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11 Settembre 2025Un candidato socialista a New York? L’ascesa di Zohran Mamdani e i compiti dei comunisti

A giugno si sono tenute a New York le primarie per eleggere il candidato sindaco del Partito democratico alle elezioni di novembre. La clamorosa vittoria di Zohran Mamdani, un outsider, giovane, musulmano, pro-Palestina e dichiaratamente socialista, ha suscitato enormi aspettative. Mamdani ha buone possibilità di diventare il prossimo sindaco di New York, ribattezzata con preoccupazione dal Wall Street Journal “la Repubblica popolare di New York”. Un socialista alla guida della principale metropoli capitalista? Per capire cosa sta succedendo abbiamo intervistato Laura Brown, dei Revolutionary Communists of America (RCA), la sezione statunitense della nostra organizzazione.
Cosa spiega il successo di Zohran Mamdani?
Mamdani ha saputo intercettare la rabbia di classe che da quasi vent’anni, almeno dalla crisi del 2008, cresce negli Stati Uniti. Questo sentimento “anti-establishment” fino ad ora non ha trovato un’espressione politica chiara perché non esiste un partito della classe lavoratrice nel nostro paese, ma solo due partiti della borghesia, il Partito democratico e quello repubblicano. Così la radicalizzazione si manifesta in forme contradditorie, con la vittoria di Trump da una parte e l’emergere di figure come Sanders e Zohran dall’altra. Il fatto che si definisca “socialista” ha certamente contribuito al suo successo. Qualcuno si potrebbe sorprendere dalla popolarità del socialismo negli Stati Uniti, soprattutto tra i giovani. Secondo un’indagine del Cato Institute, un think thank conservatore, il 62% degli americani con meno di 30 anni ha un’opinione favorevole del socialismo, e il 34% del comunismo.
Che impatto ha avuto la sua campagna elettorale?
All’inizio della campagna sembrava largamente sfavorito: partiva da percentuali molto basse (letteralmente l’1%!) e non poteva godere degli appoggi economici del suo principale rivale, l’ex governatore Andrew Cuomo. Ma è riuscito a mobilitare 50.000 volontari che hanno fatto una campagna porta a porta, generando un clima di enorme entusiasmo. Gli elettori tra i 25 e i 34 anni sono quelli che hanno votato di più, il che è molto indicativo. Significativamente, grazie alle sue rivendicazioni economiche, Mamdani è riuscito a raccogliere consensi anche in quartieri, nel Bronx e nel Queens, dove, nelle ultime elezioni, il malcontento sociale si era canalizzato nel voto per Trump.
Il programma di Mamdani è effettivamente socialista?
In realtà si tratta di un programma di riforme molto timido. Detto questo, noi sosteniamo qualunque reale avanzamento, anche minimo, nelle condizioni della classe lavoratrice e in questo senso riconosciamo che diversi punti del suo programma hanno un carattere progressista. Anzi, secondo noi dovrebbero essere ulteriormente sviluppati. Vuole istituire un negozio di alimentari sotto il controllo pubblico, per cercare di combattere il carovita; ma tutte le principali catene di distribuzione alimentare dovrebbero essere espropriate e poste sotto il controllo dei lavoratori. Propone autobus gratuiti a New York; ma tutto il trasporto pubblico cittadino dovrebbe essere reso gratuito. Chiede di congelare l’affitto degli appartamenti che rientrano nel programma di “rent control”; ma quella misura andrebbe allargata a tutte le abitazioni in affitto. In realtà gli affitti andrebbero radicalmente abbassati, non solo “congelati”, e le case vuote di proprietari assenteisti espropriate e messe a disposizione di chi (un newyorkese su ventiquattro) non ha un tetto sulla testa.
Qual è la posizione dei RCA verso le elezioni di novembre?
Abbiamo un approccio amichevole nei confronti del movimento che ha sostenuto Mamdani e condanniamo gli attacchi che la classe dominante gli sta rivolgendo. Ma dobbiamo essere chiari: finché rimane nel Partito democratico non è possibile sostenere la sua candidatura. Il programma ha evidenti limiti, ma non è questo il punto. Il principale problema è che, pur definendosi socialista, si è candidato per il Partito democratico, che è un partito capitalista al 100%. Non è una questione astratta! Il Partito democratico si sta già mobilitando attivamente contro Zohran e, soprattutto, contro ciò che rappresenta. I giornali sono pieni di dichiarazioni di esponenti democratici che auspicano la sua sconfitta. L’ex governatore democratico David A. Paterson ha detto che se Mamdani è la cura per i mali del partito, “il cianuro è la cura per il mal di testa”. Come hanno fatto con Sanders, i vertici democratici sarebbero pronti a coalizzarsi contro di lui supportando Cuomo o Eric Adams, l’attuale sindaco di New York. E, come poi hanno fatto con Sanders, se dovesse vincere cercherebbero di cooptarlo e neutralizzarlo. In parte questo sta già avvenendo. Mamdani è stato l’unico candidato a opporsi al genocidio a Gaza, una posizione che gli ha conferito grande autorevolezza. Purtroppo il suo approccio accomodante nei confronti del padronato lo sta già portando a moderare molte delle sue posizioni. Basti pensare alle recenti dichiarazioni in cui sconsiglia di utilizzare lo slogan “globalizzare l’Intifada”, capitolando alle pressioni della classe dominante.
Se Zohran rompesse con il Partito democratico noi lo potremmo sostenere, anche se da una posizione critica. Ma la questione dell’indipendenza di classe è decisiva: il dovere dei candidati socialisti non è attenuare la rabbia di classe ma renderla più consapevole, mettendo in luce il conflitto di classe nella società e basandosi sulla forza della classe lavoratrice contro la classe dominante.
Cosa dovrebbe fare un candidato comunista?
Un candidato comunista avrebbe potuto mobilitare quei 50.000 volontari per costruire il nucleo di un partito operaio, con un programma autenticamente socialista, a New York e in tutti gli Stati Uniti. Il potenziale esiste. Il Partito democratico è completamente screditato e, come mostrano i sondaggi, ormai la maggioranza della popolazione ritiene che sarebbe necessario un terzo partito. Questo partito dovrebbe fare il contrario di quello che sta facendo Zohran Mamdani: non cercare di salvare il Partito democratico in crisi, ma combatterlo; non basarsi solo sul voto, ma sulla mobilitazione attiva della classe operaia e dei giovani. Si potrebbe iniziare da una manifestazione cittadina, qualcosa che Zohran non ha nemmeno provato a fare.
Intesa in questo modo, la campagna elettorale potrebbe rappresentare uno strumento per rafforzare l’unità di classe e accrescere la fiducia dei lavoratori nella loro capacità di migliorare le loro condizioni di vita e trasformare la società.