatto di uomini che mangiano altri uomini. Spesso è presente una critica al militarismo e in un contesto in cui l’Italia sta entrando in guerra in Libia non sorprende la simpatia verso queste opere. È una forma d’arte spontanea e come tale si esprime con tecniche, modalità e contenuti differenti, a seconda di come l’artista si relaziona al contesto sociale, alle proprie emozioni, e di quali immagini costruisca per contestare o evadere dalla realtà.
La privatizzazione di opere pensate e rivolte a tutti da parte dei protagonisti dello scempio della città e della criminalizzazione dell’arte di strada che sta avvenendo in questi giorni a Bologna non è una novità, ma è la goccia che ha fatto traboccare il vaso e portato migliaia di persone, in particolar modo giovani, a denunciare la cosa sui social network e a solidarizzare con l’artista. In passato lo stesso Blu ha cancellato due sue opere famose a Berlino per denunciare la speculazione edilizia che si stava divorando una piazza di fronte alle sue opere. In questi giorni il murales di Christian Wahle Gentrification viene coperto da un palazzo in una Berlino in piena speculazione edilizia. Poche settimane fa la Street Artist AliCè è stata multata di 800€ a Bologna per aver imbrattato un muro, proprio a ridosso dell’allestimento della mostra che vuole “valorizzare” le opere di questi artisti. Ma il punto è esattamente questo: il sistema non ammette che si possa produrre qualcosa al di fuori delle sue regole, qualcosa che non si possa valorizzare in termini economici.
Tutto questo cade in un contesto di tagli alla cultura e di accaparramento da parte dei privati di ciò che rimane. I musei bolognesi sono stati di fatto privatizzati due anni fa, un passo che completa un processo per cui da anni le fondazioni stavano entrando sempre più nella gestione museale, prima dai servizi esterni poi dell’intera struttura. Naturalmente questo tipo di gestione porta a deterioramento della gestione, ad un peggioramento delle condizioni di lavoro e a vere e proprie operazioni di speculazione culturale, come la mostra (organizzata dalla Genius Bononiae, la stessa che organizza quella sulla street art) sulla “Ragazza con l’orecchino di perla”, che ha portato ad un buco di bilancio di 550.000€.
Questo sistema ci opprime in ogni poro della vita, anche quelli, come la cultura, che pure l’ideologia dominante dichiara essere un bene superiore. La realtà è che il capitalismo assorbe e riduce a merce ogni ambito dell’azione umana, ogni tipo di svago culturale dev’essere a pagamento per garantire i profitti delle fondazioni, ma allo stesso tempo la mercificazione della cultura favorisce la produzione di opere cinematografiche, artistiche e musicali ripetitive e sempre più scadenti. Quelle che vengono prodotte in opposizione a questo sistema devono essere allo stesso tempo perseguitate (vedi le leggi securitarie che si sono capillarmente diffuse in tutti i comuni del paese) e strappate ai contesti pubblici di fruizione per essere ricondotte nell’alveo della normalità museale. Nei nostri quartieri cresce il degrado per mancanza di qualsiasi piano di riqualificazione urbana, ma non puoi dipingere su muri grigi e decadenti perché altrimenti crei sporcizia … Tuttavia, se improvvisamente qualcuno si accorge che può fare profitto pure da quel murale, allora viene prelevato, chiuso in una teca e messo in mostra a 13€.
Siamo dalla parte delle migliaia di giovani che si oppongono all’arroganza di chi pretende di organizzare ogni singolo momento delle nostre vite e per questo ogni giorno lottiamo contro questo sistema che ci opprime sempre, non solo quando lavoriamo, studiamo, ma anche nel tempo libero. Contro chi specula e privatizza la nostra rabbia, rilanciamo la parola d’ordine di Trotsky e Breton:
Indipendenza dell’arte – per la rivoluzione; la rivoluzione – per la liberazione definitiva dell’arte!