Le lotte nella logistica e l’unità di classe
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1 Aprile 2016Nella sera di domenica 28 marzo, un attentatore suicida si è fatto esplodere in un parco giochi a Lahore. Fino ad ora sono almeno 72 i morti accertati e più di 250 i feriti. Questo è l’ennesimo nella serie di attacchi terroristici che negli ultimi anni non si sono mai fermati in questa “terra dei puri” (il significato del termine “Pakistan”, ndt).
Questa volta le vittime della brutalità terrorista sono state donne e bambini che si godevano un momento di svago al parco Gulshan-e-Iqbal. L’attentatore suicida si è fatto esplodere al cancello di uscita vicino alle altalene dove giocavano i bambini. Ha scelto il momento in cui il parco era più affollato, visto che era anche la domenica di Pasqua, quando molte famiglie cristiane, che sono una piccola minoranza in Pakistan e sono uno degli strati più poveri e svantaggiati, erano venuti a godersi una giornata all’aperto. Questo parco è uno dei pochi luoghi di ricreazione per le famiglie della classe operaia, siccome gli spazi per tale divertimento stanno diventando sempre meno disponibili a causa della crescente ferocia degli accaparratori della terra.
Dopo questo attacco, ancora una volta i media borghesi hanno pubblicato le loro “sensazionali” notizie di cronaca e tutti i canali televisivi hanno cercato di vendere questa morbosa brutalità al prezzo più alto possibile. Come al solito, i politici hanno rilasciato dichiarazioni di condanna e sono stati convocati incontri “ad alto livello” dal capo dell’esercito e dal primo ministro Nawaz Sharif. Il capo dell’esercito ha anche dato il via libera ad una operazione contro i terroristi nel Punjab. Analisti ed editorialisti sono nuovamente apparsi nei talk show televisivi maledicendo la mancanza di sicurezza nel parco e l’inefficienza dei funzionari di sicurezza locali. I partiti di opposizione hanno utilizzato questa occasione per attaccare l’incapacità del governo di gestire gli affari del paese e hanno richiesto un’inchiesta sull’incidente. Molti analisti “seri” hanno cercato di spiegare la storia del fondamentalismo in questo paese, “apprezzando” il ruolo dell’esercito nella lotta contro il terrorismo. Le dichiarazioni di condanna a questo attentato sono anche arrivate dai leader di altri paesi del mondo.
In Pakistan, questa è diventata la prassi abituale dopo tali fatti e non c’è nulla di nuovo per le persone che guardano le pozze di sangue, i feriti trasportati dalle ambulanze e i pianti e i lamenti dei familiari delle vittime sugli schermi televisivi. Ma le masse lavoratrici di questo paese non ne possono più dei raggiri dei politici e delle autorità statali. Questi attacchi delle forze fondamentaliste reazionarie contro vittime innocenti stanno fomentando sempre più rabbia e accanimento contro questo fanatismo religioso. Tutto questo si aggiunge alla rabbia e al furore per le condizioni di vita già difficili, in cui i bisogni essenziali di esistenza diventano ogni giorno sempre più costosi.
Maggiore sicurezza?
Il grido di battaglia di tutti i leader politici, dei generali dell’esercito e dei cosiddetti intellettuali pakistani dopo ogni attentato è quello di invocare una maggiore sicurezza. Dopo questo ultimo fatto brutale si sta dicendo che non c’erano telecamere nel parco e la sicurezza ai cancelli d’ingresso non era sufficienti. Inoltre, il capo dell’esercito ha deciso di proseguire il Piano d’azione nazionale (un programma antiterrorismo, inaugurato nel gennaio 2015) con più forza e sradicare la minaccia del terrorismo dal Paese.
Questo Piano d’azione nazionale è stato ideato dopo il brutale attacco terroristico del 16 dicembre 2014 contro la Army Public School di Peshawar, quando ci sono stati più di 130 morti, compresi degli studenti, la maggior parte dei quali erano figli di ufficiali dell’esercito. Da allora questo piano è stato presentato come la principale linea adottata dalle autorità dello Stato e su tutti i media viene illustrata la determinazione da parte del capo dell’esercito per mettere fine al terrorismo nel paese.
Tuttavia, nonostante tutte queste dichiarazioni e gli sforzi superficiali, il terrorismo rialza la testa regolarmente e manda in mille pezzi continuamente tutti questi vuoti slogan. Nel recente attacco di gennaio alla Bacha Khan University, dato che i terroristi sono entrati nel campus la mattina presto, da alcune parti si è affermato che i servizi di sicurezza avevano fallito. Ma il portavoce dell’esercito ha risposto che i servizi di sicurezza pakistani sono i migliori al mondo e non possono fallire e che i terroristi erano potuti entrare nell’università per la fitta nebbia di quella mattina. Se non ci fosse stata la nebbia la nostra sicurezza sarebbe stata assicurata!
È palesemente ovvio che nessun aumento delle misure di sicurezza nei parchi, nelle stazioni degli autobus e nei centri commerciali può garantire la fine del terrorismo. Inoltre, telecamere e funzionari della sicurezza non possono essere collocati ad ogni angolo di tutto il paese. Per la mentalità poliziesca, priva di una qualsiasi base di buon senso, per mettere fine ai reati l’unica cosa necessaria è quella di avere più forze di polizia che criminali. Ma questa è solo una presa in giro che serve per calmare le masse infuriati ed eludere la responsabilità dei funzionari del governo. Infatti, dopo ogni incidente del genere e con la campagna pubblicitaria per una maggiore sicurezza, miliardi di rupie di denaro pubblico vengono impegnati in contratti per le misure di sicurezza, diventando in seguito fonte di profitto per le aziende coinvolte nella fornitura di personale e attrezzature di sicurezza. I politici e i funzionari statali, tra cui gli alti generali, beneficiano delle tangenti e delle commissioni da questi contratti. Ad ogni negoziante del paese è stato chiesto di provvedere alla propria sicurezza. Ogni complesso residenziale privato, istituto e dipartimento scolastico ha il proprio personale di sicurezza. Va da sé che le società di sicurezza, per lo più gestite da ufficiali dell’esercito in pensione, stanno nuotando ovunque in enormi profitti grazie a questi attacchi terroristici.
Tuttavia la cosa più importante di tutte è che lo stato utilizza l’emergenza terrorismo per limitare qualsiasi tipo di attività politica e dissenso delle masse. Dopo l’attentato all’Army Public School di Peshawar c’è stato un movimento studentesco che si stava sviluppando in tutto il paese e gli studenti stavano già per uscire in segno di protesta contro questa brutalità, ma con la scusa della sicurezza e delle minacce del terrorismo tutte le istituzioni educative del paese sono state chiuse per tre settimane. In seguito sono state riaperte con maggiori misure di sicurezza e filo spinato su ogni muro. Poi, nel 2015 gli studenti sono tornati a lottare e le proteste studentesche sono aumentate in diversi campus contro le autorità universitarie. Soprattutto all’università di Peshawar, stava prendendo piede un movimento contro la privatizzazione e l’aumento delle tasse. All’inizio di quest’anno, a gennaio, un attacco terroristico alla Bach Khan University a Charsadda vicino a Peshawar ha nuovamente dato allo Stato la scusa per reprimere tutti i tipi di attività politica nei campus di tutto il paese. Tutti gli istituti scolastici del paese sono rimasti chiusi per parecchi giorni. Quando sono stati riaperti, la sicurezza era stata potenziata. Adesso gli studenti di un ostello non sono autorizzati ad entrare in un altro. Non sono permessi raduni di studenti. Vengono controllate le carte d’identità ad ogni ingresso di ostelli e facoltà e perfino nelle aule. Un clima di paura e di intimidazione prevale in tutti i campus e gli studenti rischiano severe misure disciplinari se esprimono un qualsiasi tipo di dissenso. Infatti i sindacati degli studenti sono vietati da trent’anni e non esiste un’organizzazione di sinistra attraverso la quale gli studenti possano esprimere le proprie opinioni. In aggiunta a tutto questo, l’aumento della spesa per la sicurezza viene aggiunto alle tasse degli studenti, visto che il governo sta rapidamente tagliando il già piccolo budget sulla spesa sanitaria e l’istruzione.
Negli ultimi anni abbiamo visto molte volte come queste attività terroristiche siano state utilizzate per minacciare le masse coinvolte nell’attività politica. Quando il 18 ottobre 2007, Benazir Bhutto giunse in Pakistan, dopo essersi auto-esiliata per molti anni, centinaia di migliaia di persone erano andate ad accoglierla. Lei stessa era stupita nel vedere questa massa inaspettata di persone all’aeroporto di Karachi. Quel movimento è stato fermato dagli attacchi suicidi che hanno fatto più di 150 morti e centinaia di feriti. Un grande comizio che avrebbe potuto raccogliere più di due milioni di persone è stato poi revocato. Benazir Bhutto fu assassinata il 27 dicembre dello stesso anno, che ha fermato il movimento di massa che si andava organizzando intorno alla sua figura.
C’ è del metodo in questa follia?
Negli ultimi anni abbiamo visto molti casi in cui questi attacchi terroristici si sono verificati ad intervalli regolari per frenare qualsiasi attività politica delle masse. Questo ci costringe a chiederci se c’è del metodo dietro a questa follia. Un argomento comune riguardo a questa minaccia è che il mostro di Frankenstein del fondamentalismo islamico – costruito dall’ISI e dall’esercito pakistano e sponsorizzato dalla CIA durante la Jihad afgana contro l’invasione sovietica – sia andato fuori controllo ed ora si rivolga contro i propri padroni. Tuttavia, è anche vero che senza il sostegno sia palese che occulto delle fazioni all’interno dello Stato pakistano e delle altre potenze imperialiste, non avrebbe potuto continuare.
Lo Stato pakistano, più diviso di quanto non lo fosse nel 1980, è sempre in lotta al suo interno per il bottino e il saccheggio delle risorse di questa terra. L’enorme afflusso di denaro nero proveniente dal traffico di eroina, dal contrabbando di armi e di altre merci, è anche una fonte di conflitto tra queste fazioni in lotta. Questo porta ad attacchi di una fazione contro l’altra tramite procura dei fondamentalisti islamici di qualsiasi genere.
L’attacco terroristico al quartier generale dell’esercito pakistano a Rawalpindi e altri tentativi simili contro diverse risorse strategiche dello Stato possono essere visti come parte di questa lotta tra fazioni all’interno dello Stato. Però la popolazione osserva anche come non ci siano stati attacchi terroristici contro le manifestazioni di massa e i sit-in, che sono continuati per diversi mesi, del partito di destra PTI a Islamabad. Insieme al fenomeno degli strateghi “seri” che tirano le fila di questi terroristi per i propri interessi, questi gruppi hanno anche propri limitati movimenti indipendenti che a volte si scontrano con gli interessi dei loro padroni.
Ci sono anche altri aspetti in questo puzzle che vede varie potenze imperialiste farsi coinvolgere in questo scenario cruento, utilizzando questi elementi per promuovere i propri interessi strategici. Come Al Qaeda è stata usata come pretesto per invadere l’Iraq, allo stesso modo questi gruppi terroristici sono necessari per continuare giustificare la vendita di droni e altre attrezzature militari all’esercito degli Stati Uniti e ad altri eserciti. Tutte queste parti del puzzle dovrebbero essere uniti assieme per trovare la strategia che sta dietro questa follia. In ultima analisi, alla base di tutto questo c’è il sistema capitalista, che nella sua epoca di decadenza senile non ha nulla da offrire se non carneficine, spargimenti di sangue e sofferenze.
La recente escalation di violenza e la feroce intensità delle guerre civili in corso in Medio Oriente hanno inoltre gettato benzina sul fuoco. La classe dirigente saudita ha sempre usato lo stato pakistano e i fondamentalisti islamici come tirapiedi per influenzare la politica nella regione. In Pakistan, migliaia di madrasse sono direttamente sponsorizzate dai re sauditi e decine di gruppi religiosi ottengono aiuti finanziari regolari dai loro padroni a Riyadh. L’Arabia Saudita è stata uno dei primi paesi a riconoscere il governo talebano in Afghanistan nel 1996. Da allora hanno continuamente usato queste tirapiedi per promuovere i propri interessi.
L’accordo Iran-Stati Uniti cambia l’equilibrio delle forze
Tuttavia, nel passato, i loro amici a Washington non hanno avuto alcun problema per appoggiare tutto questo. Ma la recente svolta in Medio Oriente e i legami divenuti più stretti tra il regime iraniano dei Mullah e gli imperialisti USA ha cambiato l’equilibrio delle forze. Quindi diventa sempre più difficile servire padroni diversi allo stesso tempo per un lacchè come lo stato pakistano.
La settimana scorsa il presidente iraniano Hassan Rouhani era in Pakistan e si è incontrato con il primo ministro Nawaz Sharif e con il capo dell’esercito, il generale Raheel Sharif. È stata la prima visita di un presidente iraniano da quando sono state revocate le sanzioni contro l’Iran. È stato affermato che lo scopo della visita era il rafforzamento dei legami economici e il potenziamento delle relazioni commerciali tra due paesi.
Questo ha sicuramente fatto suonare i campanelli d’allarme a Riyadh. I sauditi hanno già offerto che sia il generale Raheel Sharif a guidare la coalizione militare dei trentaquattro paesi islamici recentemente messa insieme dall’Arabia Saudita. Con gli imperialisti americani ora dalla parte degli iraniani e con le sanzioni economiche revocate, i sauditi e loro sodali in Pakistan vedono allentata la loro presa sullo stato, lo stesso stato che avevano finanziato massicciamente negli ultimi decenni, soprattutto attraverso le esportazioni di petrolio con pagamenti differiti.
Dovranno quindi provare a fare del loro meglio per impedire all’Iran di aumentare la propria influenza all’interno del Pakistan e useranno i loro sodali per sabotare tali sforzi. D’altra parte, gli iraniani stanno utilizzando mezzi ufficiali e non ufficiali per raccogliere consensi all’interno della classe dominante pakistana. Per favorire i propri interessi stanno anche finanziando i gruppi fondamentalisti sciiti in Pakistan. Dopo aver visitato il Pakistan, il presidente Rouhani è andato a Delhi in visita ufficiale per rafforzare i legami con l’India. Tutto questo rivela che la situazione e l’equilibrio di forze nella regione sono mutati, cosa che farà acuire le contraddizioni e porterà allo scoperto nuove alleanze e rivalità. Anche se, alla fine dei conti, è la gente comune che soffrirà gli effetti di queste manovre imperialiste.
Tuttavia, l’aspetto più importante di questa situazione è l’odio generale delle masse pakistane nei confronti dei fondamentalisti, nonostante tutti gli sforzi delle varie fazioni dello stato per creare un sostegno a queste forze. All’epoca della Jihad afgana nel 1980, questi bigotti avevano trovato un terreno fertile tra alcuni dei settori più primitivi e reazionari della società. Dopo la sconfitta della rivoluzione del 1968-1969 e la caduta del governo Bhutto, l’intera società è stata stretta da un’onda contro-rivoluzionaria. I semi di tutte quelle forze barbariche che ora infestano la società sono stati seminati allora. Nawaz Sharif, il MQM, i vari fondamentalisti islamici e le forze di destra sono stati promossi in quel momento dai generali dell’esercito in mezzo alla frenesia del Jihad afghana che successivamente ha raccolto il sostegno degli elementi conservatori della società. Sebbene sia anche vero che si vedeva una polarizzazione di classe ancora molto acuta e una forte capacità di recupero da parte delle masse lavoratrici nel movimento per il ripristino della democrazia (MRD) e nell’ascesa nel PPP di Benazir Bhutto alla fine degli anni ottanta.
Durante tutti questi anni, queste forze politiche sono state messe di volta in volta alla prova dalle masse una volta andate al potere, ma tutte hanno fallito. Infatti le sofferenze delle masse e le difficoltà della vita quotidiana sono aumentati in continuazione e alla fine ha portato ad un rifiuto di tutte queste forze. Un’altra opzione per lo Stato pakistano era quella di utilizzare l’esercito. L’esercito è intervenuto molte volte in 70 anni di storia di questo paese, per “spazzare via” i politici corrotti e riportare tutto in “ordine”. Ma poi gli stessi generali in carica dell’esercito hanno dovuto affrontare l’ira delle masse a causa delle loro ruberie, così gli stessi politici corrotti che erano stati precedentemente cacciati hanno potuto nuovamente cavalcare l’ondata di dissenso con il grido di battaglia del “ripristino della democrazia”.
L’esercito e i partiti tradizionali sono tutti screditati
In questo momento lo stesso esercito non solo è lacerato da lotte di fazioni e lotte intestine, ma è anche emerso come il più grande espropriatore ed accaparratore di terra nel paese. Le società immobiliari (Housing Societies) fondate dall’esercito per l’élite, si moltiplicano in quasi tutte le città del paese. Anche il sostegno segreto che settori dell’esercito danno ai terroristi è ora un segreto di Pulcinella. Tutto questo ha lasciato poco tempo e spazio perchè i generali dell’esercito potessero prendere in mano le redini del comando e sostituire i politici corrotti, come avrebbero fatto in passato.
A parte l’impotenza dei generali dell’esercito, in questo momento nessun partito politico nel paese ha il rispetto o l’autorità tra la popolazione. Quasi tutti i partiti sono nei governi federali o provinciali e sono coinvolti dalla testa ai piedi nella corruzione e nelle ruberie. Oltre a ciò, non vi è alcuna differenza nel loro programma economico e tutti seguono i dettami del FMI e della Banca Mondiale nel portare avanti le loro politiche.
In questa situazione alcuni settori dello Stato hanno cercato di sostenere nuovi partiti populisti attraverso campagne sui media e finanziamenti di stato, ma non sono riusciti ad ottenere l’appoggio di qualsiasi parte significativa della società. Imran Khan (ex campione di cricket, fondatore del Movimento per la giustizia – Pakistan Tehreek-e-Insaf), che inizialmente ha attirato una grossa fetta degli studenti nelle grandi città, ha ora perso slancio e sta annaspando tra uno stratagemma e l’altro. Si sta formando un nuovo partito a Karachi, nel tentativo di mantenere il controllo dello Stato sulle masse di lingua urdu nella metropoli, ma anche questo sembra essere un altro flop.
In questa situazione il terrorismo diventa uno strumento fondamentale nelle mani degli strateghi dello Stato per tenere le masse sotto controllo e montare l’odio settario e religioso, secondo la logica del divide et impera. Lo stesso giorno in cui c’è stato a Lahore un attentato suicida, alcune migliaia di mullah si erano riuniti a Rawalpindi per le condoglianze all’impiccagione dell’assassino Mumtaz Qadri – il quale aveva ucciso un politico considerato un “riformista” – e non solo sono stati lasciati liberi di farlo ma hanno avuto il permesso di far ricorso ai disordini mentre entravano nella Zona rossa di Islamabad. L’ultima notizia è che stanno ancora continuando il loro sit-in davanti al Parlamento. Tutti questi incidenti sono utilizzati dallo Stato, con i media come complici, per diffondere paura e intimidazione tra le masse e per far sì che non facciano richieste.
Non è un segreto che le classi lavoratrici pakistane non abbiano mai sostenuto questi piccoli gruppi di fondamentalisti e che abbiano condotto di volta in volta delle lotte incessanti contro di loro. Al momento sono in corso centinaia di lotte dei lavoratori in tutto il paese, per l’aumento dei salari, per migliori condizioni di lavoro, contro le privatizzazioni e altre questioni fondamentali che non sono evidenziate dai media borghesi. In tutte queste lotte i lavoratori combattono contro i loro padroni e la polizia su una base di classe, mettendo da parte ogni divisione settaria, nazionalista, linguistica o su linee religiose.
Tutti questi movimenti diffusi devono ancora unificarsi in un grande movimento di massa della classe operaia che sfiderà questo stato draconiano e i suoi crudeli tirapiedi terroristi. Questo è ciò che spaventa le classi dominanti e stanno facendo del loro meglio per ostacolare tale processo con diversi mezzi. Il recente sciopero degli operai della PIA, durata otto giorni, è stato un assaggio dei tempi che verranno. Centinaia di lavoratori hanno fermato tutte le operazioni e si sono uniti nella richiesta di porre fine alla privatizzazione. Questo ha trovato una eco tra i lavoratori delle ferrovie, della WAPDA (Water and Power Development Authority) e di altri settori e la questione dello sciopero generale è stata posta oggettivamente. Lo stato ha fatto ricorso alla repressione e ha aperto il fuoco sui manifestanti uccidendo due lavoratori a Karachi. I governanti che stanno ora versando lacrime di coccodrillo sulle uccisioni di ieri a Lahore sono gli stessi che hanno ordinato il massacro a Karachi. Si stanno preparando misure più repressive da parte di questi governanti per frenare le masse in futuro.
Tuttavia, nonostante tutte questi provvedimenti, il decadimento del sistema capitalista non può essere evitato e porterà ad un acuirsi delle contraddizioni di classe nel prossimo periodo. Queste lotte daranno origine a nuove forze a destra e a sinistra, preparando la guerra di classe. Solo la vittoria della classe operaia in questa lotta epica e il rovesciamento del sistema capitalista garantiranno la fine del terrorismo e dei brutali attentati omicidi una volta per tutte.
Avanti verso la rivoluzione socialista per porre fine al terrorismo!
Morte al capitalismo! Morte all’imperialismo!