Aulla (Massa Carrara) – Ancora abusi in divisa!

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Aulla (Massa Carrara) – Ancora abusi in divisa!

di Vincenzo Mandarano

Lo scorso 29 Aprile il Tribunale di Massa Carrara ha inflitto pene piuttosto severe nei confronti di ben 23 appartenenti all’Arma dei Carabinieri, accusati a vario titolo di gravi reati quali violenza sessuale (per una perquisizione intima non autorizzata), sequestro di persona, e poi ancora falso in atto pubblico, porto abusivo di armi, lesioni, omissione di denuncia. L’indagine prende le mosse nel 2011 dalla denuncia di un cittadino di origine marocchina che lamenta di aver subito percosse nella caserma di Aulla: non si tratta di un avvenimento isolato bensì di un vero e proprio sistema consolidato di feroci vessazioni perpetuate nella caserma, come emergerà in seguito dalle intercettazioni ambientali. Addirittura in una di queste si sente un carabiniere rivolgersi al collega in questi termini: “Quello che succede all’interno della macchina rimane all’interno della macchina, non deve scoprirlo nessuno, dal brigadiere in su. È cosa nostra, proprio come la mafia!”. Per quanto inquietanti, queste dichiarazioni sorprendono fino ad un certo punto, pensando a quanti anni ci siano voluti per squarciare il velo di omertà che si era avvolto intorno alla morte di Stefano Cucchi.

Secondo quanto riportato da alcune fonti di stampa online, altri episodi incresciosi farebbero riferimento a sanzioni comminate ingiustificatamente o ancora frasi apertamente razziste pronunciate in conversazioni tra i carabinieri, del tipo “mettere le mani addosso ai marocchini mi fa schifo perché puzzano” e chi più ne ha più ne metta. Sebbene nell’ordinamento italiano sia vigente la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, questi elementi crediamo confermino a pieno come le più bieche logiche gerarchiche, corporative e reazionarie alberghino all’interno dei corpi militari dello stato borghese. Non è un caso che più volte sono emerse in vari contesti le simpatie fasciste delle forze dell’ordine; ultimamente ha fatto scalpore il caso del poliziotto con la felpa richiamante simboli nazisti, immortalato mentre svolgeva il servizio antisommossa.

Peraltro il macabro scenario sopra descritto ricorda, oltre ai tristemente noti eventi della caserma Bolzaneto di Genova durante il G8 del 2001, una più recente vicenda dai contorni simili verificatasi a Piacenza: nella città emiliana un intero comando dell’Arma fu posto sotto sequestro nel 2017, perché si perpetuavano al suo interno, ad opera degli esponenti della Benemerita, reati di ogni tipo, dalla tortura fino allo spaccio di droga. La vicenda processuale si è recentemente conclusa in Cassazione con pene fino ai 9 anni per i carabinieri imputati.

Al di là degli aspetti giudiziari, riteniamo sia importante sottolineare che i fatti citati non sono il frutto dell’azione di poche mele marce, come spesso si vuol far intendere, bensì il sottoprodotto naturale di una violenza che è insita nel sistema in cui viviamo. Le forze del (dis)ordine dello Stato capitalista assolvono infatti quella funzione repressiva necessaria al mantenimento dello status quo. La denuncia degli abusi della polizia non può quindi essere slegata dalla lotta contro un sistema che ha bisogno di forze repressive di questo tipo per tenersi in piedi.

 

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