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Sono tre i lavoratori metalmeccanici scomparsi in questi giorni per complicazioni da covid-19 tra Milano e la Brianza, uno all’Engie, uno alla Rcs Thales di Gorgonzola e infine un lavoratore della ST Microelectronics di Agrate Brianza.
La ST Microelectronics appresa la notizia si è affrettata a dichiarare che il lavoratore era assente da un mese, che i colleghi erano stati avvisati e che ogni tipo di precauzione era stata presa. La prima preoccupazione dell’azienda quindi è stata mandare messaggi rassicuranti per evitare le proteste dei lavoratori.
Ma il lavoratore scomparso non è l’unico ammalato della fabbrica, sono stati infatti accertati altri quattro casi. Probabilmente sono solo la punta dell’iceberg visto che la regione, con la complicità delle altre istituzioni, ha deciso che di tamponi per accertare la positività al virus non se ne fanno:
Il sindacato francese Cgt del sito di ST di Crolles ha calcolato che solo in quello stabilimento sono almeno 45 i casi sospetti. Non è difficile presupporre che in uno stabilimento molto più grande dove si utilizzano le stesse procedure di lavoro, i positivi possano essere anche di più, soprattutto se si considera che Lombardia il virus è arrivato ben prima che in Francia.
St insiste a puntualizzare che in azienda si lavora con tutte le precauzioni del caso, dispositivi Dpi, sanificazione, e anche distributori di disinfettanti. Ma come oramai da tempo è risaputo tutto ciò non è sufficiente, esistono tanti altri canali con cui il virus trova la strada per contagiarci. Gli spogliatori, una distrazione di un collega nel trascurare le procedure sanitarie, oppure le navette che portano gli stessi lavoratori, che tra l’altro alcune arrivano anche dalle zone a più alto tasso di contagio.
Purtroppo i sindacati metalmeccanici di Cgil e Cisl invece che battersi per la chiusura della fabbrica fino al cessato pericolo, continuano a firmare accordi per la continuità produttiva con l’azienda. Lo hanno fatto il 12 marzo, dopo che erano stati trovati dei lavoratori positivi in un reparto, e ne hanno rinnovato la validità ieri. L’accordo, con l’immancabile via libera del prefetto, prevede la presenza solo del cinquanta percento dei lavoratori a rotazione, senza perdita di salario per le ore non lavorate vengono conteggiate come permessi retribuiti.
Cinquanta per cento di maestranze in meno non significa però produzione ridotta della metà. Infatti i lavoratori in produzione vedono attualmente i propri carichi di lavoro aumentati. A questo poi va aggiunto che tutte le misure di sicurezza sanitaria prese dall’azienda vanno a sommarsi al disagio dei lavoratori di dover andare in fabbrica mentre dilaga l’epidemia. Le file per bere un caffè alla macchinetta, le distanze di sicurezza in mensa, fanno sì che quelli che dovrebbero essere momenti di riposo diventano ulteriori fattori di stress. A causa di tutto ciò qualcuno si mette in malattia e il carico di lavoro per chi è in fabbrica aumenta ulteriormente. Fiom e Fim firmando quell’accordo hanno fatto proprio un bel servizio all’azienda, e poco serve vantarsi di aver ottenuto i permessi retribuiti o che ci saranno 150 euro di premio a marzo e 350 ad aprile, quando in gioco c’è la salute dei lavoratori e dei loro familiari.
Ecco cosa scrivevano i lavoratori di ST sulle proprie pagine di Facebook dopo aver saputo della morte del collega ”Cavolo! Io potrei capire la necessità di restare aperti se producessimo beni essenziali.
Ma stare aperti per diffondere virus e rischiare la vita …proprio non lo capisco”. Oppure dopo l’accordo di ieri sera: ”I sindacati hanno sempre lottato per i lavoratori non contro i lavoratori… Ci hanno lasciato soli in una battaglia come questa …”
Sono 1400 le aziende che nella sola provincia di Monza e Brianza hanno chiesto al prefetto di continuare a produrre anche se i loro prodotti non sono affatto essenziali. Stm è una di queste.
Per l’azienda la produzione non può fermarsi, non si può fermare una macchina che produce profitti (220 milioni di dollari di dividendi per gli azionisti nel 2019) nemmeno di fronte alla morte.
Soprattutto una azienda che ha sempre fatto utili da capogiro negli ultimi anni e non certo essenziale in questo periodo deve chiudere e garantire lo stipendio per tutti i lavoratori!
Tanto più che gran parte della produzione riguarda il settore auto in forte crisi, per cui l’azienda nei mesi passati aveva chiesto ed ottenuto un rallentamento della produzione obbligando alle ferie o cambi di reparto i lavoratori.
È inaccettabile che i lavoratori non sono stati neanche consultati, è inaccettabile che a decidere se un’azienda deve continuare a produrre siano prefetti o dirigenti aziendali a cui interessa solo il profitto. I lavoratori sono gli unici che conoscono veramente la fabbrica, cosa produce, e a rimetterci la salute, solo loro hanno il diritto di decidere. I comitati per la sicurezza sanitaria che dovrebbero essere predisposti in azienda devono essere presieduti solo da delegati che rispettano realmente la volontà dei lavoratori. Delegati eletti democraticamente e revocabili in qualsiasi momento. Solo così possiamo difenderci da aziendalisti senza scrupoli e un governo che ha deciso che l’emergenza si ferma ai cancelli delle fabbriche inchinandosi alla volontà dei padroni.