Venezuela – La sospensione del referendum revocatorio, l’acutizzazione della lotta di classe e i compiti dei rivoluzionari

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Venezuela – La sospensione del referendum revocatorio, l’acutizzazione della lotta di classe e i compiti dei rivoluzionari

Giovedi 20 ottobre, i tribunali penali di Monagas, Carabobo, Aragua e Apure, fra gli altri, hanno dichiarato non valida la raccolta dell’1% delle firme necessarie per convocare un referendum revocatorio, confermando le denunce per brogli elettorali in relazione alle accuse di falso e furto di identità. Un tale giudizio significa che l’ultimo passaggio per la convocazione di un referendum revocatorio, ovvero la raccolta firme del 20% dell’elettorato, viene automaticamente sospeso. Il CNE (Consiglio Nazionale Elettorale) ha poi rilasciato una dichiarazione con cui ha ordinato la sospensione della raccolta firme in tutto il paese.

La dichiarazione della Tendenza Marxista nel PSUV

Questo ha sostanzialmente escluso ogni possibilità di tenere il referendum revocatorio presidenziale per il 2016 e per il 2017.

La risposta della borghesia venezuelana e dei suoi rappresentanti politici del MUD (Mesa de Unidad democratica – Tavolo dell’Unità Democratica) è stata quella di accusare pubblicamente il governo venezuelano di essere una dittatura e hanno denunciato questa decisione della magistratura come “un colpo di stato effettuato dal governo del presidente Maduro contro la costituzione”.

Di conseguenza, domenica 23 ottobre si è tenuta una sessione straordinaria dell’Assemblea nazionale che ha adottato una risoluzione nella quale si dichiara che il governo ha commesso una “violazione dell’ordine costituzionale” e sono stati nominati nuovi membri per il CNE e nuovi giudici per la Corte Suprema. Inoltre l’Assemblea Nazionale ha discusso della possibilità di impeachment e di perseguire politicamente il presidente Maduro.

Tutte le dichiarazioni e le proteste del MUD riguardo alla “violazione delle libertà democratiche” sono assolutamente ipocrite. Quelli che oggi parlano di un colpo di stato del governo e del rovesciamento della Costituzione, allo stesso modo di quelli che denunciano “davanti al mondo intero” la rottura dell’ordine democratico in Venezuela, sono le stesse persone che hanno sostenuto il colpo di stato fascista nell’aprile del 2002 e che il 12 aprile dello stesso anno hanno brutalmente represso le masse che si erano opposte agli usurpatori, incarcerando e uccidendo cittadini venezuelani che hanno combattuto contro la tirannia, mentre quegli stessi usurpatori, nelle poche ore in cui hanno governato il paese, hanno sciolto tutti i poteri dello stato.

In effetti, la democrazia borghese è una farsa, è solo un sottile travestimento dietro al quale si nasconde la dittatura del capitale. La borghesia difende fino alla morte questa “democrazia”, fino a quando e nella misura in cui le permette di mantenere uno stretto controllo sulla società, per continuare ad accumulare immense fortune dallo sfruttamento delle masse lavoratrici. Questo è ciò che si è visto in Venezuela durante la Quarta Repubblica.

Ma quando lo stesso gioco elettorale di “democrazia” permette alle forze rivoluzionarie nella società di aprire un varco nel regime borghese, come è successo con l’arrivo al governo del presidente Chavez nel 1998, allora mettono da parte la loro ipocrita difesa della democrazia e iniziano a lavorare per difendere i loro privilegi con il sangue, la violenza e il fuoco, utilizzando qualsiasi meccanismo antidemocratico e anti-costituzionale che ritengono necessario.

Riguardo a questo, il referendum abrogativo non è altro che il nuovo e principale strumento attraverso il quale la borghesia sta tentando di riconquistare il potere politico nel paese dopo il fallimento dei numerosi tentativi violenti degli ultimi 17 anni, in modo da realizzare il suo programma di smantellamento controrivoluzionario delle conquiste storiche ottenute nel corso della rivoluzione dalla classe operaia, dai contadini e dai poveri del paese, ripristinando così i propri tradizionali privilegi di classe.

È risaputo che questo programma controrivoluzionario comporterebbe inevitabilmente misure volte a schiacciare la rivoluzione, tra cui la privatizzazione dei latifondi nazionalizzati dalla rivoluzione, la privatizzazione di tutte le imprese nazionalizzate, una drastica riduzione degli investimenti sociali, la privatizzazione dell’istruzione e della sanità, licenziamenti di massa sia nel settore pubblico che nel privato e il congelamento di salari e pensioni, quindi è completamente assurdo il comportamento di alcuni settori della sinistra che hanno preso posizione “in difesa” del diritto di revocare il governo del presidente Maduro.

Chiaramente la burocrazia che sta guidando il PSUV e che decide le politiche del governo bolivariano è ben lontana dall’essere rivoluzionaria. Al contrario, sta portando avanti una chiara politica di conciliazione di classe con la borghesia, a scapito degli interessi della classe operaia.

Tuttavia, nonostante questo, sostenere il diritto di convocare un referendum revocatorio rappresenta un atto di stupidità incredibile, dato che in questo momento è la principale bandiera politica della borghesia e dell’imperialismo contro la Rivoluzione Bolivariana.

Per questo motivo, noi di Lucha de Clases, la Tendenza Marxista del PSUV, prendiamo le distanze dalle forze politiche, rappresentate da elementi come Nicmer Evans e da organizzazioni come Marea Socialista e Plataforma en Defensa de la Constitución che, partendo da un’opposizione di ultra-sinistra alla burocrazia, sono finito a fare un fronte comune con la borghesia, difendendo lo slogan del referendum revocatorio contro il governo.

D’altra parte è del tutto necessario sottoporre a una critica rivoluzionaria le argomentazioni che hanno utilizzato alcuni settori della nostra dirigenza bolivariana in seguito alla sospensione del referendum.

In primo luogo, è necessario spiegare che anche durante la raccolta delle firme per la revoca del Presidente Chavez nel 2003-2004, il MUD aveva commesso gravi reati di falsificazione delle firme e furto di identità. Tuttavia, in quel momento il presidente vedeva il referendum come un’opportunità per infliggere una nuova sconfitta politica alla borghesia e per rafforzare la legittimità della rivoluzione davanti alle masse.

In quel periodo, il movimento di massa era in crescita, cioè le masse erano in una fase di risveglio politico, spostandosi sempre più a sinistra; si stavano radicalizzando e il loro sostegno alla rivoluzione stava aumentando. Invece ora la situazione è completamente diversa. Il movimento delle masse sta subendo un processo di serio riflusso.

A causa della guerra economica e delle politiche riformiste portate avanti dalla nostra dirigenza bolivariana, negli ultimi tre anni c’è stato un rapido deterioramento delle condizioni materiali di vita delle masse che ha portato alla demoralizzazione, alla stanchezza e alla smobilitazione delle masse lavoratrici del paese, che sono sempre state la base politica a sostegno della rivoluzione bolivariana. Questo è stato chiaramente illustrato dal risultato delle elezioni parlamentari del 6 dicembre 2015.

Su queste basi, il referendum revocatorio avrebbe significato senza dubbio una dura sconfitta per la rivoluzione. Questa è la ragione principale per cui, di fronte ai brogli del MUD sulla falsificazione delle firme, oggi, a differenza che nel 2004, il governo ha deciso di fermare il processo referendario.

Tuttavia, il problema di fondo non è legale ma politico e quindi non può essere risolto attraverso misure amministrative o giuridiche.

Molti onesti militanti di base potrebbero trarre la conclusione che queste misure possano bloccare un nuovo tentativo contro-rivoluzionario di sconfiggere la rivoluzione e riprendere il potere politico. Tuttavia, una tale affermazione sarebbe completamente falsa.

Finché Il governo bolivariano continua ad attuare una politica riformista di conciliazione di classe, non potrà vincere la guerra economica. In realtà, è proprio questa politica che ha permesso alla borghesia di intensificare il sabotaggio economico e portare avanti un duro attacco ai lavoratori. Ad esempio, l’aumento dei prezzi dei prodotti regolamentati, una misura presa per alzare i margini di profitto su questi prodotti, in modo da favorirne l’aumento della produzione, invece di migliorarne l’offerta, ha solo favorito la borghesia, mentre la classe operaia è costretta a fare le stesse code che faceva in precedenza, pagando i prodotti regolamentati a prezzi più elevati. La borghesia è determinata a porre fine alla rivoluzione. Di conseguenza non importa quante concessioni le verranno fatte: fino a quando non avrà completamente distrutto la base sociale del Governo Bolivariano, non smetterà di sabotare la produzione di beni di base, causando sempre più carenza di generi alimentari di base, inflazione e speculazione.

Da questo punto di vista, la politica riformista del nostro governo sta spianando la strada alla sconfitta della rivoluzione.

In secondo luogo, la sospensione del referendum servirà da base per i settori più radicali della borghesia per pianificare nuovi piani insurrezionali contro il governo. Come abbiamo spiegato in precedenza, la borghesia considera il referendum come la sua possibilità di sconfiggere la rivoluzione con mezzi democratici borghesi. Ma una volta che questa opzione è stata esclusa, i settori fascisti della borghesia metteranno di nuovo all’ordine del giorno il rovesciamento del governo con mezzi violenti.

In pratica, la sessione dell’Assemblea Nazionale di domenica scorsa è stato il preludio giuridico e politico per il nuovo piano insurrezionale del MUD contro il governo. Oltre ai punti discussi in precedenza, la risoluzione dell’Assemblea Nazionale fa anche un appello all’intervento straniero in Venezuela, attraverso la Corte Penale Internazionale e ad altre istituzioni borghesi internazionali. Viene anche emesso un appello formale alle Forze Armate perché ignorino il mandato del potere esecutivo e degli altri poteri dello Stato. L’opposizione ha anche convocato per mercoledì 26 ottobre, una marcia che si concluderà davanti a Palazzo di Miraflores. Non vi è dubbio che nei prossimi giorni la borghesia tenterà di fare un nuovo colpo di stato.

La rivoluzione bolivariana è sovrastata da una grave minaccia. Non c’è via d’uscita dalla situazione economica attuale finché le politiche riformiste di conciliazione di classe verranno mantenute e fino a quando questo problema non verrà risolto, il processo di demoralizzazione delle masse continuerà ad approfondirsi a un livello pericoloso, che porta inevitabilmente alla sconfitta della rivoluzione in un futuro prossimo.

Solo la radicalizzazione della rivoluzione, attraverso l’espropriazione della borghesia sotto il controllo dei lavoratori e lo smantellamento dello Stato borghese, è in grado di offrire una reale via d’uscita alla guerra economica e di sconfiggere la borghesia una volta per tutte. Di fronte a questo nuovo piano per un colpo di stato, la classe operaia deve fare un passo in avanti e radicalizzare in modo decisivo la rivoluzione. In tutti i sindacati, le fabbriche, i quartieri, le università e nelle campagne dovrebbero essere organizzati comitati contro il colpo di stato. Questi comitati devono poi collegarsi a livello locale, regionale e nazionale, attraverso delegati eletti e revocabili e che rendano conto ai militanti, per sviluppare un progetto d’azione rivoluzionario contro la guerra economica. Il controllo operaio deve essere portato avanti nelle aziende che partecipano al sabotaggio economico, i panifici devono essere occupati così come gli empori, i magazzini e altri negozi che contrabbandano, accaparrano e speculano. Solo in questo modo i prodotti potranno essere venduti a prezzi equi alla Comunità. Allo stesso tempo, la merce venduta al mercato nero o dai contrabbandieri, deve essere confiscata e dovrebbero essere preso altre misure rivoluzionarie contro il sabotaggio economico, il contrabbando e la speculazione. È giunto il momento di radicalizzare la rivoluzione, in caso contrario le porte del paese verranno aperte al trionfo della controrivoluzione.


• Basta conciliazione, è tempo di radicalizzazione!
• Radicalizzare la rivoluzione è l’unica via d’uscita!
• Esproprio della borghesia e controllo operaio!

Mercoledì 26 ottobre 2016

 

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