La lotta alla Castelfrigo: il buono, il brutto e il cattivo
3 Gennaio 2018Il Venezuela dopo le elezioni comunali
10 Gennaio 2018Le giornate di dicembre hanno svelato la nuova situazione che si è sviluppata in Argentina. Gli avvenimenti scaturiti dall’attuazione da parte del governo di Cambiemos delle riforme del sistema previdenziale, tributario e del lavoro hanno provocato uno shock senza precedenti nella società trasformando la situazione politica.
Quella che viviamo non è una congiuntura comune. Lavoratori e giovani cominciano a prendere in considerazione una soluzione diretta ai propri problemi. L’asserzione “Il popolo non delibera né governa se non attraverso i suoi rappresentanti e le autorità create da questa costituzione” è messa in discussione.
Si sta sviluppando una nuova realtà di effervescenza delle masse, un vero punto di svolta nella coscienza. È probabile che, con la lotta di classe in campo, vedremo nuove e radicali manifestazioni di piazza in grado di produrre un balzo in avanti nella lotta contro il capitalismo e i suoi sgherri.
Gli antefatti
Il malessere sociale è esploso nelle strade a causa, come abbiamo già detto, delle riforme previdenziale, fiscale e del diritto del lavoro, insieme a quelle dell’istruzione e della salute. Il governo di Cambiemos, approfittando dei risultati delle ultime elezioni legislative, ha raddoppiato l’offensiva su tutta la linea linea contro i lavoratori e i settori popolari.
Il cumulo di bugie prodotto dai dirigenti di Cambiemos contrasta con la realtà che a poco a poco si è fatta strada. Come un velo che cade lentamente, le condizioni che stavano preparando la situazione attuale si rivelano ed erodono la credibilità del governo, sperperando il capitale elettorale guadagnato nel 2015.
L’attacco scatenato con l’attuazione di una serie di misure che implicano una battuta d’arresto nelle condizioni di vita dei lavoratori e infiniti benefici per il grande capitale, gli omicidi di Santiago Maldonado e Rafael Nahuel, la sistematizzazione di una politica repressiva come risposta all’aumento delle mobilitazioni sociali, si traduce in un crescente disgusto e ripudio in un numero sempre maggore di settori lavorativi.
La riforma delle pensioni trasferisce dalle tasche degli operai alle casse dei capitalisti più di 118 miliardi di dollari che saranno indirizzati al pagamento del servizio del debito estero. Ma non si ferma a questo, la modifica della formula di pensionamento imposta dall’ FMI – Fondo Monetario Internazionale – fa scendere al 41% del salario del lavoratore attivo le future prestazioni pensionistiche.
L’ipocrisia del governo di Cambiemos non ha precedenti, i suoi membri e il blocco mediatico al soldo del capitale, sottolineano come la modifica della formula per la liquidazione delle pensioni e la flessibilità del sistema pensionistico porteranno un notevole miglioramento per i pensionati. La maggioranza dei governatori peronisti si è piegata al presunto “ricatto2 politico ed economico esercitato sulle province, che mette i fondi pensione e le economie regionali in linea con gli orientamenti accettati da Cambiemos e imposti dal Fondo Monetario Internazionale, “fai ciò che dico e ne trarrai beneficio” dice il “credo” macrista.
Tutto è falso, per le nuove generazioni che entrano nel sistema pensionistico e vedono il loro futuro sequestrato, e per chi sarà costretto a lavorare fino a 70 anni a causa delle scarse prestazioni pensionistiche.
A tutto ciò si somma la diminuzione dei contributi padronali, una vecchia conquista operaia che obbliga i padroni a contribuire alle nostre pensioni e allo stato sociale, a un magro 1,5%.
Le ultime mobilitazioni hanno dimostrato la decisione dei lavoratori, ogni volta che sono stati sollecitati, di continuare nella lotta.
I cortei organizzati dai partiti di sinistra e dai gruppi più radicalizzati, come quelli convocati in modo unitario dai , hanno dimostrato nelle piazze tutto l’enorme potenziale dell’intera classe per il ripudio dell’’insieme delle misure attuate dal governo Macrì.
La CGT
Il triumvirato al vertice della CGT è stato estremamente indebolito, questa direzione non è riuscita a tenere insieme i leader delle diverse categorie. Gordos e Independientes (due aree sindacali della CGT ndt) hanno condizionato l’appoggio allo sciopero di 24 ore all’effettiva approvazione della riforma.
Il sindacalista di Obras Sanitarias, José Luis Lingeri, ha apertamente dichiarato di essere contrario allo sciopero e si è pronunciato per la costituzione di un “tavolo di sostenibilità e di lavoro” con il governo per analizzare la questione dei pensionati. Lo stesso hanno fatto anche una serie di sindacati come Commercio, Trasporti, UOCRA, UPCN e altri membri di Gordos e Independientes. L’UTA, che non ha approvato lo sciopero, mette in dubbio la leadership del triumviro Juan Carlos Schmid nella Confederación Argentina de Trabajadores del Transporte. “Non c’è nessuno che comandi”, ha detto un leader storico ieri. “Manca una guida”, concorda un altro settore. “La CGT ha bisogno di un leader in grado di garantire che non ci siano falchi o colombe, che trovi una posizione unitaria, che impedisca alla CGT stessa di sbandare di qui e di là come un aquilone”, ha aggiunto una terza fonte. (Clarín 19/12/2017 )
Barba Gutiérrez dell’UOM Quilmes ha presentato invece le sue dimissioni da Secretario de Interior del sindacato a causa della posizione tiepida del triumvirato della CGT che non ha favorito una mobilitazione unitaria dei sindacati rispetto alla riforma delle pensioni chiedendo inoltre uno sciopero di 36 ore.
La CGT e la sua direzione hanno permesso che le riforme fossero approvate senza ulteriori indugi. Non solo, ma il loro atteggiamento ha favorito la caccia alle streghe sostenuta dalle forze di sicurezza e dallo stato nazionale sotto il comando di Macri e della CIA.
Oggi Lingeri e altri leader hanno bisogno di fare compromessi con Cambiemos. La gestione dello stato sociale e la cassa che questa rappresenta per questi dirigenti- imprenditori che rimangono alla testa delle centrali sindacali, è il fulcro dei loro interessi.
L’opposizione
Vogliamo iniziare questo paragrafo schierandoci, in primo luogo, per la difesa senza esitazioni dell’intero arco dell’opposizione, dei suoi leader, dei militanti e degli attivisti politici e sindacali che sono vittime di accuse e persecuzioni politiche e di polizia. Queste accuse sono agli antipodi rispetto allo stesso regime giudiziario borghese secondo cui nessuno è colpevole fino a prova contraria.
Né Macri, né lo Stato, né il suo governo e nemmeno l’apparato giudiziario hanno l’autorità morale per poter giudicare chi lotta a favore del popolo.
Se ci sono differenze, saremo noi, organizzazioni politiche, sindacali e di massa a fare un bilancio e a saldare i conti tra gli sfruttati. Non concediamo alcun diritto o autorità a un governo che imprigiona e perseguita gli oppositori sia borghesi che operai. Che in ogni mobilitazione, insieme con le forze di sicurezza, organizza la caccia alle streghe contro pensionati, semplici cittadini ordinari e attivisti sociali o politici. L’obiettivo del macrismo, che legge la situazione politica con enorme timore e preoccupazione, consiste nel decapitare la direzione del movimento di massa prima di una possibile ribellione come quella del 2001.
Ma questa volta una ribellione sarebbe differente. Non lo diciamo per quanto espresso dall’Argentinazo e dal “que se vayan todos”. Non c’erano illusioni nel regime, al contrario queste erano cadute col rifiuto della relazione carnale con l’imperialismo, ripudiando la maledetta polizia, con la gente che ne aveva abbastanza dei politici, inseguiti e circondati nelle strade.
Allo stesso tempo siamo lontani da quell’epoca perché allora si usciva da una sconfitta nella lotta contro la privatizzazione delle imprese statali, in una situazione di forte disoccupazione.
Però i cambiamenti della coscienza non sono lineari, come succede nella dialettica della vita talvolta la necessità si esprime attraverso un avvenimento casuale generando un cambiamento della situazione politica, con la quantità che si trasforma in qualità. Dobbiamo stare attenti perché oggi una possibile esplosione troverebbe invece la classe operaia e i lavoratori organizzati, non sconfitti, intatti, pronti a mostrare i muscoli, con un’enorme capacità di lotta.
Il macrismo e la borghesia nel complesso temono la mobilitazione popolare. Molti borghesi sono preoccupati di un possibile tracollo del governo che possa provocare un’accelerazione del processo di maturazione delle masse. La preoccupazione di Cambiemos è nel vedere che si sta andando verso una nuova ribellione popolare e cerca quindi di decapitare la leadership della classe operaia e dei settori popolari. Questo è il motivo per cui ci troviamo di fronte a un attacco frontale, con gli oppositori accusati di fomentare la violenza sia in parlamento che nelle strade e i giovani perseguiti per la loro resistenza in Plaza del Congreso, mentre lottano come possono contro l’ingiustizia sociale senza vedere alcun futuro in questa società.
La caccia alle streghe è contro la sinistra radicale legata o alleata in un fronte comune con politici e sindacati kirchneristi, accusati di sostenere politiche “destituenti”. In definitiva, è un attacco preventivo alla mobilitazione popolare che avverrà sicuramente in futuro se si vorrà far passare la riforma del lavoro in marzo. Il macrismo si prepara insomma prima dei nuovi attacchi prodotti dalla sua politica reazionaria e imperialistica.
Da parte loro il kirchnerismo e i suoi alleati parlamentari e sindacali hanno fatto tutto il possibile, nelle strade e in Parlamento, per garantire sostenibilità e governabilità al regime di oppressione. L’obiettivo finale di questo tipo di riformisti è il parlamentarismo, secondo loro il capolinea dello sviluppo dell’umanità.
Come parte di questa politica, diversi leader sindacali hanno dato per scontata l’approvazione della legge sulle pensioni dalla maggioranza dei parlamentari filogovernativi. Ma queste dichiarazioni sono state fatte nel bel mezzo della lotta. È come se i generali di un esercito, nel pieno della battaglia contro il nemico di classe, ordinassero la ritirata.
Dopo aver dato un corretto impulso alla lotta, i leader di questo movimento, come Yasky, Michelli o Palazzo, hanno dato per chiuso questo capitolo all’apice della mobilitazione contro la riforma delle pensioni. Non lo sottolineiamo come un rimprovero, ma come una differenza politica. Questo mostra i limiti di un programma che si nutre di idee riformiste e politiche parlamentaristiche, cercando di conciliare l’inconciliabile, senza fare un bilancio degli anni in cui il kirchnerismo governava con il vento in poppa, cercando di controllare tutto in vista delle elezioni presidenziali del 2019.
Questi dirigenti sono vittime del loro stesso programma politico, che non è altro che quello della Costituzione nazionale, in difesa dello stato di diritto. Lo stesso stato di diritto prima enunciato ma poi negato dal reato di sedizione, la cui conferma è da addebitare ai parlamentari e ai sindacalisti kirchneristi.
Se la legge sulla riforma delle pensioni non fosse stata approvata, il governo Macri sarebbe entrato in un rapido processo di default e in una crisi politica e istituzionale. I 118 miliardi di pesos ottenuti con la riforma vanno a finire nelle casse delle banche, per il pagamento di un debito estero esorbitante e dei 350 miliardi di interessi in scadenza in titoli Lebacs (le Letras del Banco Central-LEBAC-sono titoli di debito a breve termine emessi dal Banco Central de la República Argentina ndt ), un business finanziario che paga tassi molto alti.
Dal 2016, il governo nazionale incoraggia una vera e propria lotteria finanziaria tramite la Banca centrale. Attraverso le Lebacs, gli investitori possono ottenere tassi remunerativi più alti che in qualunque altra attività. Al momento la banca centrale ha confermato un livello di tassi relativi del 30%. Si stima che due investitori su tre entrino nel paese per investire in questa roulette finanziaria.
Visto che tutti, a parte forse qualche ingenuo, davano per scontata l’approvazione delle riforme da parte dei deputati, la politica corretta sarebbe stata da un lato quella di stabilire una chiara delimitazione politica nei confronti della direzione della CGT, dall’altro fare appello alla lotta, cominciando con uno sciopero di 24 ore prima della sessione parlamentare, e all’ organizzazione di un movimento di resistenza basato sui delegati e sui consigli interni delle fabbriche e delle aziende.
La crisi del capitalismo è anche la crisi del riformismo. Ovunque, i partiti tradizionali di destra e di sinistra sono in crisi. Le organizzazioni che sembravano avere una base solida e immutabile stanno entrando in crisi o in declino quando non crollano del tutto. I partiti riformisti che hanno fatto parte di governi che hanno effettuato tagli profondi sono stati bocciati dal loro elettorato tradizionale .
Anche la sinistra ha fatto la sua parte. Veniamo da quasi 34 anni di democrazia parlamentare borghese, forma di regime che ha contagiato quasi tutti i gruppi di sinistra. Il parlamentarismo è diventato in molte occasioni una politica fine a sé stessa, perdendo di vista il fatto che il regime parlamentare è uno dei volti della dittatura del capitale.
Il lavoro rivoluzionario in parlamento dovrebbe invece servire a smascherare il carattere di classe del regime politico e dovrebbe essere accompagnato dalla mobilitazione e dalla discussione all’interno del movimento rivoluzionario.
Il compito odierno non è lo scontro di piazza con le forze di sicurezza, ma unificare, attraverso il fronte unico, la maggioranza dell’opposizione sulla base di un programma rivoluzionario. Abbiamo bisogno di discutere e capire che dobbiamo prepararci per le azioni future di fronte a bruschi cambiamenti nella situazione politica.
Alan Woods nel suo celebre Bolscevismo: la strada per la rivoluzione ci dice:
“Le leggi che regolano l’attività parlamentare si ripercuotono, in ogni epoca, sulle frazioni parlamentari dei partiti operai riformisti. Le pressioni della classe dominante, la sua ideologia e le sue istituzioni non sono mai così intense come nell’arena parlamentare. La borghesia ha perfezionato in un lungo periodo di tempo i meccanismi necessari ad esercitare pressione e corrompere i rappresentanti parlamentari del proletariato. A meno che questi ultimi non siano saldi nella loro coscienza di classe e nella comprensione teorica necessaria per consentire loro di vedere attraverso i trucchi e le manovre del nemico, inevitabilmente soccomberanno alle pressioni e saranno risucchiati nel pantano parlamentare delle commissioni, della burocrazia e della questioni procedurali. Non è necessariamente una questione di corruzione personale diretta, di arrivismo ecc…anche se queste armi sono utilizzate attivamente per comprare i dirigenti operai. Nel caso dei riformisti di destra, molti sono avvocati della classe media, dottori ed economisti che hanno uno stile di vita e una psicologia più vicini alla borghesia che ai lavoratori che affermano di rappresentare. Persino i riformisti di sinistra più onesti, anche gli operai esperti e forgiati in anni di lotta, possono rapidamente cadere nell’atmosfera rarefatta di questo mondo artificiale e possono allontanarsi dalla realtà della lotta di classe.
Da un punto di vista riformista, che subordina sempre tutto all’elezione dei parlamentari, l’indipendenza della frazione parlamentare del partito, il diritto sacro di ogni singolo deputato a “seguire la propria coscienza” è accettato come qualcosa di normale. Questo è solo un altro modo di esprimere l’indipendenza dei leader riformisti della classe operaia, la loro assoluta e totale dipendenza dalla borghesia. Ma per un partito rivoluzionario, per il quale la lotta parlamentare non è che un elemento della lotta generale della classe operaia per cambiare la società, questo è impensabile. Il partito come espressione organizzata degli elementi più coscienti del proletariato può e deve esercitare il controllo sui suoi rappresentanti eletti a tutti i livelli, inclusi tutti i suoi membri in parlamento. “È ovvio che il parlamento non è una palcoscenico ideale per gli operai rivoluzionari. La rarefatta atmosfera del parlamento aveva impressionato i deputati bolscevichi, che dapprima, senza convinzione, seguirono la linea di minor resistenza. In questo modo, nella prima sessione, non votarono contro il candidato cadetto e ottobrista come presidente della camera. (…)
La frazione si rifiutò di leggere ad alta voce una risoluzione preparata dal CC bolscevico perché aveva elaborato la propria, che non conteneva alcun appello rivoluzionario alle masse fuori dal parlamento. Durante il dibattito ci furono diversi casi, ad esempio quando votarono per l’assegnazione di fondi per l’istruzione pubblica, senza denunciare il pregiudizio di classe della politica educativa del governo. Lenin si allarmò immediatamente per il modo in cui i sei deputati bolscevichi si lasciarono nuovamente dominare. “Se i nostri sei parlamentari vengono dalla curia operaia, non devono sottomettersi in silenzio ai siberiani (ex intellettuali esiliati). Se questi vogliono predominare, i nostri devono piuttosto abbandonare protestando vigorosamente“.
La nostra intenzione è quella di aprire un dibattito non solo sulla tattica del fronte unico ma più in generale sul ruolo dei rivoluzionari in un ambito proprio del nemico di classe.
Il lavoro dei deputati di sinistra e operai deve servire da cassa di risonanza per i conflitti nelle piazze e per quelli dei lavoratori nelle loro fabbriche e luoghi di lavoro e si tratta fondamentalmente di combattere le illusioni in un regime politico che produce solo disoccupazione e barbarie, così come le istituzioni che lo sostengono.
La violenza
“Le importazioni stanno volando mentre le esportazioni ristagnano. La questione del tasso di cambio è rilevante, l’aumento degli ultimi giorni lo corregge leggermente, anche se dobbiamo vedere come ciò influirà sui prezzi. Nel caso del settore della soia, vi è un’aspettativa per la riduzione delle ritenute fiscali e la congiuntura industriale in Brasile rimane complicata. L’anno si chiuderà con un deficit delle partite correnti del 4,5%, un record considerato lo scenario dei prezzi internazionali. L’Argentina in generale non è stata in grado di sostenere questo livello di deficit estero. I tassi d’interesse mondiali sono ancora bassi e i paesi sviluppati sono ultra indebitati, quindi un aumento del tasso di riferimento può essere un problema per loro. Ma il debito argentino aumenta rapidamente e ciò genera un aumento dei tassi. Inoltre non è scontato che gli investimenti esteri in entrata generino dollari a livello commerciale a medio termine. L’Australia ha operato per 30 anni con un deficit delle partite correnti perché attrae investimenti asiatici e reinveste i suoi profitti. In Argentina la dinamica è diversa”. (“No es sostenible” Página12 27/12/2017)
“Le cause strutturali dell’enorme deficit commerciale sono la flessibilizzazione commerciale e il basso tasso di cambio. Il dollaro a buon mercato fa crescere le importazioni in tutti i settori, favorendo non solo i consumi. In effetti, gli imprenditori stanno acquistando ogni tipo di prodotto. D’altro canto, le esportazioni crescono dell’1% a causa dell’attuale tasso di cambio. Il raccolto agricolo è stato buono, con importanti vendite di grano e mais. Ma i grandi gruppi agrari speculano e non mettono in vendita tutto il raccolto. L’appropriazione indebita di valute è coperta da debito e capitali finanziari attratti da un tasso di interesse reale del 15% in dollari, che è però dannoso a livello macroeconomico perché alimenta l’apprezzamento del cambio e perché una leggera modifica delle condizioni finanziarie può causare massicci disinvestimenti. Il governo dà la priorità al consolidamento degli aspetti istituzionali, ma legare l’intera macroeconomia alla creazione di condizioni favorevoli per gli investimenti esteri è un errore. In questo momento, per ogni dollaro di investimenti diretti esteri che entra nel paese ci sono sette dollari di investimenti speculativi “. (“Speculazione rurale” Pagina 12/27/2017)
“Il ministero delle finanze continua a emettere debito estero. Attraverso la Gazzetta Ufficiale, l’agenzia incaricata di Luis Caputo ha annunciato il collocamento di due Letras del Tesoro per un importo totale di 23 miliardi di pesos a marzo 2018.
Il pacchetto di titoli a breve termine più significativo ammonta a 15 miliardi di pesos ed è stato acquistato integralmente dal Fondo di garanzia di sostenibilità (FGS) di Anses (Administración Nacional de la Seguridad Social, ente che gestisce le prestazioni sociali ndt). In altre parole, il governo ha fatto ricorso ai fondi previdenziali per finanziarsi. L’ultimo sondaggio dell’Osservatorio sul Debito della Fondazione Germán Abdala ha indicato che in undici mesi del 2017 le emissioni di debito hanno superato del 20% il totale emesso nel corso del 2016. Con questi numeri, il Ministero delle Finanze ha accumulato fino alla fine di novembre debiti per 78.740 milioni di dollari. L’aumento del livello di indebitamento fornisce al governo la necessaria valuta estera per finanziare il crescente deficit commerciale, la fuga di capitali, le spese di viaggio, la rimessa degli utili e il pagamento degli interessi sullo stesso debito.” (Pagina 12″ Il debito non si ferma “27/12/2017)
Questa serie di citazioni fornisce solo un esempio della crisi che attraversa l’economia del paese. Forte indebitamento, aumento correlato senza precedenti degli interessi, aumento delle importazioni, contrazione delle esportazioni a seguito della crisi internazionale, in breve una confisca di risparmi, salari e pensioni dei milioni di lavoratori passivi e attivi nel paese.
Questa è la base della violenza che milioni di lavoratori soffrono sotto un sistema che contamina e depreda tutto, una crisi che non riguarda solo noi comunque.
E’ la violenza dall’alto a generare quella dal basso. In questo senso si capisce come una gran quantità di giovani ricorra alla violenza nelle strade dando corso a una vera rabbia popolare. Ma è necessario chiarire bene che è stata la polizia, come documentato dal fotografo Lucas Martelli, a provocare l’inizio della violenza. Questo materiale fotografico fornisce una prova definitiva che smaschera il monopolio dei media che cerca di indicare i gruppi politici e sindacali come responsabili di ciò che è accaduto, per giustificare la repressione e demonizzare compagni come Sebastián Romero del PSTU, che si vuole processare per “ribellione”, per dare un esempio a tutti quelli che resistono politicamente al saccheggio in corso. Com’è suo costume e risaputo da tutti, ancora una volta la polizia aveva infiltrati nelle proteste.
Ma allo stesso tempo consideriamo sbagliato, come abbiamo già sottolineato, l’atteggiamento di quei gruppi politici che alimentano la politica di scontro con le forze di sicurezza, scoprendo un fianco che indebolisce la causa dei lavoratori. Ciò che dobbiamo fare è organizzarci per dispiegare tutta la forza della classe lavoratrice che si esprime in uno sciopero generale. Solo in questo modo potremo legare le mani ai capitalisti. C’è una feroce rabbia generalizzata contro i grotteschi livelli di disuguaglianza, con la ricchezza oscena di una piccola minoranza parassitaria che contrasta nettamente con la crescente povertà e disperazione all’altro estremo. I borghesi seri sono sempre più preoccupati di questa situazione che mette a repentaglio la stabilità dell’intero sistema. Ovunque c’è un odio ardente verso i ricchi. Molti si chiedono: se l’economia sta andando così bene, perché il nostro tenore di vita non migliora? Perché continuano a tagliare lo stato sociale, la sanità e l’istruzione? Perché i ricchi non pagano le tasse? E queste domande non trovano risposte.
I borghesi sono sempre più allarmati dalle conseguenze politiche della crisi. Lungi dal sentire i benefici della cosiddetta ripresa, la maggior parte della classe operaia sta peggio rispetto a prima del crollo. Il McKinsey Global Institute ha rilevato che il 65-70% delle “fasce di reddito” delle economie avanzate ha subito una stagnazione o un calo del proprio reddito tra il 2005 e il 2014, sebbene tale cifra scenda al 20-25% quando si considera il reddito disponibile. In paesi come l’Italia questo fenomeno ha riguardato ogni livello di reddito (Più poveri dei padri, McKinsey Global Institute).
La crisi ha i suoi effetti più dolorosi e diretti sui giovani. Per la prima volta da molti decenni, la nuova generazione non avrà gli stessi livelli di vita dei propri genitori. Ciò ha gravi conseguenze politiche. In tutti i paesi, la pressione intollerabile sui giovani si esprime in un forte aumento della radicalizzazione politica. Su ogni questione, la gioventù è posizionata molto più a sinistra rispetto al resto della società. E’ lo strato sociale più aperto alle idee rivoluzionarie. Marx ne “La lotta di classe in Francia nel 1848-50” ha scritto: “Ma dietro al diritto al lavoro c’è il potere sul capitale e dietro al potere sul capitale c’è l’appropriazione dei mezzi di produzione (per la dittatura del proletariato), la sua sottomissione alla classe operaia unita, e di conseguenza l’abolizione sia del lavoro salariato che del capitale e delle loro mutue relazioni”. Questi sono i venti che soffiano sui nostri paesi. Siamo entrati in periodi di intensa turbolenza che si esprimono sempre più spesso in scontri di piazza.
Crisi di direzione della classe operaia
Trotskij sosteneva che “la crisi dell’umanità si riduce alla crisi di direzione della classe operaia”. Questo concetto è ancora pienamente valido ovunque si guardi, non solo nella nostra realtà ma nel mondo intero.
Dobbiamo ricordare che il kirchnerismo non è stato solo un sottoprodotto della ribellione popolare del 2001, l’Argentinazo, ma anche che ha governato dopo un lungo periodo di recessione, in un periodo di boom dell’economia argentina combinato con gli alti prezzi delle materie prime nel mondo. I lavoratori stanno facendo una formidabile esperienza con le direzioni riformiste sia di destra che di sinistra, mettendole alla prova e scartandole se non sono all’altezza. Sappiamo che in un periodo di auge capitalistica è stato possibile fare concessioni alla classe operaia, specialmente nei paesi capitalisti avanzati in Nordamerica, Europa e Giappone. Ma quando arriva una profonda crisi i borghesi non concedono più riforme. Al contrario, esigono la liquidazione di quelle conquistate dal 1945 in avanti. Per le masse ha senso il riformismo con riforme ma non il riformismo senza riforme, o meglio il riformismo con controriforme.
Come abbiamo sottolineato in altre occasioni, la sinistra ha di nuovo un’opportunità storica nelle sue mani, nella misura in cui rompa con vecchi vizi settari verso i movimenti che hanno ancora illusioni nella leadership kirchnerista.
Ma sappiamo che la coscienza delle masse può accelerare in modo straordinario in periodi di estrema turbolenza.
Dobbiamo avere pazienza, essere fermi nei principi e nei metodi rivoluzionari. Dobbiamo avere fiducia nella classe lavoratrice e nei lavoratori, poiché non è solo la classe moderna e creativa per eccellenza, ma anche l’unica classe potenzialmente rivoluzionaria. La tattica di fronte unico, le tradizioni e i metodi del marxismo rivoluzionario, così come la necessità di discussione e azione devono essere le armi per i futuri attacchi contro il grande capitale.
Socialismo o Barbarie!