Taiwan: dopo le elezioni – Una nuova epoca di crisi in patria e all’estero
17 Gennaio 2024Il programma dell’Internazionale
19 Gennaio 2024Il 24 gennaio si terrà in Argentina uno sciopero generale contro il nuovo governo Milei che, con i suoi attacchi immediati alla classe lavoratrice e alle masse in generale, ha già provocato lo sviluppo di mobilitazioni di protesta nel mese di dicembre. Pubblichiamo qui un testo scritto dai compagni della Corriente Socialista Militante, la sezione argentina della Tendenza Marxista Internazionale, che spiega le basi materiali e politiche che hanno portato alla vittoria di Milei e delinea prospettive e compiti per il movimento operaio e per l’intervento dei comunisti.
del comitato centrale della Corriente Socialista Militante (TMI)
Il periodo che si è aperto nel Paese nel 2024, dopo il trionfo di Milei e la presentazione del suo piano di risanamento sotto forma di DNU (Decreto di necessità e urgenza, Ndt) e legge Omnibus (progetto di legge che si propone una profonda controriforma della Stato, Ndt) , sarà un periodo di enormi sconvolgimenti sociali.
Come ha sistematicamente annunciato durante la sua campagna elettorale, il suo programma è la motosega. Al di là delle sue teorie anarco-capitaliste – che settori della media e grande borghesia non appoggiano e non appoggeranno, perché in ultima analisi li danneggeranno di fronte ad altri settori e al capitale imperialista – la sua premessa non è altro che l’abbassamento del deficit di bilancio, cioè una politica macrista più aggressiva e violenta, che cerca di superare i limiti che il governo Macri (di destra, che ha governato l’Argentina tra il 2025 e il 2019, Ndt) non ha potuto superare per quanto riguarda l’austerità: ovvero restringere lo Stato.
La chiusura di almeno 9 ministeri su 18, e quindi riduzione della forza lavoro statale; riduzione del budget, espulsione di coloro che sono stati assunti nel personale statale nel 2023 attraverso il mancato rinnovo dei contratti con meno di un anno di validità – in totale, circa 5mila licenziamenti secondo il governo, e 7mila secondo l’ATE (Associazione Lavoratori dello Stato, Ndt) ; vendita di tutte le aziende statali “inefficienti”, secondo le parole del ministro Caputo, e a breve termine, come Aerolíneas Argentinas, YPF (Azienda argentina del petrolio, Ndt), Enarsa (Azienda energetica, Ndt) il conglomerato dei media pubblici, ecc. Infine, il suo obiettivo è quello di ridurre del 5% del PIL il deficit pubblico nel 2024, del quale il 57% va alla spesa sociale e ad altri bilanci.
Quello che dobbiamo sottolineare è che il governo Milei/Caputo/Macri ha l’appoggio dell’AEA (Associazione imprenditoriale argentina, Ndt) , dell’UIA (Unione industriale argentina, Ndt) e della Società Rurale, cioè della parte più rancida della borghesia argentina e, naturalmente, dell’imperialismo.
Milei ha annunciato che il costo sociale sarà enorme: la povertà e l’indigenza aumenteranno come conseguenza immediata del risanamento economico, che potrebbe tradursi, secondo le sue stesse parole, in due anni di sacrifici – sacrifici per chi? per le masse lavoratrici, non per la casta – e da otto a dieci mesi di scontri di piazza. Da parte sua, Caputo ha riconosciuto che le misure del governo sono uno shock fiscale e che saranno dure per le masse lavoratrici nell’immediato futuro.
Queste misure stanno preparando uno scenario sociale esplosivo. Logicamente, il governo cercherà di logorare le lotte e sicuramente conterà sulla collaborazione di un settore importante dei dirigenti sindacali della CGT (Confederación General del Trabajo, il principale sindacato argentino, Ndt). Tuttavia, nell’immediato, questi ultimi mantengono l’appello per uno sciopero di 12 ore il 24 gennaio, nonostante il fatto che i tribunali si siano pronunciati a favore del ricorso da loro presentato contro la riforma del lavoro contemplata nel DNU. Dobbiamo interpretare diversi aspetti della nuova situazione politico-sociale.
Le condizioni materiali che hanno permesso la vittoria dell’estrema destra reazionaria
Sebbene Javier Milei sia arrivato al governo con una base di sostegno molto importante – tra cui un voto considerevole tra settori della classe operaia e della gioventù -, più di una volta abbiamo spiegato che questa adesione non era una svolta a destra da parte delle masse lavoratrici, e nemmeno da parte del settore di esse che ha votato per lui. Piuttosto, questo voto esprimeva la stanchezza dopo oltre un decennio di sofferenza e di emarginazione di un’enorme parte di settori popolari. Gli ultimi sondaggi (https://www.pagina12.com.ar/699983-la-luna-de-miel-de-javier-milei-duro-muy-poco), che mostrano un rapido deterioramento della base di sostegno di Milei, sono una dimostrazione di questa analisi: anche se nella prima metà di dicembre dieci sondaggi
stimavano che il sostegno al governo rimaneva favorevole. Successivamente dieci dei sondaggi più pubblicati nel paese hanno indicato un chiaro deterioramento del sostegno popolare al governo dopo la pubblicazione della DNU: il settore della classe operaia che ha votato per Milei voleva un cambiamento positivo delle proprie condizioni di vita, e non una maggiore austerità rispetto a quella sperimentata sotto Macri e sotto Fernández/Massa, che li aveva portati a una situazione di impoverimento senza precedenti.
Il 51% dell’economia informale raggiunto nel 2023 è il prodotto di oltre un decennio di crisi economica e sociale. Dalla ripresa dei prezzi internazionali delle materie prime nel 2003, le riforme sociali promosse dal kichnerismo hanno contribuito a ridurre i livelli dell’economia informale, ma in modo insostenibile nel tempo, in quanto limitate al quadro della proprietà privata capitalista e, quindi, al perseguimento del profitto economico da parte dei padroni. Quando il boom dei prezzi ha raggiunto il suo limite nel 2010, la riduzione dell’economia informale ha iniziato a invertirsi: l’aumento dei lavoratori informali è direttamente collegato ai processi di precarizzazione del lavoro e di espulsione dal lavoro formale, esacerbati dalla crisi. Di fronte alla crisi, la borghesia ha ora bisogno di ridurre la quota destinata ai lavoratori nella distribuzione della ricchezza per proteggere il proprio tasso di profitto. Un modo per ottenerlo è licenziare i lavoratori per ridurre l’occupazione formale. D’altra parte, il fallimento e la chiusura delle imprese che non riescono a rimanere a galla nel mezzo della crisi spinge anche settori di lavoratori verso il lavoro informale, dopo aver perso il lavoro.
Tutto ciò si è aggiunto ad uno strato composto da un enorme esercito di uomini e donne che ogni anno vengono gettati nell’informalità con tutto ciò che comporta: lavoro nero, assenza di contrattazione collettiva, carichi di lavoro di dieci e persino dodici ore al giorno, salari da fame, cottimo, ecc. con l’aggravante che chi ha cercato lavoro nell’ultima settimana è, per questo solo motivo, considerato dallo Stato come parte della percentuale di occupati.
Nel dicembre 2017, il tentativo del governo macrista di votare alla Camera dei deputati la controriforma del lavoro è stato fermato in piazza dalla lotta sulla previdenza sociale. In pratica, però, ciò significava che la controriforma veniva applicata gradualmente. I dati del governo Fernández parlano di una disoccupazione a una cifra; in realtà, si tratta di lavori di bassa qualità e di salari da fame. Abbiamo sottolineato più volte che nel mercato del lavoro ci sono lavoratori e lavoratrici che hanno fino a tre impieghi per arrivare a fine mese: alla fine del primo trimestre del 2023, l’8,6% dei lavoratori formali, ovvero circa 1,14 milioni, aveva più di un impiego, un dato che si prevede continuerà a crescere per il resto dell’anno, arrivando a superare il 10%. Se si includono i lavoratori informali con più di un lavoro in questo fenomeno, è probabile che si arrivi a 2 milioni di persone.
Nell’ultimo decennio la vita quotidiana dei lavoratori è stata sempre più segnata dalla fame e dal degrado umano, da condizioni di vita che non si riflettono solo nelle immagini delle baraccopoli dei principali centri urbani del paese, ma anche nelle province: gravi problemi infrastrutturali nelle baraccopoli, prive di strade asfaltate o in estremo degrado, senza fognature, servizi igienici di base, compresa la fornitura di acqua per il consumo, mancanza di un trattamento adeguato delle acque reflue e degli escrementi, e dei rifiuti solidi, tutte questioni che rendono la vita dignitosa. Più di 500mila famiglie che vivono in queste baraccopoli non hanno accesso regolare ad almeno due dei servizi di base. Nel complesso, l’emergenza abitativa raggiungerà i 4 milioni di famiglie nella seconda metà del 2023.
Queste sofferenze hanno portato allo sfinimento di milioni di donne e uomini comuni, a cui si aggiunge il malfunzionamento dei trasporti pubblici in mano a privati, con i pendolari che viaggiano come bestie per ore per raggiungere il proprio posto di lavoro, per poi dover sopportare lunghe ed estenuanti giornate di sfruttamento, giorno dopo giorno, dopo giorno, dopo giorno, dopo giorno.
Questa combinazione era impensabile 50 anni fa, quando migliori condizioni di lavoro erano state conquistate da una generazione attraverso il dibattito e la lotta; quando la quota di reddito pro capite era del 50% per i lavoratori e del 50% per i padroni; e quando la politicizzazione implicava la discussione programmatica sulla trasformazione della società da parte di milioni di lavoratori e lavoratrici e della loro avanguardia, di cui una parte importante considerava il socialismo come l’orizzonte da conquistare.
Tutto questo è la base materiale dell’odio che si è lentamente accumulato per più di 10 anni e che si è espresso nel sostegno a Milei al ballottaggio.
Questo breve resoconto, che sembra ovvio, vale la pena di ricordarlo per capire qual è la base del falso voto libertario e qual è la base materiale che ha preparato l’attuale situazione politica e le lotte sociali e politiche che verranno nel nuovo periodo che si è aperto nella lotta di classe. In questo senso, è importante ricordare che Marx ha sottolineato che: “Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.”
A ciò possiamo aggiungere il carattere eminentemente materiale e pratico dell’alienazione, che Marx descrive nello sfruttamento e nel deterioramento della vita stessa.
Non è scopo di questo breve testo fare un’analisi dettagliata delle citazioni di Marx, ma è intenzione di questo scritto ricordare che non è la coscienza delle donne e degli uomini a determinare il loro essere, ma, al contrario, è il loro essere sociale a determinare la loro coscienza. In definitiva, è la vita materiale a determinare la coscienza.
Alla luce di queste idee, quindi, è stato in questo modo che la candidatura Milei/Villarruel e il suo discorso demagogico si sono collegati all’odio radicato, alla stanchezza e alla fatica di milioni di uomini e donne che lavorano.
Il ruolo del kichnerismo: la politica di conciliazione di classe ha aperto la strada all’estrema destra
D’altra parte, guardando ora al livello politico, il voto del 2023 ha significato la caduta catastrofica della politica riformista, della conciliazione di classe. Ancora una volta, ha dimostrato, in ultima analisi, la sua impraticabilità storica.
I kirchneristi hanno dimostrato, con la loro politica economica, non solo la loro capitolazione nei confronti della borghesia, ma la loro relativa indipendenza è stata direttamente correlata agli anni di “vacche grasse”, frutto di una crescita economica che ha visto la sua fine nella crisi internazionale dei subprime. Durante il boom delle materie prime, hanno potuto finanziare le concessioni materiali alle masse lavoratrici: sussidi, aumenti salariali e pensionistici, investimenti nell’istruzione, nella sanità e nelle opere pubbliche, senza toccare le radici della proprietà privata capitalistica e il potere economico dei capitalisti, e imponendo solo controlli limitati sul mercato e sul tasso di profitto degli imprenditori. Nell’epoca del calo dei prezzi delle materie prime, hanno gestito la crisi imponendo sempre più tagli alle condizioni di vita dei lavoratori, per sostenere il regime capitalista che non hanno mai pensato di distruggere alla radice.
I riformisti hanno dimostrato una, due, dieci, venti volte, la loro politica di impotenza di fronte alle catene monopolistiche di commercializzazione e distribuzione dei prodotti alimentari nel paniere familiare. Non c’è stato “prezzo calmierato” o piano di controllo dei prezzi alimentari che non sia fallito. Ciò che non si ha non può essere controllato.
La codardia dei Fernandez nel caso Vicentín (per il ritiro della proposta di esproprio del gruppo agroindustriale Vicentin, fortemente indebitato con il banco Nacional, dopo le proteste della destra, Ndt) è stato uno degli ultimi colpi inferti alla base di consenso kirchnerista che già non credeva alla sua direzione. La vera e propria scomparsa dallo scenario politico di CFK (Cristina Fernández de Kirchner, ex presidente e vicepresidente che il 1 Settembre 2022 ha subito un attentato da parte di un militante dell’estrema destra, Ndt) e la via legale scelta di fronte all’attentato, invece di incoraggiare la mobilitazione popolare, stavano poco a poco, tra gli altri fattori, minando la base militante dei riformisti.
La piena consapevolezza della direzione kirchnerista di non mantenere o promuovere una politica che potesse danneggiare il delicato e instabile equilibrio della governabilità è stato ciò che ha portato consapevolmente settori della base kirchnerista verso la demoralizzazione e la smobilitazione.
In relazione al debito estero, CFK ha detto: “siamo pagatori seriali”; è stata proprio questa politica a spianare la strada a Guzmán prima, a Batakis poi – fugacemente – e infine – e più violentemente – a Massa, per portare avanti i negoziati con il FMI.
Il debito pubblico e privato siderale rappresenta un peso soffocante sull’economia di qualsiasi paese, e questa è la realtà che Massa avrebbe affrontato se fosse stato eletto, la stessa su cui ora Milei/Villarruel/Caputo vogliono applicare il loro sanguinario DNU.
Tuttavia, è anche vero che questa interpretazione non si esaurisce qui, cioè nelle condizioni materiali che hanno permesso la vittoria di Milei. È necessario analizzare il fenomeno anche nel suo aspetto politico.
Come abbiamo sottolineato negli ultimi materiali pubblicati in vista delle elezioni, nello spazio politico dell’LLA (La Libertad Avanza, la coalizione politica guidata da Milei ndrt) sono arrivati i settori più rancidi legati all’ultima dittatura militare. Settori che hanno installato in una parte della società la “teoria dei due diavoli”, ovvero che “è stata una guerra e che ci sono stati degli eccessi”, e che i morti della sovversione devono essere vendicati.
Non possiamo negare il ruolo svolto dai media della carta stampata, radiofonici e televisivi dell’opposizione reazionaria, che per anni, 24 ore su 24, hanno ribadito che i diritti umani “erano una presa in giro” per il governo e per le stesse organizzazioni dei diritti umani.
La repressione e il genocidio sono qualcosa di profondamente sentito e simbolico per una società che è stata scossa per 7 anni da una delle più feroci dittature civili-militari della storia dell’Argentina e dell’intero continente. Un regime che ha fatto scomparire una generazione di militanti che discutevano della costruzione del socialismo. Quindi, il fatto che parte dell’opinione pubblica sia arrivata a negare quella barbarie non è altro che una tragedia storica. Ma è una tragedia per la quale il riformismo, proprio come ha fatto in campo economico, ha preparato il terreno per anni.
Dobbiamo quindi segnalare la politica dei riformisti, che hanno cooptato il movimento per i diritti umani nello Stato capitalista, fino all’assurdità di vedere dolorosamente organizzazioni come Madres de Plaza de Mayo rilevate da uno degli Schoklender (personaggio dal dubbio passato, accusato di sottrazioni di fondi dell’associazione e precedentemente allontanato dalla stessa, ndt), svuotando Las Madres de Plaza de Mayo con l’espulsione delle organizzazioni popolari che le circondavano e che, in un modo o nell’altro, svolgevano un ruolo di controllo nei confronti dei carrieristi e dei loro affari. Questo non è un giudizio nei confronti di Las Madres. Hanno dato quello che potevano, essendo uscite da una delle peggiori tragedie storiche degli ultimi decenni in Argentina. Ma come in tutti gli aspetti della vita, ciò che non va avanti, va indietro: questa è la natura dialettica della vita e della storia.
La DNU, la legge Omnibus e l’indebolimento dello Stato: vogliono… ma ci riusciranno?
Pochi giorni dopo il ballottaggio, sono arrivate le prime lettere di licenziamento nelle aziende private che lavorano per lo Stato nell’esecuzione di opere pubbliche. La decisione di Milei è stata quella di lasciarle nelle mani del mercato, sostenendo che, se non ci sono aziende private interessate a una gara d’appalto, significa che si tratta di opere che non hanno senso economico. L’altra opzione proposta da Milei è che siano i Comuni a pagare le opere. Come e con quali soldi? L’unica possibilità è che i Comuni facciano dei tagli, privatizzino i beni locali o prendano i soldi dalle tasse comunali. In entrambi i casi, a pagare saranno i lavoratori.
Questa politica può portare alla rovina delle infrastrutture che i capitalisti hanno richiesto fino ad oggi allo Stato, al loro Stato, quello che dovrebbe fornire loro strade, autostrade, porti, ecc. Questo è anche il caso di molte aziende private che vivono grazie alle sovvenzioni dello Stato capitalista. Questo potrebbe portare a una situazione di maggiore concentrazione di capitale tra alcuni settori della borghesia, mandando al contempo in bancarotta altri settori più deboli e arretrati. Bisognerà vedere quali sono i settori in gioco, ma alla fine, se si persiste con questo approccio, si assisterà rapidamente alla resistenza dei gruppi imprenditoriali al programma del mileismo/macrismo. Un’espressione delle pressioni dei diversi settori della borghesia sul governo è stata la suddivisione dei ministeri durante il mese di dicembre.
Tralasciando per un attimo il suo ruolo repressivo, lo Stato è stato l’organo politico che ha permesso ai capitalisti di imporre materialmente il mercato su un intero territorio e di dare così origine alle nazioni moderne. Per questo motivo, nel Manifesto comunista, Marx ed Engels lo definirono come la giunta che amministra gli affari comuni della classe borghese. Infatti, è attraverso lo Stato che è stato portato avanti lo sviluppo comune dei mezzi di trasporto terrestri, marittimi e aerei, essenziali per l’esistenza di un mercato nazionale. In questo senso, la borghesia non poteva e non può esistere senza tale sviluppo.
Con l’ascesa del capitale industriale monopolistico e del capitale finanziario a partire dal 1870, il ruolo dello Stato come organo per la promozione e lo sviluppo del potere economico dei capitalisti, sia all’interno che all’esterno dei territori nazionali – così come il colonialismo – non è diminuito, ma si è anzi intensificato – come ha dimostrato Lenin nella sua teoria dell’imperialismo moderno. Quale potente nazione imperialista si è sviluppata senza uno Stato potente? Nessuna. Milei propone al Paese, e alla borghesia in particolare, l’idea di un'”Argentina come potenza”, sulla base della riconfigurazione, o del parziale smantellamento, dell’organo politico che sostiene materialmente lo scambio commerciale tra le diverse fazioni del capitale argentino e tra queste e il capitale straniero. Puntando a una maggiore importanza del settore primario nella struttura produttiva a vantaggio dell’agrobusiness, dell’industria mineraria, del petrolio e del gas non convenzionali e della speculazione finanziaria.
Il capitalismo ha bisogno di vivere legato allo Stato. È quindi più che probabile che il consenso tra i partiti capitalisti su tagli e restrizioni riguardi ciò che i capitalisti considerano una spesa: gli investimenti sociali. Ma applicarli a ciò che sostiene, almeno in parte, la produzione sotto la proprietà dei capitalisti, significherà uno scontro aperto tra il governo e settori della borghesia.
Alla fine, l’unico risultato che si otterrà sarà quello di indebolire la già arretrata borghesia argentina nei suoi rapporti con il capitale imperialista – cioè di aggravare lo sfruttamento della classe operaia, del territorio e della natura del paese da parte del capitale imperialista – e anche di provocare l’insofferenza dei padroni nei confronti di uno stupido che sta cercando di rompere la logica storica
del capitalismo e di portarlo a una situazione senza precedenti. Per usare le parole di Marx: Milei sta cercando di far tornare indietro la ruota storica del capitalismo. Quando il presidente propone di costruire un’Argentina potente, in realtà intende tornare alla “grande Argentina” del XIX secolo. Un’Argentina a immagine e somiglianza dell’oligarchia agro-esportatrice e delle esigenze dell’imperialismo.
La DNU e la legge Omnibus: la risposta dei lavoratori e il ruolo della burocrazia sindacale
All’inizio di questo articolo abbiamo sottolineato che ci troviamo di fronte a una nuova fase di crisi del capitalismo in Argentina, una fase che porterà a situazioni di scontro nelle strade e in cui non si può escludere una futura esplosione sociale o insurrezione delle masse lavoratrici.
Le prime manifestazioni indette dalla sinistra per il 22° anniversario dell’Argentinazo, dalle organizzazioni popolari e dai sindacati, e i numerosi cacerolazos spontanei di dicembre, sono un segno di ciò che sta per accadere. Il blocco delle opere pubbliche, insieme alle privatizzazioni e ai tagli alle pensioni, all’aumento dei prezzi, all’incremento dei trasporti, degli affitti e dei servizi pubblici sono gli elementi di maggior rifiuto popolare che si sentono nelle strade.
L’idea di Milei è di puntare su un’economia di tipo cileno. Cioè, imporre una riforma che renda i ricchi più ricchi e i poveri più poveri, nella logica della strutturazione del movimento operaio nella sua organizzazione di primo, secondo e terzo grado, la cui premessa è la disgregazione dell’organizzazione sindacale madre.
Di fronte all’assalto del programma mileista/macrista espresso nella DNU e più recentemente nella legge Omnibus, la classe operaia ha già iniziato a mostrare i muscoli nella scuola della lotta di classe. Sarà un’esperienza più o meno rapida di fronte alle misure che il nuovo governo vuole attuare. Quegli elettori della classe operaia che hanno abbandonato il peronismo a causa delle politiche portate avanti negli ultimi anni di negazione delle conquiste passate, sono obbligati a trarre le giuste conclusioni per affrontare la reazione, portando avanti il superamento del riformismo in termini rivoluzionari nella direzione del potere operaio.
È vero che dobbiamo denunciare non solo le privatizzazioni, ma anche la disoccupazione e la repressione alle porte. Ma cominceremo anche a vedere il vero volto dei capi traditori della CGT. È probabile che si giocheranno le loro carte, poiché la posta in gioco sono i loro privilegi, la gestione delle organizzazioni sindacali, delle loro aziende, ecc.
Per ora, la convocazione di uno sciopero di 12 ore per il 24 gennaio è solo un timido segnale da parte della dirigenza della CGT, anche se è un passo avanti. Le due CTA (in riferimento alla Central de Trabajadores de la Argentina Autónoma, CTA-A, e alla Central de Trabajadores de la Argentina de los Trabajadores, CTA-T, due organizzazioni sindacali argentine, Ndt.) e altri sindacati si sono uniti alla richiesta di sciopero. La CGT sta cercando di capire fino a che punto può negoziare i propri privilegi, ma anche le più importanti conquiste operaie attaccate dalla DNU, per poter conservare la propria base di sostegno e la propria autorità all’interno del movimento sindacale. In realtà, faranno tutto il possibile per raggiungere un accordo senza dover svegliare il gigante addormentato che è la classe operaia nel suo complesso. Si mobiliteranno per le strade e faranno tutta la pressione necessaria sul governo, cercando allo stesso tempo di frenare il più possibile il vero movimento di lotta, in modo che non gli sfugga di mano.
Una massiccia mobilitazione insurrezionale dei lavoratori potrebbe mettere in scacco non solo il governo, ma l’intero regime democratico borghese, compreso l’istituzionalismo dell’UxP (Unión por la Patria coalizione politica peronista progressista, Ndt) all’interno e all’esterno dello Stato, e persino la stessa leadership dei padroni. Una volta che la classe operaia si riprenderà la piazza, forte del suo potere e del controllo della situazione, non sarà facile – anche se non impossibile – per la CGT e i partiti tradizionali riportarla sui binari democratici.
Mercoledì 3 gennaio, la Camera nazionale del Lavoro (Una sezione del tribunale di primo grado o della corte d’appello che risolve le questioni di lavoro portate dinanzi al tribunale ndr) si è pronunciata a favore della CGT, concedendo la misura cautelare richiesta dal sindacato. Questo, almeno dal punto di vista giuridico, è un ostacolo temporaneo per il governo di fronte alla controriforma del lavoro proposta nella DNU, ma la guerra di classe è appena iniziata. Logicamente, con l’intensificarsi delle lotte, ci sarà una grande pressione da parte della della CGT sulla sua direzione. Finora, dopo la sentenza, è stato mantenuto l’appello allo sciopero del 24 gennaio.
Tuttavia, negli ultimi giorni, Milei ha dichiarato pubblicamente di non rifiutare un eventuale confronto con la CGT e Manuel Adorni, il portavoce presidenziale, ha indicato prima della sentenza che i canali di comunicazione erano aperti. Da parte sua, Carlos Acuña, membro della segreteria nazionale della CGT, ha risposto chiarendo che non c’è stato alcun tipo di comunicazione con il governo, ma ha aggiunto che, se fossero stati convocati per avviare un dialogo, non avrebbero mai rifiutato di parlare con il governo. Queste ultime parole di Acuña mostrano chiaramente, anche se tra le righe, i limiti insormontabili della direzione della CGT in termini di avanzamento della lotta di classe.
Per questo motivo, è fondamentale andare oltre il freno imposto dalle direzioni sindacali, sollevando la necessità di un Congresso dei lavoratori, della costruzione democratica di un piano generale di lotta e della preparazione di uno sciopero generale. La CGT si batterà nella misura in cui ci sarà una pressione da parte della base dei lavoratori e se i privilegi della burocrazia saranno minacciati. Per fermare l’offensiva dei capitalisti, noi lavoratori possiamo contare solo sulle nostre forze, sui nostri metodi e sulla nostra organizzazione, e non sui dirigenti sindacali. Ecco perché le assemblee, i comitati e i coordinamenti sono indispensabili per organizzare la lotta della classe operaia nei sindacati, nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro e nei quartieri.
Poco dopo la vittoria di Milei, un manipolo di sindacalisti simpatizzanti della Bullrich (Patricia Bullrich ministro della Sicurezza del governo Milei, Ndt) ha dichiarato il proprio sostegno al nuovo governo, come una sorta di punta di diamante per spaccare la CGT al fine di ottenere più adesioni a Milei e al suo programma. Ma, per ora, sembra essere un fatto assolutamente marginale, in relazione a quanto accaduto successivamente.
Minacce di repressione
Fondamentalmente, dobbiamo prestare attenzione alla politica repressiva di Milei/Macri. È vero che la situazione politica è molto mutevole, o almeno sembra esserlo in questo primo momento.
Da prima delle elezioni, una serie di minacce contro gli attivisti per i diritti umani, o contro quegli elementi d’avanguardia che sono molto esposti nella lotta di classe, sono state fatte da settori reazionari e filofascisti della base di sostegno di Milei, ma anche da quadri di medio livello e persino da parlamentari, come nel caso di José Luis Espert, che ha minacciato pubblicamente i leader piqueteros, i parlamentari dell’UxP e del FIT-U (Frente di Izquierda de los Trabajadores Unidos, la coalizione di sinistra, Ndt).
A pochi giorni dal ballottaggio, Milei e Villarruel hanno sottolineato che “dentro la legalità, tutto, fuori dalla legalità, niente”, vale a dire che il bastone e il piombo saranno all’ordine del giorno. In seguito, Milei ha affermato chiaramente che l’errore della dittatura è stato quello di non legalizzare la repressione in stile Pinochet.
Pertanto, anche se forse vediamo gran parte della borghesia o del mondo imprenditoriale cercare di contenere o ammorbidire le politiche di Milei, dobbiamo capire che siamo in presenza di un pazzo con penna e motosega in mano e che all’interno di La Libertad Avanza esiste una corrente politica di cui fanno parte elementi innegabilmente filofascisti.
Il protocollo Bullrich, presentato a metà dicembre, è un segno inequivocabile del percorso che il governo vuole intraprendere per contenere le proteste attraverso l’uso della forza.
Tuttavia fino ad ora non è servito a fermare il movimento di piazza contro la DNU e la legge Omnibus.
La rivendicazione delle forze armate come istituzione necessaria per la difesa della sovranità e il ritardo del loro rinnovamento negli ultimi 40 anni sotto i governi radicali e peronisti ha portato il governo Milei/Villarruel a voler creare una forza militare più moderna, aumentando il budget militare al 2% del PIL. Non è casuale che questo discorso ha preso piede in questo settore, al punto da ottenere il 90% degli elettori nelle Forze di Sicurezza e nelle Forze Armate – più del doppio rispetto agli altri settori sociali del Paese.
A questo proposito, colpisce la nomina a capo dell’esercito di Alberto Presti, figlio di un noto repressore che non ha pagato per i suoi crimini, e il pensionamento di 23 alti ufficiali. Questi 23 ufficiali, secondo Raúl Kollman, editorialista di página12 (https://www.pagina12.com.ar/700572-la-purga-libertaria-en-las-fuerzas-armadas), avevano, nonostante le loro tradizioni reazionarie e “gorilla” (antiperonista, Ndt), importanti legami con il governo Fernández, e sono stati mandati in pensione affinché l’esecutivo possa avere un maggiore controllo sulle Forze Armate. Allo stesso modo, coloro che sono ora a capo delle componenti delle forze armate hanno legami storici con Washington, il che è in linea con l’orientamento servile verso l’imperialismo statunitense che Milei cerca chiaramente di dare al suo governo.
Di fronte alla prospettiva della repressione per sconfiggere la lotta dei lavoratori contro la DNU e la legge Omnibus, i marxisti devono mantenere il senso delle proporzioni. Non possiamo cadere nella paura o nell’impressionismo, né nell’avventurismo. Dobbiamo leggere il carattere dei tempi, il segno dei tempi. L’attuale periodo storico è caratterizzato da rivoluzioni, controrivoluzioni e guerre. Sappiamo che la destra si è rafforzata nel paese, come in altre parti del mondo. Tuttavia, non hanno ancora un sostegno di massa.
Dobbiamo avere fiducia nella classe operaia, dobbiamo avere fiducia nelle nostre idee, senza settarismi, dobbiamo avere un atteggiamento propositivo nei confronti di chi vuole ascoltare il programma socialista rivoluzionario. Senza minimizzare i grandi compiti che noi marxisti abbiamo davanti a noi: la lotta contro un governo reazionario di ultradestra che sta proponendo uno dei peggiori piani di austerità capitalistici della storia.
Si prospetta un periodo di lotte intense. Dobbiamo prepararci sulla base della teoria marxista e dell’organizzazione rivoluzionaria. Costruire con coraggio e pazienza in mezzo alla tempesta.
Tuttavia, i lavoratori non hanno ancora detto la loro. Abbiamo appena visto un assaggio di ciò che accadrà. Il dispiegamento delle forze dei lavoratori, del popolo e della sinistra prima, durante e dopo lo sciopero del 24 gennaio sarà un altro segno degli eventi che verranno.
Nelle loro lotte le masse imparano. Le elezioni sono un’istantanea del momento politico, ma la lotta di classe reale non finisce con le elezioni e quest’ultima è più simile a un film che esprime un’intera epoca.
Le masse hanno scelto un’opzione che si collegava al loro odio senza fermarsi a vedere se fosse di destra o più progressista. In realtà, l’opzione che si presentava come progressista è quella che ha attuato i piani di tagli in questi anni. Solo una parte, combinando una certa consapevolezza del significato di un governo Milei e la paura della reazione, ha optato per Massa, ma questo non è stato sufficiente. L’istinto di classe ha prevalso in modi diversi. Questo, comprensibilmente, ha conseguenze in entrambe le direzioni.
Quando non vedranno soddisfatte le richieste fatte al nuovo governo, è probabile che possano concedergli un po’ di tempo, ma poi questo si tradurrà nel fatto che le loro lotte saranno
dirette contro il governo reazionario di ultradestra del mileismo/macrismo, facendo diventare rossa la situazione politica – gli ultimi sondaggi sulla popolarità del governo e sul sostegno al DNU, sono un segno del rapido cambiamento che sta subendo la correlazione di forze che ha dato vita al governo all’inizio.
La lotta di classe è entrata in una fase di intensificazione. I sindacati probabilmente saranno ripetutamente scossi come con le prime scosse prima di una grande catastrofe.
Il compito dei marxisti rivoluzionari, dei comunisti, è lottare per l’indipendenza di classe. È molto probabile che ci saranno eventi che aiuteranno a maturare queste idee, non solo per l’esperienza dei leader kirchneristi a livello politico e sindacale, ma anche per la loro immagine deteriorata e il loro coinvolgimento nella politica di conciliazione di classe. Inoltre, abbiamo un altro vantaggio, e cioè che i leader del kirchnerismo preferiscono salvare la governabilità e le istituzioni, prima di aprire un varco attraverso il quale gli sfruttati possano esprimersi e si verifichi una situazione che può sfuggire di mano.
Dobbiamo anche prestare attenzione alla possibilità di rivolte o improvvise irruzioni di soggetti esterni all’apparato sindacale. Le autoconvocazioni che possono sorgere giocano in questo un ruolo centrale.
Prima o poi ci troveremo in una situazione straordinaria per la lotta di classe e dobbiamo essere scrupolosi. Dobbiamo fermare la palla e spiegare con pazienza dove sta andando. Dobbiamo discutere le questioni di sicurezza più basilari, non solo per non subire repressione, ma anche in modo educativo. Non si tratta di avere una posizione avventurista e irresponsabile, che eccede le nostre possibilità nel convocare mobilitazioni o indicare cosa dovrebbe fare la classe operaia senza connettersi con essa. Dobbiamo però evidenziare i compiti del movimento operaio e della sua avanguardia. Uno strato importante di militanti e attivisti ha il ricordo nella propria psicologia dell’ultima dittatura, dell’esperienza dell’89 e del ’90, e del 2001, e qualcosa si è imparato. Sappiamo che non siamo di fronte ad una situazione esattamente simile alle precedenti, anzi, è una situazione senza precedenti, per così dire.
Il passaggio da un governo all’altro ci fa capire che sono state attuate una serie di misure per facilitare l’ingresso del nuovo governo. Il graduale disarmo dei Leliq (Las Letras de liquidez, uno strumento finanziario che utilizza la Banca Centrale Argentina per regolare la quantità di pesos che circolano nell’economia, Ndt), insieme ad una forte svalutazione del dollaro e all’aumento dell’inflazione, sono alcuni dei casi a cui stiamo assistendo. Così come il piano di risanamento applicato dal governo Massa e Fernández, insieme ai governi provinciali fino al dicembre 2023.
Abbiamo un posto dove tornare. Alla classe operaia, al movimento di massa, ai consigli interni e agli organi delegati, alle Assemblee popolari. Alla democrazia diretta e all’assemblea, generando spazi di dibattito, deliberazione e azione nella misura in cui la situazione lo consente.
Infine, dobbiamo proporre una posizione senza settarismo, di fronte unico con tutta la sinistra, con un dibattito leale, con dei principi, ma mettendo al primo posto il fronte unico in termini di mobilitazione, così come con l’avanguardia del movimento operaio e gli elementi più lucidi del campo popolare. Possiamo colpire uniti senza mescolare le nostre bandiere e i nostri programmi, conducendo una lotta politica per l’indipendenza di classe.
È essenziale indirizzare il nostro lavoro politico verso i giovani. C’è una massa molto significativa di giovani che hanno sostenuto Milei con il loro voto. Ma questo non durerà per sempre.
Ci sono altri settori di giovani che non si sentono politicamente rappresentati dal FIT-U. Queste elezioni hanno generato una crisi nelle file della sinistra. Non solo per la posizione della direzione prima del ballottaggio, che mostrava un ventaglio di ambiguità e certezze che alla fine hanno giocato a favore di Massa, senza mostrare un polo unitario di lotta contro i due candidati, un polo unitario per preparare la futura tappa, cioè rovesciare il capitalismo.
Un polo che consideri la costruzione di un’organizzazione rivoluzionaria della classe operaia; che proponga lo sviluppo di dibattiti democratici in ogni luogo di lavoro, quartiere e università per la costruzione di un piano di lotta con prospettive di potere operaio. Un polo che proponga una battaglia politica oltre i limiti del parlamentarismo, resi ancora una volta evidenti con la recente formazione arbitraria delle commissioni alla Camera per dibattere la legge Omnibus.
Prima o poi, quando la notte più buia sarà seguita dall’alba, il maltempo lascerà il posto a tempi rivoluzionari. Sappiamo che esiste una resistenza di classe in un contesto di confusione. Dobbiamo fare luce, luce e ancora luce di fronte alla confusione e al bisogno di idee.
Né piangere né ridere, capire.
4 gennaio 2024