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5 Luglio 2017Ci sono voluti quasi due anni per far arrivare il ddl sulla cittadinanza in Senato. Il 13 ottobre 2015 la Camera affronta per la prima volta una discussione parlamentare per il superamento dello ius sanguinis (diritto basato sul “sangue”). Questa norma, che nel contesto europeo è tutt’oggi vigente solo nel nostro paese, dispone che in Italia l’unico criterio affinché ad un minore sia riconosciuta la cittadinanza è quello di avere uno dei due genitori italiano. Il ritardo con cui la proposta di legge passa in Senato è dovuto essenzialmente all’ostruzionismo della Lega che, con ondate di emendamenti, ha bloccato il prosieguo dell’iter parlamentare fino al 15 giugno scorso quando, seppur tra bagarre interne e una manifestazione indetta da Casa Pound e Forza Nuova, il ddl sulla cittadinanza è stato discusso.
Dall’ottobre 2015 ad oggi sono avvenute molte cose nel nostro paese, sono state condotte furiose campagne xenofobe contro gli stranieri, è stata fatta una propaganda securitaria in grande stile contro il pericolo dell’invasione e per finire non possiamo dimenticare il massiccio ricorso alla martellata necessità di dover tutelare gli italiani dal pericolo del terrorismo, velenosamente amalgamato con l’immigrazione. Tutto ciò ha avuto un pesante riverbero sull’opinione pubblica che ha portato molti organi di informazione a dedicare ricerche e inchieste che dimostrerebbero un’ipotetica contrarietà degli italiani all’estensione della cittadinanza agli stranieri. Al netto delle esagerazioni propagandistiche e anche alla luce delle più recenti notizie sulla possibilità di bloccare i porti italiani per garantire la sicurezza interna dai flussi migratori, pare ovvio che i principali partiti in Italia lavorino di concerto per continuare a fomentare paura e pericolo. Su questa grande barca recentemente è salito anche il Movimento 5 Stelle che non solo ha dichiarato per bocca della Raggi “Basta migranti”, ma che con la sua astensione ha assunto anche una posizione ambigua, schivando il centro della tematica aperta dal ddl sulla cittadinanza con vaghi richiami alla necessità di una legge europea condivisa, quando peraltro su questa questione la competenza è dei singoli stati.
Nella riflessione sul ddl concernente la cittadinanza, dunque, non possiamo trascurare che, benché esistano degli elementi di avanzamento rispetto alla norma precedente i quali comunque sono assolutamente insufficienti per una reale garanzia dei diritti, è in corso una fin troppo evidente campagna politica denigratoria verso gli immigrati. Insomma, il decreto non supera l’esistenza di persone di serie A e di serie B in base alla loro provenienza e non abbatte quegli steccati tra persone che, nonostante siano nate in luoghi diversi, continuano a subire la stessa oppressione e lo stesso sfruttamento.
Cosa prevede il ddl sulla cittadinanza
Il decreto in discussione non è uno ius soli, bensì una sua versione molto sbiadita. Tecnicamente, viene chiamato ius soli temperato con elementi di ius culturae (diritto basato sulla cultura) in quanto, contrariamente alla sua versione “pura”, non consente l’ottenimento della cittadinanza a tutti i minori nati nel nostro paese, ma sottopone il riconoscimento della nazionalità italiana al rispetto di alcuni parametri. Questi sono i più importanti: 1) avrà la cittadinanza per nascita chi sia nato in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno sia in possesso di un permesso di soggiorno europeo di lungo periodo; 2) i genitori del minore o chi ne fa le veci, se rispettano il primo requisito dovranno dichiarare allo Stato, entro il compimento della maggiore età del figlio, la volontà che egli acquisisca la cittadinanza, in caso contrario l’interessato avrà due anni per fare richiesta di ottenimento della cittadinanza; 3) potrà essere riconosciuto come italiano il minore che sia entrato nel nostro paese entro il dodicesimo anno d’età e che abbia frequentato per almeno cinque anni scuole italiane o percorsi di formazione professionale in grado di rilasciare una qualifica. Insomma, qualsiasi sia il percorso che si intraprenda i tempi per vedere riconosciuto questo diritto continuano ad essere inaccettabilmente lunghi.
Al di là di quanto contemplato dallo ius culturae, che apre alla cittadinanza in base a quanto riportato nel punto 3, lo ius soli temperato diviene un canale esclusivo per quelli che sono in possesso di un permesso di soggiorno europeo di lungo periodo. Qui sorge uno dei problemi collaterali al decreto in discussione. Per ottenere un permesso di soggiorno di lungo periodo infatti la corsa è ad ostacoli dato che questo viene rilasciato agli immigrati non appartenenti a paesi dell’Unione Europea in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno valido, che hanno un reddito superiore all’ammontare annuale dell’assegno sociale, che vivano in un’abitazione considerata dignitosa e che superino un test di conoscenza della lingua italiana. Dai dati diffusi dall’Istat emerge che al 1° gennaio del 2016 le persone con cittadinanza straniera residenti nel nostro paese sono più di 5 milioni: di questi, solo poco più di 2,3 milioni sono in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Inoltre, dallo stesso rapporto rileviamo che gli immigrati dichiarano una paga più bassa del 30% rispetto ai lavoratori italiani. Diviene chiaro quanto la discriminante economica e quella legata al permesso di soggiorno non siano proprio ininfluenti ma, al contrario, condannino milioni di persone a dover rinunciare alla cittadinanza nonostante siano qui da diversi anni. Dei 2,3 milioni di migranti in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo, la Fondazione Leone Moressa, insieme a Istat e MIUR, stima che i minori che potrebbero potenzialmente avere accesso alla naturalizzazione siano 600mila il primo anno e altri 40-50mila annui per lo ius soli e 10-12mila per lo ius culturae. Tutto sommato non proprio un’invasione ma anzi si tratta di una norma che ha in sé ancora molti limiti. Uno di questi è l’esclusione di ampie fasce di immigrati che seppur in possesso di permesso di soggiorno valido continuano a non avere nessun diritto.
Noi lottiamo per…
La legge sulla cittadinanza deve andare di pari passo con una nuova norma, più giusta, sul permesso di soggiorno. La campagna xenofoba di cui abbiamo parlato è fin troppo spesso motivata da interessi economici. Avere masse di lavoratori senza diritti equivale ad avere maggiori profitti per i padroni, in questo senso il primo passo da dover fare è quello di estendere i diritti agli stranieri, indipendentemente dalla nazione di provenienza, attraverso la concessione del permesso di soggiorno per tutti, il diritto di voto per tutte le elezioni per chi risiede in Italia da un anno, pieno accesso ai servizi sociali e riconoscimento della cittadinanza dopo cinque anni qualora ve ne sia la richiesta.
Al contrario dei vari Diego Fusaro che inquinano il dibattito politico con affermazioni rosso-brune come: “il Capitale usa lo ius soli per togliere la cittadinanza a chi ce l’ha. Lo ius soli è una delle infinite vie inventate dal capitale per abbassare i salari, rimuovere il sistema welfaristico e il sistema pensionistico. Dicendo che tutto è cittadinanza si toglie valore al concetto stesso di cittadinanza”, noi pensiamo che la nostra lotta passi per l’estensione dei diritti e non per la loro completa estinzione. La cittadinanza, anche se non come principale strumento, viene utilizzata dai padroni per dividere la classe lavoratrice tra chi non ha nulla e quelli a cui sono concesse solo le briciole. Rompere questo meccanismo, che poi è quello che nelle sue manifestazioni più retrive si palesa attraverso la guerra tra poveri, è per noi di fondamentale importanza. Lottare per la cittadinanza per tutti inoltre permetterebbe anche sul terreno elettorale di poter finalmente combattere contro chi in questi anni ha fomentato vere e proprie campagne d’odio, in primis la Lega Nord ma non solo.
Per questi motivi lotteremo insieme ai lavoratori di tutte le nazionalità per ottenere ciò che ci spetta e per estirpare alla radice le fonti dello sfruttamento.