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20 Giugno 2025“Dopo i referendum, serve una svolta verso la lotta di classe” – Odg presentato all’Assemblea generale della CGIL

Pubblichiamo l’ordine del giorno presentato da Mario Iavazzi, coordinatore dell’area di alternativa in CGIL “Giornate di marzo”, e respinto dall’Assemblea Generale della CGIL del 17-18 giugno 2025.
Dopo i referendum, serve una svolta verso la lotta di classe
Il mancato raggiungimento del quorum sul referendum, nonostante lo sforzo enorme messo in campo dalla nostra organizzazione, dimostra che la scelta di raccogliere le firme sui quesiti referendari è stata sbagliata. Si è abbandonato il terreno della mobilitazione dei lavoratori in favore di una battaglia sul terreno più favorevole al governo e ai padroni, con alleati inaffidabili e screditati, lanciando nei fatti alla classe lavoratrice un segnale di smobilitazione.
Il passaggio dalla parola d’ordine della “rivolta sociale” a “il voto è la nostra rivolta” ha rappresentato questo abbandono di cui oggi vediamo le conseguenze.
Tre mesi di raccolta firme prima e sei mesi di campagna elettorale hanno messo nel congelatore la lotta di classe. L’impegno che è stato profuso sui referendum è stato straordinario e bisogna dare atto all’abnegazione degli apparati e delle decine di migliaia di delegati che si sono spesi e hanno raccolto tutte le proprie energie per la campagna referendaria.
Tuttavia la campagna referendaria non è stata, come si diceva, un rafforzativo della mobilitazione diretta, ma un suo sostituto che a prescindere dalle intenzioni ha trasformato le lavoratrici e i lavoratori da motore attivo della lotta a soggetto passivo.
Se i tanti volantinaggi, le migliaia di assemblee, la formazione e i seminari, i comitati nati in centinaia di territori che sono stati organizzati per questa campagna fossero invece organizzati per la riuscita di uno sciopero generale, per le vertenze, per la mobilitazione, la risposta delle lavoratrici e dei lavoratori sarebbe stata ben diversa.
L’esito di questo referendum più che rappresentare una generica crisi della democrazia rappresenta la crisi del sindacato, a partire dalla crisi del nostro sindacato. I padroni e il governo festeggiano, non solo per l’esito del referendum e la sconfitta, ma per il fatto che da mesi, da anni, i loro profitti stanno crescendo e niente e nessuno li sta mettendo in discussione. Questi mesi hanno contribuito, piuttosto, a disarmare i lavoratori e indebolirli.
A breve termine questa sconfitta ha conseguenze negative: rappresenta una boccata d’ossigeno per un governo in affanno e un regalo alla propaganda padronale contro i diritti dei lavoratori. La destra ha gioco fin troppo facile, dopo il voto, a invocare norme ancora più severe sul riconoscimento della cittadinanza agli immigrati, mentre Confindustria può presentare le sacrosante rivendicazioni per l’art. 18 e contro la precarietà come la battaglia ideologica di una piccola minoranza.
Tuttavia non dobbiamo neppure esagerarne la portata. Esistono le condizioni per correggere la nostra rotta e riprendere con coerenza la strada della lotta, affrontando i problemi brucianti che premono sulla classe lavoratrice.
Le condizioni di lavoro e di vita, le condizioni salariali, di precarietà e di estrema insicurezza sul lavoro continuano a peggiorare. Nelle scorse settimane una ricerca ci ha ricordato che i salari reali, negli ultimi 3 anni, sono calati di oltre l’8%. Questo, peraltro, è il risultato dell’assenza di un meccanismo di adeguamento automatico dei salari all’inflazione e al costo della vita, strumento per il quale è giunto il momento di battersi.
Ci sono una serie di contratti nazionali scaduti, quello dei metalmeccanici, per il quale è stato indetto lo sciopero il prossimo 20 giugno, la sanità, la scuola e tutto il pubblico impiego, la sanità privata, le telecomunicazioni, solo per citarne alcuni. Contratti scaduti da 1 anno e mezzo, 4 anni, alcuni addirittura 6 anni e persino 13 come quello delle Rsa.
Lo scorso autunno, allo sciopero generale del 29 novembre, così come agli scioperi nel Trasporto Pubblico Locale e nel gruppo Stellantis, solo per citarne alcuni, i lavoratori avevano mostrato una grande disponibilità a lottare, un’attenzione e un interesse che non si vedeva da tempo. È da lì che si deve ripartire.
È giunto il momento di unificare le lotte e giungere ad un rinnovo di tutti i Contratti Nazionali a condizioni dignitose. Questo sarà possibile a patto che si lanci una mobilitazione generale, luogo di lavoro per luogo di lavoro, categoria per categoria, territorio per territorio. Una vertenza di cui la Cgil si farà promotrice.
Ma è indispensabile innanzitutto ridare la parola e un reale protagonismo ai lavoratori, alle assemblee, all’iniziativa dal basso.
L’Assemblea Generale, dunque, riorienta tutta l’organizzazione sulla lotta per ottenere rinnovi dignitosi dei Contratti Nazionali, contro la strategia di Confindustria, delle altre associazioni padronali e del governo, che non hanno alcuna intenzione di aumentare in maniera consistente i salari. L’altro punto centrale dell’iniziativa sindacale nella prossima fase deve essere la battaglia per la difesa e la riconquista della sanità pubblica e di tutti i servizi pubblici.
Chiamiamo alla mobilitazione contro la spirale di guerra e contro i piani di riarmo della NATO, dell’UE e del governo italiano. I soldi delle spese militari vanno usati per i servizi pubblici, per la riconversione delle industrie in crisi e per le necessità collettive.
La piaga della precarietà, del sistema degli appalti e dei subappalti, le stragi sul lavoro possono essere sconfitte solo con un cambio radicale di strategia. La nostra parola d’ordine non può essere una generica regolamentazione del sistema degli appalti, ma una lotta generale per la sua abolizione con la rivendicazione dell’assunzione diretta e dell’internalizzazione di tutti i lavoratori. È inoltre inaccettabile che nelle trattative in corso in diversi settori si accetti di scambiare modesti aumenti salariali con ulteriori quote di precarietà.
È necessario riprendere una battaglia sistematica per la difesa dell’occupazione nei settori in crisi dell’industria e dell’automotive a partire dal gruppo Stellantis e del suo indotto in cui abbiamo subito l’ennesimo accordo separato. Vanno unite le lotte dei lavoratori convocando la mobilitazione in tutti gli stabilimenti sottoposti al CCSL insieme a tutti i metalmeccanici in sciopero per il loro contratto.
L’Assemblea Generale dà l’indicazione di creare delle casse di resistenza a tutti i livelli, nazionali, territoriali, di luogo di lavoro per sostenere economicamente le lotte dei prossimi mesi. Che i lavoratori sentano il sostegno della Cgil anche da questo punto di vista! È più urgente che mai l’individuazione di un’azione che metta in discussione tutte le leggi antisciopero che si sono susseguite dal ‘90 in poi.
È alla classe lavoratrice a cui presentano il conto del riarmo, della guerra dei dazi, della crisi economica, non sarà certo un referendum andato male a congelare a tempo indefinito lo scontro di classe in questo paese.
La vera battaglia, non quella nelle urne referendarie, ma quella nei posti di lavoro e nelle piazze, deve ancora essere combattuta.