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Nel 2023 in Italia è stata uccisa, in media, una donna ogni 3 giorni, nella più totale indifferenza da parte dei vari partiti. Tuttavia, la quiete delle istituzioni è stata turbata quando Elena Cecchettin, la sorella di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex-fidanzato, ha parlato in diretta televisiva di “patriarcato”. Con una sola parola la maschera del governo e delle forze dell’ordine si è frantumata in mille pezzi. I media borghesi desideravano la povera, innocente vittima in lacrime, per fare un po’ di pornografia del dolore, parlarne per due settimane, per poi tornare a voltarsi dall’altra parte. Il movimento esploso con rinnovata rabbia dopo la morte di Giulia non gli ha concesso questo lusso. Le rivendicazioni per un cambiamento radicale del sistema si sono fatte strada in piazze, scuole, università, luoghi di lavoro, fino ai salotti buoni dei media borghesi, dove questi ultimi hanno dovuto, per non perdere la faccia di fronte all’opinione pubblica più di quanto non l’avessero già fatto, considerare la possibilità che il concetto di “patriarcato” potesse essere un problema.
Le manifestazioni sono continuate in tutta Italia, nascendo anche in modo spontaneo. La composizione delle piazze è stata variegata: le presenze non si limitavano ad attiviste di lunga data, ma comprendevano anche persone al loro primo corteo o da poco approcciatesi a idee femministe, segno di un possibile allargamento del movimento, che potrebbe portare a una maggiore radicalizzazione. Questo si è notato anche nella presenza studentesca che, sebbene non enorme, ha dimostrato un livello politico più alto rispetto agli ultimi tempi. Il movimento studentesco ha ancora strada da fare, ma la direzione è giusta e la radicalizzazione di sempre più studenti che si approcciano da poco tempo alla vita politica ne è la prova.
La farsa dell’“educazione sentimentale”
In risposta a queste manifestazioni, il governo reazionario Meloni ha portato avanti le solite riforme-carta straccia, di cui si parla dopo ogni singolo femminicidio, finché le acque non si calmano: l’“educazione sentimentale” nelle scuole, gestita dai docenti e, più raramente, da psicologi e avvocati. Malgrado la proposta sia stata ritirata dopo pochi giorni, vale la pena ricordare che Valditara ha esplicitamente dichiarato che si sarebbe parlato principalmente delle conseguenze penali della violenza di genere. Insomma, nello spazio già ristretto (30 ore durante tutto l’anno scolastico) dedicato all’“educazione sentimentale”, gli esperti dei centri antiviolenza avrebbero preso la parola solo per una manciata di ore. Inoltre, la stesura di questa legge era stata affidata ad Alessandro Amadori, autore del libro La guerra dei sessi, in cui afferma che non si può parlare di “violenza di genere” perché anche le donne possono essere violente nei confronti degli uomini. Quindi, secondo Amadori, il problema della violenza di genere sarebbe inesistente e un femminicidio ogni 72 ore non sarebbe il sintomo di alcun problema sociale.
A collaborare con Amadori erano stati chiamati altri personaggi interessanti, tra cui suor Monia Alfieri (questo sembra il momento giusto per ricordarci che l’Italia sarebbe uno Stato laico), una ex-deputata del PD, Anna Paola Concia, e per finire in bellezza Paola Zerman, rappresentante del Popolo della Famiglia alle ultime elezioni politiche. Il tutto con la totale approvazione dell’opposizione: Elly Schlein annunciava che avrebbe approvato la legge assieme alla maggioranza di governo, accodandosi alla manovra di Meloni e soci.
L’ipocrisia è palpabile: nei fatti, l’attuale governo spinge contro il diritto all’aborto, ha tagliato i fondi ai consultori, difende a spada tratta i medici obiettori di coscienza, supporta le organizzazioni fondamentaliste cattoliche nelle scuole.
Il movimento contro l’oppressione della donna non troverà mai alleati nelle istituzioni, né al governo né all’opposizione, perché entrambi hanno lo stesso obiettivo: fare qualche riforma vuota in modo da fingere interesse finché non sarà tutto dimenticato.
La lotta al sistema patriarcale non può essere disgiunta da quella contro il sistema capitalista, perché il capitalismo beneficia dell’esistenza del patriarcato e perciò non può accettarne di buon grado l’eliminazione. Sotto un sistema capitalista, l’unico “traguardo” sarebbe un tira e molla infinito di riforme e contro-riforme, che si cancellerebbero l’una con l’altra. Ciò per cui dobbiamo lottare è una rivoluzione socialista che renda attuabile anche una rivoluzione culturale (impossibile sotto il sistema capitalista). L’unico mezzo per raggiungere questo obiettivo è la lotta dei lavoratori e degli studenti contro il patriarcato e contro il capitalismo.