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28 Giugno 2020Quando il Covid-19 sembrava essere stato debellato, almeno per i mass-media nazionali e locali, ieri è giunta la notizia di un focolaio alla Bartolini, nella sua sede alla periferia di Bologna. I positivi sono 64, tra i magazzinieri, familiari e conoscenti. Ma il numero inevitabilmente crescerà.
L’azienda alza le mani e spiega di essere intervenuta subito. Ma, scavando un poco sotto la superficie, emerge la verità. È stata solo la mobilitazione dei lavoratori, con uno sciopero proclamato dal SiCobas dopo che due lavoratori erano risultati positivi, a far chiudere il magazzino, lo scorso 18 giugno. L’intervento a sorpresa dell’Asl, sempre conseguente alla denuncia del SiCobas, ha rilevato mancanze e violazioni delle prescrizioni anti-covid.
“Non tutti portavano la mascherina – riferisce Pandolfi, dirigente Ausl all’agenzia Dire – non era sempre garantito il rispetto delle distanze e c’erano alcune mancanza anche sulla gestione dei locali in termini di pulizia”. Il tutto è riassunto dalle parole: “Il problema è che le regole vanno rispettate”.
Ma chi è che non rispetta le regole? Quali sono le condizioni di lavoro nei magazzini della logistica o per i fattorini? Da anni vengono denunciate dai lavoratori l’estremo sfruttamento e la precarietà in questo settore mentre i profitti sono schizzati alle stelle: nel solo 2019 l’e-commerce ha visto una crescita del fatturato del 17% e nel mese di aprile 2020 c’è stata un’impennata del settore nell’85% rispetto all’anno precedente.
Bartolini si difende nella maniera più classica da manuale dei padroni della logistica, spiegando che i lavoratori contagiati “non erano dipendenti diretti”. Come se la pratica di dividere i lavoratori tra appalti e subappalti di finte cooperative, non fosse stata avviata dai padroni stessi per sfruttare al massimo la manodopera!
Il problema non è solo bolognese, secondo l’Inail nei primi 15 giorni di giugno sono 2mila i nuovi contagi sul lavoro. Ma sicuramente il caso Bartolini è emblematico della strategia adottata dal Presidente della Regione Bonaccini, fra i principali fautori del “riapriamo tutto” a livello nazionale. Per comprendere quanto la priorità della salute pubblica sia stata dimenticata dai governi e dai padroni del vapore, oggi tutti i titoli dei principali quotidiani locali esprimevano preoccupazioni per “il ritardo nelle consegne”, conseguente alla scoperta del focolaio, e solo in caratteri molto piccoli dava conto delle condizioni sanitarie dei lavoratori colpiti.
D’altra parte, la sede di Bartolini non è mai stata chiusa completamente. Ad oggi è clamorosamente chiuso solo il magazzino, ma autisti e impiegati continuano a lavorare, con l’aggiunta di una cooperativa di supporto per garantire le consegne. L’Ausl al momento del controllo a sorpresa non ha applicato alcuna sanzione all’azienda, ma solo qualche bonaria “prescrizione”.
La vicenda insegna due cose: se oggi è venuto alla luce un focolaio in città è solo grazie al protagonismo e alla lotta dei lavoratori, dobbiamo restare vigili a tutela della nostra salute, nessuno lo farà al posto nostro; secondo, ma non per importanza, che da quando la pandemia è scoppiata, il capitalismo ha dimostrato di essere più interessato al profitto che alla salute dei lavoratori, delle loro famiglie e della popolazione intera.
È un sistema che mette a rischio le nostre vite e che deve essere cambiato!