La lotta di classe in Messico e la necessità urgente di una direzione coordinata
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24 Gennaio 2017Oggi, 20 gennaio, Donald Trump presta giuramento come 45° Presidente degli Stati uniti. Manifestazioni di protesta sono previste in tutto il paese. I compagni della Workers International League, la sezione della Tendenza marxista internazionale negli Usa, saranno in prima fila, evidenziando la necessità di un programma rivoluzionario in questa lotta.
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Lo scorso 8 novembre Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti. Sebbene l’entrata in carica sia prevista solo per il 20 gennaio, la notte stessa in cui sono stati resi pubblici i risultati si sono sviluppate mobilitazioni che hanno riunito migliaia di studenti e lavoratori, da New York all’Indiana fino a Oakland e a Minneapolis. Disgustati dal risultato, i manifestanti hanno sfilato gridando “Not my president” e “Racist, sexist, KKK: Donald Trump go away!” (“Non è il mio presidente” e “Razzista, sessista, Ku Klux Klan: Trump vattene”), mentre gli studenti dell’Ucla (la pubblica Università della California, Los Angeles) entravano in mobilitazione occupando in migliaia l’università. Mentre scriviamo, queste mobilitazioni continuano in tutti gli Stati Uniti, da nord a sud e coinvolgono un numero sempre maggiore di studenti e lavoratori che rifiutano il risultato delle elezioni.
Il governo di Trump si prefigura come uno dei più reazionari della storia degli Stati uniti. Pieno di generali guerrafondai alla Difesa e agli Interni e di amici di Wall Street ai dicasteri economici, al lavoro avrà Andy Pudzer, un magnate degli hamburger, all’ambiente Scott Pruitt l’avvocato delle multinazionali del petrolio, alla Sanità Tom Price, un accanito oppositore della sanità pubblica. E potremmo andare ancora avanti…
Un governo che scatenerà un attacco senza precedenti ai lavoratori, alle minoranze etniche e religiose, alla gioventù. Un presidente votato da meno del 25% degli aventi diritto, che ha avuto solo la fortuna di raccogliere il sentimento anti-Clinton presente nella società. Le manifestazioni che si susseguono in tutti gli Usa non possono essere interpretate come un sostegno alla Clinton, ma esprimono tutta la rabbia sociale accumulata in questi ultimi anni di crisi che scende in piazza contro Trump, la Clinton e tutto il sistema. Lo si può vedere in molte interviste rilasciate dai manifestanti. Si tratta del preludio di un grande movimento che raccoglie l’eredità degli scioperi del Wisconsin, del movimento Occupy e del più recente Black Lives Matter, ma anche di tutto il sostegno dato a Sanders durante le primarie democratiche. Sanders stesso avrebbe potuto porsi come dirigente di questo movimento: di più, se si fosse candidato formando un blocco socialista, indipendente e equidistante dai due candidati borghesi, il risultato delle elezioni sarebbe stato ben diverso!
Ad ogni modo, il tradimento da parte di Sanders si era consumato già nel luglio scorso quando, a Filadelfia, ha pubblicamente sostenuto la Clinton per non far vincere il “razzista e fascista” Trump. Non ha funzionato: non si combatte la destra sostenendo da una posizione subalterna chi distrugge i diritti dei lavoratori, come la Clinton e i democratici.
Nelle parole di Robert Reich, ex ministro nell’amministrazione di Bill Clinton (di certo non un bolscevico), “quello che è successo in America va inteso come un ripudio della struttura di potere americana. Al centro di tale struttura vi sono i leader politici di entrambi i partiti, con i loro operatori politici e raccoglitori di fondi; i principali mass media, concentrati a New York e a Washington; le principali corporation del Paese, insieme ai loro dirigenti, lobbisti e associazioni di categoria; le più grandi banche di Wall Street (…) e i ricchi che investono in politica.”
La Clinton è la diretta rappresentante di tutta questa “struttura di potere” e Sanders, sostenendola, ha frustrato le speranze della classe operaia passando nel campo avverso. Oggi Sanders si erge come il miglior candidato per una rigenerazione a sinistra del Partito democratico (raccogliendo applausi anche in Italia), ma tale “rigenerazione” non è possibile. I democratici rappresentano gli interessi della classe dominante e non possono in alcun modo essere lo strumento per l’emancipazione e la conquista del potere da parte dei lavoratori. Come disse lo scrittore Gore Vidal, i Repubblicani e i Democratici non sono altro che le due ali destre dello stesso partito, quello della classe dominante. Oggi la maggioranza della classe lavoratrice statunitense questo lo ha capito e agisce di conseguenza, al di fuori di queste formazioni: non per niente la Clinton ha perso sei milioni di voti rispetto a quelli presi da Obama nel 2008 (sebbene in questo periodo il numero degli aventi diritto sia aumentato di 18 milioni).
Negli Stati Uniti la classe lavoratrice sta prendendo atto del fallimento del capitalismo: mentre Sanders si è ridotto ad essere il cagnolino ai piedi della classe dominante statunitense, con scarsa influenza sulla società, migliaia di giovani e lavoratori si schierano nelle piazze contro il sistema e contro lo stesso Partito democratico. L’obiettivo di questo nuovo movimento è che si organizzi democraticamente per costruire un nuovo Partito dei lavoratori, dotato di un programma rivoluzionario volto ad abbattere l’ormai marcescente capitalismo americano.