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20 Novembre 2018Alla fine, dopo mesi di difficili negoziati, i negoziatori britannici e quelli della UE sono arrivati ad una proposta di accordo. Tuttavia, a margine ci sono scritte le istruzioni: accendi la miccia e allontanati in fretta. Sta per scatenarsi l’inferno.
Dal punto di vista del grande capitale, l’ipotesi di accordo non è male, visto che lega l’economia britannica all’Europa. Ma, in particolare per i Conservatori pro-Brexit, l’accordo è deleterio.
La May ha tentato di difendere gli interessi delle aziende. Ma ciò ha avuto il costo di aprire una guerra civile interna al partito conservatore.
Dopo cinque ore di riunione del governo, nonostante accese divisioni, il Primo Ministro ha fatto pressioni per arrivare ad un’intesa. Il suo ultimatum è stato efficace: o il mio accordo, o nessun accordo – e nessuna Brexit.
A quanto pare, in questo incontro 10 o 11 ministri si sono opposti alla May, ma alla fine hanno accettato. Era un accordo “collettivo” – con una pistola puntata alla tempia.
Il passo decisivo … oltre il burrone
Come ha detto la May: “Questo è un passo decisivo che ci consente di andare avanti e concludere l’accordo nei prossimi giorni”. Ma tali confortanti rassicurazioni vanno prese con le pinze. Non si “volterà pagina”.
Le cose hanno già iniziato a svilupparsi rapidamente. Due ministri del governo hanno dato le dimissioni: il Ministro del lavoro e delle pensioni, Esther McVey e, soprattutto, il ministro incaricato di negoziare l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, Dominic Raab.
Raab aveva assunto l’incarico solo da pochi mesi, in seguito alle dimissioni di David Davis, che si era a sua volta dimesso da ministro per la Brexit dopo che in estate era stato proposto l’accordo di Chequers.
Queste ultime dimissioni fanno seguito a una serie di altre dimissioni di alto profilo che ci sono state nell’ultimo anno, poiché la questione della Brexit sta lacerando il Partito conservatore. Sembra probabile che altre ne seguiranno, mettendo in seria discussione il futuro della May come leader del partito e come Primo ministro.
I conservatori: una nave che affonda
Questa è la più grave crisi di governo che si ricordi. Il governo della May sta vacillando sull’orlo di un precipizio. I tories sono come una nave con lo scafo bucato sotto la linea di galleggiamento che sta affondando velocemente. Tutti i tentativi di chiudere le falle sembrano inefficaci. L’acqua continua ad affluire. A breve, saranno tutti con l’acqua alla gola.
Ironia della sorte, pochi giorni dopo le commemorazioni per l’Armistizio, il quotidiano tedesco Der Spiegel ha detto bene, affermando che la May aveva schivato un proiettile nel governo. Sarebbe più appropriato dire “una raffica di proiettili”.
L’accordo ha creato ostilità da tutte le parti. Ora la May sta combattendo per salvarsi la pelle da un punto di vista politico. Ha rischiato tutto per il bene del paese, il cosiddetto “interesse nazionale” – in altre parole, gli interessi dei grandi capitalisti.
La Brexit è stata un disastro fin dall’inizio. Cameron ha rischiato e ha perso. Ora la classe dominante si trova ad affrontarne le conseguenze. Il Partito conservatore verrà ridotto a in mille pezzi. L’Europa ha avvelenato il Partito conservatore ed è in procinto di distruggerlo.
Un fallimento epico
I banchieri e i capitalisti, erano atterriti al pensiero di una Brexit senza accordo. Sarebbe una calamità per i loro mercati e i loro profitti. Stanno facendo tutto ciò che è in loro potere per impedirlo. Hanno chiaramente fatto pressioni sulla May per farle accettare una Brexit “morbida” – e lei ha obbedito.
Secondo l’ipotesi di accordo, lasciando da parte tutti i dettagli, la Gran Bretagna resterebbe strettamente legata all’Europa, sia in un accordo commerciale che per la “rete di protezione” (per il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord). La Gran Bretagna dovrebbe accettare le leggi dell’eurozona per fornire una “parità di condizioni”. Questo accordo doganale potrebbe essere esteso a tempo indefinito, se non si raggiunge un ulteriore accordo. Questa sarebbe una Brexit solo di nome.
Questo ha fatto infuriare i Tory pro-Brexit che hanno minacciato di destituirla. Come dichiarato dal deputato conservatore Conor Burns:
“Ho sempre detto che non vogliamo cambiare il Primo Ministro, ma la sua politica. Tuttavia, arriva un punto in cui se il Primo Ministro insiste sul fatto che non cambierà la sua politica, allora l’unico modo per cambiare la politica è cambiare chi la porta avanti”.
Lo stesso è stato fatto da Jacob Rees-Mogg, che ha esortato alla ribellione, paragonando la situazione alla lotta contro Re Giovanni.
“Arriva un punto”, ha detto il deputato tory tra i più pro-Brexit, “in cui la politica e l’individuo diventano così intimamente connessi che sarà molto difficile continuare a sostenere la persona che promuove questa politica”.
Un altro parlamentare euroscettico ha descritto le dimissioni di Raab come “conclusione” della leadership della May. “Se quelli che si suppone dovessero guidarla, non possono appoggiarla”, ha aggiunto, “allora come possono farlo i parlamentari o il paese? È uno spettacolo ripugnante. Non c’è modo di tornare indietro. Lei se ne deve solo andare. Questo è un fallimento epico”.
Probabili elezioni anticipate
Il destino è perciò segnato per Theresa May. Ci sarebbe una sfida tutta interna ai tory se il comitato del gruppo parlamentare conservatore (il 1922 backbench Committee) ricevesse 48 lettere che invitano la May a dimettersi e giungere a un nuovo voto per il leader del partito.
Tale voto potrebbe avvenire a giorni. È quindi possibile che la May sia sul punto di essere estromessa. Anche se i Tories trovassero un nuovo leader (forse Boris Johnson o Rees-Mogg), il governo probabilmente cadrà perché non avrebbe più una maggioranza.
Un nuovo leader dei Tory dovrebbe negoziare contemporaneamente con l’Europa e il DUP, il partito reazionario nordirlandese che ora ha poco interesse nel sostenere un governo conservatore. Senza il supporto del DUP, il governo è finito.
La scadenza per l’uscita dall’UE è il 29 marzo. Non c’è tempo per rinegoziare un altro accordo. Tuttavia, tutto ciò potrebbe essere superato con elezioni anticipate nel nuovo anno.
Se la May viene deposta e non c’è maggioranza, allora verrà chiesto di formare un governo a Jeremy Corbyn, in quanto leader del partito di opposizione. Senza una maggioranza per farlo, l’unica opzione saranno le elezioni politiche anticipate.
Acque inesplorate
Anche se la May ce la fa, il che non può essere escluso, dopo che gli europei hanno appoggiato l’accordo, questo sarà portato davanti alla Camera dei Comuni, probabilmente prima di Natale.
L’accordo ha già attirato una diffusa opposizione da tutte le parti. Entrambe le ali del partito laburista sono contrarie. Apparentemente anche le due ali del Partito conservatore sono contrarie. I partiti nazionalisti sono contrari, come lo sono i Lib Dems e il DUP.
Sembra quindi molto improbabile che l’accordo negoziato dalla May superi il voto in Parlamento. Nel frattempo, non c’è tempo per rinegoziare un nuovo accordo e l’UE non è interessata a prorogare la scadenza del 29 marzo.
Chiaramente siamo in acque inesplorate. Da qui le cose si faranno sempre più complicate.
Corbyn correttamente dovrebbe respingere l’accordo della May e provare a premere per le elezioni anticipate. Questa è l’unica alternativa.
Con l’accordo rigettato dal Parlamento, l’autorità della May sarebbe pari a zero. Possiamo essere abbastanza fiduciosi che questa è la fine per il suo governo.
Senza che fino ad ora sia stato approvato un accordo, ci troviamo già in una situazione allarmante per le grandi imprese. Proveranno a fare del loro meglio per mettere pressione sui parlamentari e raffazzonare una Brexit “morbida”. Ma potrebbero dover aspettare il risultato di nuove elezioni politiche.
Un nuovo capitolo
La probabilità di elezioni generali e la formazione di un governo laburista di Corbyn apre un nuovo capitolo e nuove sfide in Gran Bretagna.
La crisi sempre più profonda del capitalismo britannico continuerà indipendentemente dal risultato elettorale. L’unica via da seguire per un governo Corbyn è l’attuazione di politiche socialiste audaci nell’interesse della classe operaia.
Questo è l’unico modo in cui possiamo “riprendere il controllo”, nella lotta per una Inghilterra socialista e un’Europa socialista.