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13 Settembre 2020La censura degli account social dei gruppi di sinistra continua, con Facebook che ha recentemente rimosso e messo limitazioni alle pagine anarchiche e antifasciste statunitensi. Questo è parte di uno schema che ha visto comportamenti simili da parte di altre piattaforme di social media. Queste purghe dimostrano da che parte stanno queste grandi multinazionali e perché dobbiamo lottare per il controllo e la proprietà pubblica dei social media.
Le cancellazioni degli account
Tra gli account che sono stati rimossi It’s Going Down, CrimethInc Ex-Workers Collective, Pacific Northwest Youth Liberation Front ed Enough is Enough. Facebook stesso ha detto che sono stati rimossi quasi millegruppi e oltre 500 pagine. Un gran numero di hashtag e account sono stati inoltre soggetti a restrizioni.
Allo stesso tempo, circa 800 gruppi e 100 pagine collegate alla teoria complottista di estrema destra QAnon sono stati limitati o rimossi. Questo fa parte di un cambiamento nella politica di Facebook che ha affermato di voler prendere di mira “movimenti in crescita che, pur non organizzando direttamente azioni di violenza, hanno inneggiato ad atti violenti, hanno mostrato di essere in possesso di armi e detto che le avrebbero usate, o hanno singoli follower con modelli di comportamento violento” includendo quelli “che hanno mostrato di rappresentare un rischio significativo per la sicurezza pubblica ma non soddisfano i criteri rigorosi per essere designati come organizzazione pericolosa”.
Con il criterio molto vago di “singoli follower con modelli di comportamento violento”, è chiaro che questa politica consentirà, e consente, a Facebook di censurare pagine a causa delle loro opinioni politiche, non di “minacce di violenza”. Dimostra anche perché non possiamo fare affidamento sulla classe dominante per consentire la libertà di parola qualora esista una minaccia per il loro sistema.
Agli ordini di Trump
In modo più o meno incidentale, questo attacco ai gruppi antifascisti e anarchici arriva nello stesso momento in cui si sono intensificati gli attacchi pubblici della classe dominante negli Stati Uniti. Donald Trump ha recentemente equiparato i delinquenti che terrorizzano le comunità a gruppi che si organizzano per cercare di prevenirli, e questa è la stessa tattica seguita da Facebook, cioè equiparare fascisti e antifascisti. Per meglio dire, è assurdo insinuare che coloro che tentano di opporsi fisicamente a gruppi che hanno commesso numerosi atti di terrorismo sono in qualche modo egualmente responsabili rispetto a coloro che commettono questi atti!
Questo non dovrebbe sorprendere, in un momento in cui Trump cerca di consolidare il proprio sostegno tra gli strati più arretrati in vista delle elezioni presidenziali statunitensi. Questa politica-fotocopia da parte di Facebook cerca non solo di deviare la colpa della violenza lontano dai responsabili, i reazionari di estrema destra, ma anche di screditare qualsiasi movimento che possa minacciare il sistema capitalista.
Non che servano ulteriori prove, ma si è anche fatto presente come l’estrema destra sia stata responsabile di almeno 329 omicidi negli ultimi 30 anni negli Stati Uniti, mentre i movimenti di sinistra non ne hanno commesso neanche uno.
La censura continua
Questa non è la prima volta che le multinazionali dei social media hanno intrapreso azioni contro gli account di sinistra. A gennaio, numerosi account Twitter collegati al governo venezuelano sono stati sospesi senza preavviso. Questo è stato esteso ai sostenitori della rivoluzione bolivariana, compreso l’account di Lucha de Clases, la sezione venezuelana della TMI.
Soltanto nell’ultimo mese, l’account del quotidiano cubano Juventud Rebelde è stato sospeso da Twitter e YouTube ha chiuso gli account dei canali televisivi in Venezuela e a Cuba.
Questi sono solo alcuni esempi e non includono le azioni intraprese contro singoli post, immagini e video. Ad esempio, alcuni attivisti hanno riferito di aver subito la cancellazione di post per aver tentato di incolpare il sistema capitalista per la crisi del Coronavirus, sulla base del fatto che si trattasse di fake news!
Va anche sottolineato che le regole non sono applicate allo stesso modo:un esempio è il recente rifiuto di bandire il politico indiano T. Raja Singh. Singh, un membro di spicco del governo di Modi, ha regolarmente pubblicato commenti islamofobici, arrivando addirittura a chiedere che i musulmani venissero fucilati. Persino Facebook ha riconosciuto che ciò viola le proprie regole sull’incitamento all’odio, ma si è rifiutata di eliminare il suo account per evitare di minacciare i propri interessi commerciali in India. Lo stesso vale per molti altri membri di spicco del partito Bjp di Modi che hanno fomentato odio contro i musulmani. È chiaro che Facebook non ha alcun interesse a “prevenire la violenza”, ma sta semplicemente applicando le regole secondo i propri interessi e quelli della classe dirigente statunitense.
Il potere dei social media
Il potere che hanno le multinazionali dei social media non deve essere sottovalutato. Si stima che metà della popolazione mondiale abbia almeno un account sui social. Facebook ha 2,6 miliardi di utenti, YouTube 2 miliardi, Instagram 1,1 miliardi e Twitter 326 milioni. Con una copertura così ampia, le piattaforme di social media detengono un potere immenso sulla libertà di parola. L’importanza di ciò è stata dimostrata negli ultimi anni, con il ruolo giocato dall’organizzazione tramite i social media nella Primavera araba e in altri movimenti recenti.
Inoltre, i sondaggi hanno suggerito che il 50% degli adulti riceve notizie dai social media invece che dai giornali tradizionali e dai notiziari televisivi. I social media dovrebbero essere uno strumento potente per il coinvolgimento delle masse e la libertà di parola, ma la loro proprietà privata impedisce che ciò avvenga.
Multinazionali del social media
Le piattaforme di social media sono grandi aziende capitaliste a pieno titolo. Il fatturato di Facebook è di quasi 60 miliardi di dollari all’anno, quello di YouTube è di 20 miliardi di dollari e quello di Instagram e Twitter supera i 3 miliardi di dollari. Il fondatore e amministratore delegato di Facebook Mark Zuckerberg è una delle persone più ricche al mondo e Facebook e le altre società di social media sono di proprietà di ricchi investitori attraverso il mercato azionario.
È per questo motivo, e non per alcuna “cattiva condotta” da parte delle piattaforme dei social media, che si sta verificando questa censura. Non è nel loro interesse consentire punti di vistache possono minacciare il sistema capitalista, anzi è nel loro interesse rimuoverle. Per lo stesso motivo i media sono di proprietà privata, per garantire che le opinioni fornite su una piattaforma siano solo quelle che non minacciano il capitalismo.
Queste piattaforme non sono politicamente neutre, anche se forniscono strumenti a ogni genere di organizzazioni di sinistra. Facebook ha consentito a persone di destra come Bannon e Mercer, a Cambridge Analytica, di utilizzare i dati personali degli utenti di Facebook per indirizzare annunci razzisti e provocatori a ciò che ritenevano essere un pubblico suscettibile nelle campagne elettorali di tutto il mondo. Questa è probabilmente solo la punta dell’iceberg, ed è stata rivelata solo perché le buffonate di Mercer & Co andavano contro l’interesse di un altro settore della classe dominante. Le rivelazioni di Snowden hanno mostrato l’accesso di vasta portata che i servizi di intelligence statunitensi e i loro partner hanno rispetto ai dati sensibile, accesso che, senza alcun dubbio stanno tuttora usando in un modo molto simile.
I social media devono essere di proprietà pubblica
Non possiamo fare affidamento sullo Stato capitalista e sulle aziende private per impedire a fascisti e razzisti di organizzarsi o di promuovere le proprie opinioni. In realtà, quando sta loro bene, lasceranno che quelle stesse persone agiscano indisturbate, che si tratti di Stephen Bannon o Raja Singh. In definitiva, solo il movimento operaio e la classe operaia possono impedire all’estrema destra di organizzarsi.
Esprimiamo piena solidarietà con i gruppi di sinistra che hanno subito la censura e ci opponiamo a qualsiasi tentativo della classe dominante di impedire l’organizzazione della sinistra. L’unico modo per garantire la libertà di parola è combattere affinché la stampa e le piattaforme social siano di proprietà e sotto il controllo della classe lavoratrice. Con i media e i social media sotto il controllo pubblico potremmo garantire una piattaforma equa per il punto di vista della classe lavoratrice, e non semplicemente per la piccola minoranza della classe dominante.
La classe dominante consente la “libertà di parola” quando non c’è una vera minaccia per la sua posizione, ma la storia mostra che non esiterà ad agire quando questa minaccia si presenta. La radicalizzazione dovuta al movimento Black Lives Matter rappresenta una minaccia di questo tipo, ed è per questo motivo che i settori combattivi della classe lavoratrice stanno affrontando la censura.