Grenfell tower: uccisi dal capitalismo
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21 Giugno 2017Lo scorso fine settimana in Francia, durante il secondo turno delle elezioni legislative, il 57,4% degli elettori non si è recato alle urne. Il dato non ci sorprende: nella maggior parte delle circoscrizioni gli elettori avrebbero dovuto scegliere tra “scheda nulla o bianca”, dove c’erano solo candidati di destra o “socialisti”.
La composizione della nuova Assemblea Nazionale è più che mai slegata dalla realtà politica del paese. Dopo aver ottenuto 8,6 milioni di voti al primo turno delle presidenziali, Macron potrà appoggiarsi su una maggioranza assoluta di 350 deputati. Dal canto suo Mélenchon aveva raccolto circa 7 milioni di voti alle presidenziali, ma in parlamento ci saranno soltanto 27 deputati della France Insoumise e del PCF.
Sicuramente Fi e PCF avrebbero avuto più deputati se si fossero coalizzati al primo turno. Ma resta enorme la differenza tra il numero di voti raccolti da Macron e Mélenchon e il numero di deputati corrispondenti.
Questo è vero anche per il Front National: 7,6 milioni di voti alle presidenziali e 8 deputati in parlamento. Invece il Partito socialista si ritrova nettamente sovrarappresentato, avendo ottenuto solo 2,3 milioni di voti alle presidenziali con Hamon candidato presidente, si ritrova con ben 44 deputati. Cosi’ l’assemblea nazionale non riflette in alcun modo le elezioni presidenziali, le quali già si erano caratterizzate come una deformazione di ciò delle reali tendenze in atto nella società (vedi il risultato del FN, che aveva nascosto il suo programma). La “rappresentatività nazionale” non è mai stata così lontana dalla realtà nella storia della quinta repubblica. Con il 57,4 % d’astensione, possiamo parlare di un vero boicottaggio delle elezioni. Mélenchon ha evocato “lo sciopero generale civico” e afferma che l’astensione ha avuto un significato “di lotta politica”. È vero, in una certa misura. Mélenchon aggiunge: “Io vedo in quest’astensione un’energia disponibile, se noi riuscissimo a farvi appello nella lotta […] questa forza potrebbe espandersi e passare dall’astensione all’offensiva. È quello di cui abbiamo bisogno”. È esattamente questa la posta in gioco nella prossima fase. La lotta contro la politica del governo Macron deve essere organizzata immediatamente. In effetti è già cominciata attorno alle mobilitazioni del 18 giugno in tutto il paese, organizzate dal “Front Social” (il Fronte Sociale), che raggruppa diverse strutture e attivisti sindacali (anche della CGT).
La durezza della nuova “loi travail” sarà il metro di quello che esige la classe dirigente francese: un’accelerazione delle contro-riforme messe in atto dai governi precedenti. Questa corrisponde ai bisogni oggettivi dei grandi capitalisti. Macron è il loro alfiere, ha come missione quella di attaccare brutalmente l’insieme delle conquiste sociali ottenute dal movimento operaio nel corso dei decenni in seguito alla seconda guerra mondiale. Tuttavia la borghesia ha un problema: mettere in atto queste politiche sarà impossibile senza provocare, prima o poi, delle grandi mobilitazioni sociali.
Il Fronte Sociale
Grandi lotte sono all’ordine del giorno. Tuttavia, il movimento operaio deve trarre degli insegnamenti dalle mobilitazioni di questi ultimi anni. Di fronte alle determinazione del padronato e del suo governo, la strategia delle “giornate d’azione” sindacali non funzionerà. Solo la costruzione di uno sciopero generale ad oltranza potrà far arretrare Macron. Un numero crescente di attivisti sindacali lo comprende e spinge in questo senso, come si è visto nell’ultimo congresso della CGT. Ma le direzioni sindacali non riflettono la radicalità che si esprime alla base. I vertici subiscono la pressione della borghesia e aspirano alla concertazione con il governo per limitarne gli attacchi. Ciò è completamente illusorio e controproduttivo: la debolezza invita all’aggressione.
L’emergere del Fronte Sociale è la conseguenza dello scarto che esiste tra la base e i vertici del movimento sindacale. Il Fronte sociale cerca di dare un’espressione alla combattività della base. È difficile affermare con esattezza se questo movimento proseguirà la sua ascesa, ma sicuramente in questo momento ci indica la strada. Potrà giocare un ruolo importante nello sviluppo di una strategia di lotta più radicale, cioè conforme a ciò che è necessario.
Non c’è più tempo per l’attendismo o per le pseudo-trattative con il governo che prepara nuovi e più pesanti attacchi alle nostre condizioni di vita e di lavoro. È tempo di organizzare la controffensiva da parte del movimento operaio e giovanile. Sul piano sindacale, è necessaria l’organizzazione di uno sciopero generale ad oltranza che coinvolga il più largo settore di lavoratori possibile. Sul piano politico, ciò suppone l’adozione di un programma di rottura con il capitalismo in crisi, il quale non offre alcuna prospettiva oltre alla regressione sociale permanente.