Un esordio memorabile – L’assemblea di fondazione del PCR
26 Novembre 202429 novembre sciopero generale – Contro l’austerità , per il salario, il lavoro e i diritti
In vista dello sciopero generale del 29 novembre pubblichiamo questo articolo dall’ultimo numero di Rivoluzione, a questo link è disponibile il file pdf del volantino che distribuiremo allo sciopero.
di Mario Iavazzi Assemblea Generale CGIL
Tassare gli “extra profitti”, abolire la legge Fornero, alzare le pensioni minime a 1.000 euro. Queste erano tre promesse elettorali rispettivamente di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.
Ma come sempre, al momento di fare le leggi di bilancio i partiti dismettono i panni della propaganda e indossano quelli della difesa degli interessi della classe dominante del paese. Il governo Meloni non fa certo eccezione. Come si può leggere nella presentazione della manovra sul sito del ministero “l’approccio è serio e responsabile” e si tiene “conto del nuovo quadro di regole europee e del contesto economico, negativamente influenzato dall’incertezza globale connessa alla prosecuzione del conflitto russo-ucraino e al peggioramento della crisi in Medio Oriente”.
Il ministro dell’economia Giorgetti alcune settimane fa era stato chiaro: “Se non sono i ministri a definire i risparmi sarò io a tagliare”. E così ha fatto: in una manovra di 30 miliardi di euro, i tagli indicati saranno oltre 12 miliardi nel prossimo triennio di cui 5,2 miliardi nel 2025.
Incentivi alle imprese, ai pensionati 3 euro
Il governo decide di ripristinare il blocco parziale del turnover dei dipendenti pubblici: per ogni 4 dipendenti che arrivano alla pensione, ne verranno assunti solo 3. Per il settore scolastico, ad esempio, questo significa ridurre 5.660 docenti e 2.174 unità di personale ATA.
Regioni, comuni, province e città metropolitane subiranno nei prossimi 5 anni complessivamente quasi 4 miliardi di tagli: 2,43 miliardi alle regioni, 1,5 agli altri enti, che porteranno a ridurre quei servizi già devastati da anni di attacchi.
Il fondo sanitario nazionale viene aumentato di 1,2 miliardi, un aumento ben inferiore all’inflazione degli ultimi anni. In termini reali si tratta di un definanziamento. Per giunta l’incremento comprende le cifre, molto basse, per rinnovare il contratto dei lavoratori del settore.
Per quanto riguarda le pensioni, nulla di nuovo: si resta a quota 103, Opzione donna nel 2025 viene prorogata ma con le restrizioni già previste nel 2024. In compenso si offre l’opzione ai dipendenti pubblici di lavorare fino a 70 anni…
Le pensioni minime nel 2025 aumenteranno di 3 euro e 17 centesimi fino alla strabiliante cifra di 617 euro al mese!
Si confermano tutte le misure a favore delle imprese come la maxi deduzione fiscale del 120% o del 130% in caso di nuove assunzioni che aumentino il numero di dipendenti. A questo si aggiungono ulteriori crediti di imposta per le imprese che investono.
Per quanto riguarda le banche, che nel 2023 hanno ottenuto utili record complessivamente pari a 40 miliardi di euro (Unicredit 8,6 miliardi, Intesa San Paolo 7,7 miliardi, Mps 2 miliardi) si è passati dai proclami sulla “tassazione dei superprofitti” alla richiesta di un prestito di 3,5 miliardi di euro da parte di banche e compagnie assicurative, tutti soldi che saranno recuperati nel giro di pochi anni.
Secondo il ministro Giorgetti questo sarebbe il “sacrificio” delle banche, per coprire il sistema di decontribuzione (il cosiddetto cuneo fiscale) per i lavoratori dipendenti, misura in gran parte confermata dagli anni scorsi, con miglioramenti solo per i redditi superiori ai 35mila euro annui.
Le vertenze per i contratti pubblici
Per i lavoratori pubblici, della sanità e dell’istruzione, il governo ipotizza un adeguamento delle retribuzioni pari al 5,78% per il triennio 2022-24: un periodo in cui l’inflazione ufficiale è stata oltre il 18% complessivo!
Aumenti medi pari a 130 euro che, tenuto conto dell’anticipo dato unilateralmente dal governo dal dicembre 2023, si tradurrebbero in aumenti netti di 30-40 euro mensili. Uno schiaffo a milioni di lavoratori che dovrebbero mettersi il cuore in pace: il reddito perso con l’inflazione degli scorsi anni non si recupererà più!
Eppure questa cifra è sufficiente per far dichiarare al segretario della CISL, Sbarra, la disponibilità alla firma del contratto perché “è il miglior contratto possibile”. Parole che sembrano annunciare una firma separata da parte della CISL, un vero e proprio crumiraggio filogovernativo.
Di fronte a tutto questo è sicuramente positivo che CGIL e UIL abbiano proclamato una giornata di sciopero generale per il 29 novembre, con manifestazioni in tutto il paese.
È un dovere di ogni lavoratore, di ogni delegato, impegnarsi per la riuscita di questa mobilitazione.
Questo però non deve nascondere il fatto che ancora una volta i dirigenti sindacali si muovono in ritardo, a passo di lumaca, con richieste generiche e soprattutto senza un serio coinvolgimento dei lavoratori.
Lo sciopero arriverà una settimana prima della votazione della legge di bilancio in parlamento. Questo significa che, se siamo conseguenti, con ogni probabilità subito dopo si dovrà mettere in campo una pressione ben maggiore, se non si vuole ridurre questo sciopero a una pura testimonianza. Di scioperi di facciata, convocati fuori tempo massimo giusto per onore di firma, ne abbiamo visti troppi negli scorsi anni.
Deve dichiararsi conclusa la fase della diplomazia sindacale, dell’appello alle istituzioni, della richiesta permanente di incontri e di tavoli, ma anche delle lotte rituali e frammentate.
La lotta contro le politiche del governo Meloni deve essere unita alle vertenze per i rinnovi dei contratti anche nel settore privato, alla lotta per la sicurezza sul lavoro, contro la precarietà, per salvare i posti di lavoro minacciati dalle crisi industriali.
Servono rivendicazioni nette e audaci: aumenti salariali che recuperino pienamente quanto perso negli anni scorsi, Scala Mobile dei salari e delle pensioni, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, taglio delle spese militari, attacco ai grandi patrimoni e ai profitti per sostenere le spese sociali, esproprio e riconversione sotto il controllo dei lavoratori delle industrie che chiudono, licenziano e dismettono la produzione… Serve soprattutto una mobilitazione generale, dal basso, una vera e propria insubordinazione che dia voce alla rabbia e al malcontento che da anni si accumula nei luoghi di lavoro senza che nessuno la organizzi.
Su questa linea ci mobiliteremo in queste settimane, perché lo sciopero del 29 non sia una sterile manifestazione, ma l’inizio di una controffensiva generale della classe lavoratrice!