Nagorno-Karabakh: vittima delle rivalità interimperialistiche
5 Ottobre 2023Rivoluzione n°101
6 Ottobre 2023Ai capitalisti 100 miliardi… Ai lavoratori neanche le briciole – Organizzati con i comunisti
L’editoriale del nuovo numero di Rivoluzione
La situazione economica peggiora giorno dopo giorno. La recessione non è più una prospettiva lontana, ma sta iniziando a diventare una realtà tangibile. L’Unione Europea ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita, che ora per l’Italia sono sotto l’1%. Ed è tutto da vedere se anche questi magri obiettivi saranno raggiunti. L’Italia ha chiuso il secondo trimestre del 2023 con un calo sia del PIL (- 0,4%) che degli investimenti (- 1,8%). Nei primi sei mesi dell’anno la produzione industriale è calata del 2,8%.
Oggi tutti si indignano perché il Superbonus di Conte per l’edilizia ha rappresentato un sperpero di risorse insostenibile per le casse dello Stato, che ha “drogato” l’economia con 120 miliardi di denaro pubblico – finiti nelle tasche delle imprese edili, delle società di intermediazione e delle banche (attraverso il sistema delle fideiussioni). Nessuno dice però che, senza questa “droga” di sussidi statali, l’economia italiana non sta più in piedi.
Una manovra senza soldi
Il debito pubblico quest’estate ha raggiunto il nuovo record di 2.859 miliardi. Il problema è che, con la politica della Banca Centrale Europea di aumento dei tassi d’interesse, l’Italia si trova a dover sborsare somme sempre più gigantesche per gli interessi sul debito. Nel 2024 l’Italia arriverà a pagare più di 100 miliardi di interessi ai grandi gruppi capitalisti che detengono la stragrande maggioranza del debito pubblico. È infatti bene ricordare che solo il 10% dei titoli di Stato è in mano ai “piccoli risparmiatori”, mentre il 90% appartiene a banche e società finanziarie, sia italiane che internazionali (oltre che alla Banca d’Italia). Solo in un sistema marcio come il capitalismo è normale che lo Stato paghi 100 miliardi agli speculatori finanziari, mentre la sanità è al collasso, nelle scuole manca tutto e le famiglie di lavoratori faticano sempre più a far quadrare i conti.
Questo peraltro fa sì che i margini di manovra del governo rispetto alla nuova legge di bilancio siano molto stretti. Lo ha spiegato il ministro dell’Economia Giorgetti: “Con l’aumento dei tassi di interesse la manovra di bilancio se l’è portata via la rendita finanziaria. Avremo 14-15 miliardi in meno.” Dunque soldi non ce ne sono e le promesse elettorali di un anno fa non verranno mantenute.
La destra aveva promesso che avrebbe abolito la Legge Fornero e abbassato l’età pensionabile; invece non solo non ci si schioda da “quota 103”, ma verranno pure garantiti incentivi in busta paga a chi continua a lavorare anche dopo aver raggiunto quella soglia. È inoltre circolato uno studio dell’INPS che propone niente di meno che ridurre le pensioni di chi ha un’aspettativa di vita più lunga!
Il taglio del cuneo fiscale, invece, proveranno a mantenerlo, perché una misura volta soprattutto a “moderare gli incrementi salariali”, come il governo ha messo nero su bianco. Sono sostanzialmente briciole che servono ad evitare che i lavoratori si mobilitino per pretendere dai padroni aumenti salariali veri. Ciò nonostante il governo deve ancora trovare i 10 miliardi necessari per estendere il taglio del cuneo al 2024 e lo potrà fare solo decurtando altre voci di spesa pubblica. In fin dei conti è un gioco di prestigio: da una parte ti do qualche soldo in più in busta paga, dall’altra me li riprendo facendoti pagare di più i ticket sanitari, la benzina (con il ripristino delle accise statali), i contributi scolastici, ecc.
Forti con i deboli…
Sempre secondo Giorgetti, le poche risorse disponibili dovranno andare “all’Italia che crea ricchezza” e cioè ai capitalisti. Questo nonostante negli ultimi anni i lavoratori abbiano visto crollare i loro salari reali, mentre le aziende hanno accresciuto i loro profitti. In base ai dati ISTAT, tra il 2021 e il 2023 l’inflazione per i beni di consumo di operai e impiegati (quelli che la ricchezza la creano davvero) è stata del 15,7%. La distribuzione dei dividendi agli azionisti (quelli che invece si appropriano della ricchezza creata dai lavoratori) ha invece raggiunto un nuovo record nel secondo trimestre 2023 (9,5 miliardi, + 18,8%).
La politica della destra è esattamente quella di colpire e vessare i settori più poveri della società, per riconoscere aiuti e sussidi ai settori più ricchi. Ai disoccupati viene tolto il reddito di cittadinanza e sostituito con “l’assegno di inclusione”, che in buona sostanza significa meno soldi, per meno persone, per meno tempo… Alle zone più disagiate del paese viene riservata solo la repressione più ottusa (si veda il decreto Caivano). Valditara propone una riforma che ha lo scopo di mandare gli studenti a lavorare il prima possibile. Addirittura si arriva a proposte infami, come quella di chiedere ai migranti una cauzione di 5.000 euro per non essere rinchiusi nei CPR, che Salvini giustifica così: “Molti arrivano con telefonino, scarpe, catenina, orologino…”
Tutto quello che la Meloni è disponibile a riconoscere alle fasce più povere della popolazione è l’elemosina dei bonus, come la “card sociale dedicata a te” con 382,5 euro per acquistare prodotti alimentari e il bonus benzina da 80 euro. Sono misure una tantum (che le prendi una volta sola e poi basta), che riguardano un settore molto limitato (esclusi single, coppie senza figli, chi ha un reddito appena sopra i 15.000 euro…) e sono soggette a una serie di vincoli: per esempio con il bonus alimentare puoi acquistare solo i prodotti che il governo ritiene salutari e sono dunque esclusi cibi in scatola, sale, surgelati, marmellate, detersivi, sapone…. Si tratta di misure che costano poco e servono ancora a meno, ma consentono ai vari ministri di fare finta di essere “attenti ai problemi delle famiglie in difficoltà”.
…e deboli con i forti
Se il governo è duro e inflessibile con i “furbetti” del reddito di cittadinanza, con gli immigrati che “hanno scarpe e telefonini” o con chi vuole usare la card sociale per comprarsi la marmellata, diventa improvvisamente timido, impaurito e servile di fronte ai grandi capitalisti.
Prendiamo ad esempio la vicenda del “caro voli”. Il governo aveva adottato uno dei suoi tipici provvedimenti di facciata: mettere un tetto ai costi dei biglietti aerei per la Sicilia e la Sardegna. Michael O’Leary, l’amministratore delegato di Ryanair, ha definito il decreto “stupido e idiota” e ha minacciato di tagliare i voli per le isole. Tanto è bastato perché la Meloni ritirasse il decreto. Poco dopo è venuto fuori che Ryanair e le altre compagnie cosiddette “low cost” beneficiano di oltre mezzo miliardi di aiuti elargiti a vario titolo con denaro pubblico.
Altrettanto indicativa è la questione della tassa sugli extra-profitti delle banche. La Meloni ha gonfiato il petto proclamando che finalmente farà “pagare le banche”. In realtà, dopo un ribasso delle Borse e una lettera di rimprovero della BCE, il provvedimento (ben poca cosa fin dall’inizio) è stato diligentemente riscritto e ulteriormente annacquato. Ora le banche avranno persino la possibilità di scelta: o pagare allo Stato la piccola tassa oppure accantonare una riserva di capitale per rinforzare il proprio patrimonio. Nei fatti i banchieri potranno tenersi i soldi e non pagare nulla.
La sottomissione del governo al grande capitale è evidente anche nei suoi progetti di privatizzazione. Si sta preparando da tempo la cessione della rete TIM al fondo americano KKR. Guarda caso KKR è anche il proprietario della Magneti Marelli, che ha appena deciso la chiusura dello stabilimento di Crevalcore, lasciando in mezzo alla strada più di 200 operai! Sono questi i veri interessi che il governo difende, altro che le chiacchiere sull’interesse nazionale.
Opposizione non pervenuta
Se la stabilità dell’esecutivo non sembra al momento in discussione, non è certo per i suoi meriti o per il consenso che riscuote nella società, quanto per la debolezza disarmante dei partiti di opposizione e dei vertici sindacali.
Conte aveva avuto gioco facile ad incalzare da sinistra il PD di Letta e a rubargli voti con una generica retorica “sociale”, ma ora che la Schlein è diventata segretaria e utilizza una retorica più o meno simile, non sa più esattamente come differenziarsi. Anche Fratoianni, la cui massima ambizione nella vita è sempre stata quella di essere la costola di sinistra del PD, non ha niente da dire di molto diverso dalla Schlein. Il pallino è dunque nelle mani della segretaria del PD, che però non sembra sapere esattamente che farne. Aveva annunciato una manifestazione nazionale in difesa della sanità pubblica, ma a distanza di settimane non c’è ancora una data. La rivendicazione del salario minimo non è altro che una bandierina da sfoggiare nelle interviste e nei dibattiti parlamentari, ma è completamente estranea a qualsiasi percorso di mobilitazione concreta per ottenerlo davvero. Dire che la svolta a sinistra al PD si è fermata in superficie è farle un complimento.
Anche i sindacati non stanno in alcun modo mettendo in campo una mobilitazione degna di questo nome per contrastare il governo. Non si può sperare di fermare la Meloni con le manifestazioni al sabato, è necessario portare il conflitto nei luoghi di lavoro. Eppure la CGIL promuove una consultazione tra i lavoratori in cui lo sciopero generale è solo un’ipotesi remota e confusa. Più di sei milioni e mezzo di lavoratori hanno i contratti scaduti, ma di scioperi non se ne parla. Nemmeno una vera e propria strage come quella di Brandizzo, in cui in un colpo solo 5 operai sono morti sul lavoro, è riuscita a provocare una reazione dell’apparato sindacale.
I funzionari sindacali danno la colpa ai lavoratori e alla loro “mancanza di partecipazione”. Semmai è vero il contrario. I lavoratori non sono più disponibili a seguire i rituali vuoti della burocrazia sindacale o ad ascoltare dirigenti sempre pronti a tirarsi indietro. Scenderanno in campo solo quando si farà davvero sul serio. E arriverà anche il momento in cui, se la lotta non viene chiamata dall’alto, la faranno partire loro dal basso, dalle singole aziende, senza aspettare la convocazione della segreteria confederale.
Il punto fondamentale è che la lotta contro la destra non può essere lasciata nelle mani delle direzioni riformiste. Non è possibile lottare davvero contro questo governo, senza mettere in discussione anche gli interessi capitalisti, di cui Meloni e Salvini non sono altro che i cani da guardia. Per questo motivo abbiamo lanciato la campagna Sei comunista? Organizzati, che sta avendo un grande successo. Un settore crescente di giovani, studenti e lavoratori, si rende conto che il capitalismo ci sta trascinando in un baratro, che le ricette moderate dei riformisti non portano da nessuna parte e che è necessaria una rivoluzione per trasformare la società. Queste forze non possono rimanere isolate e passive, ma devono attivarsi e organizzarsi per portare avanti una battaglia politica comune. Un’alternativa rivoluzionaria non è mai stata così necessaria come oggi.