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Basta profitti sulla salute!

A tre anni dalla pandemia comprendiamo bene come il Covid non abbia fatto altro che svelare le contraddizioni economiche di un sistema che non considera assolutamente la sanità come una priorità. In Italia il governo non solo ha disposto con il DEF (Documento di Economia e Finanza) di portare la spesa sanitaria dal 6,4% del 2019 al 6% nel 2025, ma continua a sostenere l’autonomia differenziata, un sistema fallimentare che corrode il SSN e che sta ampliando sempre di più le disuguaglianze economiche e di servizio tra le regioni; basti pensare ai 4 miliardi di euro sborsati dalle casse regionali per far fronte alle spese pandemiche del 2021. I risultati sono evidenti: ai 35mila posti letto tagliati in 10 anni oggi si aggiungono le forti difficoltà nel gestire liste d’attesa, con ritardi degli screening tumorali e una riduzione degli interventi di chirurgia d’urgenza dell’83%.

Nessuna regione ha un organico adeguato. Mancano circa 65mila infermieri, i medici specialisti sono decimati da tagli e pensionamenti, mentre i medici di medicina generale, che dovendo fornire i loro servizi anche nelle case di comunità, sono troppo pochi rispetto alle necessità della popolazione. In Toscana c’è un deficit superiore a 60 medici in quasi tutte le specialità. Oltre 300 medici e infermieri hanno minacciato dimissioni di massa.

Secondo un recente report dell’AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) negli ospedali pubblici sono maggiori le prestazioni fornite a pagamento intramoenia (ossia in strutture pubbliche ma in regime privatistico). In particolare, in alcune aziende ospedaliere in Campania e in Sicilia per le visite cardiologiche le prestazioni intramoenia hanno superato del 261% quelle pubbliche, per le visite ginecologiche in Emilia Romagna del 122% e in Piemonte del 135%. Ogni famiglia spende mediamente oltre 1.700 euro l’anno, pagando il 75% delle visite specialistiche, il 62% degli accertamenti diagnostici e l’81% dei trattamenti di riabilitazione.

Il mese scorso l’ONLUS Medicina Democratica ha fatto ricorso al TAR della Lombardia, dove le visite private superano il 50%, per fare chiarezza sulla vicenda dei premi introdotti per gli operatori del call center dell’Ospedale Multimedica che convincono i pazienti ad effettuare esami e visite in regime privatistico, anziché nel servizio sanitario pubblico. I privati fanno leva sulla disperazione delle persone di fronte alle liste interminabili; se paghi ricevi subito assistenza, sennò l’attesa può essere anche di mesi o addirittura anni.

Serve un piano di investimento nazionale per l’aumento dei posti di lavoro tramite nuovi bandi per l’assunzione di infermieri a tempo indeterminato e contratti di lavoro dignitosi ai medici specializzandi, per rinnovare i contratti di tutto il personale sanitario pubblico alzando gli stipendi e per la riqualificazione delle strutture abbandonate e la nazionalizzazione di quelle private.

Per una sanità pubblica di qualità e libera dalle logiche di profitto, per i bisogni reali delle persone!

 

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