Gaza – Un anno di inferno sulla terra
11 Ottobre 2024
Conflitto di classe e sindacato in Amazon
14 Ottobre 2024
Gaza – Un anno di inferno sulla terra
11 Ottobre 2024
Conflitto di classe e sindacato in Amazon
14 Ottobre 2024
Mostra tutto

Stellantis in sciopero il 18 ottobre – I lavoratori tornano in campo!

di Domenico Loffredo – RSA FIOM-CGIL Stellantis Pomigliano d’Arco

Lo scorso 24 settembre FIM, UILM e FIOM hanno annunciato lo sciopero nazionale del settore automotive per il giorno 18 ottobre, con una manifestazione a Roma.

È uno sciopero per certi versi storico: per l’importanza strategica del settore auto, perché da tempo non si vedeva un’iniziativa del genere e perché arriva dopo anni di rotture sindacali.

Agli inizi degli anni 2010, infatti, dopo un biennio di lotte, i sindacati si divisero sulle proposte aziendali che portarono l’allora FIAT a fuoriuscire dal contratto nazionale dei metalmeccanici e alla sottoscrizione del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro (CCSL): un contratto sottoscritto da FIM, UILM, UGL e Assoquadri, ma mai firmato dalla FIOM-CGIL.

Da lì in avanti i rapporti tra le sigle sindacali furono molto conflittuali tra loro. Come si arriva allora a questo sciopero unitario?

Ritorna il conflitto

Dopo anni in cui la conflittualità in azienda era stata molto bassa, anche grazie al ruolo di “guardiani della pace sociale” assunto dai sindacati firmatari, la FIOM ha vinto diverse elezioni nei vari stabilimenti ritornando a giocare un ruolo attivo nella rappresentanza dei lavoratori.

Alla base di questa ripresa c’è innanzitutto la forte disillusione dei lavoratori. La promessa alla base del CCSL, ossia di scambiare un netto peggioramento nelle proprie condizioni con la prospettiva di un futuro produttivo per gli stabilimenti, è stata brutalmente disattesa e i lavoratori lo hanno misurato sulla propria pelle.

Seppure gli stabilimenti italiani sono rimasti tutti in forza all’azienda (con l’eccezione di Termini Imerese), la capacità produttiva in questi anni si è ridotta enormemente. Mentre si faceva ricorso massicciamente agli ammortizzatori sociali, l’azienda diveniva sempre più internazionale, fondendosi prima con l’americana Chrysler, divenendo FCA, e poi entrando a far parte di Stellantis con il gruppo Peugeot.

Questi accorpamenti, frutto dell’esigenza dei costruttori di poter sopravvivere continuando a fare profitto in un mondo globalizzato e con un regime economico capitalistico che favorisce l’accentramento della produzione nelle mani di pochi, hanno accompagnato anche la rivoluzione tecnologica dettata dalla transizione dai motori endotermici all’auto elettrica, passando per l’ibrido.

Col venir meno delle promesse dell’allora amministratore delegato Marchionne, sono venuti meno all’interno delle fabbriche anche tutti i privilegi di cui godevano le sigle firmatarie del CCSL, sempre più in difficoltà nella gestione quotidiana e nel rapporto oramai lacerato con i lavoratori.

I cambiamenti repentini di turnistiche, l’impossibilità di scioperare quando ce n’era la necessità e l’ingiustificabile mancanza decennale di lavoro hanno costretto queste sigle a prendere le distanze dalla nuova proprietà francese.

Negli ultimi anni la conflittualità interna è cresciuta e la FIOM ha messo in piedi vari scioperi in tutti gli stabilimenti, che a volte, come nel caso di Pomigliano dello scorso anno, sono durati anche più giorni. In alcuni casi le stesse sigle firmatarie si sono trovate a convocare degli scioperi.

Tutto questo riflette il malcontento, la preoccupazione dei lavoratori e il crollo di aspettative rispetto al futuro di Stellantis.

Mentre crescevano le retribuzioni dei manager e i dividendi per gli azionisti, i salari venivano erosi dall’inflazione e falcidiati dalla cassa integrazione, e si susseguivano piani industriali sempre meno adeguati a conservare la forza lavoro attuale. Solo negli ultimi anni sono 11mila i posti di lavoro persi tramite dimissioni incentivate.

Tutto questo prima del pieno avvento dell’auto elettrica, che richiederà un numero inferiore di addetti. Risulta dunque evidente che la cosiddetta “transizione ecologica” nelle mani dei padroni rischia di essere una macelleria sociale.

In questa ottica le forze sindacali hanno deciso di mettere in piedi varie iniziative territoriali, che oggi sono culminate con lo sciopero generale del 18 ottobre.

Quale programma di lotta?

Alla luce di quanto sta accadendo è chiaro che il discorso contrattuale risulta essere messo strategicamente in secondo piano, ma anni di sofferenza e resistenza di centinaia di attivisti FIOM non possono essere liquidati. Uno dei temi da mettere in campo dopo l’inizio delle mobilitazioni sarà la rivendicazione di rientrare nel contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici. Non farlo ora che quasi tutti i nodi del nefasto CCSL stanno venendo al pettine sarebbe un grave errore. Allo stesso modo non dobbiamo abbandonare la lotta per una rappresentanza realmente democratica e liberamente eletta da tutti i lavoratori Stellantis, dell’indotto e di tutte le aziende, al fine di costruire una struttura in grado di unirci in un’unica lotta con una piattaforma discussa e decisa dai lavoratori stessi.

A soffrire di più in questo momento sono le tante aziende dell’indotto che dalla fusione con Peugeot in poi si sono viste spesso annullare commesse, rendendo difficile la sopravvivenza di queste attività produttive. Stellantis ha più volte sollecitato i suoi fornitori a tagliare i costi, esortandoli a lasciare il territorio italiano se questo è funzionale in un’ottica di risparmio. Il metodo sprezzante dell’azienda non ha nessun freno sociale ed è ora che i lavoratori facciano sentire la propria voce!

Non possiamo stare a guardare mentre le multinazionali si giocano coi governi la partita a chi regala loro più soldi in incentivi!

Qualsiasi investimento di denaro pubblico deve essere vincolato a serie prospettive produttive, rispetto alle quali i lavoratori e i loro rappresentanti devono avere un potere reale di decisione e controllo.

Serve subito un piano nazionale per sviluppare nuovi e innovativi metodi di produzione e riciclaggio di batterie. Per evitare la macelleria sociale, serve un immediato blocco dei licenziamenti e una riduzione dell’orario di lavoro, così da garantire gli attuali livelli occupazionali.

Dopo decenni, in cui le aziende hanno attinto a piene mani a incentivi e aiuti pubblici, la desertificazione industriale è una prospettiva inaccettabile. Se la multinazionale non è in grado di garantire un futuro, si deve aprire la battaglia per la nazionalizzazione dell’intero settore e un piano pubblico di conversione e sviluppo.

Il 18 è solo l’inizio di quello che accadrà. I lavoratori non staranno a guardare ed è bene che si comprenda che le iniziative di lotta si dovranno moltiplicare, perché sarà una battaglia lunga e difficile.

 

 

Condividi sui social