
Forgiati nella turbolenza: il primo congresso dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria
9 Agosto 2025di Alan Woods
Le notizie provenienti dall’Alaska hanno provocato violente reazioni in tutte le capitali d’Europa. Mi riferisco, ovviamente, non ai cittadini comuni, ma a quella speciale élite di uomini e donne saggi che amano definirsi i nostri capi di governo.
Il livello di propaganda che i media stanno diffondendo è superiore a qualsiasi cosa io abbia mai visto – o sperato di vedere.
Il coro di condanna ha raggiunto livelli assordanti. Il livello di isteria che questo evento ha provocato riflette chiaramente lo straordinario grado di frustrazione da parte degli autoproclamati “leader del mondo libero”, che si stanno abbandonando a violenti capricci come quelli di un bambino viziato a cui è appena stato tolto il suo giocattolo preferito.
Solo una settimana prima, gli stessi capi di governo si congratulavano con se stessi al pensiero di aver convinto il Presidente degli Stati Uniti a lanciare una nuova ondata di sanzioni devastante volte alla totale distruzione dell’economia russa e alla completa messa in crisi della guerra di Vladimir Putin in Ucraina.
Il New York Times ha riferito con toni esasperati:
“Il cessate il fuoco a cui Trump ha rinunciato in Alaska era così importante per lui il mese scorso da minacciare nuove dure sanzioni economiche se la Russia non avesse cessato le operazioni belliche entro 50 giorni. Poi ha anticipato la scadenza a venerdì scorso. Ora non c’è nessun cessate il fuoco, nessuna scadenza e nessun piano di sanzioni“.
Improvvisamente, come per un crudele e inaspettato scherzo del destino, tutti i loro sogni si sono infranti. Nel giro di 24 ore, tutto si è trasformato nel suo contrario.
Questa sarebbe una lezione preziosissima sulla superiorità del metodo del materialismo dialettico, se non fosse che le teste dure dei nostri stupidi leader politici sono del tutto impermeabili a qualsiasi tipo di lezione.
Al posto delle argomentazioni, ricorrono a nuovi livelli di bluff e spacconate, inveendo più volte contro le malvagie macchinazioni dell’uomo al Cremlino e la sorprendente “ingenuità” (leggi: stupidità) dell’uomo alla Casa Bianca.
Qual è l’imperdonabile errore che il Presidente degli Stati Uniti avrebbe commesso? Ha accettato di sedersi a parlare con il leader della Federazione Russa – l’uomo che, come ci è stato ripetutamente detto, “ha lanciato una guerra di aggressione brutale e non provocata contro l’Ucraina” nel 2022, ed è colpevole di ogni crimine conosciuto dall’umanità, con la possibile eccezione di divorare bambini a colazione (accusa a cui finora si sono astenuti dal ricorrere – ma tutto arriva a colui che sa aspettare…).
Riportiamo qui solo un paio di esempi a scelta. Il New York Times ha immediatamente pubblicato un articolo intitolato “Trump si inchina all’approccio di Putin sull’Ucraina”.
In esso si legge quanto segue:
“Sul volo per l’Alaska, il presidente Trump ha dichiarato che se non avesse ottenuto un cessate il fuoco in Ucraina durante i colloqui con il presidente russo Vladimir V. Putin, ‘non sarò felice’ e ci sarebbero state ‘gravi conseguenze’ ”.
“Solo poche ore dopo è risalito sull’Air Force One e ha lasciato l’Alaska senza il cessate il fuoco che riteneva così fondamentale. Così, l’incontro non ha portato ad alcuna grave conseguenza e Trump si è dichiarato così soddisfatto di come erano andate le cose con Putin da affermare che ‘il voto all’incontro è un 10’.
“Anche per gli annali della presidenza eccentrica di Trump, l’incontro di Anchorage con Putin si distingue ora come un’inversione di tendenza di proporzioni storiche. Trump ha abbandonato l’obiettivo principale che si era prefissato al vertice subartico e, come ha rivelato sabato, non intende nemmeno perseguire un cessate il fuoco immediato. Si è invece piegato all’approccio preferito da Putin, che ha negoziato un accordo di pace più ampio che prevede la cessione di territori da parte dell’Ucraina.”
“L’effetto finale è stato quello di fornire a Putin un lasciapassare per continuare la sua guerra contro il suo vicino a tempo indeterminato senza ulteriori sanzioni, in attesa dei lunghi negoziati per un accordo più ampio che appare nel migliore dei casi piuttosto vago”.
Nelle ore successive, si sono susseguiti articoli di giornale e interviste televisive per creare una vera e propria cacofonia di proteste contro il presunto tradimento di Trump nei confronti dell’Ucraina. Il tono violento di questi attacchi ha superato tutti i livelli precedentemente conosciuti.
L’ex primo ministro conservatore britannico, Boris Johnson, non ha perso tempo a partecipare con i più coloriti ed eleganti giri di parole, molto appropriati per un diplomatico di prestigio e rispetto internazionale.
Ha definito l’incontro al vertice in Alaska “l’episodio più vomitevole di tutta la storia più oscena della diplomazia internazionale”.
Lasciamo rispettosamente da parte i possibili effetti sul nostro apparato digerente che potrebbero derivare da un resoconto anche solo superficiale della lunga storia di menzogne, inganni e sordide manovre del signor Johnson, e ci limitiamo a commentatori più seri.
“Si è fatto fregare di nuovo”, ha detto Ivo Daalder, che è stato ambasciatore alla NATO sotto il presidente Barack Obama. “Dopo tutte le promesse di un cessate il fuoco, di gravi conseguenze economiche, di essere delusi, sono bastati due minuti sul tappeto rosso e dieci minuti in auto perché Putin fregasse di nuovo Trump. Che spettacolo triste.“
Il New York Times si è spinto a paragonare l’incontro di Trump con Putin alla riconciliazione con Adolf Hitler da parte di Neville Chamberlain nel 1938:
“Come allora, l’incontro amichevole di venerdì in Alaska tra il presidente e Putin, che ora è sotto sanzioni statunitensi e deve rispondere di un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra, ha generato feroci reazioni. Alcuni critici l’hanno paragonata alla conferenza di Monaco del 1938, quando il primo ministro britannico Neville Chamberlain cedette parte della Cecoslovacchia alla Germania di Adolf Hitler nell’ambito di una politica di pacificazione.“
Sono assurdi i livelli di isteria a cui è arrivata questa gente.
Ci occuperemo più avanti dell’accusa spesso ripetuta che Donald Trump sia stato “fregato” dall’uomo del Cremlino, il quale, ci dicono, ha imparato dal suo passato nel KGB le arti oscure di come manipolare le persone e piegarle alla sua volontà.
Torneremo su questo coro di indignazione più avanti, per analizzarne il contenuto e svelare le motivazioni nascoste dietro di esso. Per il momento, torniamo al vertice in Alaska.
Gli obiettivi di Trump
L’obiettivo dichiarato da Donald J. Trump quando ha convocato questa conferenza è stato quello di cercare di trovare una soluzione pacifica alla guerra in Ucraina.
Ora, a qualsiasi persona ragionevole, sembrerebbe evidente che per raggiungere una pace negoziata sia necessario sedersi e parlare con entrambe le parti in conflitto. L’obiettivo iniziale di tale negoziato sarebbe quello di chiarire le posizioni di entrambe le parti e poi gradualmente, attraverso un processo di paziente discussione, cercare di stabilire un terreno comune che possa permettere una soluzione negoziata.
Questa conclusione sembrerebbe evidente anche a un bambino di sei anni non particolarmente intelligente. Eppure, tutti i leader dei principali Paesi europei la rifiutano in modo assoluto.
Il fatto che Donald Trump abbia osato sedersi allo stesso tavolo di Vladimir Putin li ha riempiti di una rabbia apoplettica che fa temere per la loro pressione sanguigna.
Invece di lodare il Presidente per la sua iniziativa di negoziare la pace, passano tutto il tempo a inveire contro di lui. L’atmosfera di panico nei circoli governativi da Londra a Berlino è così estrema da rasentare l’isteria collettiva.
Sfortunatamente per loro, Donald Trump non mostra alcun segno di commozione.
Ma cerchiamo per un attimo di andare oltre l’isteria di superficie e di farci un’idea della logica che la sostiene.
Se ne analizziamo il contenuto, giungeremo alle seguenti conclusioni:
1) Trump ha fatto il gioco di Putin accettando la richiesta urgente dei russi di un incontro a tu per tu.
Questo è falso. Tutte le informazioni disponibili mostrano chiaramente che sono stati gli americani a richiedere questo incontro, non i russi. Trump ha chiaramente inviato Witkoff a Mosca per questo scopo.
2) Lo scopo di questo incontro era quello di arrivare a un accordo per garantire la pace in Ucraina. Il primo passo doveva essere il cessate il fuoco. Questo non è stato raggiunto. Non c’è stato nessun accordo e nessun cessate il fuoco. Pertanto, l’incontro è stato un completo fallimento.
Anche questo è falso. Prima dell’incontro, Trump aveva chiarito che non si aspettava di raggiungere alcun accordo in Alaska. Lo scopo dell’incontro era fondamentalmente quello di ristabilire i contatti interrotti da tempo, scambiare opinioni su una serie di argomenti, tra cui l’Ucraina, e auspicabilmente giungere a un accordo per proseguire le discussioni future.
Tutti questi obiettivi sono stati raggiunti con successo. Ed è proprio questo che fa infuriare e spaventare gli europei che, più di ogni altra cosa, temono che l’America e la Russia stabiliscano relazioni strette e che loro ne siano esclusi.
Tale timore può essere fondato.
3) Questo incontro è stato un’enorme vittoria propagandistica per Vladimir Putin, che prima era isolato nel mondo e ora occupa il centro della scena, insieme al presidente americano.
Il 16 agosto, BBC News ha pubblicato un articolo dal titolo: “Putin riaccolto sulla scena mondiale con un tappeto rosso”. Si leggeva:
“Quando venerdì il presidente Vladimir Putin è atterrato di nuovo sulla scena mondiale, il cielo dell’Alaska era nuvoloso. Ad attenderlo, con un tappeto rosso steso sulla pista d’atterraggio della Joint Base Elmendorf-Richardson, c’era il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
“Quando Putin si è avvicinato, Trump ha applaudito. I due leader si sono stretti calorosamente la mano e hanno sorriso.
“È stato un momento straordinario per Putin, un leader evitato dalla maggior parte delle nazioni occidentali da quando Mosca ha lanciato la sua invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022. Da allora i suoi viaggi internazionali sono stati in gran parte limitati alle nazioni amiche della Federazione Russa, come la Corea del Nord e la Bielorussia.
“Il fatto che il vertice in Alaska si sia svolto è stata una vittoria per Putin. Ma questa accoglienza avrebbe superato i sogni più sfrenati del Cremlino. In sei mesi Putin è passato dall’essere un paria agli occhi dell’Occidente all’essere accolto sul suolo statunitense come un partner e un amico.
“Per finire, in un momento apparentemente non programmato, Putin ha deciso di accettare un passaggio per la base aerea nella limousine blindata di Trump, invece di salire sulla sua auto blindata presidenziale di Stato arrivata da Mosca.
“Mentre il veicolo si allontanava, le telecamere hanno zoomato su Putin, seduto sul sedile posteriore che rideva”.
Oh, cielo! I due uomini si sono incontrati e si sono stretti la mano! Che disastro! Peggio ancora, entrambi si sono allontanati con l’auto del Presidente e, per di più, sono stati visti ridere!
Per i leader del mondo occidentale è arrivata l’Apocalisse. I due leader dei Paesi più potenti del mondo si sono effettivamente incontrati e, a quanto pare, sembrano avere ottimi rapporti.
Questo non era affatto nel copione! Ha dimostrato quello che gli europei avevano detto da sempre. Questo incontro è stato una pessima idea e non avrebbe mai dovuto avere luogo! In effetti, nessun leader occidentale deve avere contatti con i russi.
È vero che Vladimir Putin ha ottenuto una notevole vittoria propagandistica. Ma l’affermazione che sia stato in qualche modo “isolato a livello internazionale” è del tutto falsa. In realtà, la Russia ha ora molti più alleati nel mondo di quanti ne avesse prima della guerra in Ucraina. Il fatto che la Russia sia oggetto di boicottaggio da parte di una manciata di Stati imperialisti in Europa e Nord America è un’altra questione. Ma resta da vedere quanto a lungo si permetterà a questa situazione folle di durare.
Non è nemmeno vero che Trump non ha guadagnato nulla con il vertice. È vero il contrario. Anzi, sta guadagnando molto più di Putin.
Convocando questo incontro (ribadiamo che è stato Trump, non Putin, a richiederlo), è riuscito a districarsi con successo dallo spaventoso pasticcio in cui si era cacciato seguendo i consigli disastrosi che gli erano stati dati dagli europei, da Lindsey Graham e dai suoi alleati guerrafondai a Washington.
Insistendo costantemente sulla richiesta di maggiori sanzioni contro la Russia, hanno spinto Trump a lanciare una minaccia che, se fosse stata messa in atto, sarebbe stata un disastro per i suoi tentativi di raggiungere un accordo negoziale con la Russia.
Questa, infatti, è sempre stata la vera intenzione degli europei. Ma quando Trump si è reso conto che l’introduzione di sanzioni avrebbe inevitabilmente fallito nel costringere la Russia ad accettare le richieste occidentali e avrebbe avuto effetti disastrosi sia per gli Stati Uniti che per la sua stessa posizione, ha deciso di compiere un gesto plateale per fermarla.
Si è trattato, infatti, di una mossa molto abile che, in un colpo solo, ha permesso a Trump di rimandare le sanzioni promesse a un prossimo futuro, di disarmare i suoi critici guerrafondai al Senato e di mettere gli europei e gli ucraini in una posizione impossibile. Tutto questo è riuscito a ottenerlo. Non si è trattato quindi di un fallimento, ma di un successo eclatante.
4) Donald Trump è “ingenuo” (leggi stupido) e facilmente manipolabile da Putin che, in quanto ex agente del KGB, è abile nelle arti occulte della manipolazione e sembra avere una sorta di misteriosa influenza sul presidente americano.
La natura precisa di questa presunta “influenza misteriosa” non è mai stata chiarita, anche se viene continuamente accennata in innumerevoli articoli e programmi televisivi.
È sufficiente dire che questo tipo di spiegazione non spiega proprio nulla. Nessuno ci ha mai detto come sia nato questo misterioso potere, né in cosa consista esattamente.
Non è forse possibile che Donald Trump si sia fatto convincere dagli argomenti che gli sono stati proposti dal leader russo? L’ipotesi è che non esistano argomenti così convincenti e che quindi si debba trovare qualche altra spiegazione particolare.
In realtà, come dimostreremo, Putin aveva argomenti molto convincenti e questi argomenti, basati su fatti empiricamente verificabili, avrebbero convinto qualsiasi persona che non fosse irrimediabilmente prevenuta e con una decisione già presa.
È proprio questo il senso dei negoziati. Purtroppo, per i leader del “mondo libero”, questo tipo di negoziato non è accettabile.
Avevano elaborato in anticipo una serie di richieste, che sapevano non sarebbero mai state accettabili per i russi, e si aspettavano che Trump si sarebbe recato all’incontro per sottoporre tali richieste sotto forma di ultimatum, una garanzia per il fallimento dei negoziati e la continuazione della guerra.
Come sia possibile porre fine alla guerra in Ucraina – che è, di fatto, una guerra per procura tra Russia e America – senza discussioni tra entrambe le parti in guerra è un mistero. In realtà, non è affatto possibile.
E la vera politica degli europei – e anche di Volodymir Zelensky – è quella di impedire qualsiasi contatto tra americani e russi e di sabotare qualsiasi tentativo di negoziare un accordo di pace tra loro.
Una volta compreso tutto ciò, abbiamo capito tutto quello che c’è da capire sullo stato della guerra e sulle ciniche manovre diplomatiche che, pur sostenendo di essere a favore di “una pace giusta e duratura”, in realtà mirano a prolungare la guerra per un periodo indefinito.
Ancora una volta, il “Russiagate”
Lo spettro del “Russiagate” risorge dai morti. Nel 2016, le agenzie di intelligence statunitensi accusarono la Russia di aver interferito nel processo elettorale americano. Da qui è nato lo scandalo “Russiagate”.
Fu lanciata una rumorosa campagna mediatica, chiaramente parte di un tentativo di impedire a Trump di insediarsi alla Presidenza. Le affermazioni si sono rivelate da tempo false.
Trump ha ripetutamente negato i sospetti di contatti impropri con funzionari russi. Mosca ha anche definito infondate le accuse rispetto ai suoi tentativi di influenzare il corso delle elezioni statunitensi.
Robert Mueller, in qualità di procuratore speciale, ha condotto un’indagine sui presunti tentativi di influenzare le elezioni. Il Dipartimento di Giustizia ha pubblicato il suo rapporto conclusivo nel 2019, affermando che l’indagine non ha portato alla luce prove di collusione tra la Russia e Donald Trump.
Tuttavia, il New York Times ha pubblicato quanto segue:
“Trump ha da tempo espresso la sua ammirazione per il signor Putin e la simpatia per le sue posizioni. Nel loro incontro più memorabile, tenutosi a Helsinki nel 2018, Trump ha accettato senza battere ciglio la smentita di Putin sul fatto che la Russia fosse intervenuta nelle elezioni del 2016, preferendo la parola dell’ex ufficiale del KGB alle conclusioni delle agenzie di intelligence americane“.
Questa affermazione non risponde all’ovvia domanda: chi ha detto la verità? Vladimir Putin o le agenzie di intelligence americane?
Mesi prima delle elezioni, le istituzioni di intelligence Usa avevano valutato all’unanimità che la Russia non aveva né l’intenzione né la capacità di intromettersi nel processo elettorale.
Ma nel dicembre 2016, poco dopo la vittoria di Trump, l’amministrazione Obama ha ordinato un altro rapporto che ribaltava la valutazione precedente.
Il rapporto di intelligence chiave che dimostrava che la Russia non aveva influenzato l’esito delle elezioni è stata nascosto e secretato.
Recentemente, Tulsi Gabbard, il nuovo direttore della National Intelligence (DNI), ha annunciato la desecretazione di e-mail “Top Secret” del 2016 che, a suo dire, mostrano l’ex capo del DNI James Clapper mentre cerca di tacitare le preoccupazioni sollevate in relazione agli sforzi per legare in maniera falsa il presidente Donald Trump alla Russia e interferire con l’esito delle elezioni presidenziali del 2016.
I documenti degli ex capi dell’Intelligence Community (IC) rivelano che la storia dell’ingerenza della Russia nelle elezioni del 2016 negli Stati Uniti era tutta una menzogna.
Eppure, i giornalisti presumibilmente seri, ancora oggi, insistono nel ripetere questa menzogna, presentandola come una verità indiscutibile. E lo fanno senza nemmeno arrossire.
Come si suol dire: perché lasciare che i fatti rovinino una buona storia?
Il bluff dell’America è stato scoperto
Come si spiega allora il comportamento di Donald Trump a questo incontro? Non è una domanda difficile a cui rispondere.
Donald Trump ha raggiunto il verice in Alaska non da una posizione forte, ma, al contrario, con una posizione molto debole. Ha cercato di bluffare con i russi, lanciando ogni sorta di feroce minaccia di sanzioni terribili che i leader occidentali si sono convinti avrebbero messo in ginocchio la Russia. Ma tutto ciò non è servito a nulla.
Prima dell’incontro, Trump aveva ricevuto informazioni che dimostravano che le sanzioni minacciate non avrebbero avuto alcun effetto. La Cina e l’India – le principali nazioni che acquistano petrolio e gas dalla Russia – hanno entrambe dichiarato apertamente che non avrebbero accettato alcun tentativo di interferire con il loro diritto di commerciare con la Russia – o con qualsiasi altro Paese.
La minaccia di sanzioni è quindi caduta nel vuoto, ancor prima di essere introdotta. L’importanza di questo fatto non è sfuggita all’uomo alla Casa Bianca, che ha un buon fiuto per gli affari. È anche consapevole delle regole di base del gioco del poker.
Nel contesto di una partita di poker, se vedete un avversario puntare in modo aggressivo, ma sospettate che la sua mano sia debole, potreste decidere di chiamare il suo bluff. Se avete indovinato e l’avversario non può mostrare di avere carte forti in mano, vincete il piatto.
Nel mondo della politica e della diplomazia, non è mai consigliabile bluffare se non si è pronti a sostenere il bluff con un’azione effettivamente decisiva. Immaginare di possedere una mano più forte di quella che si ha in realtà significa incorrere in una sconfitta umiliante quando il bluff viene scoperto.
E nella complicata partita a poker che si è svolta negli ultimi mesi sulla scena internazionale, il bluff degli americani e degli europei è stato alla fine scoperto.
Questo rivela i reali rapporti di forza. Ciò era chiaro tanto a Trump quanto a Putin. Ecco perché Putin non ha fatto assolutamente nessuna concessione di sostanza, e anche perché Trump ha accettato la situazione come un fatto compiuto.
Per usare un’analogia con il poker, Putin aveva tutte le carte in mano, mentre Trump non aveva nessuna carta importante da giocare. Non sono necessarie ulteriori spiegazioni di magici poteri di persuasione per spiegare questo fatto del tutto evidente.
La truffa del cessate il fuoco
La base principale dei cori di protesta è stata il fatto che in Alaska non c’è stato alcun accordo per un cessate il fuoco. Questa richiesta è stata ribadita con noiosa regolarità negli ultimi mesi sia da Zelensky che dai suoi compari europei.
Prima del vertice, l’alto diplomatico dell’UE, Kaja Kallas, aveva detto che negoziati significativi per porre fine alla guerra in Ucraina potevano aver luogo solo “nel contesto di un cessate il fuoco o di una riduzione delle ostilità”.
Ora, tutto questo sembra essere cambiato.
Dopo l’incontro con Putin, il Presidente Trump ha affermato che un processo di pace completo – senza dubbio lungo – è il “modo migliore” per porre fine alla guerra, mentre nel frattempo i combattimenti continuano sul terreno. Questo perché i cessate il fuoco temporanei “spesso non reggono”.
Che cosa significa?
In apparenza, un cessate il fuoco sembrerebbe una richiesta ragionevole e un passo verso la pace. Ma non è così. È una manovra cinica, pensata per prolungare la guerra e, soprattutto, per trascinare gli americani nel conflitto e impedire loro di ritirarsi.
Questa richiesta è sempre legata a un’altra richiesta: quella di “garanzie di sicurezza” americane per l’Ucraina in caso di cessate il fuoco. Che cosa significano?
L’effetto immediato di un cessate il fuoco, in una situazione in cui la Russia sta chiaramente vincendo la guerra e gli ucraini sono in una posizione disperata, sarebbe quello di fornire a questi ultimi uno spazio di respiro, che potrebbe poi essere utilizzato dalla NATO per riequipaggiare e ricostruire le forze ucraine a pezzi, in preparazione di una nuova offensiva contro i russi.
Tale cessate il fuoco può essere interrotto in qualsiasi momento gli ucraini decidano che è utile per loro, e daranno la colpa della rottura ai russi.
Nel frattempo, la cosiddetta “coalizione dei volenterosi” resterà in attesa del via libera per l’invio di truppe NATO in Ucraina, presumibilmente per “difendere il cessate il fuoco”, ma in pratica per preparare un conflitto diretto con la Russia.
Zelensky insiste su questo punto: “La sicurezza deve essere garantita in modo affidabile e a lungo termine, con il coinvolgimento sia dell’Europa che degli Stati Uniti”, afferma.
Ma questa strategia presenta un problema. Senza il sostegno attivo degli Stati Uniti, non ha alcuna possibilità di successo. Se gli americani sono così sciocchi da fornire al regime di Kiev e ai suoi compari europei ciò che chiedono – una garanzia di sicurezza americana – gli ucraini chiederanno agli americani di venire in loro aiuto. In questo modo, gli Stati Uniti verrebbero trascinati in un’altra “guerra per sempre” non vinta, costosa e sanguinosa.
Un’eventualità che Trump vuole evitare a tutti i costi, come dimostra il suo post sui social media in cui chiede negoziati di pace piuttosto che un cessate il fuoco temporaneo.
Le sue parole indicano che ha capito che gli europei e Zelensky gli stanno tendendo una trappola. Per questo motivo ha evitato di fare riferimenti a un cessate il fuoco e, nonostante le affermazioni contrarie, non sembra probabile che abbandonerà il suo precedente rifiuto di fornire qualsiasi tipo di garanzia all’Ucraina.
La sua rinuncia, resa pubblica, della richiesta di un cessate il fuoco ha quindi provocato sgomento e orrore nelle file dei guerrafondai europei e ucraini.
Tuttavia, questo non significa affatto che cesseranno la loro campagna rumorosa a favore di un prolungamento indefinito della guerra. Anzi, il contrario. Possiamo aspettarci che questa campagna raddoppi la sua intensità nei prossimi mesi.
Una richiesta “massimalista”?
Putin ha spiegato in numerose occasioni che un accordo di pace globale richiederebbe alla NATO di riportare le forze ai confini precedenti all’espansione del 1997, impedirebbe all’Ucraina di entrare nell’alleanza e richiederebbe a Kiev non solo di cedere il territorio a est, ma anche di ridurre drasticamente le dimensioni delle sue forze armate.
Queste richieste, che vengono abitualmente (e assurdamente) liquidate dai commentatori occidentali come “massimaliste”, sono in realtà requisiti minimi per garantire la futura sicurezza della Russia contro qualsiasi tentativo della NATO di trasformare l’Ucraina in un potente Stato nucleare al suo confine.
Poniamo la questione in modo diverso. Se la Russia insistesse sul diritto di piazzare armi nucleari in basi militari proprio al confine messicano con gli Stati Uniti, sarebbe probabile un’azione immediata e diretta da parte degli americani per impedire che ciò accada.
Qualcuno pensa che ciò sarebbe considerato “massimalista”? O sarebbe immediatamente riconosciuto come una legittima difesa attiva da parte degli Stati Uniti? La domanda si risponde da sola.
Sarà il campo di battaglia a decidere
Negli ultimi tempi, l’attenzione si è concentrata sugli infiniti zig-zag e rovesci nel campo della diplomazia e dei negoziati. Ciò è servito a distogliere l’attenzione dalla situazione reale sul campo di battaglia in Ucraina.
L’argomentazione spesso ripetuta, secondo cui questo conflitto avrebbe raggiunto un punto di stallo in cui le forze contendenti sono in equilibrio e la linea del fronte non si è praticamente mossa, è radicalmente falsa.
La linea del fronte si sposta costantemente da est a ovest. L’esercito russo continua la sua inesorabile avanzata, conquistando un punto di forza dopo l’altro, facendo arretrare gli ucraini lungo tutta la linea.
Il prossimo obiettivo sarà l’importante città strategica di Pokrovsk, che gli ucraini stanno cercando di difendere a tutti i costi. Hanno inviato molti rinforzi che, a causa dell’acuta carenza di truppe, hanno dovuto attingere da altri settori del fronte, che di conseguenza sono diventati gravemente indeboliti e vulnerabili agli attacchi.
Tutto questo non salverà Pokrovsk, che ora è praticamente circondata. Un gran numero di truppe ucraine è ora isolato e rischia una sconfitta certa in un futuro non troppo lontano.
La soluzione logica sarebbe che i loro ufficiali chiedessero un ritiro strategico finché si è ancora in tempo. Ma Zelensky e il comandante in capo ucraino Syrskyi sembrano non prevedere il comando di ritirata e molto probabilmente ordineranno a questi sfortunati uomini di restare al fronte e combattere fino alla morte.
La caduta di Pokrovsk è quindi inevitabile nel prossimo futuro. Rappresenterà una catastrofe di prim’ordine, che preparerà la strada al crollo totale della difesa ucraina nel Donbass.
Ora, per la prima volta, la stampa occidentale – anche pubblicazioni ferventemente filo-ucraine come il Daily Telegraph – pubblica articoli che riconoscono che l’Ucraina sta perdendo la guerra.
Pubblicano interviste con ufficiali e soldati che riflettono un crollo catastrofico del morale, che porta a diserzioni di massa e a un rifiuto generale dei giovani ad arruolarsi nell’esercito e a combattere per quella che è chiaramente una causa persa.
Tutto questo è noto sia agli stessi leader ucraini che ai loro alleati a Londra, Parigi e Washington.
Poiché la guerra sta andando molto male per l’Ucraina, sembra che gli uomini di Kiev, e soprattutto i loro alleati europei, si siano illusi di poter ribaltare le sconfitte sul campo di battaglia ottenendo una vittoria nel campo della diplomazia.
Tuttavia, bisogna tenere ben presente che in una guerra la diplomazia occupa sempre una posizione secondaria. È sempre la forza delle armi, non quella delle argomentazioni, a determinare l’esito della guerra.
Non è la diplomazia a dettare le regole alla sfera militare, ma al contrario è la sfera militare a determinare in ultima analisi il reale contenuto e l’esito della diplomazia.
È chiaramente giunto il momento di avviare negoziati significativi con i russi che, avendo ovviamente vinto la guerra, non vedranno la necessità di scendere a compromessi su nessuna delle principali richieste.
Il fatto è che, a prescindere dai risultati (o dalla mancanza di risultati) dell’incontro in Alaska – o di qualsiasi altro incontro di questo tipo – alla fine è il campo di battaglia a decidere il risultato, non la diplomazia.
Tuttavia, la diplomazia può svolgere un ruolo, che diventerà sempre più importante man mano che la guerra raggiungerà un punto di svolta decisivo. E il rifiuto del governo ucraino di avviare negoziati significativi in questo momento significherà che sarà la guerra stessa a determinarne l’esito.
“Tutto o niente”?
Una volta qualcuno ha detto che non esiste una pace cattiva o una guerra buona. Si tratta indubbiamente di una semplificazione eccessiva. Tuttavia, nel contesto attuale, Trump ha ragione quando dice che è meglio per gli ucraini sacrificare un territorio in cambio della pace, piuttosto che perdere tutto continuando una guerra che non possono vincere.
Anche un cieco può vedere che una nazione che ha subito una sconfitta sul campo di battaglia deve accettare le condizioni dettate dai vincitori. Questo è evidente, ed è sempre stato così.
La maggior parte dei cittadini ucraini comuni, se glielo si chiedesse, risponderebbe che vuole la pace, anche se il prezzo da pagare è alto. Qualsiasi cosa è preferibile all’incubo attuale.
Eppure, per una logica molto particolare (se questa è la parola giusta), Volodymyr Zelensky si rifiuta di accettare i fatti e chiede che gli ucraini continuino a combattere fino alla fine.
Deve capire meglio di chiunque altro che questa logica porterebbe inevitabilmente alla completa sconfitta del suo Paese e, con ogni probabilità, alla scomparsa totale dell’Ucraina come Stato nazionale indipendente.
La sua soluzione è molto semplice. Nessun compromesso! No ai negoziati! Combattere fino alla fine. Vittoria o morte! La logica di tutto questo è davvero molto semplice: o tutto o niente!
E, come troppo spesso accade, il risultato sarà pari a zero. Per il popolo ucraino, cioè, ma non necessariamente per Zelensky stesso. La sua principale preoccupazione al momento non è difendere l’Ucraina. È, a tutti i costi, preservare il suo controllo sull’Ucraina. Sa benissimo che nel momento in cui la guerra finirà, dovrà cedere il potere. Le elezioni devono essere tenute e il risultato è scontato.
Non importa chi vincerà le elezioni, non sarà Zelensky. Egli è, infatti, profondamente impopolare e la sua popolarità si abbassa ogni giorno che passa e ogni sconfitta.
Una delle ragioni della sua impopolarità è il crescente sospetto che il suo regime sia dominato dalla corruzione. Enormi somme di denaro inviate dall’estero sono scomparse senza lasciare traccia.
Gran parte di questi fondi non raggiunge mai le truppe in prima linea a cui erano destinati. Invece, entra nei conti bancari di ricchi oligarchi e dei loro rappresentanti politici e finisce in conti segreti in qualche terra straniera, lontano dai combattimenti.
Lì rimarranno, finché un giorno saranno raccolti da alcuni leader politici e militari che fuggiranno dal Paese di fronte all’inarrestabile avanzata russa, per trovare un’accoglienza da eroi da parte dei loro amici in Occidente e una comoda sistemazione in qualche isola caraibica, dove potranno scrivere le loro memorie e creare nuove e fittizie leggende dal carattere eroico su di sé. Nel frattempo, il resto della popolazione lotterà per sopravvivere tra le rovine fumanti del proprio Paese.
Cosa chiede Zelensky
Nel frattempo, a Kiev, continuano a insistere sul fatto che non si può fare alcun accordo senza l’Ucraina. Niente più conversazioni tra Trump e Putin! Zelensky deve essere presente!
Ma Zelensky non era presente. Era assente perché non era stato invitato. Perché non è stato invitato? Perché la squadra di consiglieri di Trump ha capito che la sua unica ragione per essere presente era quella di porre ostacoli insormontabili alla pace.
Ora è a Washington, accompagnato da tutti i suoi compari europei. Presenteranno le loro richieste a Trump. E quali sono esattamente queste richieste?
I russi stanno vincendo. Non importa! Devono arrendersi immediatamente e ritirarsi da tutti i territori occupati – non solo dal Donbass, ma anche dalla Crimea. Queste sono le condizioni di “pace” di Zelensky! Se le cose non fossero così serie, sarebbe divertente.
Tutti sanno che questa è la logica del manicomio. Non ha alcun rapporto con la realtà. È delirante. Eppure, strano a dirsi, tutti i principali leader europei continuano a sostenere questa follia al 101%.
La politica di continuare la guerra fino alla vittoria, quando la vittoria è del tutto fuori discussione, viene presentata come una difesa degli interessi del popolo ucraino. Non è così. È un cinico tradimento dell’Ucraina.
I leader europei sono disposti a combattere fino all’ultimo ucraino. Naturalmente, loro stessi non saranno coinvolti. Da parte loro, incoraggiano gli ucraini a continuare a combattere contro un nemico enormemente superiore, quando sanno perfettamente che può solo finire in una catastrofe per l’Ucraina.
Un uomo di principio
Il Primo Ministro britannico Keir Starmer è un esperto nell’arte di guardare in due direzioni diverse allo stesso tempo. Ci si chiede come faccia a non soffrire di vertigini per queste clamorose acrobazie.
Alcune persone indelicate lo hanno accusato di mancanza di principi. Questo è decisamente ingiusto. Quello che è vero è che crede nella flessibilità in tutte le cose, soprattutto nella verità. E il suo motto è: ok, se non vi piacciono i miei principi, li cambierò.
Inoltre, ci sono cose in cui crede fermamente. Per esempio, è un patriota convinto. È profondamente dedicato alla nazione che ama, alla quale ha giurato fedeltà eterna e incrollabile.
Purtroppo, questa nazione non è il Regno Unito di Gran Bretagna. È l’Ucraina.
Ha dimostrato un impegno sorprendente per la causa di Volodymyr Zelensky e trascorre molte ore a parlare con lui al telefono, il che gli lascia poco tempo per affrontare i problemi urgenti del suo Paese, che sta rapidamente affondando in un mare di debiti, abbandono e povertà.
Abbiamo sempre pensato che Sir Keir non possedesse alcuna emozione umana normale, né sembrava avere molti amici, se non nessuno. Ma ci sbagliavamo. Ogni volta che il suo amico di Kyev ci onora della sua presenza, si precipita ad abbracciarlo pubblicamente davanti alle telecamere sui gradini del numero dieci di Downing Street.
Si è quindi trovato di fronte a un problema quando il Grande Capo Bianco d’oltreoceano non ha invitato Zelensky al suo incontro al vertice in Alaska.
Ecco il dilemma. Visibilmente turbato da questa deplorevole dimenticanza, egli temeva tuttavia di offendere l’uomo alla Casa Bianca, poiché ciò avrebbe potuto turbare quella che egli definisce la relazione speciale tra Gran Bretagna e Stati Uniti.
Nella sua dichiarazione, quindi, si è preoccupato di elogiare gli sforzi del Presidente Trump, “che ci hanno portato più vicini che mai” alla fine della guerra in Ucraina.
Tuttavia, ha aggiunto che “i prossimi passi devono coinvolgere Zelensky – e che la pace non può essere decisa senza di lui”.
La sola idea di un presidente americano che si siede a discutere i termini della pace con i russi riempie tutte queste persone di panico assoluto. Ma qual è l’alternativa a questo? Non ne hanno nessuna.
Tutte le loro proposte si riducono a una sola idea, che ripetono con un’insistenza ossessiva: continuare con gli stessi metodi. Introdurre nuove e paralizzanti sanzioni contro la Russia. Inviare sempre più miliardi di dollari agli ucraini (cioè a Volodymir Zelensky). Inviare più armi a Kiev, per combattere la guerra contro la Russia fino alla fine.
Il noioso coro continua a ripetere all’infinito le stesse formule essenzialmente prive di senso, come se, tramite la costante ripetizione, queste assurdità venissero alla fine accettate.
Starmer afferma di accogliere “l’apertura degli Stati Uniti, insieme all’Europa, a fornire solide garanzie di sicurezza all’Ucraina come parte di qualsiasi accordo. Questo è un progresso importante e sarà fondamentale per dissuadere Putin dal tornare a chiedere di più”.
Ma che “nel frattempo, finché non fermerà il suo barbaro assalto, continueremo a cercare di indebolire la sua macchina da guerra con ancora più sanzioni, che hanno già avuto un impatto punitivo sull’economia russa e sul suo popolo”.
E infine esprime:
“Il nostro incrollabile sostegno all’Ucraina continuerà fino a quando sarà necessario”.
È facile da dire. Ma persone come Starmer non si fermano mai a pensare a cosa significhi veramente. Trascurano opportunamente il fatto che la Russia è stata colpita con le sanzioni più estreme per quasi un decennio.
Hanno dimenticato che quelle sanzioni avrebbero dovuto far crollare l’economia russa e costringere Mosca ad accettare i dettami della NATO.
Ma queste stravaganti aspettative sono state presto ridotte in cenere. Lungi dal rovinare l’economia russa, questa non solo è sopravvissuta a tutte le sanzioni che le sono state imposte, ma ha addirittura prosperato, registrando livelli di crescita economica di gran lunga superiori ai miseri tassi raggiunti dall’Occidente.
In realtà, le sanzioni hanno avuto un effetto molto più dannoso sulle economie dell’Europa e dell’America che sulla Russia. La perdita di forniture garantite di petrolio e gas a basso costo dalla Russia ha portato a un’impennata dell’inflazione (anche se questo fatto scomodo non viene mai menzionato).
Ma, ehi! Dimenticate tutto questo. Concentratevi solo sul ripetere esattamente la stessa strategia fallimentare che ha portato solo al disastro, alla distruzione e alla perdita di vite umane in Ucraina e alla rovina economica in Europa.
Continuare come prima, senza un vero obiettivo in vista, e sperare che alla fine tutto vada bene.
Comunque la si voglia chiamare, non è certo una strategia degna di questo nome. Ricorda la filosofia del famoso personaggio di Charles Dickens, il signor Micawber, che diceva: “Qualcosa dovrà pur andare per il verso giusto”.
Ripetere più volte lo stesso comportamento o la stessa attività aspettandosi risultati diversi è segno di follia. Ma è proprio questo che gli europei stanno esortando Donald Trump a fare.
I campanelli d’allarme
La notizia allarmante della convocazione di Zelensky per un incontro con il presidente americano a Washington li ha quindi terrorizzati. Tutti i campanelli d’allarme hanno cominciato a suonare al massimo del volume.
Il ricordo del celebre incontro tra il loro eroe e Donald Trump nello Studio Ovale li ha perseguitati come un incubo da allora.
Hanno subito temuto il peggio, poiché la padronanza di Zelensky dei punti più sottili della diplomazia è approssimativamente simile ai tentativi di un lottatore di sumo giapponese di esibirsi nel Lago dei cigni di Tchaikovsky.
Davanti ai loro occhi sono immediatamente balenate le orribili visioni di un Trump infuriato che ancora una volta avrebbe fatto carne da macello dello sfortunato ucraino, che ancora una volta sarebbe rimasto senza parole.
Un tale disastro doveva essere evitato a tutti i costi!
Perciò hanno fatto immediatamente le valigie e si precipitarono sul primo aereo disponibile per Washington, tutti quanti, accaparrandosi tutti i posti disponibili sul volo!
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni e, per non farsi mancare nulla, il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il segretario generale della NATO Mark Rutte, sono stati tutti mobilitati per questa operazione fondamentale!
È chiaro che intendevano essere presenti al colloquio, in modo che il povero Volodymyr non fosse solo, come Pierino nella tana del leone. Avrebbero potuto tenerlo d’occhio con attenzione, interrompendolo ogni volta che fosse stato necessario per impedirgli di mettere ancora una volta il piede in fallo.
Senza dubbio, la loro intenzione era quella di esercitare forti pressioni sul Presidente degli Stati Uniti affinché acconsentisse alle loro richieste: dimenticare tutto ciò che ha detto nell’incontro di Anchorage, interrompere tutte le relazioni con Vladimir Putin e tornare alla precedente politica di Biden.
Vale a dire, introdurre ancora più sanzioni contro la Russia, fornire tutti gli aiuti militari e finanziari richiesti da Kiev e fare tutto questo “finché sarà necessario”.
Al momento in cui scrivo, il suddetto incontro non ha ancora avuto luogo. Dalle poche informazioni a mia disposizione, sembra che l’incontro tra Trump e Zelensky non includerà la presenza degli ospiti europei non invitati, anche se questo è ancora da vedere.
Allo stesso modo, resta da vedere se la loro tattica di coalizzarsi per fare pressione su Trump avrà l’effetto previsto – o l’esatto contrario. Trump non è un uomo che ama essere messo sotto pressione da nessuno.
Inoltre, è un segreto di Pulcinella che Trump disprezzi Zelensky e abbia un’opinione molto bassa dei leader europei. Al contrario, sembra molto a suo agio nelle conversazioni con Vladimir Putin. E per Trump, sembra che la chimica personale sia importante.
Riusciranno a ottenere delle concessioni? Poiché Trump è noto per essere un personaggio altamente imprevedibile e volatile, non si può escludere.
Ma le prime indicazioni non vanno in questa direzione. Dalle notizie riportate, ha chiarito in anticipo che l’Ucraina non deve essere ammessa all’adesione alla NATO e deve dimenticarsi della Crimea. Questi sono due punti che lo metteranno immediatamente in rotta di collisione con Zelensky.
Il problema è che questo signore ha ricevuto un trattamento preferenziale per così tanto tempo (e questo errore è stato ripetuto dagli stessi europei) che si sente in diritto di ottenere tutto ciò che chiede, immediatamente e senza domande. È quindi organicamente incapace di fare qualsiasi tipo di concessione.
L’offensiva diplomatica lanciata dai leader europei potrebbe quindi fare la fine del Titanic, naufragare su un gigantesco iceberg e finire in fondo all’oceano.
Tuttavia, nessuno può dire in anticipo quale sarà l’esito finale di questa esiziale partita a poker.
Il partito della guerra negli Stati Uniti ha ricevuto una grave battuta d’arresto a causa delll’incontro in Alaska.
La mossa a sorpresa di Trump sembra aver colto di sorpresa anche alcuni dei suoi critici statunitensi. Persino Lindsey Graham, senatore repubblicano della Carolina del Sud, autore di un noto piano per quelle che ha definito “sanzioni devastanti” contro la Russia e uno dei principali falchi rispetto alla guerra in Ucraina, ha dichiarato venerdì sera su Fox News:
“Lasciatemi dire che non sono mai stato così fiducioso che questa guerra possa finire in modo onorevole e giusto come in questo momento”.
Almeno per il momento, la pressione su Trump sul fronte interno sembra essersi un po’ attenuata. Quanto ciò durerà è un’altra questione.
I piani dei guerrafondai sono stati sconvolti. Lo dimostrano la rabbia e l’isteria degli europei.
Per sapere cosa succederà in seguito, dovremo aspettare e vedere. Ma è certo che, nonostante le sue parole, il senatore Graham e la sua banda non hanno cambiato opinione e riprenderanno le loro insistenti richieste di sanzioni contro la Russia non appena se ne presenterà l’occasione.
Tuttavia, qualsiasi cosa accada, cambierà poco o nulla sul campo di battaglia, che è la questione decisiva.
Né le sanzioni né le grandi quantità di armi americane hanno avuto il minimo effetto nel fermare l’avanzata russa in Ucraina.
L’unico effetto è stato quello di prolungare questo rovinoso e barbaro conflitto per qualche altro mese, con effetti disastrosi per l’Ucraina stessa.
Un tale livello di cinica ipocrisia non ha eguali in tutti i sordidi annali della diplomazia internazionale.
Prolungando deliberatamente la guerra, sono pronti ad accettare la morte di molte migliaia di uomini, donne e bambini e la distruzione totale della società ucraina.
Sono tentato di scrivere: vergognatevi! Ma questi uomini senza morale non conoscono il significato della parola vergogna. Questi miserabili ipocriti possono firmare senza esitazione le condanne a morte di un’intera nazione e poi ritirarsi nella notte a dormire tranquillamente nei loro letti.
Come al solito, è la povera gente a pagarne il prezzo. La classe operaia europea pagherà queste guerre infinite con una nuova ondata di inflazione, alti prezzi dell’energia, aumento della spesa per gli armamenti, tasse elevate, diminuzione del tenore di vita e tagli drastici alla sanità, all’istruzione e all’assistenza sociale.
Ma il prezzo più alto di tutti sarà pagato dai poveri, sfortunati uomini, donne e bambini dell’Ucraina. Il conto sarà presentato a loro con il sangue.
E coloro che hanno la piena responsabilità di questa atrocità sono gli stessi leader che falsamente affermano di essere i “difensori dell’Ucraina”.
Londra, 18 agosto 2025