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11 Settembre 2025di Noemi Giardiello
Sta prendendo corpo un ampio movimento contro il massacro di Gaza e a difesa del popolo palestinese. È una scossa nello stagnante quadro politico italiano che salutiamo con entusiasmo e in cui investiamo e investiremo le nostre forze. Questo movimento si estenderà perché esprime un sentimento di massa profondo, una viscerale esasperazione per gli orrori a cui assistiamo in diretta dalla Palestina, che non trovava un canale per esprimersi e finalmente è esploso.
Gaza è un lager a cielo aperto, dove il governo sionista utilizza in modo sistematico l’emergenza umanitaria come arma, condannando centinaia di migliaia di persone alla fame e alla miseria, mentre continuano senza tregua l’assedio, i bombardamenti e il blocco degli aiuti.
Milioni di persone in tutto il mondo hanno mostrato il loro appoggio alla causa palestinese in questi mesi. Il salto di qualità si è prodotto in Italia con la manifestazione di 50mila persone a Genova in sostegno della Global Sumud Flotilla.
L’idea alla base di queste mobilitazioni è “basta con le dichiarazioni vuote, serve fare qualcosa”. Un’idea giusta: di discorsi in parlamento fatti solo per salvarsi la faccia ne abbiamo sentiti abbastanza. Proprio per questo non possiamo ora accontentarci di manifestare la nostra indignazione o di azioni simboliche, ma servono soluzioni all’altezza.
Bisogna partire da una valutazione della situazione concreta: il massacro del popolo palestinese ha nomi e cognomi.
Il governo israeliano porta avanti un disegno sistematico di occupazione dell’intero territorio della Palestina che è obiettivo condiviso di tutta la classe dominante sionista, pur con divisioni su tempi e metodi. Dopo due anni di guerra a Gaza non si può pensare che solo chiedendo un cessate il fuoco o un accesso umanitario si otterrà qualcosa. È necessario lottare per rovesciare Netanyahu e lo Stato sionista di Israele. Un compito che solo la classe lavoratrice mediorientale può assolvere, a partire dalle masse arabe che si scontrano anche con i propri regimi che non muovono un dito contro il genocidio.
La pace in Medio Oriente è possibile solo per via rivoluzionaria. Solo collettivizzando le risorse, rendendole pubbliche, mettendole a disposizione di tutte le popolazioni che vivono nella zona è possibile una convivenza che vada al di là della religione e dell’etnia, divisioni che vengono fomentate ad arte dall’imperialismo per dividere gli sfruttati.
Il nemico in casa nostra
Ma ciò che accade qui è altrettanto decisivo. Israele può fare quel che fa solo perché è sostenuto militarmente, politicamente ed economicamente dall’imperialismo USA ed europeo, a partire dal governo Meloni, che hanno enormi interessi nella regione. Per questo motivo, dobbiamo partire da una lotta contro le nostre classi dominanti.
Formazioni come il PD, presenti in piazza, non propongono altro che il riconoscimento dello Stato palestinese, come già promesso da Macron e altri paesi. La questione però non è ottenere il riconoscimento della Palestina dai nostri governi con le mani sporche di sangue, ma lottare per far cadere i nostri governi.
Ci teniamo a ricordare che formalmente esiste già l’Autorità Nazionale Palestinese, nata dagli accordi di Oslo del 1993; questo non ha impedito a Israele di occupare, colonizzare, devastare e annettere i territori palestinesi.
L’idea dei “due popoli, due Stati’’ su basi capitaliste è un’utopia reazionaria. Oggi è usata come foglia di fico da quei governi che vogliono nascondere i loro legami con Israele. Sotto il capitalismo non ci sarà mai uno Stato palestinese realmente libero e sovrano.
Macron parla di riconoscere la Palestina ma arma fino ai denti l’esercito israeliano, così come fa il governo italiano. Respingiamo questa ipocrisia nauseante che nasconde i veri interessi del sistema economico capitalista e di aziende come Leonardo che fanno profitti d’oro sulla pelle dei popoli.
Alleanze come la NATO servono solo per difendere gli interessi imperialisti comuni, che legano l’Europa agli USA e a Israele. Non a caso i governi dei paesi membri, con Giorgia Meloni in prima fila, approvano politiche di lacrime e sangue per portare la spesa militare al 5% del PIL, alimentando un’escalation militarista.
Fermare il paese per fermare la guerra
Ciò che le classi dominanti temono di più è una rivolta di massa, in Occidente e in Medio Oriente, perché sanno che è l’unica cosa che fermerebbe davvero il loro saccheggio. Per questo negli ultimi mesi sono aumentate le richieste internazionali di moderazione su Netanyahu: non per compassione, ma perché sentono che la situazione potrebbe esplodere nei loro paesi.
La loro paura è precisamente l’obiettivo per cui dobbiamo lavorare. Serve una lotta che li travolga.
Va estesa la mobilitazione in campo giovanile e operaio, con assemblee e iniziative di lotta in scuole, università e luoghi di lavoro.
Alcuni compagni in modo del tutto sincero dichiarano “non in nostro nome’’. È una parola d’ordine soggettiva e insufficiente: se i massacri permangono, conta poco se c’è o meno la nostra approvazione.
Rivendichiamo invece la caduta dei governi che sostengono Israele, la rottura degli accordi militari con Israele, l’esproprio delle aziende i cui prodotti o servizi contribuiscono al genocidio, la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori dell’industria militare e la sua riconversione a fini di utilità sociale, il taglio della spesa militare e il finanziamento di scuola e sanità.
La soluzione può venire solo dalla mobilitazione a livello internazionale della classe lavoratrice, l’unica che può paralizzare la macchina militare israeliana e il sistema che la sostiene.
Approviamo la dichiarazione di fermare tutti i porti d’Europa se si perdessero i contatti con la Flotilla e appoggiamo la lotta dei portuali che a Barcellona, a Genova e al Pireo hanno impedito l’invio delle armi a Israele. È un importante punto di partenza, che deve essere generalizzato a tutti i porti. È necessario però che la classe operaia nel suo complesso entri in campo. Per questo chiediamo a tutte le organizzazioni sindacali la convocazione di uno sciopero generale, contro l’assedio di Gaza e il governo Meloni, complice dell’assassino Netanyahu.
Come diceva il grande rivoluzionario Karl Liebknecht: “il principale nemico è in casa nostra”.
- Case, non caserme!
- Libri, non bombe!
- Pace fra i popoli, guerra ai capitalisti!
- Fuori l’Italia dalla NATO!
- Stop al genocidio in Palestina!
- Per una federazione socialista del Medio Oriente!