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Tutte le religioni hanno i loro fondamentalisti. Ci sono fondamentalisti cristiani, indù, ebraici, buddisti e così via. Tutti giocano un ruolo reazionario e stanno crescendo numericamente. Ognuno crede di possedere la verità assoluta e considera tutti gli altri come eretici, se non addirittura come un’emanazione del demonio. Tutti vengono utilizzati per seminare divisioni tra i lavoratori nel mondo. Il fenomeno colpisce, a livelli diversi, tutti i paesi.
Assistiamo a due fenomeni che si stanno sviluppando contemporaneamente. Mentre le vecchie Chiese ufficiali stanno vivendo una fase di declino, soprattutto in Europa e Nord America, allo stesso tempo stanno emergendo e crescendo “Nuove Chiese”, basate su una presunta adesione più ortodossa agli insegnamenti originari.
Negli Stati Uniti, la partecipazione alla messa nelle Chiese più tradizionali sta calando. Secondo il sito ChurchLeaders: “Nel 1990 il 20,4% della popolazione frequentava una chiesa ortodossa ogni fine settimana. Nel 2000 questa percentuale era scesa al 18,7% e al 17,7% nel 2004”. Lo stesso articolo cita Thom Rainer, ricercatore e scrittore su temi ecclesiastici: “Per dirla in un altro modo, il 94% delle nostre chiese sta perdendo terreno nelle comunità in cui opera.”
Un quadro simile emerge analizzando le statistiche sulla presenza nelle Chiese europee. Un articolo del Guardian, “La cristianità non è più la normalità: l’ascesa di un’ Europa non cristiana”, spiega che: “La marcia dell’Europa verso una società post-cristiana è stata dimostrata inequivocabilmente da un ricerca, in base alla quale in una dozzina di paesi la maggioranza dei giovani non segue alcuna religione.” In Gran Bretagna, dice l’articolo, il 70% dei giovani non s’identifica con nessuna religione e il 59% non ha mai partecipato a funzioni religiose.
Questo processo è in uno stato talmente avanzato che l’anno scorso il Catholic Herald ha pubblicato un articolo dal titolo significativo, “La verità inquietante sui giovani europei e la Chiesa”, che si apre così:
“Nell’esortazione apostolica del 2003 ‘Ecclesia in Europa’, Papa Giovanni Paolo II affrontò diffusamente il tema della ‘de-cristanizzazione di vaste aree del continente europeo’. Citando la domanda di Cristo se, al suo ritorno, avrebbe ritrovato la fede sulla terra (Luca 18,8), il santo polacco si chiese: ‘Troverà la fede nei nostri paesi, in questa Europa di antica tradizione cristiana?’ Questa è una questione aperta che chiaramente rivela la profondità e il dramma di una della più serie sfide che le nostre Chiese sono chiamate ad affrontare.’
Quindici anni dopo, questa questione rimane ancora aperta e peraltro, in alcuni paesi europei, non è possibile né raccomandabile dare risposte superficialmente rassicuranti.”
La gerarchia cattolica è davvero preoccupata! La crisi delle vecchie Chiese ufficiali nei paesi capitalisti avanzati è tale che la situazione del passato, per cui i missionari venivano mandati dai paesi imperialisti a convertire al cristianesimo i popoli colonizzati (un aspetto fondamentale del colonialismo), si è ora invertita, con sempre più predicatori esportati dagli ex paesi coloniali ai paesi avanzati industrializzati, in un tentativo di arginare il declino della religione ufficiale.
Tuttavia, mentre la varianti cristiane più tradizionali sono entrate in declino, le Chiese fondamentaliste sono invece cresciute. Così, sebbene la partecipazione nelle chiese del Nord America e dell’Europa sia calata per un lungo periodo, all’interno di questo declino generale la frangia cristiana fondamentalista è cresciuta, soprattutto a partire dagli anni ’70. È altresì vero che, nelle parti del mondo meno sviluppate, dove la vita è molto più difficile e la povertà è diffusa (per esempio in America Latina e in Africa), la partecipazione religiosa è in aumento. Come si spiega tutto ciò?
Un mondo migliore nell’aldilà
Tutte le religioni promettono un mondo migliore nell’aldilà, nel paradiso dopo la morte, oppure qui sulla Terra quando Dio stabilirà il suo “regno”. Come dice il Padre Nostro “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà“. Questa venuta del regno di Dio è vista come una liberazione dalle sofferenze di questo mondo. Al paradiso si guarda come a un luogo dove tutti vivono in pace, nessuno soffre, tutti sono uguali e così via; non come a un luogo dove le persone devono spaccarsi la schiena per guadagnare una miseria, non hanno abbastanza da mangiare e sono senza casa. Il paradiso non ha oppressori, nessuno fa soffrire il prossimo e i ricchi e i poveri sono sullo stesso livello. Il desiderio di un paradiso di questo tipo, in realtà è il desiderio di un mondo migliore; ma siccome si da per scontato che il nostro mondo non possa essere cambiato, si pensa che una vita migliore potrà venire solo dopo la morte.
Tutto questo è molto conveniente per i ricchi di questo mondo, poiché distrae dalla necessità di lottare per cambiare la realtà esistente, la società capitalista divisa in classi sociali in cui viviamo. Un concetto che è espresso da Joe Hill nella sua canzone “The Preacher and the Slave“(Il predicatore e lo schiavo), con queste parole: “You will eat, bye and bye, in that glorious land above the sky; Work and pray, live on hay; You’ll get pie in the sky when you die” (Mangerai, ciao ciao, in quella gloriosa terra sopra il cielo; Lavora e prega, campa con il fieno; avrai una torta in cielo quando morirai).
Tra il 1948 e 1973 il capitalismo ha vissuto il boom più grande e vigoroso di tutta la sua storia. Per lo meno nei paesi capitalisti avanzati, la vita sembrava migliorare. Era come se fossero scomparsi per sempre gli orrori della seconda guerra mondiale e le sofferenze degli anni ‘30, con disoccupazione di massa e povertà diffusa. Con il boom, nella maggior parte dei paesi avanzati, arrivarono la sanità gratuita (con l’eccezione degli USA), l’istruzione gratuita (almeno fino alle scuole superiori), un enorme miglioramento delle condizioni di vita, l’innalzamento dei salari e in generale una qualità della vita migliore.
Ovviamente questo non ha riguardato tutti i paesi e tutti gli strati della popolazione. La natura di classe della società non era cambiata e quella stessa società produceva conflitti sia interni che su scala internazionale. C’era tuttavia la sensazione che la società stesse progredendo e che “Oggi è meglio di ieri e domani sarà meglio di oggi”. Tutto ciò si concluse bruscamente con la prima recessione mondiale, nel 1973-74, che segnò un punto di svolta, riportando alla mente ricordi del passato, con disoccupazione crescente, alti livelli di inflazione e l’inizio di un’offensiva pluridecennale contro tutte le conquiste ottenute dai lavoratori fino a quel momento.
La crisi degli anni ‘70 e il ritorno alla religione
La crisi degli anni ‘70 produsse una radicalizzazione generalizzata dei lavoratori e dei giovani, con grandi mobilitazioni, scioperi e proteste studentesche. Nello stesso periodo ci fu un afflusso imponente di nuovi iscritti nei sindacati e una crescita dei partiti tradizionali di massa della classe operaia. In Gran Bretagna il partito laburista vinse le elezioni con un programma molto a sinistra; in Italia ci fu la crescita del Partito Comunista, che nel 1976 ottenne il suo miglior risultato elettorale di sempre; in Grecia, Spagna e Portogallo i regimi dittatoriali crollarono sotto la pressione di movimenti rivoluzionari di massa. In Vietnam il potente imperialismo americano venne sconfitto da un esercito di contadini. Nacquero movimenti radicali di sinistra ovunque nel mondo, dal Messico al Cile (dove sfortunatamente il movimento si concluse con il sanguinoso golpe Pinochet del 1973), dal Pakistan alla Francia, con turbolenze anche nel blocco sovietico dell’est, come in Cecoslovacchia nel 1968 e successivamente in Polonia.
Nonostante il capitalismo stesse dimostrando i suoi limiti, lo stato d’animo più diffuso era ancora la speranza di poter cambiare la società attraverso la lotta di classe collettiva. Sfortunatemente queste speranze erano destinate a svanire e i movimenti di massa furono sconfitti grazie a quegli stessi dirigenti in cui le masse avevano riposto le loro aspettative. In un paese dopo l’altro, i leader della classe operaia fecero compromessi con i capitalisti e, invece di far avanzare il movimento, lo frenarono fino a condurlo a un punto morto.
Una volta che divenne evidente il fallimento di questi movimenti, l’iniziativa ritornò alla classe capitalista. La fine degli anni ‘70 vide una serie di sconfitte che aprirono la strada agli anni ‘80, durante i quali i capitalisti promossero l’individualismo e una competizione sfrenata basata sulla legge della giungla. Tutto questo fu riassunto nella famosa frase della Thatcher “La società non esiste“. E’ in queste condizioni che le persone iniziarono a cercare altrove speranza e consolazione.
La religione ha dominato le menti di milioni di persone per secoli, per millenni. Nacque come un tentativo di comprendere il mondo nel quale viviamo. Serviva a dare risposte a domande del tipo: “Perché piove? Perché esistono i fulmini e i tuoni? Perché il sole sorge ogni giorno? Come mai ci sono i terremoti? Perché noi esistiamo?”. La religione attribuiva un significato alla vita stessa. La sua presa sulla società, però, iniziò a diminuire man mano che la nostra comprensione della natura e della scienza cresceva e vennero così gettate le basi per una modalità di pensiero più razionale. Questo non voleva dire che la religione fosse sul punto di morire; la sua influenza, tuttavia, si stava ridimensionando.
Nonostante gli avanzamenti della scienza, c’erano ancora molte ragioni per cui le persone si aggrappavano alle loro credenze religiose. La vita era ancora dura per milioni di persone e la religione forniva conforto e consolazione. Lo slancio per una nuova svolta verso la religione fu prodotto dall’aumento delle privazioni materiali – una conseguenza della crisi del capitalismo – e dal fatto che la lotta di classe sembrava avesse fallito nell’offrire soluzioni. Il fatto che le vecchie Chiese ufficiali fossero in buona parte screditate agli occhi di molti, però, determinò una ricerca delle idee autentiche ed originali sulle quali erano state fondate le religioni. A questo si accompagnava l’idea che le vecchie Chiese fossero corrotte e fosse necessario il ritorno alla “vera religione”. Si arrivò così al fondamentalismo cristiano.
I Testimoni di Geova
Un esempio di fondamentalismo cristiano sono i Testimoni di Geova, che si ispirano alla cristianità del primo secolo, riflettendo il desiderio di ritornare alle prime comunità cristiane che dividevano la ricchezza tra i loro seguaci – in effetti vivevano come comunisti, condividendo la ricchezza, anche se senza la proprietà comune dei mezzi di produzione, dal momento che il sistema in cui vivevano era basato sulla schiavitù. I Testimoni di Geova credono che tutto quello che è contenuto nella Bibbia sia vero alla lettera: che il mondo fu creato in 6 giorni, che Dio creò Adamo dalla polvere e così via… Credono che la distruzione dell’attuale sistema mondiale sia imminente e che il “Regno di Dio” sulla Terra sia la soluzione a tutti i problemi dell’attuale società.
Nel 1966 predissero che il Regno di Dio sulla Terra sarebbe stato stabilito intorno al 1975. A dirla tutta avevano predetto la fine del mondo in diverse date, dovendole cambiare ogni volta poiché il mondo aveva il brutto vizio di continuare ad esistere! Ogni nuova ondata di adepti era ovviamente all’oscuro delle precedenti profezie. Di conseguenza negli anni ’70 convertirono molte persone con questa promessa e nel 1975 arrivarono ad avere più di due milioni di fedeli. Quando la loro profezia non si avverò – di nuovo – iniziarono a perdere molti dei nuovi seguaci. È un po’ come le sette estremiste che promettono la rivoluzione martedì mattina alle 9 e, quando questo non avviene, perdono molte delle nuove reclute! Da allora i Testimoni di Geova hanno rivisto ancora le loro prospettive e spostato la fine di questo mondo prima sul finire del XX secolo e poi a un certo momento del XXI secolo.
Come fanno i testimoni di Geova a reclutare nuovi adepti? Fanno visita alle persone, chiedendo di parlare, e normalmente iniziano a far notare tutti i problemi della società odierna – guerre, terrorismo, povertà, fame, violenza, ecc… – e si presentano come i “portatori della buona novella”. Così si approfittano di persone preoccupate e stressate da quello che sta accadendo nel mondo e cercano sollievo da una società che sembra cadere sempre più in basso.
In una situazione in cui il movimento operaio ufficiale e le sue organizzazioni non sono state in grado di fornire una risposta sul perché la società si trovi in una crisi tanto profonda, non è difficile capire come alcune persone possano essere attratte dalla semplice risposta che tutto questo è stato predetto dal Signore e che la Bibbia contiene tutte le risposte! I Testimoni di Geova si approfittano di persone che hanno subito una tragedia personale, che hanno perso un figlio, un coniunge e così via, promettendogli che si riuniranno a loro una volta che Dio avrà creato il su-o regno sulla Terra. E’ comprensibile che questa convinzione possa portare immensa consolazione e serenità agli sfortunati che ne sono attratti.
Marx sulla religione
Karl Marx comprendeva molto bene il ruolo della religione. Spesso viene citata la sua frase “la religione è l’oppio dei popoli”, ma in realtà ha detto molto più di questo e vale la pena citarlo per intero:
“Il fondamento della critica alla religione è: l’uomo fa la religione, e non la religione l’uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d’honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque, mediatamente, la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l’aroma spirituale.
La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo.
Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola.” (Karl Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, 1844).”
Marx qui dimostra una profonda comprensione del motivo che porta le persone a credere nella religione, quando spiega che abbandonare queste illusioni significa eliminare le condizioni che le rendono necessarie. Ciò significa che, finché esisteranno le condizioni materiali di povertà e bisogno, allo stesso modo esisterà anche la necessità di sfuggire da queste condizioni, almeno in un senso “spirituale”.
Ecco perché, come marxisti, non abbiamo tempo da perdere con l’ateismo militante di gente come Richard Dawkins, che considera i lavoratori religiosi come una massa di persone ignoranti e arretrate, che devono essere illuminate da intellettuali razionali borghesi come lui. Dawkins vuole infatti rimuovere soltanto la religione, ma non le condizioni materiali che la rendono una necessità! Gli sta bene che la società divisa in classi sociali continui, con la divisione in ricchi e poveri, sfruttatori e sfruttati, capitalisti e lavoratori.
I marxisti hanno molto più in comune con i milioni di lavoratori e contadini che nel mondo si attengono a qualche forma di credenza religiosa, piuttosto che con gente come Richard Dawkins. Saranno i milioni di lavoratori, religiosi e non, che si solleveranno e lotteranno contro questo sistema capitalista oppressivo. Così facendo, getteranno le fondamenta per una società futura che userà le risorse materiali, create da generazioni di lavoratori, per garantire a tutti una vita dignitosa. Una volta ottenuto questo, il bisogno della religione, come sollievo dalle miserie della vita, scomparirà gradualmente.
La povertà e la ricerca di una vita migliore
Oggi, tuttavia, la povertà sta crescendo a livello mondiale e milioni, se non miliardi, di esseri umani vivono in una condizione di sofferenza, che sembra senza fine. A partire dagli anni ’70 la situazione è peggiorata e, nonostante ci siano stati degli alti e bassi nell’economia con periodi di boom e recessione, ovunque la pressione sui lavoratori è costantemente cresciuta in termini di orario di lavoro, stato sociale, ecc…
In questa situazione apparentemente disperata non è affatto sorprendente che ci siano persone che si rivolgono alla religione in cerca di conforto. Ed è precisamente a causa della profondità della crisi e della sofferenza delle persone che le versioni fondamentaliste di ogni religione appaiono sempre più allettanti.
Elizabeth Gabhart, docente nella facoltà di sociologia dell’univerità del North Texas, ha fatto un commento interessante proprio su questo punto:
“… Chiese conservarici e fondamentaliste hanno continuato a conquistare nuovi adepti poiché offrono ai fedeli esperienze emotive intense, precetti morali specifici, senso d’appartenenza a un gruppo esclusivo, rituali appaganti, la garanzia del paradiso e una partecipazione entusiasta. Per quanto possa essere contro-intuitivo, i gruppi che richiedono di più ai loro adepti generalmente ottengono un maggior impegno da parte loro. In effetti le persone desiderano appartenere ad organizzazioni che richiedono loro un sacrificio. Le Chiese più rigorose soddisfano i loro fedeli in una maniera che le Chiese più moderate o liberali non possono garantire.”
E’ abbastanza evidente che questa è una buona descrizione di quello che le persone in cerca di conforto trovano in queste Chiese. E il discorso non si ferma agli Stati Uniti, ma riguarda su larga scala anche l’America Latina e paesi come la Nigeria, con fenomeni come i “Cristiani rinati” e ogni tipo di “nuove Chiese”. In realtà queste Chiese rappresentano un buon business per chi le fonda, ma allo stesso tempo offrono a chi le frequenta la speranza di una vita migliore e una via di fuga dall’inferno in cui stanno già vivendo.
L’Irlanda del Nord
Oggi ci viene continuamente propinata la storia per cui la violenza religiosa è solo quella islamica, ma la storia dell’Irlanda – giusto per citare uno dei tanti casi – ci dimostra che non è affatto così. Per trent’anni più di 3.500 persone sono state uccise, sia protestanti che cattolici, apparentemente in nome delle differenze religiose.
Esiste una variante locale del fondamentalismo cristiano in Irlanda del Nord, dove le differenze religiose sono state usate dall’imperialismo britannico per dividere la popolazione e così perpetuare il proprio dominio. Il DUP [il Democratic Unionist Party, un partito unionista e protestante dell’Irlanda del Nord, NdT] ha forti radici nella Libera Chiesa Presbiteriana dell’Ulster, che fu fondata da Ian Paisley, un politico ultra-reazionario e un fondamentalista protestante. La Libera Chiesa Presbiteriana dell’Ulster è l’esempio di una nuova Chiesa emersa dalla crisi delle vecchie Chiese ufficiali.
Come riportato dal Guardian, nel 1986 Paisley dichiarò a un raduno, il cui scopo era quello di lanciare la “Resistenza dell’Ulster”:
“Ogni cittadino dell’Ulster deve essere reclutato per resistere, con tutti i mezzi che la situazione richiede, contro coloro che vorrebbero trascinarci, contro la nostra volontà, in una repubblica Pan-Irlandese.”
Lo stesso articolo continua:
“L’anno seguente, la Resistenza dell’Ulster unì le forze con i due gruppi lealisti paramilitari esistenti, la Ulster Volunteer Force (UVF) e la Ulster Defence Association (UDA), al fine di fare entrare nella provincia un enorme arsenale di armi di contrabbando, tra cui 200 fucili d’assalto cecoslovacchi, chiamati VZ58, e decine di migliaia di munizioni.
Durante i successivi 17 anni, questi VZ58 furono utilizzati nell’omicidio o tentato omicidio di circa 70 persone nell’Irlanda del Nord. All’inizio degli anni ’90 furono usati in tre massacri: i sicari si presentarono alla porta di una sala scommesse e di due bar e semplicemente aprirono il fuoco. 19 persone morirono e 27 rimasero ferrite.”
Come molte Chiese fondamentaliste cristiane, la Libera Chiesa Presbiteriana dell’Ulster prende alla lettera ogni singola parola della Bibbia e considera tutte le altre Chiese come eretiche. È di destra, contro l’aborto e si oppone al matrimonio degli omosessuali. In passato molti dei suoi fedeli sono stati coinvolti nell’uccisione di cattolici. Eppure, l’attuale governo della Gran Bretagna sopravvive soltanto grazie a reazionari bigotti come questi.
L’ascesa del Pentecostalismo e la crisi del cattolicesimo
Anche la vecchia Chiesa cattolica ufficiale sta chiaramente vivendo una crisi. Lo scandalo internazionale degli abusi sui minori da parte dei preti cattolici e la diffusa corruzione del clero hanno prodotto una crisi tra i cattolici. La rinuncia di Papa Benedetto XVI ha mostrato quanto acuta e profonda sia diventata la crisi. E’ stata vissuta dai cattolici come un terremoto spirituale che ha scosso molti. L’entrata in scena di Papa Francesco, non a caso proveniente dall’America Latina, è un tentativo di ricostruire l’autorità della Chiesa cattolica.
Il ruolo della Chiesa in una società capitalista è quello di allontanare i lavoratori dalla politiche di classe radicali, giocare il ruolo di mediatrice fra le classi e mantenere lo status quo. La gerarchia cattolica si rende perfettamente conto del significato del marxismo e della sua visione della società. In un precedente articolo che abbiamo pubblicato su www.marxist.com – “The resignation of Benedict XVI, Truth and lies” (Le dimissioni di Benedetto XVI, verità e menzogne) – Luiz Bicalho cita un’enciclica di Papa Benedetto, in cui è scritto:
“Marx ha descritto la situazione del suo tempo con grande precisione, seppur con certi pregiudizi unilaterali, e ha illustrato con grande capacità analitica le vie che portano alla rivoluzione, non solo sul piano teorico, ma anche su quello pratico, per mezzo del Partito Comunista, formatosi a partire dal Manifesto comunista del 1848. La sua promessa era e rimane infinitamente affascinante, grazie all’acutezza della sua analisi e alla chiara indicazione dei mezzi per un cambiamento radicale. Ci fu poi la rivoluzione reale, portata avanti nella maniera più radicale in Russia.”
Tuttavia, come per rassicurare la classe dominante di oggi sulla scomparsa dell’incubo del comunismo, aggiungeva:
“Il marxismo vedeva la rivoluzione mondiale e le sue prime fasi come una panacea dei problemi sociali: si sosteneva che la rivoluzione e la conseguente collettivizzazione dei mezzi di produzione avrebbero immediatamente cambiato le cose per il meglio. Questa illusione è svanita.”
Questo è per lo meno quello che spera la gerarchia cattolica. Ma la lotta di classe non è scomparsa, come confermano fin troppo eloquentemente i recenti eventi mondiali. E sono proprio le contraddizioni della società divisa in classi che hanno raggiunto la stessa Chiesa Cattolica, che proprio per questo sta perdendo la sua influenza.
In gran parte dell’America Latina, dove il cristianesimo è stata la religione dominante, particolarmente nella forma del Cattolicesimo, la crescita del fondamentalismo è caratterizzata da una situazione in cui un numero significativo di persone – in particolar modo i poveri, che si sentono delusi dalla Chiesa cattolica – viene attirato da varie forme di fondamentalismo protestante, come per esempio il Pentecostalismo, che combina forme di fanatismo religioso con una retorica che pretende di parlare in nome dei poveri e degli oppressi.
In alcune parti dell’Africa, particolarmente fra le masse affollate nelle baraccopoli, il fondamentalismo cristiano, incluso il Pentecostalismo, è un fenomeno in crescita, così come il fondamentalismo islamico.
Il cristianesimo pentecostale ha circa 300 milioni di seguaci a livello mondiale, per lo più tra i poveri e i migranti. Negli ultimi anni milioni di persone in America Latina hanno lasciato la Chiesa Cattolica per aderire ai Pentecostali.
Il Pentecostalismo pone molta enfasi sulla guarigione della fede e questo è uno dei suoi aspetti più attraenti. Avrà forse a che fare con il fatto che molti poveri in gran parte dell’America Latina hanno poco o nessun accesso a un sistema sanitario pubblica e gratuito? Come capita spesso, nonostante il presunto spiritualismo delle varie Chiese, chi aderisce ad esse lo fa sulla base di forti ragioni materiali, per trovare una strada apparentemente più facile per una vita migliore.
Come spiega Andrew Chesnut, professore di studi religiosi alla Virginia Commonwealth University:
“I poveri sono specialmente attratti dalla teologia della prosperità, anche conosciuta come il vangelo della salute e della ricchezza, che dà alle persone la speranza di poter migliorare la loro posizione. Viene detto loro che, con abbastanza fede in Dio e ferventi preghiere, otterranno con il tempo tutte le cose che desiderano nella vita. Questo è un messaggio molto potente per chi possiede molto poco.” (“Perché il Pentacostalismo è cresciuto così drasticamente nell’America Latina?”, 14 novembre 2014)
Chesnut offre alcuni spunti interessanti sulle ragioni del successo del Pentecostalismo in America Latina e spiega che la Chiesa cattolica è stata costretta a diventare più spirituale di fronte a questo fenomeno crescente. “Stiamo parlando di un mercato libero religioso e in un mercato di questo tipo devi offrire opzioni allettanti alle persone se vuoi avere successo”. Lo ribadiamo, la crescita del Pentacostalismo in America Latina è stato un fenomeno degli ultimi trent’anni: un periodo di austerità crescente e di massiccia polarizzazione della ricchezza, durante il quale milioni di persone sono divetnate sempre più povere, mentre pochi privilegiati sono diventati ancora più ricchi. Tornando a Joe Hill, ai poveri viene promessa “una torta nel Cielo“, mentre i ricchi hanno la loro torta qui e adesso!
Fondamentalismo ebraico
Il fondamentalismo non sta però crescendo soltanto fra i cristiani. Anche la religione ebraica, per esempio, ha le sue versioni fondamentaliste, alcune delle quali paradossalmente si sono opposte alla creazione di Israele, nella convinzione che questa potesse essere solo opera di Dio e non dell’uomo. Ciò nonostante, Israele è stata costruita intorno all’istituzione del sionismo religioso. Questo è basato sulla credenza che la terra di Israele sia stata promessa da Dio agli antichi israeliti e in quanto tale sia rimasta di diritto la patria degli ebrei, sebbene quella terra sia stata abitata per secoli dai palestinesi e, per creare Israele, sia stato necessario espellere un intero popolo dalla sua terra.
Ora Israele esiste e i marxisti riconoscono il diritto degli ebrei israeliani ad una patria. Tuttavia, anche dopo che l’ONU ebbe concesso una parte della Palestina agli ebrei, ne rimase un’altra parte abitata principalmente da palestinesi, che oggi si sta lentamente riducendo, man mano che Israele assorbe gradualmente sempre più territori. Trump ha appena riconosciuto il diritto di Israele a rivendicare le Alture del Golan, precedentemente parte della Siria, mentre la Cisgiordania è ridotta in “bantustan”, cioè frammentata in piccole aree circondate da insediamenti israeliani. Netanyahu ha dichiarato recentemente che avrebbe annesso allo Stato di Israele gli insediamenti ebraici sul territorio palestinese.
I coloni giustificano il loro diritto di rubare territorio palestinese su un’interpretazione fondamentalista dell’ebraismo. Sono essenzialmente dei fanatici di destra ultra-reazionari, che oggi stanno opprimendo un altro popolo. Non è un caso che gli elementi progressisti in Israele non guardano affatto con benevolenza a questi zeloti.
È un altro discorso, ovviamente, quello che riguarda il recente utilizzo di “anti-semitismo” come un’accusa da utilizare conto chiunue a sinistra si opponga al sionismo. Sull’argomento rimandiamo all’articolo “Anti-semitism and anti-zionism: setting the record straight” (Anti-semitismo e anti-sionismo: mettiamo le cose in chiaro) su www.socialist.net.
Fondamentalismo indù
Anche in India vediamo come viene promosso, con l’aiuto del fondamentalismo indù, un programma reazionario rivolto contro i musulmani, ma in realtà a sostegno del capitalismo indiano. L’induismo è usato come un simbolo del nazionalismo indiano e, per promuovere un sentimento anti-islamico, sono impiegati partiti reazionari di destra, come il BJP (Baharatiya Janata Party, il Partito del Popolo Indiano), insieme alla Rashtriya Swayamesevak Sangh (RSS), una cosiddetta forza di “autodifesa” associata al BJP. Il fondamentalismo indù agita lo spettro dell’Islam come minaccia alla “cultura indiana”.
Per capire fino a che livello il fondamentalismo indù possa essere usato per diffondere un sentimento anti-islamico, dobbiamo tornare al 1992, quando la “Moschea di Bābur” a Ayodhya fu demolita da una folla di nazionalisti indù. Nei disordini che seguirono, rimasero uccise più di 1000 persone. Abbiamo così potuto vedere come stia continuando la tradizione della “Partizione”, che vide contrapposti musulmani e indù, con milioni di morti durante la “pulizia etnica” seguita alla suddivisione dell’India di allora nel Pakistan, nell’India odierna e, successivamente, nel Bangladesh.
Il conflitto fra musulmani e indù era consapevolmente promosso dall’imperialismo britannico, con il suo collaudato metodo di “dividere e comandare”, in modo da mettere i popoli del sub-continente indiano gli uni contro gli altri e così facilitare la colonizzazione. Questa infezione è continuata fino ad oggi, poiché le classi dominanti pakistane e indiane, entrambe incapaci di provvedere alle necessità elementari dei loro popoli, usano la fede religiosa a loro vantaggio. Nel frattempo gli operai e i contadini, sia indù sia musulmani, continuano a vivere in povertà.
Fondamentalismo buddista
Il buddismo è la quarta religione più grande al mondo, con più di 520 milioni di seguaci, metà dei quali vive in Cina e il resto in Thailandia, Giappone, Birmania, Sri Lanka, Vietnam, Cambogia, Corea del Sud, India e Malesia.
Negli anni ’60 il buddismo ha iniziato ad attrarre un settore di persone al di là dei suoi insediamenti tradizionali ed é diventato piuttosto popolare in Occidente. Molte personalità note dell’industria musicale e cinematografica ne sono state attratte, in quanto la sua mancanza di divinità la rendeva una sorta di “religione non-religiosa”. Questo era parte di quel processo precedentemente descritto di ricerca di qualcosa di meglio delle Chiese tradizionali e corrotte.
La definizione della BBC di questa religione è la seguente:
“Il Buddismo è una tradizione che si concentra sullo sviluppo spirituale personale. I Buddisti aspirano ad una comprensione profonda della vera natura della vita e non adorano alcun Dio o divinità.”
Proprio in questo consiste l’attrattiva per qualcuno. Tuttavia c’é un altro lato del buddismo e lo abbiamo visto in paesi dove rappresenta la religione tradizionale, come lo Sri Lanka e la Birmania.
In Birmania ci sono i buddisti nazionalisti “integralisti”, che hanno preso di mira la minoranza islamica nel paese. Ne è un esempio il Ma Ba Tha, un gruppo guidato da monaci buddisti ultra-nazionalisti. Il leader del Ma Ba Tha, Ashin Wirathu, è stato in prigione per aver incitato alla violenza contro i musulmani. Per avere più dettagli si veda l’articolo su www.theatlantic.com “Can Anyone Stop Burma’s Hardline Buddist Monks?” (Chi può fermare i monaci buddisti integralisti birmani?).
In Sri Lanka ci sono i Bodu Bala Sena, che sono usati come uno strumento del nazionalismo reazionario di destra cingalese. Sostengono di voler semplicemente difendere i diritti del popolo cingalese, ma in pratica rivolgono la maggior parte delle loro attività contro la minoranza islamica dello Sri Lanka, lamentandosi del burqa, della costruzione di “troppe” moschee e così via.
Come tutte le religioni il buddismo, dove è un fenomeno di massa, viene utilizzato dalla classe dominante come uno strumento per dividere la popolazione su basi entico-religiose e preservare lo status quo.
La crescità dei livelli di povertà e la radicalizzazione della gioventù musulmana
In Medioriente, ma anche in paesi come l’Indonesia e il Pakistan, e persino in diversi paesi dell’Africa sub-sahariana, assistiamo ad una crescita del fondamentalismo islamico. Le radici storiche di questo movimento affondano nella piccola borghesia reazionaria e nelle classi pre-capitaliste, che vedevano una minaccia da una parte nell’ascesa del capitalismo e dall’altra nel movimento operaio.
Ai nostri tempi, a questo movimento si sono uniti tanti giovani poveri, sottoproletari e declassati, per reazione alle guerre imperialiste condotte recentemente contro paesi a maggioranza musulmana. Il movimento si manifesta in varie forme, la più estrema quella di un movimento politico armato, che ha svolto un importante ruolo di baluardo della reazione contro gli avanzamenti della sinistra progressista. Il che spiega perché i governi degli Stati Uniti storicamente hanno fatto ricorso ai fondamentalisti islamici per difendere i loro interessi contro la marea crescente della lotta di classe. Si può infatti individuare una certa analogia tra gli estremisti fondamentalisti islamici e i fascisti, poiché entrambi sono usati come strumenti per combattere la classe operaia organizzata.
In Afghanistan l’impiego di tali forze si è sviluppato in grande stile dopo la rivoluzione di Saur del 1978. L’imperialismo americano aveva l’obiettivo di rimuovere l’Afghanistan dalla sfera d’influenza sovietica. I fondamentalisti islamici reazionari vennero definiti come “combattenti per la libertà” e gli americani iniziarono, tramite l’Arabia Saudita, a finanziare e sostenere questi gruppi. Fu questa l’origine dell’ascesa dei Talebani, utilizzati per distruggere tutte le riforme progressiste attuate dalla rivoluzione di Saur, come per esempio l’abolizione della vendita delle donne!
I Talebani sarebbero poi diventati il mostro di Frankenstein dell’imperialismo americano. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, queste bande hanno assunto interessi loro propri, non sempre in sintonia con quelli dei loro vecchi padroni. Assieme allo sviluppo dei Talebani, c’è stato quello di Al-Qaeda e più recentemente la sua metamorfosi nell’ISIS.
Nonostante la loro politica ufficiale sia a parole di opposizione al fondamentalismo islamico, persino dopo gli eventi dell’11 Settembre gli Stati Uniti hanno continuato ad impiegare questi gruppi, particolarmente in Siria e Libia. In Siria l’intervento dell’Occidente, insieme a quello della Turchia e degli Stati del Golfo, è stato la causa diretta dell’ascesa dell’ISIS. E ancora oggi l’Occidente continua a dare un tacito supporto ad Hayat Tahrir Al Sham, un gruppo legato ai jihadisti di Al-Qaeda che domina il governatorato di Idlib, nella Siria nord-occidentale. Questi gruppi vengono usati nelle guerre per procura tra potenze regionali e internazionali, ma soprattutto vengono sostenuti e alimentati per contrastare la rivoluzione araba, che è cominciata nel 2011 e si è diffusa a macchia d’olio in tutta la regione. In paesi come l’Iraq e la Siria, l’imperialismo americano e la classe dominante locale hanno coscientemente alimentato il settarismo religioso in maniera tale da distrarre migliaia di giovani, che stavano iniziando a mobilitarsi contro di loro.
Il razzismo contro i giovani musulmani
Ci sono stati numerosi interventi militari imperialisti nel mondo islamico in tempi recenti, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Siria alla Libia. Lo Yemen è stato schiacciato e ridotto letteralmente alla fame dai Sauditi, mentre l’Occidente, liberale e “democratico”, chiudeva un occhio. A milioni sono stati uccisi e molti altri sono dovuti fuggire dalle loro case, soffrendo terribilmente.
Le potenze occidentali hanno sempre raccontato che gli interventi militari servivano a diffondere la democrazia e a “liberare” i popoli da regimi dispotici. In realtà centinaia di migliaia di lavoratori sono stati uccisi, infrastrutture sono state distrutte e interi paesi sono stati destabilizzati solo per imporre la volontà degli imperialisti e gli interessi delle grandi multinazionali, che hanno tratto grandi vantaggi da queste guerre. Tutto questo non poteva che provocare rabbia e indignazione tra i popoli che hanno subito i bombardamenti e in particolare tra i giovani.
Nel frattempo un altro processo ha avuto luogo in Occidente. La crisi sociale ed economica si è approfondita a livello mondiale, raggiungendo i paesi capitalisti più avanzati. La disuguaglianza sempre più grande ha destabilizzato il mondo capitalista, con una crescita della polarizzazione della ricchezza, con i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi.
La popolazione islamica nei paesi capitalisti avanzati è stata colpita con particolare durezza durante questa crisi. Per esempio la povertà oggi colpisce il 50% delle famiglie islamiche Gran Bretagna, mentre la percentuale nel resto della popolazione è del 18%. Il Consiglio Islamico della Gran Bretagna ha fornito cifre dettagliate in un suo rapport, basato sul censimento del 2011. I livelli di disoccupazione sono molto più alti tra i bengalesi (15%) e i pakistani (10%) rispetto al resto della popolazione. Nel periodo dal 2014 al 2016, le famiglie bengalesi e pakistane registravano un reddito annuo medio di quasi 9.000 sterline inferiore a quello delle famiglie britanniche bianche.
Allo stesso tempo viene sollevata l’isteria razzista contro gli islamici – e gli immigrati in generale – attribuendo a loro la colpa per l’austerità e il generale declino delle condizioni di vita che la classe dominante ha imposto a tutta la classe operaia. In Gran Bretagna, ad esempio, l’Islamofobia è il tipo di crimine d’odio che sta crescendo più rapidamente.
Secondo il Guardian:
“I musulmani che vivono in Gran Bretagna, una grande minoranza di circa 2,8 milioni di persone, hanno maggiori probablità di subire esperienze negative rispetto ad altri gruppi religiosi. È più probabile – rispetto ai cristiani, a chi non professa nessuna religione e ai fedeli di altre religioni minori – che capiti loro di essere fermati dalla polizia, di essere esclusi dalle relazioni sociali al lavoro o all’università e di trovare persone che sembra non vogliano sedersi accanto a loro sui mezzi pubblici.” (2 Dicembre 2018).
La stessa indagine mostra che “negli ultimi cinque anni il 43% di chi appartiene ad una minoranza etnica è stato scavalcato per una promozione lavorativa in una maniera che è stata percepita come ingiusta, più del doppio rispetto alla percentuale di persone bianche (18%) che hanno riportato la stessa esperienza.”
Inoltre il 38% di appartenenti alle minorane ha riferito di essere stato accusato ingiustamente di taccheggio! Tra i bianchi invece è il 14%. Tutto ciò è aggravato da un’infinità di maltrattamenti e manifestazioni di pregiudizio che gli immigrati, in particolare i musulmani, devono affrontare ogni giorno.
I principali promotori di questi soprusi sono i politicanti reazionari borghesi, che accusano demagogicamente gli immigrati per la mancanza di risorse, che a sua volta viene usata per giustificare l’austerità imposta alla classe lavoratrice. Tutto questo spiega il crescente risentimento e la radicalizzazione di una parte dei giovani musulmani in Gran Bretagna e in altri paesi.
La gioventù, in generale, si sta radicalizzando su molte questioni. Le recenti proteste contro il cambiamento climatico sono indicative di questa radicalizzazione giovanile. Il problema è che la sinistra tradizionale non è stata in grado di incanalare positivamente questa rabbia giovanile.
Un sondaggio recente di Onward ha rivelato che in Gran Bretagna solo il 16% di chi ha meno di 35 anni voterebbe per i conservatori. L’ascesa di Corbyn all’interno del partito laburista è un’espressione parziale di questa radicalizzazione. I commentatori borghesi riconoscono a malincuore che Corbyn è molto popolare tra i giovani. Tuttavia, siamo ancora nelle fasi iniziali di un cambiamento radicale del partito laburista. Al livello locale, la vecchia ala destra domina ancora in molte circoscrizioni e ci sono ancora consigli comunali laburisti che fanno passare i tagli alla spesa sociale proposti dai conservatori, che colpiscono ampi settori della popolazione.
Se le organizzazioni di massa dei lavoratori, sia i sindacati che le loro rappresentanze politiche, avessero offerto una via d’uscita rivoluzionaria dalla crisi in cui si trova la società, una parte significativa dei giovani musulmani si sarebbe potuta unire al resto della gioventù in una lotta congiunta per cambiare la società. Sfortunatamente, in gran parte dei paesi, il movimento operaio è rimasto in silenzio o addirittura ha preso direttamente parte all’isteria anti-islamica creata dalla destra, invocando per esempio controlli sull’immigrazione, in un contesto in cui la discriminazione contro gli immigrati, e i musulmani in particolare, stava già crescendo.
In questo vuoto a sinistra, una parte della gioventù musulmana, in cerca di una via d’uscita concreta dalla crisi attuale – con la crescita dei livelli di povertà, la disoccupazione… il tutto condito dall’aumento del razzismo –, può cadere preda dei fondamentalisti islamici, che predicano idee come quella del “Califfato”. Questo è presentato come una sorta di paradiso idilliaco sulla terra, dove si provvederà a tutti i bisogni sociali della popolazione: una specie di stato sociale, che comprende un reddito garantito per tutti e via dicendo. E’ concepito come l’istituzione di un unico Stato, il Regno di Dio, sotto la legge divina, in maniera non tanto diversa da quanto previsto dai Testimoni di Geova.
Tale Stato idilliaco, tuttavia, non verrà conquistato attraverso la lotta di classe. Un’idea del genere è un’anatema per tutte le religioni. No, lo Stato idilliaco avrà un leader, che, con la benedizione di Dio, garantirà giustizia, legge e ordine e provvederà ai poveri. Così tutto si basa su un leader benevolo: chiaramente un’illusione utopica e reazionaria, poiché il suo fine è di trattenere la classe operaia dall’adottare la lotta di classe per risolvere i suoi problemi, preservando pertanto la società divisa in classi con tutte le sue ingiustizie.
Allo stesso tempo, questi gruppi reazionari si battono per la distruzione della scienza e della cultura, presentate come mali della civiltà moderna. Lo nascondono dietro una retorica “anti-imperialista” e si presentano come combattenti contro gli oppressori stranieri. In realtà collaborano con l’imperialismo nel combattere la sola vera forza in grado di liberare l’umanità, la classe lavoratrice. Questo spiega perché sono anche a favore della distruzione delle organizzazioni dei lavoratori e dei poveri, come per esempio i sindacati e i partiti operai. Esprimono così una forma di capitalismo più reazionaria e barbarica, al servizio sia degli imperialisti che delle élite locali.
Dobbiamo però chiederci: come hanno fatto organizzazioni come l’Isis a riuscire ad attrarre un settore di giovani a questi ideali? La risposta si trova nelle campagne isteriche contro i musulmani e nella mancanza di una chiara presa di posizione rivoluzionaria e anticapitalista da parte dei dirigenti della classe operaia. Molti dei dirigenti della cosiddetta sinistra e dei sindacati sono stati infatti al gioco della retorica razzista della destra e hanno sostenuto attivamente le guerre imperialiste in Iraq e Afghanistan, che a loro volta hanno radicalizzato ulteriormente una parte dei giovani musulmani.
I Tory portano avanti politiche sociali ed economiche draconiane, rendendo la vita sempre più difficile ai lavoratori e, come abbiamo visto, la popolazione islamica ne è particolarmente colpita. Nel frattempo, a livello locale, il partito laburista ha continuato nella politica di tagli alla spesa degli enti locali e, a livello nazionale, assistiamo alla lotta all’interno del partito tra l’ala destra, radunata attorno a Tom Watson, e il gruppo di Corbyn. Non dimentichiamoci che Watson si sta battendo per continuare con le vecchie politiche del New Labour di Blair, cioè con l’austerità, le privatizzazioni e così via. Sotto Blair, questo era anche il partito che si imbarcò nella guerra in Iraq e fece concessioni alla retorica anti-musulmana, rivendicando controlli sull’immigrazione e contribuendo a creare un’atmosfera di paura degli stranieri che “ci rubano il lavoro, le case” ecc.
Partiti come l’UKIP sono sorti sull’onda della propaganda anti-immigrazione. Quando l’UKIP ha conquistato un settore della classe operaia, ci è stato detto che per riconquistarlo avremmo dovuto adottare una parte della loro retorica anti-immigrati. E invece nel 2017 abbiamo visto come il partito laburista, guidato da Corbyn, sia riuscito a riconquistare una parte di questo voto operaio, grazie ad una campagna elettorale su temi che toccano più da vicino la classe lavoratrice, come i tagli al sistema sanitario nazionale e l’austerità in generale. Un partito laburista che combatte su queste questioni può unire la classe operaia, al di là delle sue divisioni etniche.
Supremazia bianca e identità cristiana
L’altro lato della medaglia di questa situazione è che la povertà, il problema abitativo, il calo dei salari reali, i tagli ai sussidi e così via, hanno colpito anche gran parte della popolazione non musulmana. Secondo le cifre fornite dalla Resolution Fondation, il 2017 ha registrato la più grande crescita della povertà fin da quando Margaret Thatcher era al potere. Secondo un articolo del Guardian:
“Più di 14 milioni di persone, inclusi 4,5 milioni di bambini, stanno vivendo sotto il livello di sussistenza, con più della metà di loro intrappolate nella povertà per anni… Il 12% della popolazione totale della Gran Bretagna si trova in una situazione di povertà “persistente”, il che significa che hanno trascorso tutti gli ultimi quattro anni, o la maggior parte di questi, sotto la soglia di sussistenza.”
Laddove la sinistra ufficiale abdica al suo compito di fornire una spiegazione del perché tutto questo sta accadendo e di che cosa si può fare in proposito, si apre uno spazio per la propaganda di estrema destra. Questo crea le condizioni in cui possono operare organizzazione apertamente fasciste.
Una forma estrema di fondamentalismo cristiano è ad esempio “Identità Cristiana”, un’organizzazione apertamente razzista e suprematista bianca, che crede che solo i “bianchi” germanici o nordici siano i veri eredi degli antichi israeliti, e perciò il “popolo eletto” di Dio. Non è una Chiesa in quanto tale, ma una frangia di estrema destra, fascista, condivide queste idee e molti degli attacchi terroristici dei cosiddetti “lupi solitari” sono stati effettuati da individui o gruppi che aderiscono a questo modo di pensare.
C’è stato il famoso caso del 2011 in Norvegia, quando Anders Breivik, un fascista dichiarato, uccise 77 persone in due attacchi, e il più recente attacco a Christchurch, in Nuova Zelanda, che ha avuto caratteristiche simili, con l’autore che ha dichiarato di voler difendere l’identità europea, la cultura europea e così via.
Questi attacchi tendono a essere sepolti e dimenticati, mentre lo spettro del terrorismo islamico viene continuamente agitato dai media. La Lega Anti Diffamazione negli Stati Uniti ha però prodotto un rapporto a gennaio che afferma quanto segue:
“Nel 2018 estremisti interni hanno ucciso almeno 50 persone negli Stati Uniti, un netto aumento rispetto ai 37 omicidi collegati ad estremisti documentati nel 2017, ma un dato più basso rispetto al totale del 2015 (70) e del 2016 (72). I 50 morti fanno del 2018 il quarto anno più letale registrato dal 1970, per quanto riguarda omicidi interni legati all’estremismo. Gli omicidi legati all’estremismo nel 2018 hanno riguardato nella stragrande maggioranza dei casi estremisti di destra. Ciascuno degli autori aveva legami con almeno un movimento estremista di destra, sebbene uno di loro fosse passato di recente a sostenere l’estremismo islamico. Di solito sono i suprematisti bianchi ad essere responsabili della grande maggioranza degli omicidi.”
La maggior parte delle vittime in questi attacchi terroristici sono state provocate da estremisti bianchi, eppure questo non porta alle condanne diffuse che sentiamo quando un attacco è attribuito al terrorismo islamico. Così i media promuovono consapevolmene l’idea che la minaccia del terrorismo provenga dai musulmani, quando in realtà sono i “cristiani” bianchi di estrema destra che rappresentano il più grande rischio di violenza negli Stati Uniti.
L’ascesa dell’estrema destra è inevitabile?
I dirigenti della classe operaia hanno delle responsabilità in tutto questo, perché non stanno fornendo una via d’uscita da questo scenario che ha sempre più l’aspetto di un incubo. Il che spiega in che modo l’estrema destra – in collaborazione con la destra conservatrice più “rispettabile” – possa intervenire e offrire un’altra soluzione (razzista). Punta il dito accusatore contro gli immigrati come se fossero la causa della mancanza di lavoro, di case a prezzi accessibili, ecc. Gli stessi politici che usano la retorica anti-immigrati, parlando della necessità di controlli sull’immigrazione ecc., spesso fanno in modo che i richiedenti asilo siano nella maggior parte dei casi alloggiati nelle zone più povere, mentre – secondo una ricerca svolta dal Guardian – le aree a più alto reddito molto spesso non hanno alcun richiedente asilo: è questo un chiaro progetto volto ad innalzare le tensioni etniche.
In una situazione dove i posti di lavoro diventato più scarsi, le persone sono costrette a lavorare per orari più lunghi e in condizioni più precarie, mentre i sussidi e i servizi sociali vengono tagliati, una parte della popolazione può diventare preda della propaganda dei politici di destra, che sfruttano questa situazione per promuovere i loro piani.
Siamo quindi condannati a vivere in un mondo con sempre più divisioni tra le persone? Siamo destinati a vedere una crescita inesorabile sia del fondamentalismo religioso reazionario, in tutte le sue forme, sia dei gruppi politici di estrema destra? A stare ad ascoltare molti intellettuali e commentatori della cosiddetta sinistra, la situazione sembrerebbe davvero tragica, ma questo vorrebbe dire fermarsi alla superficie della situazione e non vedere quello che si sta sviluppando nel profondo della società.
Nel 1905, quella che sarebbe diventata la prima rivoluzione russa, iniziò come una protesta guidata dal Pope Gapon, un sacerdote cristiano ortodosso. I lavoratori russi, che avrebbero fatto tre rivoluzioni fra il 1905 e l’ottobre del 1917, all’inizio avevano ancora molti pregiudizi, compresi quelli religiosi. Tra di questi c’era anche il pregiudizio anti-semita, fomentato dalla gerarchia della Chiesa ortodossa russa.
Solo poco più di vent’anni prima, tra il 1881 al 1884, una grande ondata di pogrom contro gli ebrei si era sviluppata per tutto l’impero russo, in particolare in Ucraina e in Polonia. Successivamente, poco prima e dopo la rivoluzione del 1905, ci fu un’ondata ancora più sanguinosa di pogrom (1903-1906), che portarono alla morte di circa 2.000 ebrei. Tra il 1881 e il 1917 la persecuzione degli ebrei fu condotta ufficialmente dallo Stato zarista, che promosse attivamente le azioni anti-semite come un mezzo per distrarre l’attenzione dal vero nemico: la monarchia zarista e i capitalisti e i proprietari terrieri che la sostenevano. Si sarebbe potuto facilmente trarre la conclusione che la situazione fosse disperata.
Lenin e i bolscevichi, tuttavia, lottarono contro questo veleno da un punto di vista rivoluzionario e socialista. Alla fine del marzo 1919 Lenin tenne un discorso in cui disse quanto segue:
“Non sono gli ebrei i nemici dei lavoratori. I nemici degli operai sono i capitalisti di tutti i paesi. Fra gli ebrei vi sono operai, lavoratori: questi sono la maggioranza. Sono nostri fratelli oppressi dal capitale, nostri compagni di lotta per il socialismo. Fra gli ebrei vi sono kulaki, sfruttatori, capitalisti, come ve ne sono fra i russi, come ve ne sono in tutte le nazioni. I capitalisti si sforzano di seminare e attizzare l’odio tra gli operai di diversa fede, di diversa nazionalità, di diversa razza. Chi non lavora si mantiene con la forza e col potere del capitale. I ricchi ebrei, come i ricchi russi, come i ricchi di tutti i paesi, sono alleati gli uni agli altri, schiacciano, opprimono, spogliano, dividono gli operai.
Vergogna allo zarismo maledetto che ha torturato e perseguitato gli ebrei. Infamia e disonore su coloro che seminano l’odio contro gli ebrei, che seminano l’odio contro le altre nazioni.
Viva la fiducia fraterna e l’alleanza degli operai di tutte le nazioni nella lotta per l’abbattimento del capitale.” (Lenin, Sulla persecuzione e i pogrom degli ebrei, discorso registrato nel marzo 1919)
Fu durante l’insurrezione rivoluzionaria contro il vecchio regime che i lavoratori in Russia si unirono come una classe, riunendo popoli di tutte le etnie e tutte le religioni. I lavoratori e i contadini arrivarono a comprendere, attraverso la lotta in comune, che i loro nemici non erano i popoli con diverse religioni, lingue o culture, bensì la classe degli sfruttatori, dei latifondisti e dei capitalisti di tutti i paesi. Non è un caso che Marx ed Engels conclusero il loro Manifesto del partito comunista con le famose parole: “Che le classi dominanti tremino pure all’idea d’una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere, all’infuori delle loro catene: essi hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi, unitevi!”.
È necessaria una direzione rivoluzionaria
Per contrastare l’influenza crescente sia del fondamentalismo religioso che delle ideologie di estrema destra, ciò che serve è una direzione della classe operaia che spieghi le vere cause della crisi capitalista, perché stanno crescendo la povertà e la disoccupazione, perché le guerre e il terrorismo sono in ascesa, e che l’unica maniera per porre fine a tutto questo è attraverso il rovesciamento rivoluzionario del sistema alla base di questo inferno: il sistema capitalista.
Espropriando le multinazionali e le grandi imprese nazionali, i lavoratori del mondo avrebbero nelle loro mani le risorse materiali per porre fine all’attuale incubo. A miliardi di persone sembra che il mondo stia scivolando verso un disastro, che ad alcuni appare come l’avvicinarsi della fine del mondo, come predetto in varie sacre scritture. Ciò che si sta avvicinando, tuttavia, non è la fine del mondo, ma la fine di questa società divisa in classi.
Questo significa che la società capitalista non può più gestire la situazione con i vecchi metodi. Il problema è che nessuno sta offrendo un’alternativa concreta. Ma un’alternativa esiste. E’ una società in cui l’immensa ricchezza prodotta su scala globale è posta sotto il controllo di chi la produce.
L’anno scorso il numero di miliardari a livello mondiale è arrivato a 2.208 persone, con una ricchezza combinata di 9,1 trilioni di dollari. Nessuno può guadagnare questa cifra con il “sudore della fronte” come qualcuno vorrebbe farci credere. Sono in realtà “i salari non pagati della classe operaia” come scrisse Marx. Espropriare quella ricchezza e porla sotto il controllo dei lavoratori di tutto il mondo ci permetterebbe di iniziare costruire un paradiso in questa vita, la sola che c’è.
Una volta iniziato questo processo, allora la “Valle di lacrime” a cui si riferiva Marx finirebbe e con essa il desiderio per un mondo migliore dopo che ce ne saremo andati. Il che metterebbe fine una volta per tutte al fondamentalismo religioso in tutte le sue forme e più in generale farebbe venire meno la necessità della religione. Ed è questo il motivo per cui è un compito urgente costruire una tendenza marxista in tutti i paesi, non solo in quanto portatrice di un pensiero razionale e scientifico, ma anche di un programma economico globale in grado di offrire ai lavoratori del mondo una via d’uscita.