Una nuova tappa della crisi
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21 Ottobre 2016Lo strumento del debito pubblico (a livello statale o di enti locali) è la clava che negli ultimi 10 anni la classe dominante ha utilizzato per spezzare ogni politica di welfare a sostegno della popolazione: la modifica della Costituzione Italiana nel 2012 che introduce il pareggio di bilancio, rendendo pertanto anticostituzionale ogni legge o manovra che crei deficit pubblico, e l’analogo corrispettivo valevole per gli enti pubblici (in vigore dal primo gennaio 2016 dopo gli anni delle leggi per il patto di stabilità ed il vincolo di spesa).
La natura di queste leggi è chiara: da un lato ridurre al minimo qualsiasi intervento pubblico per finanziare i servizi essenziali come trasporti, acqua, scuola e sanità dall’altro favorire la privatizzazione degli stessi servizi in modo da arricchire i capitalisti. Non sorprende pertanto che la questione del debito sia centrale nelle scelte politiche.
Il debito di Roma è probabilmente, insieme a quello nazionale, il deficit che ha avuto il maggior risalto sulla stampa e nel dibattito politico; secondo le ultime fonti (e la relazione del Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale Silvia Scozzese alla V Commissione della Camera dei Deputati il 5 aprile 2016) il debito della capitale ammonta a 13 miliardi di euro di cui quasi 5 miliardi sono interessi da versare alle banche che detengono, con 1.686 mutui, di cui quasi 1.500 contratti con la Cassa depositi e prestiti, la gran parte del debito capitolino; a questi vanno aggiunti due contratti derivati sul tasso di interesse ed il Buono ordinario comunale (Boc) emesso nel 2003, un’obbligazione con cedola annuale e rimborso del capitale alla scadenza (fissata al 2048) per un valore di 1,4 miliardi.
Per risarcire tale debito il Comune di Roma paga una rata annuale di 500 milioni di euro (di cui 300 erogati dallo Stato e 200 reperiti dalla fiscalità del Comune), in realtà dovremmo dire che i cittadini di Roma risarciscono le banche sia di tasca loro grazie all’addizionale comunale di Roma (che è fra le più alte in Italia) sia con il graduale taglio dei servizi a cui assistiamo da anni. In maniera ancora più subdola il debito di Roma, così come quello degli Stati Europei come Italia, Grecia o Spagna, è servito come strumento di propaganda alla classe dominante e ai giornali borghesi per diffondere la sensazione di una cittadinanza sprecona, di un bengodi a cui si doveva assolutamente dare un taglio; ma se osserviamo i dati di spesa sui servizi vediamo come il Comune di Roma negli ultimi 18 anni ha realizzato una spesa corrente media pari a 1.200 euro/abitante contro i 1.400 di Milano (1.600 euro contro 1.900 negli ultimi 5 anni): nel trasporto pubblico locale, la spesa media di Roma negli ultimi 5 anni è stata di 260 euro/residente contro le 580 di Milano, mentre nel settore mense e servizi scolastici il rapporto è stato di 28 euro/residente contro 49.
Analizzando più approfonditamente il debito si vede come il debito finanziario, alla data del 30 settembre 2015, abbia un valore nozionale vicino ai 6 miliardi di euro, a cui corrisponde un valore attuale di circa 4 miliardi e 773 milioni di euro. Su questo debito residuo, il flusso futuro di interessi ha un valore di quasi 4 miliardi di euro.
Per quanto concerne la tipologia degli interessi, il debito è così ripartito: a tasso fisso per l’82 per cento del capitale totale, a tasso variabile per il 17,4 per cento del capitale totale con tassi medi del 4.2%.
Praticamente i cittadini romani stanno continuando a pagare solo gli interessi verso le banche e le partite di giro verso altre pubbliche amministrazioni o partecipate come Atac o AMA per andare a coprire i gli scandali degli scorsi anni che ci hanno evidenziato come il denaro pubblico non andasse al miglioramento dei servizi, visto che l’Atac ad esempio ha il più vecchio parco macchine di Europa, ma semplicemente ad ingrassare clientelismi e malaffare; sempre dalla relazione del Commissario apprendiamo infatti che dal 1° gennaio 2011 sono stati liquidati 5 miliardi e 600 milioni di euro, di cui:
- 2 miliardi e 600 milioni, pari al 47 per cento del totale, per ammortamento dei mutui;
- 2 miliardi e 600 milioni, pari al 47 per cento del totale, per rapporti interni alla pubblica amministrazione;
- 300 milioni, pari al 6 per cento del totale, verso creditori terzi.
Questa voragine è stata causata principalmente per la corsa dei capitalisti ad accaparrarsi i finanziamenti delle opere pubbliche guardandosi bene dal consegnare i lavori: ed ecco pertanto come i costi della Metro C siano raddoppiati (da 2,5 a 5 miliardi) o la famosa “Nuvola di Fucsas” non solo non sia ancora completata ma di anno in anno incrementa i suoi costi (oltre 200 milioni), spese che portano sia i colori del centro-destra che del centro-sinistra: questi sono solo due degli esempi di come si sprecano i soldi pubblici e dei lavoratori a Roma e dove si dovrebbe andare a colpire!
Durante l’ultima campagna elettorale il M5S e la Raggi in prima persona si sono impegnati a risolvere la questione del debito di Roma proponendo un audit (un’analisi approfondita della natura debitoria) ed avanzando la proposta di una ricontrattazione del debito stesso a tassi maggiormente convenienti e con una dilazione dei tempi di rimborso. Inoltre la Raggi ha promesso di sottrarre la gestione del deficit al Commissariamento straordinario, che amministra le risorse completamente svincolato dal potere politico democraticamente eletto, e di riportarlo sotto il controllo della Giunta Capitolina.
Progetti che evidenziano da parte della Raggi e del M5S una presa di coscienza dell’enorme peso politico che il debito, e le leggi che lo vincolano, ha nelle scelte di una giunta per l’amministrazione della città ma che rappresentano dei palliativi non in grado di risolvere completamente la questione.
Innanzitutto ci troviamo di fronte ad un problema politico: la Raggi dovrebbe infatti andare a discutere con il Governo Renzi (maggiore azionista di Cassa depositi e Prestiti- Cdp) per chiedere una contrattazione del debito e con molta probabilità il Governo non sarebbe così favorevole a concedere condizioni privilegiate al diretto concorrente alle prossime elezioni politiche. Inoltre si creerebbe un precedente pericoloso per cui altri Comuni potrebbero seguire la stessa strada portando ad un dissesto non solo di CdP ma anche degli altri istituti bancari detentori del debito; non è un caso che il problema, così spinoso, sia stato una delle principali cause dei ritardi per la scelta dell’assessore al bilancio.
Secondo aspetto è quello del profitto delle banche che dal debito di Roma, e soprattutto dagli interessi dello stesso, incassano in tempi di magra un bel margine a cui sicuramente non vorranno rinunciare così facilmente.
Aspetto molto più importante è che le strategie di audit e ricontrattazione non rappresentano una soluzione. Dilazionare i tempi di restituzione dei 500 milioni di euro alle banche, avere una migliore conoscenza della posizione debitoria e creditoria del Comune e ricontrattare le condizioni con CdP e gli altri istituti finanziari sono manovre di piccolo cabotaggio che potrebbero nel medio-breve periodo liberare alcune risorse finanziarie da investire nei servizi a Roma ma che, di sicuro, non risolvono il problema principale ovvero la natura espressamente reazionaria e repressiva del debito pubblico e le continue richieste di onorarlo continuando con i tagli ai servizi o al personale e gettando sempre di più Roma in una spirale di degrado.
Abbiamo già visto negli ultimi anni intere nazioni, come la Grecia, basare tutta la loro politica sulla ridiscussione del debito e abbiamo assistito al drammatico fallimento di questa linea con Syriza che alla fine ha dovuto piegarsi alla volontà del Troika. Non vediamo come il M5S di Roma possa ottenere risultati migliori di un partito che governa una nazione e che, per un dato periodo, poteva fondare la sua forza su di una forte mobilitazione popolare!
Ipotizzare di liberarsi dalla morsa della crisi capitalista muovendosi all’interno di essa, cercando escamotage o compromessi, è la via che conduce alla più impietosa sconfitta: Syriza e Tsipras hanno dimostrato a tutti i riformisti che fra il profitto e la vita di un popolo le istituzioni borghesi scelgono sempre il primo, eppure questa grande utopia continua a far presa nei cuori e nelle menti di chi ancora spera di trovare un’uscita dalla crisi senza mettere in discussione l’intero sistema che l’ha creata.
L’unica soluzione possibile è quella di respingere totalmente il debito, la lotta di un movimento politico vicino ai lavoratori e ai cittadini tutti deve essere quello di anteporre agli interessi delle banche e degli speculatori quelli della popolazione; non è una strada semplice e non si può costruire solo con gli slogan, è necessario avere alle spalle un forte movimento popolare di protesta, costruire una base sociale che chieda e pretenda la fine del controllo delle banche sulla propria vita.
I movimenti sociali di Roma devono stringere un rapporto più forte con i lavoratori comunali, laddove possibile insieme ai sindacati che si dichiarino disposti a lottare: la questione della cancellazione totale del debito devi collegarsi necessariamente con il miglioramento dei servizi pubblici e con le condizioni di lavoro dei dipendenti delle municipalizzate.
Il primo obiettivo deve essere la richiesta di riportare sotto il totale controllo pubblico Atac ed AMA e di porre fine ai tentativi di privatizzazione dei servizi: i lavoratori di TPL, azienda che neanche paga i propri dipendenti, devono tornare a lavorare sotto un Atac pubblica, la raccolta differenziata va potenziata assumendo nuovo personale all’AMA e non dando concessioni ad operatori terzi privati che molto spesso, come è avvenuto per “Mafia Capitale”, si sono dimostrati dei veri e propri delinquenti come Buzzi e Carminati.
Una “città ribelle” alle imposizioni del capitalismo non si costruisce in un giorno ma è l’unica strada percorribile per affermare la volontà popolare sugli interessi di banche e speculatori: solo il combinato disposto di un movimento di massa e di un movimento politico rivoluzionario rappresenta la soluzione. Il M5S e il sindaco Raggi hanno svelato da che parte stanno, rinunciando a collegarsi alla classe lavoratrice, come è avvenuto ad esempio per la scorsa assemblea al Campidoglio in cui i manifestanti sono stati lasciati fuori da una sala comunale regolarmente prenotata, e preferendo una gestione verticistica della cosa pubblica, non riuscendo a concepire una società al di fuori del capitalismo. Sono destinati a fallire il compito che i cittadini di Roma gli hanno affidato.
D’altro lato i movimenti sociali presenti a Roma devono dismettere le loro visioni utopistiche ed iniziare a costruire insieme alla popolazione le basi per l’opposizione radicale al debito; discutere e spiegare come il debito sia un’arma di oppressione del Governo e della classe dominante. Solo un movimento di massa che sappia rompere con le compatibilità imposte dal debito e dal pareggio di bilancio può fare uscire Roma dal buco del debito che produce l’austerità permanente che sta facendo sprofondare la città nel degrado e nella povertà crescenti.