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Molestie a scuola – Un gruppo di studentesse si ribella a omertà e intimidazioni

a cura di PCR Firenze

Nella mattinata del 4 aprile, i media nazionali e locali hanno diffuso la notizia dell’ennesimo caso di violenza di genere, questa volta all’interno di un Istituto superiore a indirizzo professionale di Pistoia. Un professore di 57 anni è stato posto agli arresti domiciliari con l’accusa di aver abusato di una studentessa quindicenne. Lo stesso provvedimento è stato adottato nei confronti della Preside, accusata di favoreggiamento: non avrebbe accolto le segnalazioni della ragazza, arrivando addirittura ad aiutare l’insegnante a eludere le indagini e tentando di insabbiare le molestie e le violenze subite. È stata solo la determinazione della madre a far sì che la denuncia venisse accolta: durante un incontro con la preside, ha registrato la discussione mentre cercava di dissuaderla dal procedere, affermando che la ragazza aveva torto. A seguito di questi gravi fatti, alcune studentesse hanno contattato studentesse e studenti, sia medi che universitari, del nostro partito per fare luce sulla vicenda e ricevere il supporto politico necessario a rompere il muro di omertà che sembra regnare all’interno dell’Istituto.

Per tutelare le studentesse con cui abbiamo parlato, garantiamo il loro anonimato nell’intervista che segue.

Potete raccontarci la situazione a scuola prima e dopo la notizia?

Già verso febbraio è incominciata a circolare questa voce a scuola sui presunti rapporti tra la ragazza e il professore, ma non potevamo sapere se fosse vera. In generale, molti sapevano qualcosa al riguardo, fin quando il 4 aprile veniamo a conoscenza dai media che questo professore ha molestato la nostra compagna di scuola dall’età di 15 anni. Anche la preside è stata messa ai domiciliari per aver aiutato il prof ad eludere le indagini in corso, invece di aiutare la ragazza e attivare tutto il supporto necessario. Anzi, ha cominciato a dirle che non era vero, che sarebbe stata accusata di diffamazione. Poi abbiamo saputo che la ragazza è stata spostata dalla classe, nel frattempo cercava di essere ascoltata mentre nessuno le credeva. Solo a seguito del coraggio della madre di lei, la denuncia è stata accolta, persino avrebbe registrato quanto detto dalla preside durante un incontro in cui le intimava di non proseguire e che la ragazza aveva torto.

Avete provato ad entrare in contatto con lei per fornirle un qualche tipo di vicinanza?

In realtà non la conoscevamo di persona, solo di vista. Sappiamo che il professore le scriveva messaggi tramite Telegram pensando di essere furbo, cioè il prof pensando di essere furbo le scriveva su Telegram intimandola di uscire e di stare insieme a lui. Lei alla fine ci andava però tornava piangendo, come ci hanno detto i suoi compagni di classe che l’hanno vista. Tuttavia non si è attivato nulla da quegli episodi, probabilmente non si conoscevano nemmeno le ragioni per cui lei piangesse. Non si poteva immaginare una cosa del genere. Poi solo in seguito siamo venute a sapere da un suo compagno di classe che le voci non erano infondate e il professore in questione si è assentato per due settimane.

Tutto questo prima del 4 aprile e degli arresti domiciliari?

Sì, qualche settimana prima. Una volta tornato, essendo a conoscenza delle voci che nel frattempo erano girate, non ha fatto altro che farci sentire in colpa, come se alla fine avessimo dovuto solidarizzare con lui creando vittimismo attorno alla sua figura. Alla fine era stato consigliato dalla preside di sparire per un po’.

Una volta saputo tutto ufficialmente, avete provato a fare qualcosa, ad organizzarvi collettivamente, ad esprimere solidarietà verso la vostra compagna di scuola?

Innanzitutto è stato imposto il silenzio più totale in un clima di vera e propria omertà. Alcuni professori hanno provato a minimizzare l’accaduto e a giustificare il comportamento del professore, qualcuno ha persino avuto il coraggio di dire che la ragazza in realtà era una “scostumata”. O che addirittura era stata lei a cercarsela, senza poi avere la maturità di pensare che stiamo parlando di un professore di 57 anni e una ragazza di 15 anni. Una parte però ha provato a parlarne in classe in maniera responsabile però alla fin dei conti ciò che emergeva in classe lì è rimasto. Probabilmente per la paura che la preside sarebbe tornata (di seguito verranno citati alcuni episodi che dimostrano il clima repressivo e da caserma presente a scuola negli ultimi anni). Il giorno seguente ci siamo assentate per metà classe per parlarne e decidere cosa fare. Avevamo anche letto un articolo molto interessante: “La caduta della donna” dalla rivista Falcemartello, come se ne sentissimo l’esigenza, spiegava le origini materiali dell’oppressione femminile. Poi abbiamo pensato di scrivere un volantino comunicato con una presa di posizione chiara da proporre al resto della scuola. Ma non è stato facile. Attiviste di Non una di Meno avevano nella notte messo uno striscione fuori scuola intitolato “Sorella non sei sola”, ma è stato rimosso già verso le 7:30 del mattino.

Esiste un collettivo organizzato a scuola?

No, purtroppo no. Se ci fosse sarebbe stato tutto molto più facile, poteva mettere insieme tutte le persone e superare la paura.

Vi siete rivolti anche ai rappresentanti d’Istituto?

Sì, ma sin dall’inizio ci hanno messo i bastoni tra le ruote. Ci dicevano che avremmo contribuito a mettere cattiva luce sulla scuola, che non serviva a nulla esporsi più di tanto. Non a caso erano molto legati alla preside e le assemblee d’istituto erano delle vere e proprie perdite di tempo. Si faceva tutto tranne che discutere di cose serie. Il loro ruolo era solo quello di mettere musica reggaeton e non aiutare a creare un ambiente critico.

A proposito di assemblea, a pochi giorni dalla notizia degli arresti è venuto a scuola Ranucci, giornalista di Report, per discutere di mafia, molto in generale. Poteva essere un’occasione per discutere di quanto fosse successo così vicino a noi, di violenza di genere o dell’illegalità commessa dalla preside. Niente. Come se nulla fosse successo.

Negli ultimi anni com’era il clima a scuola, rapporto della preside con professori e studenti?

Pessimo. Non potevi dire una parola e la preside ti urlava in faccia per nulla. Non c’è mai stata libertà di espressione. Conosciamo anche diversi professori che hanno avuto problemi con la preside ma alla fine non sono riusciti ad organizzarsi in un sindacato ed opporsi alla sua prepotenza. Vi raccontiamo due episodi tra tanti. Nella primavera del 2024 diversi professori avevano lasciato su un tavolo all’ingresso della scuola un comunicato in solidarietà degli studenti manganellati a Pisa dalla polizia durante una manifestazione per la Palestina. Io vedo la preside che strappa questo foglio ed urla infuriata che voleva il responsabile in presidenza, annunciando una vera e propria caccia al presunto “colpevole”. Un altro episodio riguarda una ragazza: poiché si era organizzata una gita a Cracovia ci viene comunicato a poca distanza di tempo che sarebbe costato 500 euro, una cifra molto più alta rispetto a quanto si diceva. Non potendosela permettere la ragazza viene convocata e accusata di essere immatura, le viene urlato di tutto e di più senza nessun tipo di dialogo.

Infine, proprio quattro, cinque giorni prima del suo arresto sospende a voce, senza convocare nessun consiglio di classe straordinario ed emettere un documento, dei ragazzi del serale perché erano stati sorpresi a fumare in cortile. I casi sono tantissimi: in generale un clima di repressione, intimidazione e paura. Per questo non siamo nemmeno tanto sorprese che lei sia coinvolta in questa brutta storia di violenza.

Voi fate alternanza scuola-lavoro, PCTO?

Sì, ma vengono sprecate troppe ore per il niente, troppe ore di lezione che perdiamo per incontri inutili, incontri con la polizia, incontri con i militari, incontri con le aziende. Avremo l’esame di Stato a breve e non siamo per nulla preparate nei fatti. Lo stage che all’incirca dura due settimane quest’anno si è contraddistinto per una totale mancanza di organizzazione: ti danno un foglio con informazioni sbagliate e ti rechi in un indirizzo diverso da quello dell’azienda. Dovrebbero esserci tutor scolastici che ti seguono ma in realtà siamo abbandonati a noi stessi.

Avete fiducia nel corso della giustizia?

Vorremmo avere fiducia, ma abbiamo un presentimento che ciò non avvenga alla luce dei fatti che accadono ogni giorno, che con il passare del tempo la vicenda venga sotterrata. Molto spesso vediamo come situazioni di violenza di genere se commessi da persone “importanti” siano giustificate dai tribunali e dai media. Si tratta di sperare che venga dato giusto peso, anche se questo non basta.

Ora come pensate di proseguire?

Innanzitutto speriamo che quello che abbiamo riferito oggi venga pubblicato sul vostro giornale così possiamo portarlo a scuola e far leggere l’articolo a tutti. Se ci fosse un collettivo sarebbe più facile diffondere il volantino che abbiamo scritto e ridare coraggio a tantissime altre studentesse e studenti. Certo, ora si riprenderà a maggio e sarà l’ultimo mese di scuola con diversi impegni, la preparazione dell’esame (molto spesso usata come strumento di ricatto), ma questo non giustifica il clima vergognoso antidemocratico che è stato imposto a scuola. Al di là delle conseguenze, non ci importa. Non possiamo fare quello che vogliono loro, non stiamo facendo nulla di sbagliato. Speriamo anche di riuscire ad entrare in contatto con la ragazza per mostrarle la nostra solidarietà che ufficialmente non è arrivata dalla scuola, e poi organizzarci per lottare contro questo tipo di scuola e società in cui non ci riconosciamo a queste condizioni.

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