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La lotta di un anno fa aveva obbligato l’azienda ad accettare le richieste dei lavoratori con un grosso mal di pancia, ma era evidente come la proprietà non avesse fatto altro che prendere tempo in modo da potersi riorganizzare e colpire in maniera definitiva i lavoratori delle cooperative. La loro colpa? Avere osato alzare la testa per chiedere il rispetto dei propri diritti. Questo con l’appoggio di tutte le altre aziende del settore carni che del sistema delle false cooperative ci vivono per farsi lauti profitti.
Così subito dopo la firma dell’accordo sono ricominciate le intimidazioni non solo verso i lavoratori delle cooperative ma anche verso quei delegati che avevano appoggiato la loro lotta, fino all’inizio di ottobre 2017 quando la Castelfrigo ha licenziato tutti i 127 lavoratori delle due cooperative coinvolte. I lavoratori delle due cooperative sono scesi immediatamente in sciopero con l’appoggio di tutto l’apparato della Cgil e non solo quello della Flai, la categoria coinvolta.
Nessuno può negare dunque come questa lotta fosse strategica e in un certo senso decisiva per il problema delle cooperative spurie nel settore carni, perché tutte le aziende sono coinvolte e la conflittualità è stata molte volte alta, in particolare in quei settori dove i lavoratori si sono organizzati nel Si Cobas.
La Cgil rischiava di non essere più vista come controparte rappresentativa dalla parte padronale, mentre questi ultimi sono decisi a spezzare ogni possibile resistenza operaia per non far crollare il castello di carte.
Così, di fronte all’enorme combattività e coraggio dei lavoratori delle cooperative, la Flai ha messo sul terreno tutto il suo apparato per contrastare i licenziamenti.
Due mesi e mezzo di sciopero, presidi (ultimo in ordine di tempo quello all’inaugurazione di Fico), manifestazioni, culminati in uno sciopero della fame che ha coinvolto non solo il segretario Flai provinciale, ma anche un rappresentante dei lavoratori per ogni nazionalità, nel periodo natalizio. Eh sì, perché lavoratori cinesi, albanesi e ghanesi hanno lottato uniti per i loro diritti, alla faccia di ogni divisione razziale.
Purtroppo, da contraltare alla determinazione dei lavoratori, quello che è mancato è stata una strategia all’altezza da parte del gruppo dirigente del sindacato. Mentre i padroni della Castelfrigo erano pronti a una lotta dura e anche di lunga durata con l’appoggio di Confindustria, la Cgil ha contrapposto una strategia poco efficace.
Se è evidente che la mancata partecipazione dei lavoratori diretti della Castelfrigo alla lotta è stato un grosso problema, dall’altro la Cgil fin da subito ha basato la sua strategia nel cercare un appoggio da parte delle istituzioni per il rispetto delle leggi, come spiegato anche dal segretario regionale Flai Franciosi: “Nella vertenza abbiamo perso 50 iscritti fra i lavoratori diretti che sono passati alla Cisl perché così gli è stato consigliato dall’azienda, ma andiamo avanti con la nostra battaglia di legalità” (Il Manifesto 9 Novembre 2017).
Purtroppo, come ci si poteva aspettare, dalle istituzioni non sono arrivate altro che chiacchiere, come Bonaccini, il presidente della regione Emilia Romagna, che sul sito della regione dice basta alla false cooperative e fa lo scaricabarile sul ministro Poletti per avere maggiori controlli su queste situazioni. In pratica si chiede al lupo di proteggere il gregge.
Se a questo aggiungiamo poi il comportamento vergognoso tenuto dalla Cisl abbiamo un chiaro quadro dell’ampiezza del fronte nemico. Il 30 dicembre, in pieno sciopero della fame, i giornali riportano l’accordo fatto già il 22 novembre tra azienda e la Cisl stessa. In pratica, la Cisl per rompere il fronte di lotta, consiglia ai 52 lavoratori delle cooperative suoi associati di non partecipare allo sciopero ad oltranza, ma di continuare a lavorare per garantire le commesse. In cambio di questo accordo, che è destinato a rivelarsi marcio, l’azienda si impegna ad assumere questi lavoratori per 6 mesi tramite agenzia, al termine dei quali valuterà se ci saranno le condizioni per un rinnovo, del resto “bisogna tutelare anche i lavoratori che non scioperano!”. o potremmo dire “solo quelli che non scioperano”.
La fine di questa orgogliosa lotta contro l’inferno del settore carni e delle (false) cooperative, portata avanti coraggiosamente da lavoratori doppiamente sfruttati, in quanto prevalentemente immigrati, non è ancora arrivata. Ma deve esserci una svolta immediata. L’immensa esperienza accumulata alla Castelfrigo non può andare dispersa!
Gli appelli alle istituzioni e l’unità sindacale a tutti i costi con la Cisl, sono solo dei pericolosi vicoli ciechi. Si devono unire tutte quelle realtà che hanno lottato negli ultimi anni. La lotta in ogni singolo stabilimento ha mostrato i suoi limiti, soprattutto in un contesto in cui i padroni hanno, momentaneamente, messo da parte la concorrenza e si sono uniti per schiacciare le proteste.
L’unica soluzione è l’unità di tutti i lavoratori del settore.