
Manifestazione Antifascista a Parma sabato 1° marzo
4 Marzo 2025
La CGIL non partecipi alla manifestazione reazionaria del 15 marzo
6 Marzo 2025di Alan Woods
I cinesi hanno un vecchio proverbio: la più grande sfortuna che può capitare ad un uomo è quella di vivere in tempi interessanti. La verità è che questa antica saggezza si sta improvvisamente palesando alla mente dei governanti del mondo occidentale.
Il diverbio pubblico tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente americano Donald Trump e il vice presidente JD Vance ha travolto il mondo con la forza di un violento tsunami.
I leader occidentali devono aver guardato le scene straordinarie provenienti dallo Studio Ovale con un misto di incredulità, sgomento e puro orrore. Questo è abbastanza comprensibile.
All’apparenza, la causa di questo inedito diverbio nello Studio Ovale può sembrare quasi triviale. Per alcune settimane prima del fatidico incontro, Donald Trump si è vantato di aver raggiunto un accordo fantastico con l’uomo di Kiev, grazie al quale gli Stati Uniti riceverebbero il controllo su ingenti quantità delle ricchezze minerarie che (così ci dicono) si trovano nel sottosuolo dell’Ucraina.
Il presidente Zelensky avrebbe dovuto recarsi a Washington per firmare questo accordo e per nient’altro. Alla fine, però, le cose sono finite diversamente.
L’ironia è che il primo a tirar fuori la questione dei diritti estrattivi è stato proprio Zelensky, con la chiara intenzione di corrompere gli americani. Sperava che, ventilando l’allettante prospettiva di impadronirsi di enormi quantità di minerali rari, offerti in cambio di future consegne di armi, avrebbe incastrato gli americani a firmare un accordo che avrebbe garantito un flusso continuo di armi e denaro a Kiev.
Ma, per sua sfortuna, Trump ha interpretato questa idea in maniera abbastanza differente. Spiegando come gli Stati Uniti abbiano già dato agli ucraini valanghe di denaro per finanziare la loro guerra (si è menzionata la cifra di 350 miliardi di dollari), si aspettava un qualche tipo di ritorno sul suo esborso di capitale.
L’uomo d’affari che è seduto adesso alla Casa Bianca stava pensando in termini puramente commerciali. Si aspettava che gli ucraini cedessero i diritti sui succitati minerali per ripagare l’antica generosità, non certo come pagamento anticipato per future forniture di armi.
Era una di quelle discussioni in cui i due interlocutori hanno in mente un fine diverso. Si è trattato di una commedia di errori che era gravida di molte tragiche conseguenze.
Quali sono gli obiettivi di guerra delle diverse fazioni?
Per fare luce su tutti gli eventi successivi, è necessario prima di tutto stabilire con chiarezza in cosa consistano gli obiettivi di guerra delle diverse fazioni.
Nel corso della campagna elettorale, Trump ha chiarito abbondantemente che la sua intenzione era di porre fine immediatamente alla guerra in Ucraina o, almeno, di disimpegnare completamente gli Stati Uniti dal conflitto disastroso portato avanti dal suo predecessore, Joseph Robinette Biden Jr., senza alcun riguardo per gli interessi di lungo periodo degli Stati Uniti.
Trump ha, da allora, più volte confermato la sua posizione, che è rimasta fino ad ora assolutamente identica.
Tuttavia, è impossibile comprendere questa decisione astraendo dalla strategia generale e dalla visione del mondo di Trump. Contrariamente a quanto si crede comunemente, Trump possiede effettivamente una tale strategia e la sta perseguendo con la sua caratteristica caparbietà.
Molti leader europei (per non menzionare quelli di Kiev) sembrano avere una grande difficoltà a capirlo. Hanno costantemente sottovalutato Donald Trump. Di conseguenza, hanno sempre creduto che, quando faceva una dichiarazione, non parlasse sul serio. Sono poi rimasti stupiti quando hanno scoperto che, in effetti, era serissimo.
Il disorientamento permanente di questi signori è un riflesso del loro ostinato rifiuto di prendere Donald Trump sul serio. Ma gli eventi li stanno costringendo ad abbandonare, loro malgrado, questa visione confortante. Gli ultimi ad ammettere questo triste fatto sono il presidente francese Macron e il presidente britannico Keir Starmer, senz’ombra di dubbio i più stupidi ed autoreferenziali tra tutti gli stupidi ed autoreferenziali leader europei. Ma di loro parleremo dopo.
Tornando agli Stati Uniti, Trump ha capito che l’America è fortemente sovradimensionata sull’arena mondiale. Ha un debito pubblico enorme (più di 36mila miliardi di dollari), le sue riserve di armamenti sono state pesantemente svuotate e sta vivendo la prospettiva allarmante di conflitti in Medio Oriente e nel Pacifico per i quali non è del tutto pronta.
Data questa situazione, ha deciso che l’America deve ritirarsi dal suo ruolo mondiale e trincerarsi all’interno dei propri confini strategici naturali, che includono il Canada, il Canale di Panama, il Messico e la Groenlandia. Queste sono le sue priorità, per le quali l’Europa adesso deve essere relegata ad un ruolo di secondo piano nella politica estera americana.
Un elemento fondamentale in questa strategia è ricucire le relazioni con la Russia, che sono state gravemente danneggiate dalle politiche imperialiste aggressive dell’amministrazione Biden. È assurdo che negli ultimi tre anni non ci sia stato alcun contatto ufficiale tra gli Stati Uniti e la Russia. Ciò non è mai avvenuto neanche negli anni di maggiore tensione della Guerra Fredda.
La normalizzazione delle relazioni con la Russia occupa oggi un posto di rilievo nell’agenda di Donald Trump. Ciò ha immediatamente fatto suonare le campane d’allarme nella maggioranza delle capitali europee e soprattutto a Kiev, dove Zelensky e la sua cricca vivono nella paura di essere svenduti dagli americani nei negoziati con la Russia.
Gli obiettivi di guerra della leadership ucraina sono dunque diametralmente opposti a quelli di Washington. Gli americani stanno cercando di ottenere la pace in Ucraina per mezzo di un accordo con la Russia che prenda atto del fatto che la guerra è persa. Ma, per Zelensky, la pace equivale al suicidio. Significherebbe la fine della legge marziale, che rimuoverebbe l’unico vero ostacolo alla convocazione delle elezioni.
Il termine legale della sua presidenza è scaduto da tempo e questo è il motivo per cui Trump ha detto che è un dittatore che rifiuta di tenere elezioni. Gli americani stanno adesso premendo per la convocazione di elezioni in Ucraina, poiché evidentemente sono esasperati da Zelensky e vorrebbero vederlo fuori dai giochi. Non c’è dubbio che al momento quest’ultimo perderebbe qualsiasi libera elezione, nonostante tutte le dichiarazioni del contrario.
Pertanto, gli obiettivi di guerra dell’Ucraina sono molto semplici. La guerra deve continuare ad ogni costo, finché la Russia non verrà finalmente sconfitta e cacciata da tutti i territori occupati. Il fatto che questo obiettivo sia così assurdamente irrealistico che nessuno potrebbe prenderlo sul serio non impedisce alla cricca dominante di Kiev di perseguirlo fino alla fine. Sono totalmente indifferenti al costo umano che comporta continuare una guerra che chiaramente non può essere vinta.
Da ciò seguono alcune cose. Prima di tutto, devono impedire ad ogni costo agli americani di disimpegnarsi. L’Ucraina è totalmente dipendente dal flusso regolare di enormi quantità di denaro e di armi da parte degli Stati Uniti. Tagliare queste forniture le infliggerebbe un colpo mortale. E nonostante tutto il baccano che proviene da Londra e Parigi, non c’è assolutamente alcun modo in cui gli europei possano compensare un eventuale taglio da parte americana, se ciò avvenisse. Zelensky ne è pienamente consapevole e lo ha ammesso in pubblico.
È in questo contesto che dobbiamo inserire la ferocia della disputa sui cosiddetti diritti estrattivi e la violenza del conflitto che, di conseguenza, è scoppiato nello Studio Ovale.
L’implacabile avanzata dell’esercito russo e il crollo altrettanto rapido del morale dello schieramento ucraino dà un senso di urgenza crescente, che confina con la disperazione, alla necessità di trascinare in qualche modo gli Stati Uniti nel conflitto. Una volta che abbiamo compreso questo fatto, il significato del gioco diplomatico che si è svolto nelle ultime settimane diventa evidente.
Entrano in scena Macron e Starmer
La visita di Macron e Starmer a Washington era parte di una strategia che è stata chiaramente concordata in segreto con l’uomo di Kiev. Il loro unico obiettivo è di impedire agli americani di giungere ad un accordo con la Russia per la fine del conflitto e anche di impedire l’eventuale ritiro degli Stati Uniti dall’Europa, cosa che gli europei temono più di tutto.
A questo scopo, hanno usato alcuni trucchi molto elementari. Macron e Starmer hanno suonato il tamburo della cosiddetta “forza di interposizione” europea, che dovrebbe essere inviata in Ucraina dopo il raggiungimento di un accordo, per garantire il cessate il fuoco. Tuttavia, una simile missione sarebbe del tutto impossibile senza il coinvolgimento attivo degli Stati Uniti.
Se riuscissero a convincere l’uomo alla Casa Bianca ad accettare quelle che sono state definite “garanzie di sicurezza” degli Stati Uniti, è abbastanza chiaro quali sarebbero i passi successivi. Gli ucraini troverebbero una scusa per provocare i russi a compiere una qualche azione, che presenterebbero poi come un’infrazione del cessate il fuoco. La cosiddetta forza di pace entrerebbe allora in azione e si troverebbe immediatamente nei pasticci, dal momento che i russi godono di una schiacciante superiorità sia in termini di truppe che di armamenti.
Gli europei farebbero allora appello agli americani a venire in loro aiuto, sulla base delle suddette garanzie di sicurezza. Gli americani risponderebbero all’appello e si troverebbero di punto in bianco coinvolti in una guerra aperta con la Russia. Ne seguirebbe l’inizio della Terza Guerra Mondiale, per orrore di tutti, tranne che della cricca di Zelensky e dei nazionalisti neonazisti ucraini, per i quali ciò rappresenterebbe un grande successo.
Così avverrebbe, almeno in teoria. Ma tra la teoria e la pratica c’è spesso una distanza considerevole. Come abbiamo spiegato, uno dei principali errori dei governanti d’Europa è quello di aver ostinatamente sottovalutato Donald Trump. Immaginavano che, con una combinazione di lusinghe e di abili macchinazioni, lo avrebbero ingannato e portato a cambiare la sua posizione. Hanno fallito e lo hanno fatto penosamente.
Donald Trump sarà molte cose, ma non è stupido. Macron si è presentato a Washington, trasudando fascino gallico, profondendo le lodi più sperticate al suo “amico alla Casa Bianca”, sorridendo e ridendo alle battute del presidente, che non trovava per niente divertenti, e comportandosi in generale come un giullare di corte in presenza dell’Imperatore.
Trump ha reagito prodigando lodi altrettanto sperticate al suo “amico di Parigi”, con strette di mano e un sorriso da un orecchio all’altro e, in generale, è stato estremamente compiacente. Ma, per tutto il tempo, ha evitato con cura di dare qualsiasi risposta univoca all’urgente richiesta del francese di appoggiare il suo immaginario corpo di pace.
Avendo capito che lo scopo di questo minuetto diplomatico era di avvolgerlo in una spirale, ad un certo punto Macron si è spazientito e ha cominciato a parlare in francese. Impassibile di fronte a questa scortesia, il suo “amico alla Casa Bianca” ha commentato: “Che lingua splendida! Non ho capito una sola parola!”
Dopodiché, il suo “amico” francese è tornato a Parigi, con in mano niente di più di quello con cui era partito. È stata, a conti fatti, un’umiliazione completa. Macron avrebbe dovuto ricordare le parole del suo compatriota Charles de Gaulle: le nazioni non hanno amici, solo interessi.
Macron esce di scena, entra sir Starmer
Osservando con interesse questa commedia francese dall’altro lato dell’Atlantico, sir Keir Starmer ha deciso che serviva una tattica differente. Senza scoraggiarsi per il fallimento del francese, ha ideato una strategia differente, con l’aiuto dei suoi consiglieri di grande valore professionale al ministero degli Esteri.
Non possedendo alcun fascino degno di nota ed essendo, a differenza dell’esuberante Macron, un tipico gentiluomo inglese benestante, anchilosato, noioso e privo di immaginazione, aveva bisogno di qualcosa di speciale da portare all’uomo alla Casa Bianca. A tal fine, ha nascosto nel taschino un’arma segreta, che non avrebbe mancato di impressionare qualsiasi presidente americano, soprattutto colui che si chiama Donald Trump.
Ad essere sinceri, il nostro primo ministro ha fatto un coraggioso sforzo per nascondere la sua goffaggine innata e la sua carenza di abilità comunicative con un insolito sfoggio di gestualità corporea, e non si è limitato a innumerevoli strette di mano, ma si è spinto fino ad osare toccare fisicamente la persona del presidente americano (a dire il vero, solo la manica della giacca).
Non sappiamo quale effetto abbia avuto questa insolita ostentazione di familiarità sul leader della nazione più potente della Terra, ma a giudicare dalla smorfia nervosa che era stampata sulla faccia del primo ministro britannico, Starmer era quantomeno euforico per il proprio apparente successo.
È difficile trasmettere la sensazione di imbarazzo che qualsiasi persona comune in Gran Bretagna proverebbe assistendo a questa scena, che non apparirebbe fuori luogo in una sitcom di second’ordine. Forse la migliore descrizione è stata fatta da un giornalista britannico che ha paragonato in maniera indelicata Starmer a un ragazzetto sfigato che cerca di ingraziarsi il bullo della scuola.
Per spiegare questa interessante analogia, basti dire che in ogni scuola c’è il bullo della scuola, un ragazzo rude che ha l’abitudine di bullizzare i bambini più piccoli e rendere loro la vita terribile. Simili individui sono solitamente accompagnati da un piccoletto che non è abbastanza forte per bullizzare qualcun altro, ma pensa che, stando al fianco del duro, può far finta di essere anch’egli un duro.
Questa è un’analisi molto precisa di quella che gli inglesi chiamano la loro “relazione speciale” con gli Stati Uniti d’America, l’equivalente del bullo della scuola, ma su una scala molto maggiore. Basta solo aggiungere che il bullo della scuola tratta invariabilmente le attenzioni del piccoletto con il disprezzo che meritano.
Pienamente soddisfatto di sé (probabilmente perché, finora, il presidente degli Stati Uniti non lo aveva ancora ricompensato con un calcio nel didietro), sir Keir ha allora tirato fuori la lettera segreta, che fino a quel momento fremeva nella sua tasca.
Con un gesto solenne, che si confà a un fedele maggiordomo che consegna la posta del mattino al suo padrone, ha messo in mano con cura questo prezioso oggetto all’illustre destinatario, annunciando con orgoglio che si trattava nientemeno che di un invito da parte di Re Carlo III all’Illustre Donald Trump a far visita a lui, alla moglie e ai figli a Palazzo reale al più presto.
Per qualche oscura ragione, è opinione corrente nella élite e nei media britannici che tutti i politici e i presidenti americani siano fortemente suggestionati dalla monarchia britannica, probabilmente perché di questi tempi non abbiamo molto di cui andare fieri.
Pertanto, Starmer non ha potuto resistere alla tentazione di profondersi in un discorso pomposo, nel quale ha sottolineato che si trattava di un invito “molto speciale”. È stata la prima volta nella storia umana che un presidente americano è stato invitato al Palazzo Reale ben DUE VOLTE! Davvero un grande onore!
È abbastanza curioso che, udita la notizia, il volto di Trump non abbia mostrato alcuna emozione particolare, sebbene egli abbia cordialmente accettato l’invito, aggiungendo (non si sa se intenzionalmente o per errore) che sarebbe un grande piacere per lui onorare Sua Maestà della propria presenza.
Facciamo calare un sipario discreto sul resto dello svolgimento dell’incontro, che è stato solo una tediosa ripetizione di quanto era precedentemente avvenuto con il presidente francese. Alla fine, Starmer ha trovato il coraggio di porre la domanda che gli si aveva arrovellato in testa per tutto il tempo: parliamo delle garanzie di sicurezza americane?
In realtà non ha utilizzato esattamente questa espressione, dal momento che gli americani vi sono quasi allergici, bensì ha parlato di “una rete di protezione” (checché ciò voglia dire).
A questo punto, quando sembrava che le cose andassero così bene, tutto è andato a rovescio. Sembrava di essere in quel momento della fiaba quando, allo scoccare della mezzanotte, il vestito di Cenerentola si tramuta in stracci e la sua magnifica carrozza con i cavalli si trasforma in una zucca trainata da una muta di topi.
Trump ha risposto con malizia di non vedere la necessità di una cosa simile, visto che l’esercito britannico è noto per essere una gloriosa istituzione piena di giovani coraggiosi che sono del tutto in grado di prendersi cura di se stessi, grazie molte. E per spargere il sale sulla ferita, Trump ha chiesto a Starmer se non pensasse che la Gran Bretagna potesse fronteggiare i russi da sola, al che non ha ricevuto risposta fuorché una risata imbarazzata.
Al pari della sua controparte francese, sir Keir Starmer è tornato a Londra a mani vuote. In realtà, è stato ricompensato con il dono di una maglietta da football americano, che appariva del tutto inadeguata come ringraziamento per l’invito molto speciale di Sua Maestà.
I tentativi di spingere gli americani ad un coinvolgimento militare in Ucraina sono finiti in farsa. Sembrava che le cose non potessero mettersi peggio. Ma poi è effettivamente successo.
Lo scontro
Quanto è successo di seguito non sarebbe dovuto proprio avvenire. Donald Trump, subodorando evidentemente gli scopi di Zelensky, aveva espresso il desiderio di cancellare la sua visita a Washington, che era stata fissata per venerdì. I suoi sospetti devono essersi raddoppiati quando Zelensky, ignorando il messaggio del Presidente degli Stati Uniti, ha insistito per venire.
Fin qui, tutto male. Tuttavia, Trump ha dichiarato pubblicamente che il presidente ucraino veniva in realtà a Washington al solo scopo, ha detto, di firmare un accordo sui diritti estrattivi che era stato già redatto e approvato.
Il problema è che il nostro amico di Kiev ha una maniera molto particolare di esprimersi. Per esempio, quando dice sì, in realtà intende dire no. Quando dice no, in realtà intende dire sì, e quando dice forse, non vuol dire proprio niente. Ugualmente, quando dice di essere per la pace, in realtà è a favore della guerra. E così via, ad libitum.
Lo stesso è avvenuto di nuovo a proposito nel famoso accordo sui diritti estrattivi. Era d’accordo Zelensky a firmare il suddetto accordo? Sì. Ma non come atto di generosità nei confronti degli Stati Uniti o per ringraziarli dell’immensa quantità di armi e denaro che ha ricevuto da loro. Oh no! Per separarsi da qualcosa di un così grande valore, egli avrebbe chiesto qualcosa in cambio, altrimenti non avrebbe firmato nulla.
Quello che voleva era semplice: una dichiarazione netta per cui gli Stati Uniti avrebbero fornito all’Ucraina “garanzie di sicurezza”. Ma aveva già fatto questa richiesta innumerevoli volte e gli era sempre stata rifiutata con fermezza. Inoltre, egli aveva osservato con estremo dolore il fallimento dei suoi amici Macron e Starmer nello strappare simili garanzie nel loro viaggio a Washington.
Così, il presidente dell’Ucraina non era un uomo felice. In effetti, era già di un umore tetro. Ma il suo umore si è trasformato in rabbia quando ha letto il testo del documento preparato dagli americani che avrebbe dovuto firmare.
Non ho letto il testo dell’accordo, ma da quello che mi sembra di capire si tratta di un documento molto peculiare, una dichiarazione vaga e generica senza alcun dettaglio concreto. È grossomodo l’equivalente dell’inutile pezzo di carta che Starmer ha portato con sé da Kiev e che stabiliva un trattato irrescindibile tra la Gran Bretagna e l’Ucraina per un periodo di non meno di 100 anni – sebbene Starmer dovrebbe sapere che è improbabile che l’Ucraina duri anche solo per 100 giorni, altro che anni, senza l’appoggio militare che gli Stati Uniti stanno adesso ritirando.
Ma mettiamo da parte le amenità legali. Il fatto è che semplicemente non c’è alcuna prova che le immense quantità di minerali menzionate nell’accordo esistano e che, se anche esistessero, sarebbero lungi dall’essere prontamente disponibili da estrarre ed essere pronti allo sfruttamento. L’idea che gli americani potrebbero trarre enormi profitti da un simile accordo è pertanto in serio dubbio.
Ma lasciamo da parte anche questo. Quello che interessava a Zelensky, più delle amenità legali o delle realtà geologiche, non era nel documento. Non c’era assolutamente alcuna menzione di qualsivoglia garanzia di sicurezza! Ora, Zelensky ribolliva di rabbia.
L’intera questione delle miniere, che egli stesso aveva proposto inizialmente, era pensata per corrompere gli americani e ottenere da essi una garanzia di sicurezza che li avrebbe legati ineluttabilmente all’Ucraina e alla sua guerra, portandoli alla fine al conflitto con la Russia. Tutto questo elaborato raggiro non aveva nessun altro scopo.
Ma quello che Zelensky si è trovato di fronte era un accordo grazie al quale gli americani si sarebbero intascati la mazzetta, ma senza dare nulla in cambio. Così, ha deciso di andare a Washington e imbastire una tale baruffa che Donald Trump avrebbe capito con che tipo di uomo aveva a che fare.
Questo è l’antefatto degli eventi successivi. La stampa occidentale ha tentato di accusare Trump e Vance di aver organizzato un’“imboscata” al presidente ucraino, di sostenere che siano stati loro, e Vance nello specifico, a provocare deliberatamente l’alterco.
Ma se si studiano tutti i video disponibili, diventa immediatamente evidente che ad aggredire non sono stati gli americani, ma precisamente Volodymyr Oleksandrovych Zelensky.
Fin dall’inizio, si è gettato all’offensiva, seguendo il principio che l’attacco è la miglior difesa. Ha scelto di farlo, non nell’intimità di un colloquio con Trump, ma sullo schermo televisivo, cioè di fronte ad un pubblico di milioni di ascoltatori americani scioccati.
Gli era stato detto chiaramente prima che arrivasse che il testo dell’accordo non era negoziabile; che era stato interamente discusso e approvato, anche dallo stesso Zelensky; e che non era possibile apportare cambiamenti o emendamenti. Il documento era stato stampato in più copie e le penne erano sul tavolo. Mancavano solo le firme.
Nonostante ciò, egli ha reiterato la propria richiesta di garanzie di sicurezza davanti alle telecamere e ha fatto altri commenti che hanno causato un forte fastidio ai suoi ospiti, che alla fine sono esplosi. C’è accordo generale sul fatto che questa è stata la prima e l’unica volta che Donald Trump ha perso la calma con un leader estero. È stato certamente uno spettacolo da non perdere.
Molte persone che hanno assistito all’incidente hanno espresso il proprio turbamento di fronte a quello che stavano guardando. Ma altri, me per primo, hanno trovato l’intero episodio abbastanza divertente, sebbene il suo contenuto reale abbia sicuramente delle implicazioni molto serie.
Un mio amico, dopo aver assistito allo scontro nello Studio Ovale, mi ha detto: “Non riuscivo a smettere di ridere. Ma c’è un aspetto serio in tutto ciò. Le milioni di persone che lo hanno visto potranno apprendere molto di più riguardo alla situazione reale rispetto a quanto abbiano potuto apprendere dalla cosiddetta stampa libera nel corso degli ultimi tre anni.”
Ha ragione. Quando, nel corso dell’accaldato alterco, Donald Trump ha accusato Zelensky di giocare d’azzardo con la Terza Guerra Mondiale, aveva assolutamente ragione. Zelensky lo ha fatto costantemente, con l’aiuto attivo e la complicità di Joseph Biden e del suo agente guerrafondaio, Anthony Blinken. Se non sono riusciti nel loro intento è unicamente merito della moderazione dimostrata dai russi.
In ogni caso, anche adesso che l’Ucraina sta guardando la sconfitta dritto negli occhi, Zelensky sta ancora continuando con lo stesso giochetto. In effetti, se vogliamo seguire la metafora trumpiana sul gioco d’azzardo, questa è l’ultima carta che gli resta da giocare.
Non ha molto senso entrare nei dettagli, dato che chiunque ormai ha avuto occasione di vedere e rivedere le registrazioni. Basti dire che questo scontro ha causato una grave frattura, forse irreparabile, tra l’Ucraina e gli Stati Uniti. Esso ha avuto anche un enorme impatto internazionale, in particolare in Europa, i cui leader sono rimasti di sasso, in uno stato di shock e incredulità.
Le conseguenze
Adesso, stanno cercando disperatamente di mettere assieme i cocci. Ma è più facile a dirsi che a farsi. Subito dopo la rissa nello Studio Ovale, il leader ucraino è apparso nello studio della televisione Fox per un’ulteriore intervista.
Senza dubbio, avrà ricevuto pressioni per porre rimedio all’errore di aver sfidato l’uomo della Casa Bianca in pubblico. Ma Zelensky è troppo presuntuoso, arrogante ed autoreferenziale per ammettere un errore ed è solo riuscito a peggiorare la situazione.
Quando gli è stato chiesto più volte se egli dovesse delle scuse al presidente, Zelensky ha generalmente aggirato la domanda, limitandosi a dire: “Rispetto il presidente e rispetto il popolo americano”. Evidentemente, espressioni come “mi dispiace” non rientrano nel suo vocabolario limitato.
A peggiorare le cose è stato il fatto che egli ha dato l’impressione di credere di aver avuto ragione a dire quello che ha detto: “Penso che dobbiamo essere molto chiari e molto onesti e non sono sicuro che abbiamo fatto qualcosa di male”.
L’uomo di Kiev ha in seguito ammesso che lo scontro non è stato “un bene” ma è rimasto fiducioso che la sua relazione con Trump possa essere recuperata.
“Voglio essere onesto e voglio semplicemente che i nostri alleati comprendano correttamente la situazione e voglio capire tutto nel modo corretto. Ne va di noi, non è per perdere la nostra amicizia.”
È un sentimento molto nobile, ma non del tutto appropriato quando si ha a che fare con un uomo come Donald J. Trump, che è noto per essere intollerante al contraddittorio e pertanto non sempre aperto anche alle critiche più oneste e trasparenti.
È ancor meno probabile che egli si lasci impressionare da un personaggio viscido e manipolatore come Zelensky, la cui trasparenza ed onestà assomiglia, come è noto, a quella di un rivenditore poco raccomandabile di automobili di seconda mano.
Lo scontro pubblico ha segnato chiaramente l’inizio della fine di Zelensky, un uomo che è palesemente ossessionato dal proprio sproporzionato senso di importanza. Per anni, si è assuefatto alle lodi provenienti da ogni lato in maniera iperbolica. È arrivato a credere di poter andare ovunque, di poter irrompere in qualsiasi parlamento, senato e persino nel governo britannico, di sputare qualsiasi cosa gli passasse per la testa e di ricevere plauso e adulazione.
Questo gli ha infuso un sentimento smisurato di potere, per cui si crede in diritto di fare le richieste più assurde ai governi, aspettandosi che questi ultimi le soddisfino subito e in pieno, senza fare domande.
È riuscito ad estorcere enormi quantità di denaro, di cui una parte considerevole è andata perduta e sicuramente è finita nei conti bancari di funzionari corrotti e degli oligarchi.
Non c’è da stupirsi che Zelensky sia così desideroso di continuare una guerra per la quale è stato ricompensato con tanta generosità. Ma per i milioni di ucraini che soffrono senza motivo a causa di questo conflitto insensato, l’unica ricompensa è la morte di figli, fratelli e padri, la distruzione delle loro case e, infine, la distruzione della loro stessa patria.
La guerra è persa
Una volta, hanno chiesto a un tenente colonnello americano in pensione se era immaginabile che i russi perdessero la guerra. Egli ha risposto laconicamente che c’era un’unica circostanza in cui ciò sarebbe stato possibile: che un giorno i russi si svegliassero e si fossero dimenticati come camminare. Non ha ritenuto che la domanda meritasse ulteriore approfondimento.
La Russia ha vinto. E questo avrà conseguenze rilevanti. La Russia emerge ora come un’importante potenza mondiale. Nel recente passato, abbiamo descritto la Russia come una potenza regionale. Questa definizione appare ora totalmente inadeguata. In effetti, forse non era corretta neanche prima.
La Russia è chiaramente una potenza globale, insieme con gli Stati Uniti e la Cina. Trump l’ha capito e si sta comportando di conseguenza. E adesso, alla fine, anche alcuni degli strateghi più intelligenti della borghesia in Europa l’hanno capito.
Il 26 febbraio 2025, il Financial Times ha pubblicato un articolo piagnucoloso di Martin Wolff che, sotto il titolo eclatante “Gli Stati Uniti sono ora il nemico dell’Occidente”, concludeva:
“Queste ultime due settimane hanno reso chiare due cose. La prima è che gli Stati Uniti hanno deciso di abbandonare il ruolo nel mondo che si erano assunti durante la Seconda Guerra Mondiale. Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, hanno deciso al contrario di diventare semplicemente una tra le grandi potenze, indifferente a tutto ciò che non siano i propri interessi a breve termine, specialmente i propri interessi materiali.”
È corretto. E Trump ne ha tratto le conclusioni necessarie. Certo, in tutte le guerre ci sono molti rovesci e fortune alterne sul campo di battaglia, e questa non fa eccezione. Ma, in ultima analisi, il rapporto di forze era persino troppo sbilanciato. La Russia era troppo più potente per non dover alla fine prevalere.
Quello che è davvero degno di nota in questa guerra è stato il ruolo dei mass media. Fin dall’inizio, le pagine della stampa occidentale erano piene di resoconti di vittorie ucraine e di devastanti sconfitte per la Russia, alcune vere, molte false e tutte assurdamente esagerate per creare un’impressione completamente falsa. Una copertura giornalistica realistica degli eventi reali sul campo è stata virtualmente inesistente.
Il pubblico occidentale è stato ingozzato con un flusso costante di resoconti unilaterali e fuorvianti che venivano cucinati a Kiev. È così ancora adesso, sebbene un barlume di realtà cominci sempre di più a penetrare attraverso la coltre spessa della propaganda.
Una delle affermazioni più frequenti (che viene ripetuta ancora ogni tanto) era che l’avanzata russa era talmente lenta, visto che coincideva con la conquista di questo o quel villaggio, da essere poco più di uno stallo. Non sono stati in grado di conquistare neanche una grande città, e così via. Queste affermazioni sono completamente fuori strada.
All’inizio della guerra, citai un importante passo del famoso classico di Clausewitz, Sulla guerra, nel quale il grande stratega prussiano spiegava che il fine della guerra non è quello di conquistare territori o città, bensì di distruggere le forze nemiche. Una volta che questo obiettivo è stato raggiunto, la vittoria è assicurata, per ovvie ragioni.
Questa strategia è stata perseguita coerentemente dall’esercito russo, con risultati devastanti. Le forze ucraine sono state distrutte fino al punto di non potersi più riprendere. I russi hanno ottenuto una schiacciante superiorità sia in truppe sia in armamenti, rendendo la resistenza ucraina sempre più difficile.
Persino sui media filo-ucraini occidentali sono apparsi articoli che mostrano la demoralizzazione dei soldati ucraini al fronte. C’è stata un’ondata di diserzioni, ammutinamenti, soldati che si rifiutavano di combattere per una causa che è chiaramente persa.
I soldati ucraini lamentano una carenza di armi, equipaggiamento e munizioni. Ma il problema più serio è la carenza di uomini. Mentre all’inizio della guerra gli uomini facevano la fila per entrare nell’esercito, ora è diventato praticamente impossibile trovare reclute disposte a diventare carne da cannone.
L’avanzata russa sta procedendo implacabilmente verso i confini del Donbass e, da lì, verso il fiume Dnieper (Dnipro). A quel punto, non ci saranno molti ostacoli a fermarne l’avanzata verso occidente. La guerra sarà definitivamente persa.
Questo è un elemento decisivo nell’equazione che determina tutto il resto. E non importa cosa possano decidere in Occidente, non si può fare nulla per cambiarne il risultato.
Da un punto di vista razionale, l’unico modo per uscire da questa impasse sarebbe che gli ucraini facessero un negoziato con i russi, così da salvare il salvabile dalla devastazione provocata da questo conflitto criminale e immotivato.
In guerra è un fatto duro da accettare (ma un fatto che deve tuttavia essere accettato) che i vincitori dettano ai vinti le condizioni della pace. Prolungando la guerra dopo che essa ha perso qualsiasi significato, la cricca di Zelensky ha creato esattamente questa situazione. È un risultato interamente causato dalle loro azioni.
Adesso devono ingoiare la pillola ed accettare le condizioni che Mosca è disposta ad offrire loro. Continuando la guerra anche adesso che sanno bene come sia destinata al fallimento, tutto quello che otterranno sarà l’inutile massacro di innumerevoli giovani, che peggiorerà ulteriormente la già tragica catastrofe demografica.
Il risultato finale potrebbe essere persino la scomparsa dell’Ucraina come Stato-Nazione. Questa è la disastrosa conseguenza delle azioni dei nazionalisti ucraini reazionari e dei loro sostenitori imperialisti. Eppure, ci sono alcuni in Occidente che insistono nel cercare di mandare avanti questa folle carneficina, di cui non si vede la fine. Questo ci porta agli obiettivi di guerra degli europei.
Gli europei
In tutto questo, gli europei stanno svolgendo un ruolo criminale. Quando scoppiò la guerra all’inizio del 2022, alcuni leader europei come Macron e Olaf Scholz erano molto scettici. Tuttavia, si adeguarono al progetto di Biden.
Altri, tuttavia, come Boris Johnson e i leader nordici e baltici erano esultanti. Erano così entusiasti che saltavano di gioia solo a sentire l’idea. Ed erano tutti pienamente convinti che la Russia sarebbe stata presto messa in ginocchio da una combinazione di sofisticate armi americane e sanzioni economiche senza precedenti.
Inondarono l’Ucraina di armi moderne. Ognuna di essere veniva salutata come un punto di svolta. Questo si è rivelato essere uno scherzo di cattivo gusto, benché si debba dire che molta gente è stata ingannata da queste stupidaggini. Ma per chiunque avesse occhi per vedere, era chiaro fin dall’inizio: l’Ucraina non avrebbe mai potuto vincere questa guerra. Era un’impossibilità fisica.
Questo rende l’opposizione degli europei alla proposta di negoziati di pace di Trump ancora più cinica. I leader europei e Zelensky vogliono continuare la distruzione dell’Ucraina e il sacrificio del suo popolo, solo per legare Trump e gli Stati Uniti ai propri gretti interessi.
Fin dall’elezione di Donald Trump, il mondo occidentale è stato travolto da una débâcle dopo l’altra nell’insidioso campo della diplomazia.
Inizialmente, hanno provato a trarre conforto dall’illusione che la situazione non fosse così disperata. Una volta che si fosse serenamente insediato alla Casa Bianca, Trump sicuramente avrebbe cominciato a ragionare. Sotto la pressione dell’opinione pubblica ostile (leggi: il Partito Democratico) e della stampa libera (leggi: la stampa miliardaria controllata dal Partito Democratico e dai suoi sostenitori), egli avrebbe abbandonato le sue idee folli e si sarebbe trasformato in un normale leader politico borghese.
Ma queste illusioni sono svanite una dopo l’altra come bolle di sapone. Gradualmente, ha cominciato ad apparire chiaro alla classe dominante sia americana sia europea che le cose avevano cominciato a mutare in una direzione molto tragica. Per usare la colorita espressione di JD Vance: “c’è un nuovo sceriffo in città!”.
Questo ha trovato un’eco anche nel summenzionato articolo di Martin Wolff:
“Il segretario della Difesa di Donald Trump, Pete Hegseth, […] ha detto agli europei che adesso dovevano cavarsela da soli. Adesso, l’America si preoccupa principalmente dei propri confini e della Cina. In sintesi: ‘salvaguardare la sicurezza europea deve essere un imperativo per i membri europei della Nato. Come parte di essa, l’Europa deve fornire la gran parte dei futuri aiuti letali e non letali all’Ucraina.”
Quanto abbiamo visto nello Studio Ovale non è stato solo un violento litigio tra due individui imprevedibili. È stato niente meno che la distruzione dell’intero ordine mondiale che è esistito dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Questo ha fatto suonare le campane d’allarme nei palazzi del potere in tutta Europa. L’alleanza occidentale sta rapidamente collassando di fronte ai loro occhi e i leader dell’Europa si stanno sbracciando per raccoglierne i pezzi.
Tutto ci porta a pensare al momento che il vecchio ordine, nel quale la sicurezza dell’Europa veniva garantita dalla potenza militare degli Stati Uniti, sia finito per sempre. Gli europei dovranno ora fare i conti con questa spiacevole verità e imparare a convivere con il fatto che per gli americani l’Europa non riveste più la stessa importanza che rivestiva in passato dal punto di vista dei loro interessi.
Non è una cosa da poco. Ciò rappresenta un mutamento fondamentale nell’intera struttura delle relazioni mondiali. E ne derivano conseguenze molto serie. Wolff dice che gli Stati Uniti non sono più un alleato dell’Europa, bensì il loro nemico. È un’ottima formulazione. Eppure, questa è una cosa che Starmer non capisce. Sia lui che l’intero sistema politico britannico vivono nel passato. Pensano davvero che la Gran Bretagna sia ancora una potenza mondiale come cento anni fa.
Questi signori sono così stupidi da non capire che le loro patetiche avances non significano nulla per Trump. Quando leggiamo la trascrizione di quello che Trump effettivamente dice, è subito chiaro che sia Starmer che Macron sono tornati a mani vuote. Trump non aveva promesso loro proprio nulla, almeno sulla questione fondamentale delle garanzie americane alla cosiddetta forza di interposizione europea in Ucraina.
Anche adesso, in questa fase avanzata, quando tutti sanno che l’Ucraina ha perso la guerra, gli stupidi leader europei negano l’evidenza. Subito dopo il disastroso scontro verbale tra Trump e Zelensky, si sono precipitati ad esprimere il loro pieno appoggio al presidente ucraino, invitandolo alla cosiddetta conferenza di pace di Londra.
I risultati della conferenza sono stati esattamente quelli che ci si poteva aspettare: le solite dichiarazioni di solidarietà prive di significato all’Ucraina, accompagnate da promesse di assistenza economica e militare che devono sapere di non essere in grado di mantenere. Soprattutto, hanno ripetuto come una litania priva di senso la retorica sconnessa sul corpo di pace europeo, che dovrebbe essere organizzato dalla cosiddetta “coalizione dei volenterosi”.
Non riescono neanche a parlare a nome dell’Europa, dal momento che l’Europa non è unita su questo tema. Né possono prendere un singolo passo in questa direzione senza l’effettiva partecipazione degli americani, che hanno chiarito da tempo di essere contrari. Nonostante ciò, Starmer insiste a dire che vuole ritornare a Washington per perorare un’altra volta la sua causa. È improbabile che ci riesca e, in questo caso, l’intero edificio di scemenze crollerebbe al suolo.
Per i propri egoistici interessi, i governanti europei stanno cercando di prolungare una guerra sanguinosa in Ucraina e, se possibile, di trascinare gli americani nel conflitto. Si presentano con ipocrisia come “amici” dell’Ucraina, mentre perseguono una politica che è estremamente dannosa per gli ucraini e, in ultima analisi, priva di qualsiasi contenuto reale.
Nonostante tutte le improbabili promesse fatte a Kiev, i governi europei non sono nella posizione di intervenire e di fornire le enormi somme di denaro necessarie per continuare la guerra, né di colmare il vuoto lasciato da un ritiro degli americani.
Anche se riuscissero a mettersi d’accordo e ad attuare tutto ciò che propongono (più denaro, più armi, il cosiddetto corpo di pace), la qual cosa non avverrà, ciò non cambierebbe il risultato della guerra, né potrebbe farlo. Tutt’al più, potrebbe ritardarne il risultato di qualche mese. Questo è quanto.
Continuando a nutrire negli ucraini le false speranze di grandi forniture di denaro e di armi per continuare la guerra, stanno spingendo sempre più l’Ucraina nell’abisso. Con “amici” così, il popolo ucraino non ha davvero bisogno di nemici.
Londra, 2 marzo, 2025