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La Seconda Guerra Mondiale – Facciamo chiarezza

Pubblichiamo la traduzione dell’editoriale del numero 49 di In Defence of Marxism, la rivista teorica dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria, dedicato alla vera storia della Seconda Guerra Mondiale.

 

di Alan Woods

L’8 maggio di quest’anno cade l’ottantesimo anniversario della “Giornata della vittoria in Europa”, il giorno in cui si concluse ufficialmente la Seconda Guerra Mondiale in Europa.

Questo avvenimento storico verrà ricordato in molti paesi con celebrazioni di ogni tipo. In tutti questi eventi ufficiali, tuttavia, ci sarà un’assenza lampante: come sempre, la Russia non verrà invitata.

L’esempio più evidente di queste ciniche macchinazioni è stata la recente celebrazione della liberazione di Auschwitz. In un suo primo servizio sull’argomento, la BBC ci ha informato del fatto che il famigerato campo di sterminio nazista sarebbe stato liberato da non ben definite “forze alleate”. Non si faceva nessun riferimento alla Russia né all’Unione Sovietica.

La verità è che la forza che liberò Auschwitz il 27 gennaio del 1945 fu l’Armata Rossa sovietica. Eppure non è stato permesso a nessun delegato russo di partecipare. Questo dimostra a chiunque abbia un briciolo di cervello che questi pomposi festeggiamenti ufficiali sono legati più a questioni di politica odierna che agli eventi di ottant’anni fa.

Per molti decenni, siamo stati vittime di un fiume di propaganda che suggeriva che Hitler fosse stato sconfitto principalmente dagli americani e dagli inglesi. I film epici che mostrano i presunti successi degli alleati occidentali sono stati il pane quotidiano di Hollywood fin dal 1945.

La verità è che la partecipazione degli americani e degli inglesi nella guerra in Europa ebbe inizio realmente solo con lo sbarco in Normandia del D-Day, nell’estate del 1944.

Prima di allora, la guerra consisteva in un conflitto titanico tra l’URSS e la Germania hitleriana, che aveva alle proprie spalle le forze produttive di tutta l’Europa. E fu la Russia – o, meglio, l’Unione Sovietica – a emergere come la potenza decisiva in questa lotta epica. Per gran parte della guerra, gli americani e gli inglesi rimasero semplici spettatori.

L’URSS e la guerra

Ci sono stati molti tentativi di dipingere Stalin come un “grande condottiero”. Questo è interamente falso. Infatti, le politiche di Stalin lasciarono l’Unione Sovietica alla mercé di Hitler e la portarono quasi alla distruzione nel 1941.

Avendo abbandonato la politica leninista dell’internazionalismo rivoluzionario, Stalin fece ricorso a una serie di manovre con i governi stranieri per evitare di essere coinvolto in una guerra.

Ma dobbiamo tenere a mente che le cosiddette democrazie europee stavano anch’esse manovrando, cercando costantemente di riconciliarsi con Hitler e di incoraggiarlo a rivolgersi ad oriente e ad attaccare l’Unione Sovietica.

Avendolo compreso, Stalin reagì firmando un patto di non aggressione con la Germania nazista, il patto Molotov-Ribbentrop. Questa fu, in effetti, una mossa difensiva, dal punto di vista della Russia, rivolta ad impedire un attacco tedesco contro l’Unione Sovietica.

In linea di principio, tali manovre diplomatiche possono essere giustificabili per raggiungere obiettivi pratici di breve periodo. Ma il patto non fornì alcuna difesa di lungo periodo all’Unione Sovietica, come gli eventi successivi dimostrarono.

Stalin riponeva una fiducia cieca nella sua “brillante” manovra con Hitler, al punto da ignorare numerosi rapporti che lo informavano sulla preparazione di un’offensiva da parte tedesca. Di conseguenza, nel momento della verità, l’URSS si ritrovò inerme di fronte all’aggressione nazista.

Quando i generali di Hitler espressero la propria contrarietà all’invasione della Russia, egli rispose che, in seguito alle purghe di Stalin, l’Armata Rossa non disponeva più di generali capaci.

Dichiarò con tracotanza che bastava un colpo ben assestato e l’intero marcio edificio dell’URSS sarebbe crollato. Nei primi mesi dall’inizio dell’invasione tedesca dell’estate del 1941, questa previsione sembrava giustificata.

Quando Hitler diede inizio all’invasione, Stalin si rifiutò di crederci. Temendo una provocazione, ordinò all’esercito di non opporre resistenza. Il risultato fu una catastrofe militare.

L’aviazione sovietica venne distrutta senza librarsi in volo. Milioni di soldati dell’Armata Rossa vennero circondati, catturati e inviati nei campi di sterminio, senza opporre resistenza dove la gran parte di essi perì.

I dirigenti sovietici erano nella confusione più totale. All’inizio, Stalin andò nel panico e si rese irreperibile. Le sue azioni costituirono un umiliante fallimento e un tradimento dell’Unione Sovietica, che venne esposta ad un pericolo mortale dalle sue politiche sconsiderate.

La verità è che la guerra venne vinta dai lavoratori e dai contadini sovietici non grazie al regime di Stalin, ma nonostante esso.

L’Unione Sovietica si compatta

Ma Hitler aveva sbagliato i suoi calcoli. Accecato dai facili successi ad Occidente, sottovalutò notevolmente il potenziale militare dell’URSS. Nonostante le politiche criminali di Stalin, l’Unione Sovietica fu in grado di riprendersi velocemente e di ricostruire la propria capacità industriale e militare.

I nazisti, con tutte le vaste risorse dell’Europa a disposizione, aumentarono la produzione, sfornando carri armati, fucili d’assalto e aerei in grande quantità. Ma già nel 1943, l’URSS era riuscita a superare in produzione ed equipaggiamento la potente Wehrmacht, mobilitando il potere immenso dell’economia pianificata.

L’equipaggiamento e le armi prodotti dall’URSS erano di prima qualità ed erano superiori a quelle usate dai tedeschi, dagli inglesi e dagli americani. Questo smentisce la menzogna ripetuta fino allo sfinimento secondo cui un’economia pianificata non sarebbe capace di produrre beni di alta qualità.

Ma c’è un’altra ragione dietro gli straordinari successi militari sovietici: il formidabile spirito guerriero dell’Armata Rossa. La classe operaia sovietica stava combattendo per difendere quello che rimaneva delle conquiste della Rivoluzione d’Ottobre.

Nonostante i crimini mostruosi di Stalin e della burocrazia, l’economia pianificata rappresentava un’enorme conquista storica. Paragonata alla barbarie del fascismo, cioè l’essenza distillata dell’imperialismo e del capitalismo monopolistico, era una cosa per cui valeva la pena combattere e morire.

I lavoratori dell’URSS fecero entrambe le cose, in numeri di proporzioni tremende. Fu l’eccezionale eroismo della classe operaia sovietica e dell’Armata Rossa ad essere l’elemento decisivo nella sconfitta della Germania nazista.

Il motivo per cui l’Occidente è così ansioso di falsificare le cronache storiche e di ignorare il ruolo decisivo dell’Unione Sovietica è del tutto evidente. La vittoria gloriosa dell’Armata Rossa è una testimonianza della superiorità colossale dell’economia pianificata che permise all’URSS di sopravvivere ai primi rovesci e di riorganizzare le forze produttive al di là degli Urali.

Sulla base di terribili sacrifici, il popolo sovietico dimostrò oltre ogni ragionevole dubbio le potenzialità delle nuove relazioni di proprietà create dalla Rivoluzione d’Ottobre.

L’esistenza di un’economia pianificata diede all’URSS un enorme vantaggio nel corso della guerra.

Ma il popolo dell’Unione sovietica pagò un prezzo terribile per la vittoria, che arrecò 27 milioni di morti e la distruzione su larga scala delle forze produttive.

La richiesta di un secondo fronte

A seguito dell’invasione tedesca, i sovietici chiesero ripetutamente di aprire un secondo fronte contro la Germania. Ma Churchill non aveva nessuna fretta di soddisfarli. La ragione di ciò era non tanto militare, quanto politica.

La politica e la tattica della classe dominante anglo-americana nella Seconda Guerra Mondiale non erano per nulla dettate dall’amore per la democrazia o dall’odio per il fascismo, come la propaganda ufficiale vuole farci credere, ma da gretti interessi di classe.

Quando Hitler invase l’URSS nel 1941, la classe dominante britannica sprizzava di gioia. Calcolavano che l’Unione Sovietica sarebbe stata velocemente sconfitta dalla Germania. Nel frattempo, la Germania si sarebbe talmente indebolita che sarebbe stato possibile intervenire prendendo due piccioni con una fava.

Ma i piani dei circoli governativi britannici e americani erano fondamentalmente sbagliati. Invece che essere sconfitta dalla Germania nazista, l’Unione Sovietica passò al contrattacco e inflisse una sconfitta decisiva agli eserciti di Hitler.

Gli interessi dell’imperialismo britannico e di quello americano erano differenti e reciprocamente ostili. I conflitti tra Churchill e Roosevelt riguardo il D-Day riflettevano queste tensioni.

L’imperialismo americano non voleva che Hitler vincesse, perché ciò avrebbe creato un potente rivale degli Stati Uniti in Europa. D’altra parte, era interesse dell’imperialismo americano indebolire l’Inghilterra ed il suo impero, dal momento che aspirava a sostituirsi a quest’ultima come potenza dominante a livello globale dopo la sconfitta della Germania e del Giappone.

Washington, sebbene rimanesse formalmente alleata di Londra, cercava in ogni momento di utilizzare la guerra per indebolire la posizione dell’Inghilterra nel mondo e, in particolare, spezzare la sua presa su India ed Africa.

Churchill voleva confinare la guerra degli Alleati al Mediterraneo: in parte con il pensiero rivolto al Canale di Suez e alle rotte verso l’India britannica e, in parte, perché stava considerando un’invasione dei Balcani per arrestare lì l’avanzata dell’Armata Rossa.

In altre parole, i suoi calcoli erano fondati esclusivamente sugli interessi strategici dell’imperialismo britannico e sulla necessità di difendere l’Impero britannico. Inoltre, Churchill non aveva ancora abbandonato la speranza che la Russia e la Germania si logorassero reciprocamente, creando uno stallo ad Oriente.

Alla fine, gli sviluppi ad Oriente lo costrinsero ad agire.

La diversione italiana

Roosevelt insisteva per aprire un secondo fronte in Francia. Ma Churchill cercava costantemente di procrastinare. Questo portò a gravi attriti tra Londra e Washington.

Mentre l’Armata Rossa era impegnata in una battaglia mortale con la Wehrmacht a Kursk, gli inglesi e gli americani sbarcavano sulle spiagge della Sicilia.

L’invasione dell’Italia fu in realtà una distrazione dal reale teatro della guerra. Il fulcro dei combattimento con la Germania nazista si svolgeva ancora sul Fronte orientale, dove l’Armata Rossa stava fronteggiando circa duecento divisioni tedesche. Al contrario, in Sicilia le forze inglesi e americane venivano ostacolate solamente da due divisioni tedesche.

Invano, Mussolini pregò Hitler di inviargli rinforzi. Tutta l’attenzione di Hitler era focalizzata sul fronte orientale. Ma l’idea di Churchill, secondo cui l’Italia era il “ventre molle dell’Europa”, si dimostrò essere falsa.

Le maldestre tergiversazioni dei generali americani diedero ad Hitler il tempo di rafforzare il fronte italiano, creando le condizioni per la sanguinosa battaglia di Monte Cassino.

Le operazioni in Italia vennero ulteriormente complicate dalla notizia sgradita che, a seguito del rovesciamento di Mussolini nel 1943, il potente movimento partigiano guidato dai comunisti italiani avrebbero potuto prendere il potere.

La reazione dell’aviazione inglese fu quella di lanciare immediatamente una feroce campagna di bombardamenti sulle città del Nord Italia, per impedire ai comunisti italiani di conquistare il potere.

Gli inglesi e gli americani erano preoccupati del fatto che i partigiani potessero prendere il potere ben prima dell’arrivo delle forze alleate. La loro idea era che fosse meglio lasciare che i nazisti massacrassero i partigiani e così indebolire le forze della Resistenza.

Così, mentre gli Alleati stavano combattendo i tedeschi in Italia, venne siglato un accordo tacito e non dichiarato tra le due fazioni, unite nel fermare il comune nemico di classe: in questo caso, la classe operaia italiana.

Dunque, persino nell’apice della battaglia, la questione di classe – la paura della rivoluzione – continuò a rivestire un ruolo centrale nei calcoli della classe dominante. E ciò divenne ancora più vero dopo la cessazione delle ostilità.

Nel frattempo, sul fronte orientale gli eventi stavano prendendo una piega drammatica.

Stalingrado e Kursk

Battaglia di Stalingrado

Dopo una battaglia feroce, la resistenza tedesca a Stalingrado crollò prima della fine del gennaio del 1943. Nonostante la furia di Hitler, che aveva ordinato alla Sesta Armata di “combattere fino alla morte”, il generale Paulus si arrese all’Armata Rossa.

Persino Churchill, quel rabbioso anticomunista, fu costretto ad ammettere che a Stalingrado l’Armata Rossa aveva “squarciato il ventre dell’esercito tedesco”.

Ma dietro queste parole di encomio, il governo inglese era preso da una paura mortale, che cresceva di giorno in giorno, se non di ora in ora.

I tedeschi persero in totale 500mila uomini nella campagna di Stalingrado, di cui 91mila vennero fatti prigionieri. Questa sconfitta devastante venne seguita da una disfatta ancora più decisiva nell’estate del 1943: la Battaglia di Kursk, la più grande battaglia di carri armati nella storia, che coinvolse circa 10.900 carri armati, 2,6 milioni di soldati e 5mila aeroplani. Fu probabilmente la battaglia più importante di tutta la guerra.

Le vittorie sovietiche a Stalingrado e a Kursk aprirono la strada all’avanzata inesorabile dell’Armata Rossa, che costrinse gli inglesi e gli americani ad agire.

La rincorsa verso il D-Day

Verso la fine del 1943, appariva chiaro agli americani che l’URSS stesse vincendo la guerra sul fronte orientale e che, se non avessero fatto nulla, l’Armata Rossa avrebbe semplicemente occupato tutta l’Europa.

Churchill venne costretto suo malgrado ad acconsentire alle insistenti richieste del presidente americano. Anche così, l’apertura del secondo fronte venne rimandata alla primavera del 1944.

Solo nell’estate del 1944, quando l’Armata Rossa stava avanzando rapidamente verso Berlino, gli Alleati aprirono in fretta e furia il secondo fronte con lo sbarco in Normandia. Se non l’avessero fatto, si sarebbero ritrovati l’Armata Rossa sulle spiagge della Manica.

Gli imperialisti erano così preoccupati che elaborarono effettivamente un nuovo piano, l’Operazione Rankin, che prevedeva uno sbarco di emergenza in Germania, nel caso in cui quest’ultima cadesse o si arrendesse. Erano determinati a raggiungere Berlino prima dell’Armata Rossa.

“Dovremmo arrivare fino a Berlino”, disse Roosevelt al suo Stato maggiore. “I sovietici potrebbero a quel punto prendere il territorio ad est, gli Stati Uniti dovrebbero avere Berlino”.

Ma le cose andarono diversamente. Gli eserciti di Inghilterra e Stati Uniti giunsero fino ai confini tedeschi, ma lì vennero fermati. D’altra parte, l’avanzata dell’Armata Rossa fu la più spettacolare di tutta la storia militare.

L’Armata Rossa circondò Berlino il 25 aprile del 1945.

La fine della guerra

Hitler continuò quasi fino all’ultimo a dare ordini a truppe che non esistevano più e a muovere aeroplani e divisioni immaginarie. Ma il Crepuscolo degli Dei era giunto. Si suicidò il 30 aprile. Il suo corpo venne ricoperto di benzina e dato alle fiamme.

Mentre il suo corpo bruciava, il rombo dell’artiglieria russa risuonava nel cuore di Berlino. Il 2 maggio, la bandiera sovietica venne innalzata sul Reichstag. Il giorno successivo le truppe sovietiche avevano il completo controllo della capitale tedesca. Cinque giorni dopo, la Germania si arrese.

Churchill scrisse al governo sovietico che le conquiste dell’Armata Rossa meritavano “plauso indiscusso” e che le generazioni future avrebbero riconosciuto il proprio debito nei suoi confronti “in maniera altrettanto incondizionata come noi che siamo stati testimoni in vita di queste gloriose conquiste”.

Ma queste parole puzzavano di ipocrisia. In realtà, Churchill non era per niente lieto della vittoria sovietica. Fin da subito, cominciò a cospirare per preparare una nuova guerra: la cosiddetta Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica.

Di solito, non si ha consapevolezza del fatto che la sconfitta del Giappone venne in realtà determinata dal colpo devastante assestato al suo esercito dall’Unione Sovietica in Manciuria. Dopo aver sconfitto l’esercito giapponese in un attacco lampo, l’Armata Rossa stava rapidamente marciando attraverso la Manciuria, volgendosi in direzione del Giappone.

Il 6 agosto 1945, venne sganciata per la prima volta nella storia una bomba atomica sul centro di Hiroshima, seguita tre giorni dopo da un’altra su Nagasaki, uccidendo 246 mila persone. Queste azioni non erano in realtà dirette contro il Giappone, che era già in ginocchio e chiedeva la pace. Furono pensate come un avvertimento all’Unione Sovietica, affinché non avanzasse oltre. Se gli americani non lo avessero fatto, nulla avrebbe fermato l’Armata Rossa dall’occupare anche il Giappone.

Questo fu il primo chiaro segnale del conflitto tra l’imperialismo americano e l’URSS, che dominò il mondo per decenni a partire dal 1945. Venivano seminati i germi della Guerra Fredda.

Un nuovo ordine mondiale

Poco prima di morire, Trotskij manifestò l’opinione che fosse improbabile che, sotto il regime stalinista, l’Unione Sovietica potesse sopravvivere alla guerra. Ma, come spiegò Napoleone, la guerra è la più complessa delle equazioni.

La previsione di Trotskij venne contraddetta dalla Storia. Ma neanche il genio più grande avrebbe potuto prevedere la peculiare evoluzione della Seconda Guerra Mondiale. In effetti, tutte le prospettive di Stalin, Hitler, Roosevelt e Churchill si dimostrarono completamente false, e con risultati catastrofici.

La vittoria spettacolare dell’URSS nella guerra trasformò completamente la situazione. Essa portò ad un rafforzamento del regime stalinista per tutto un periodo.

Nel frattempo, un’ondata rivoluzionaria stava travolgendo il resto dell’Europa. Fu il tradimento degli stalinisti e dei riformisti che impedì alla classe operaia di prendere il potere in tutta una serie di paesi. Ciò fornì le condizioni politiche per una ripresa del capitalismo dopo la guerra.

Ma l’elemento decisivo fu il fatto che l’imperialismo americano fu costretto ad intervenire in appoggio al capitalismo in Europa e in Giappone. Terrorizzati dallo spettro del comunismo, gli imperialisti americani furono spinti a fornire le coperture al sistema capitalista.

Gli Stati Uniti non subirono mai i bombardamenti che devastarono le economie dell’Europa e del Giappone. Alla fine della guerra, due terzi delle riserve mondiali di oro erano detenute a Fort Knox. Il dollaro valeva letteralmente quanto l’oro.

Questa forza economica permise agli americani di fornire un’enorme assistenza economica all’Europa, sotto forma del piano Marshall, che pose le condizioni materiali per un boom economico e per la restaurazione dell’equilibrio sociale e politico.

In queste circostanze, il mondo intero finì per essere dominato da due giganti: l’imperialismo americano e la potente Unione Sovietica stalinista. Questo assetto divenne noto come Guerra Fredda e durò per decenni. Questa edizione di In Defence of Marxism tratta questi eventi sotto molti aspetti differenti.

Oggi, la grande ruota della Storia ha ripreso a girare. La forza dell’imperialismo americano viene sfidata da una Russia risorta, che si è ripresa dal collasso economico subìto dopo la restaurazione del capitalismo negli anni ’90, e dalla potente economia industriale dell’imperialismo cinese in ascesa.

Il vecchio equilibrio instabile è stato distrutto. Stanno emergendo rapidamente nuove contraddizioni. Un nuovo e tempestoso periodo storico ha avuto inizio. Ci saranno molte sconfitte e battute d’arresto ma, nel corso della tempesta, emergeranno le condizioni per un’intensificazione della lotta di classe. Prima o poi, in un paese o in un altro, la rivoluzione socialista verrà messa di nuovo all’ordine del giorno.

 

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