La guerra per procura dell’imperialismo USA: combattere la Russia fino all’ultima goccia di sangue ucraino

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Non siamo in guerra solo per sostenere gli ucraini. Siamo fondamentalmente in guerra con la Russia, anche se per procura, ed è importante che la vinciamo”, ha affermato il deputato statunitense Seth Moulton durante un’apparizione a Fox News. Forse è stato più franco di altri, ma il messaggio è arrivato forte e chiaro dai rappresentanti ufficiali dell’amministrazione Biden. Alla domanda su cosa potrebbero considerare gli Stati Uniti come un ​​successo nella guerra, il segretario alla Difesa di Biden, Lloyd Austin ha detto “vogliamo vedere la Russia indebolita”.

Fin dall’inizio l’imperialismo statunitense l’ha considerata come una guerra per procura contro la Russia. In un primo momento pensavano che la Russia avrebbe raggiunto i suoi obiettivi rapidamente, da cui la chiusura dell’ambasciata americana e i piani per portare Zelensky fuori dal paese. Poi, quando la situazione si è stabilizzata e le forze ucraine hanno opposto una feroce resistenza (aiutate dall’intelligence e dai rifornimenti occidentali), gli Stati Uniti hanno iniziato a vedere un’opportunità per intensificare la guerra e assestare un colpo alla Russia.

Nelle ultime settimane sono stati più aperti a riguardo e a questo si è accompagnata un’escalation degli aiuti militari all’Ucraina per raggiungere tale obiettivo. La firma del disegno di legge Lease and Lend consente a Washington di rifornire l’esercito ucraino aggirando la burocrazia e i controlli. Ora hanno approvato un disegno di legge che prevede 40 miliardi di dollari di aiuti all’Ucraina, superiore anche ai 33 miliardi di dollari che Biden aveva inizialmente chiesto. Questo si aggiunge ai 13 miliardi di dollari già stanziati negli ultimi due mesi e rappresenta un massiccio aumento dello sforzo bellico da parte degli Stati Uniti.

Per mettere nel giusto contesto queste cifre, il budget totale per la difesa dell’Ucraina nel 2021 era di poco inferiore a 7 miliardi di dollari e il bilancio totale del paese per lo stesso anno era di appena 40 miliardi di dollari. La maggior parte di questo ultimo pacchetto di “aiuti” votato negli Stati Uniti (con il sostegno unanime dei Democratici, inclusa la “squadra” appoggiata dai DSA i Socialisti Democratici d’America) va direttamente in aiuti e forniture militari, con solo 8,8 miliardi di dollari di sostegno economico e 900 milioni di dollari in aiuto ai rifugiati ucraini negli Stati Uniti.

Non si tratta solo di aumentare la quantità di denaro, c’è anche un aumento qualitativo nel tipo di armi fornite, inclusi pezzi di artiglieria più potenti e a lungo raggio e droni d’attacco di alta gamma per distruggere i carri armati, alcuni dei quali sono già stati usati in Ucraina. L’idea è che questi pezzi di artiglieria, inclusi gli obici M777 forniti dagli Stati Uniti, i radar, ecc. consentano all’esercito ucraino di opporsi all’artiglieria russa che è superiore. I droni Switchblade compenserebbero la distruzione quasi totale della forza aerea ucraina.

L’incontro del 26 aprile presso la base aerea statunitense di Ramstein in Germania, che ha coinvolto 40 Paesi, di cui 14 non facenti parte della Nato, aveva proprio l’obiettivo di stabilire un meccanismo centralizzato e coordinato per la fornitura di armi all’Ucraina.

Lo scopo di queste consegne massicce è di diminuire il vantaggio che la Russia possiede sul campo di battaglia sulla base della sua forza aerea, dei carri armati e dell’artiglieria. Tuttavia, non è immediatamente chiaro quale livello di impatto possano avere sul corso effettivo della guerra queste armi appena consegnate. Questo tipo di armamenti richiedono l’addestramento dei soldati ucraini per poterli usare e necessitano anche di manutenzione. Solo ora centinaia di soldati ucraini vengono addestrati dagli Stati Uniti e dal Regno Unito sull’uso di queste armi. Inoltre, la Russia sta prendendo sempre più di mira le linee di rifornimento ucraine, rendendo più difficoltoso l’arrivo al fronte delle nuove apparecchiature. Il consigliere presidenziale Arestovych ha dichiarato che l’Ucraina potrà sfruttare appieno queste nuove armi “per lanciare un’offensiva” non prima di giugno.

Già a metà aprile, il Pentagono ha ospitato un incontro con gli otto maggiori produttori di armi del Paese per assicurarsi che avessero la capacità di soddisfare la crescente domanda proveniente dall’Ucraina. La produzione di missili antiaerei Stinger e di armi anticarro Javelin è in aumento, in alcuni casi con la produzione raddoppiata. Come sempre, i produttori di armi si stanno fregando le mani alla prospettiva di un conflitto prolungato. “La guerra è terribile, terribilmente redditizia”, come commentò ironicamente Lenin durante la Prima guerra mondiale.

Non sono solo gli Stati Uniti a intensificare l’intervento nella guerra in Ucraina. La nuova ritrovata sfacciataggine di Washington viene ripresa dalla Gran Bretagna, per le sue stesse ragioni. Oltre al tradizionale atteggiamento servile del cagnolino da questa parte dell’Atlantico, abbiamo un Primo Ministro che vuole disperatamente distogliere l’attenzione dai problemi interni ed è felice di girare per l’Europa in cerca di opportunità di scattare foto. Un giorno è a Kiev, a puntellare la risolutezza di Zelensky, il giorno dopo è in Svezia e Finlandia per offrire garanzie di sicurezza a entrambi i paesi prima della loro dichiarazione di adesione alla NATO. A ciò dobbiamo aggiungere un ministro degli Esteri che vuole disperatamente essere Primo Ministro e sta tentando di superare il guerrafondaio Boris, promettendo che la guerra non sarà finita fino a quando la Crimea non sarà tornata in mano ucraina, qualcosa a cui Zelensky aveva già rinunciato.

Come parte di questo cambiamento di strategia, gli Stati Uniti si sono aperti maggiormente sul grado di coinvolgimento che hanno avuto fin dall’inizio in questa guerra, vantandosi di condividere informazioni con l’esercito ucraino e di come questo ha permesso loro di prendere di mira i generali russi. La condivisione dell’intelligence, affermano gli Stati Uniti, ha anche giocato un ruolo nell’affondamento dell’incrociatore russo Moskva alcune settimane fa.

Quello che abbiamo è una guerra in cui l’imperialismo statunitense (con l’aiuto dei suoi alleati europei) fornisce consigli militari (probabilmente anche al livello di coordinare parti dello sforzo bellico ai suoi massimi livelli), intelligence, denaro, risorse, armi, addestramento… ma lascia che qualcun altro, in questo caso gli ucraini, fornisca la carne da cannone e subisca la distruzione bellica. Il repubblicano texano Dan Crenshaw lo ha affermato cinicamente senza mezzi termini quando ha giustificato il suo voto per il pacchetto di aiuti da 40 miliardi di dollari di Biden: “investire nella distruzione dell’esercito del nostro avversario, senza perdere un solo soldato americano, mi sembra una buona idea”. L’imperialismo statunitense è pronto a combattere Putin fino all’ultima goccia di… sangue ucraino!

Fin dall’inizio, l’imperialismo statunitense è stato profondamente coinvolto nella guerra, ma è chiaro che ora stanno calcolando che possono usarla per indebolire in modo decisivo la Russia, una potenza rivale che ha osato sfidarli. Intanto gli Stati Uniti stanno esercitando un’enorme pressione sull’Europa per riarmarsi, in modo che possa agire come l’avanguardia della potenza militare statunitense in Europa. Alcuni strateghi statunitensi calcolano anche che riarmare l’Europa e indebolire la Russia metterebbe Washington in una posizione migliore per affrontare il suo principale rivale nell’arena mondiale: la Cina.

Come parte di questa nuova fase della guerra, sono state esercitate forti pressioni sugli ucraini affinché rifiutino qualsiasi negoziato. A questo proposito, il quotidiano ucraino Ukrainska Pravda ha rivelato il ruolo giocato dalla visita di Boris Johnson a Kiev all’inizio di aprile.

Secondo il giornale: “La parte russa … era effettivamente pronta per l’incontro Zelenskyy-Putin”, qualcosa che Zelensky aveva chiesto. Ma poi secondo l’Ukrainska Pravda, che cita “fonti vicine a Zelensky… il Primo Ministro del Regno Unito Boris Johnson… apparso nella capitale quasi senza preavviso, ha portato due semplici messaggi. La prima è che Putin è un criminale di guerra, gli si dovrebbero fare pressioni, non negoziare con lui. E il secondo è che anche se l’Ucraina è pronta a firmare alcuni accordi sulle garanzie con Putin, loro [l’Occidente] non lo sono“. (Corsivo nostro)

Qui la vera posizione è messa chiaramente sotto gli occhi di tutti. È l’imperialismo occidentale, in questo caso Boris Johnson in qualità di inviato di Washington, che decide se ci possono essere negoziati o meno, e se gli ucraini oseranno firmare un accordo con Putin, basato sulle garanzie di sicurezza offerte da altri paesi, l’Occidente lo saboterà! E ci è stato detto che questa guerra veniva combattuta per difendere la sovranità ucraina!

Mappa dei gasdotti russi in Europa

Il punto è stato sottolineato all’inizio di maggio quando Zelensky ha accennato al fatto che per raggiungere un accordo di pace non avrebbe fatto pressioni sulla questione della Crimea, ma il giorno successivo il segretario generale della NATO Stoltenberg ha fatto notare che mentre i negoziati erano una questione per l’Ucraina, “i membri della NATO non accetteranno mai l’annessione illegale della Crimea”.

Evidentemente, gli Stati Uniti hanno sfruttato l’invasione russa dell’Ucraina per tentare di portare i suoi alleati europei sotto un controllo molto più stretto. La guerra è stata usata per giustificare un aumento qualitativo della spesa militare in Germania – e in molti altri paesi europei – così come l’invio di armi in Ucraina, cosa su cui in precedenza i tedeschi erano stati riluttanti. È servito anche come comoda scusa per la domanda di adesione alla NATO di Svezia e Finlandia.

Tra l’altro, ora sembra che Erdogan abbia mandato tutto all’aria opponendosi all’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO, con la scusa che questi stati “ospitano organizzazioni terroristiche” (un riferimento al PKK e al DHKP-C). Dal momento che la NATO, come l’UE, prende tale decisioni solo all’unanimità, la Turchia potrebbe porre il veto a questi due nuovi candidati. Probabilmente Erdogan sta solo cercando di usarla come leva per costringerli a espellere e bandire queste organizzazioni. Inoltre probabilmente sta dimostrando a Putin che può essere un utile alleato e in questo modo cerca di strappare alcune concessioni alla Russia per rafforzare il suo ruolo nel conflitto ucraino.

Qualunque siano le sue motivazioni, sembra che l’adesione accelerata di Svezia e Finlandia alla NATO non sarà così facile come prevedeva Washington. Anche l’ungherese Orban è in grado di sollevare obiezioni per le proprie ragioni e ottenere qualcosa in cambio.

 

Spaccature nella UE

Tuttavia, il quadro è tutt’altro che chiaro. La guerra ha portato in superficie le tensioni tra le potenze centrali in Europa (Germania e Francia), così come l’imperialismo statunitense e i suoi agenti diretti (in particolare Gran Bretagna e Polonia). Questo è particolarmente vero quando si tratta della questione del boicottaggio del gas e del petrolio russi. Il tentativo di introdurre un divieto sull’importazione di petrolio russo a livello europeo ha messo in evidenza queste contraddizioni. Per introdurre una tale misura, la UE necessiterebbe un voto unanime da parte dei suoi 27 membri, e già molti di loro hanno espresso riserve o un’aperta opposizione, tra cui Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Croazia, tutti paesi che dipendono fortemente dal petrolio russo, ad esempio la Croazia dipende al 90% dal petrolio russo. I paesi che ne dipendono per oltre il 50% delle loro importazioni totali includono Bulgaria, Polonia, Lituania, Finlandia e Lettonia. Un bando totale del petrolio russo colpirebbe gravemente anche l’industria marittima greca, che rappresenta la metà del trasporto totale battente bandiera UE di petrolio russo.

Finora è l’Ungheria a frenare il voto. I burocrati della UE stanno freneticamente cercando di aggirare il veto, offrendo denaro, concessioni, ritardi, esenzioni ai paesi più colpiti. Ciò rivela un problema più profondo all’interno della stessa Unione europea. La politica estera e gli interessi economici dei diversi paesi non necessariamente coincidono e, quindi, l’unione economica senza l’unione politica non può essere sostenuta nel lungo termine.

Ora sia il presidente francese Emmanuel Macron che la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen hanno suggerito di riformare la costituzione della UE per abolire il diritto di veto (che in pratica rappresenta l’unanimità obbligatoria nelle decisioni cruciali). Ma una mossa del genere richiederebbe… l’unanimità, che è molto improbabile che ottengano, per ovvi motivi. Se Germania e Francia continuano a spingere su questa strada, a lungo andare rischiano l’effettiva disgregazione della UE.

Tra l’altro, la disputa su ulteriori sanzioni contro la Russia da parte della UE mostra non unità quanto invece mancanza di unità da parte degli alleati di Washington nel continente. La ragione per cui stanno ancora discutendo in prima battuta di un bando del petrolio è perché i paesi europei dipendono per quanto riguarda il gas ancora di più dalla Russia e questo vale in particolare la Germania, la cui classe dominante prende le decisioni in Europa.

La prospettiva tanto decantata dell’adesione dell’Ucraina alla UE è più lontana che mai. Dopo aver affermato che il processo potrebbe richiedere decenni, Macron ha proposto che nel frattempo l’Ucraina possa entrare a far parte di una sorta di “comunità europea parallela”. Questa proposta farsesca è stata respinta a titolo definitivo da Zelensky.

Entrando in questa guerra, Putin ha calcolato che l’Europa era troppo dipendente dal gas e dal petrolio russi per tagliare completamente le sue fonti di finanziamento e che questo lo avrebbe aiutato a superare l’assalto delle sanzioni. La guerra in Ucraina ha già avuto un effetto a catena importante sul prezzo dell’energia e anche sui cereali e altri prodotti agricoli, a livello mondiale. È probabile che Putin ora calcoli di essere in una posizione migliore per sostenere una guerra prolungata e che le difficoltà economiche a un certo punto costringeranno gli europei a chiedere la pace. Non dimentichiamo che gli accordi originali di Minsk sono stati mediati nel cosiddetto “formato Normandia”, con il patrocinio di Germania e Francia.

Nel suo discorso nel Giorno della Vittoria, Macron ha affermato che “l’Europa non è in guerra con la Russia”. In una conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Sholtz ha aggiunto: “Ciò che vogliamo ottenere è un cessate il fuoco anticipato che consentirà di porre fine ai negoziati avviati tra le delegazioni di Russia e Ucraina per raggiungere la pace e un ritiro sostenibile delle truppe russe. Questo è il nostro obiettivo”. Questo è chiaramente in contrasto con gli obiettivi dichiarati degli statunitensi, che vogliono usare la guerra in Ucraina per indebolire in modo decisivo la Russia.

 

La situazione sul campo di battaglia

Sul terreno della guerra, è chiaro che i colloqui di pace non riprenderanno finché le due parti riterranno di poter ottenere guadagni sul terreno di battaglia. In questa nuova fase della guerra, la Russia sta concentrando tutte le sue forze sulla conquista di tutti i confini amministrativi delle regioni di Luhansk e Donetsk.

A questo punto, la resistenza ucraina a Mariupol è stata ridotta a una manciata di neo-nazisti incalliti del reggimento Azov (e forse poco altro, comprese le guardie costiere e i marines). Stanno facendo un gran clamore allo scopo di fare pressione su Zelensky e sull’Occidente perché trovino un modo per salvarli, attraverso uno scambio di prigionieri o forse l’intervento divino del Papa! La cosa logica da fare sarebbe arrendersi, dal momento che sono completamente circondati e senza modo di avere rifornimenti. Ma non possono, poiché questo sarebbe un duro colpo per il morale dei nazionalisti ucraini di estrema destra in generale, ma anche a causa del trattamento che rischiano di ricevere per mano delle milizie di Donetsk e Luhansk, che sarebbero desiderose di vendicarsi degli ultimi otto anni di terrore inflitto alla popolazione locale da queste bande.

Zelensky ha già detto che non esiste un modo militare per aiutarli. Questo è effettivamente vero, ma potrebbe anche implicare un certo grado di calcolo politico. Ad un certo punto, sa che dovrà firmare un accordo con la Russia e l’eliminazione di una grossa fetta delle forze neonaziste del battaglione Azov indebolirebbe un possibile elemento di opposizione a tale accordo. Anche ora, deve affrontare questa situazione con attenzione, poiché i sostenitori di Azov stanno cercando di sollevare l’opinione pubblica ucraina contro il governo, compreso anche l’uso di minacce personali contro il consigliere presidenziale Arestovych.

Per placare l’opinione di estrema destra, Zelensky ha lasciato intendere che sono in corso negoziati per consentire il recupero di coloro rintanati nello stabilimento di Azovstal. La Turchia ha proposto di ospitarli con la garanzia che non tornerebbero in Ucraina a combattere per tre mesi. Ma i russi si sono già rifiutati di accogliere la proposta.

L’andamento della guerra, all’11 maggio scorso

La situazione a Mariupol e il ritiro da Kiev e dal Nord hanno permesso alla Russia di spostare alcune delle sue forze verso quello che ora considera il principale teatro delle operazioni, il Donbass. A differenza dell’offensiva fallita per circondare Kiev, qui le linee di rifornimento russe sono molto più brevi e più facili da proteggere. È vero che le forze ucraine sono pesantemente fortificate e hanno costruito le loro posizioni negli ultimi 8 anni di guerra, ma chiaramente rischiano di essere tagliate fuori e circondate. L’avanzata russa procede a passo di lumaca, ma comunque continua.

In questo momento, la principale linea naturale di difesa ucraina nel Donbass è il fiume Siverskyi Donets, ricco d’acqua, e che i russi hanno tentato di attraversare in diversi punti. Finora sono stati respinti, ma prima o poi ci riusciranno. Severodonetsk è già circondata su tre lati e rimane solo una strada verso il territorio controllato dall’Ucraina. È probabile che questa strada sia già sotto il controllo del fuoco russo, o lo sarà molto presto, il che significa che le forze ucraine nella città non possono ritirarsi facilmente. I russi sembrano concentrare tutte le loro forze in questo settore del fronte, così come nell’area ad ovest di Donetsk (intorno ad Avdeevka), mentre mantengono la posizione a Kherson e Zaporizhya.

L’avanzata ucraina a nord di Kharkov verso il confine russo è il risultato della ritirata delle forze russe e della rinuncia dei russi alla pressione in posizioni che non considerano più cruciali. L’obiettivo strategico chiave per le forze russe in quella regione sono le linee di rifornimento da Belgorod fino a Izyum, che dovranno difendere e fortificare dietro la linea naturale del fiume Siverskyi Donets, che scorre da nord a sud.

Nel frattempo, l’artiglieria russa continua ad attaccare le infrastrutture ucraine, le catene di rifornimento, i depositi di carburante e le rotte per la consegna degli aiuti militari occidentali in tutto il territorio. Stanno anche rafforzando la loro posizione sull’Isola dei serpenti, respingendo un attacco ucraino, in quanto ciò consente loro di controllare e tagliare le linee di navigazione dentro e fuori Odessa.

Morale delle truppe e opinione pubblica

Un altro fattore importante è il morale, sia quello dei soldati che combattono che quello dell’opinione pubblica più in generale.

In Ucraina si registrano già alcuni segnali di stanchezza verso la guerra, che si esprime in spaccature tra il governo e l’alto comando militare. Il 17 marzo, il quotidiano israeliano Haaretz (che non è una fonte che possa essere accusata di essere filo-russa) ha pubblicato un rapporto molto interessante, che ha offerto una finestra sull’atteggiamento della popolazione ucraina nei confronti della guerra. Il giornalista, Nir Gontarz, ha viaggiato in auto da Kiev al confine polacco, fermandosi in più punti, e durante il viaggio ha cercato di parlare con quante più persone possibile. Ciò che riporta è quindi puramente aneddotico e non può essere preso come campione scientifico. È comunque molto interessante. Molti di quelli con cui ha parlato, inizialmente dicevano di sostenere Zelensky, poi nel corso della conversazione hanno aggiunto che potevano capire le motivazioni di Putin e hanno accusato le provocazioni ucraine per la guerra.

Per dire solo una delle tante conversazioni riportate nell’articolo, ecco le parole della proprietaria di un autolavaggio e dei suoi figli:

Zelensky ha molta la faccia tosta. Ovviamente capisco il presidente Putin. Non capisco perché non possiamo accontentarci della nostra democrazia così com’è. Perché dobbiamo farci del male e parlare costantemente dell’adesione alla UE e di un’alleanza militare con l’America?’ Dice queste cose solo dopo una lunga conversazione a cui prendono parte suo fratello e suo figlio. All’inizio, tutti e tre esprimono un sostegno incondizionato a Zelensky. Ma una volta stabilita un po’ di fiducia, il figlio dice: “Se l’Ucraina non avesse cercato di corteggiare i paesi europei come un gatto in calore, Putin non avrebbe iniziato questa guerra e non avrebbe colpito gli ucraini“.

L’invasione russa ha chiaramente creato uno stato d’animo patriottico tra ampi strati della società ucraina e molti si sono offerti volontari per unirsi alla Difesa Territoriale. Ma mentre la guerra continua, molti inizieranno anche a porsi delle domande. Se la guerra finisce male, con l’Ucraina costretta a fare concessioni territoriali alla Russia (l’intero Donbass, Kherson e gran parte di Zaporizhia per esempio) e con l’impegno a non aderire alla NATO, molti si chiederanno se siano valse la pena tutte le sofferenze e la distruzione, quando un accordo prima della guerra sarebbe stato migliore.

Negli ultimi giorni ci sono state proteste da parte dei parenti dei soldati e degli stessi soldati per l’invio di coscritti al fronte senza un’adeguata formazione né l’attrezzatura necessaria. Così a Khust, in Transcarpazia, il 29 aprile, le donne hanno preso d’assalto l’ufficio di arruolamento militare (vedi VIDEO) protestando per l’invio al fronte dei loro mariti, membri della Difesa Territoriale.

All’inizio della guerra, gli uomini si arruolavano in massa per la difesa. Gli fu assicurato che i loro doveri avrebbero incluso solo la difesa della loro regione. E ora verranno inviati in prima linea. Ora, quasi cinquecento uomini che non hanno ricevuto l’addestramento militare necessario devono essere trasferiti nell’est dell’Ucraina. Puoi anche “evadere” – per 3-3,5 mila dollari“, ha detto Irina Sayan di Khust ai giornalisti di Strana.

Il 9 maggio i soldati della 101ª Brigata della Difesa Territoriale (della Transcarpazia) hanno provveduto a pubblicare un video per denunciare la loro situazione. “Questa brigata è stata inviata al fronte, assolutamente impreparata. Il 90% di loro non è preparata. Le persone non sanno davvero come maneggiare una mitragliatrice e sono state portate direttamente in trincea. Due giorni dopo aver ricevuto la convocazione sei già nel Donbass”, ha spiegato a Strana il sociologo Yury Romanenko, sottolineando che anche a Uzhhorod si erano svolte proteste dei soldati.

In un resoconto a parte, Strana cita la moglie di un soldato sempre della 101a brigata:

Inna Salautina, moglie di uno dei soldati della 101a brigata, dice che le persone sono state ingannate fin dall’inizio, dicendogli che avrebbero servito e svolto compiti nella loro regione, cioè in Transcarpazia.

“‘In base a cosa sono state arruolate e inviate al fronte delle persone inesperte che non hanno superato la visita medica. Nello specifico: mio marito dopo aver avuto un infarto e con un cuore malfunzionante che necessita di un trapianto,’ si lamenta con noi Salautina“.

Secondo lo stesso rapporto la situazione è simile nella 57a Brigata:

“‘Dal primo giorno di guerra, hanno difeso la nostra Patria senza sosta. Senza armi, senza rinforzi. C’è l’inferno, e i nostri ragazzi stanno dietro a una mitragliatrice. Nessuno ci ascolta. Hanno preso i ragazzi senza visita medica, senza esperienza, senza addestramento. Sono esausti. Ogni giorno i bombardamenti arrivano dal cielo e da tutte le parti’, ci dice la moglie di uno dei soldati, Tatyana Primachenko.

La sorella del soldato Vadim Sidorenko della stessa brigata lamenta che anche lui è stato mandato al fronte senza un addestramento adeguato e senza riguardo per le sue cattive condizioni di salute.

‘È ormai da giorni che è nel bel mezzo della battaglia, combattendo sotto continui bombardamenti. Ai comandanti viene ordinato di andare in prima linea nelle stesse trincee abbattute dal nemico. I soldati sono demoralizzati, miracolosamente sopravvissuti ai bombardamenti e non sono soldati professionisti, ma seguono solo gli ordini. I ragazzi hanno bisogno di rinforzi urgenti e di appoggio di altre truppe”, si lamenta la donna”.

Ciò rivela significativi sintomi di demoralizzazione e stanchezza tra le truppe ucraine. Il risentimento si sta accumulando anche per la corruzione e per come questa sia collegata alla mancanza di equipaggiamento per le truppe in prima linea. La popolazione locale a Khust riferisce che funzionari degli uffici di reclutamento e arruolamento sono stati visti guidare auto estremamente costose, che secondo loro sono il risultato di tangenti pagate da uomini per evitare l’arruolamento. Inoltre “molti sono perplessi sul perché i soldati ancora oggi, nonostante tutta l’assistenza multimiliardaria dell’Occidente, debbano cercare da soli il proprio equipaggiamento”.

La situazione sta chiaramente preoccupando le autorità ucraine, al punto che il consigliere presidenziale Aleksey Arestovich, ha affermato che “ci sono molte domande sul fatto che i soldati vengono inviati al fronte non con otto anni di esperienza, ma con epilessia e sarcoma”. Arestovich li ha definiti “eccessi che mi fanno infuriare”. Si è espresso a favore di “rivedere tutte le persone (al fronte) nonostante motivi medici e smobilitarle o trasferirle in posizioni di non combattimento… Ci sono sempre più domande, non lascerò che le cose restino così. Sto iniziando la mia piccola Jihad. Sono furioso”, ha detto Arestovich.

La situazione in Transcarpazia ha le sue peculiarità. La regione ospita una consistente minoranza ungherese e sebbene abbia votato per Zelensky alle elezioni presidenziali, c’è stato un livello di astensionismo molto alto. La gente lì si è mobilitata contro le nuove leggi sulla lingua, che hanno visto come un attacco alle minoranze linguistiche, incluso l’ungherese. La regione confina con la Slovacchia e l’Ungheria ed è sede di reti di contrabbando che ora sono impegnate a organizzare l’espatrio di uomini che vogliono evitare la mobilitazione. La regione è stata già sede di proteste contro la guerra e di resistenza alla mobilitazione durante la prima fase della guerra nel Donbas nel 2014, la cosiddetta Operazione Antiterrorismo. Ma anche tenendo conto di queste circostanze specifiche, questi rapporti sono molto significativi e hanno sicuramente attirato l’attenzione delle autorità.

Tutto ciò ha portato ad aprire scontri e divisioni ai vertici della catena di comando. Ad esempio, si vocifera che l’Alto Comando dell’esercito abbia chiesto l’ordine di evacuare le truppe da Severodonetsk e di ritirarle in una posizione difensiva di ripiegamento, per impedirne l’accerchiamento. MaZelensky ha rifiutato la proposta e ora le truppe sono accerchiate.

Ci sono anche tensioni sulla sorte dei combattenti del reggimento Azov ad Azovstal, con pubbliche recriminazioni secondo cui la leadership militare e civile non hanno fatto abbastanza per garantire una catena di rifornimenti. Allo stesso tempo, Zelensky è cauto nel dare l’ordine di resa a queste truppe, poiché ciò potrebbe portare a una sfida aperta nei suoi confronti.

L’8 maggio, il consigliere presidenziale Arestovych ha rilasciato un’intervista in cui ha posto domande sul motivo per cui il sud è caduto così facilmente nelle mani della Russia subito all’inizio della guerra. L’implicazione era che ci fossero stati degli errori da parte della dirigenza militare: “Perché – dov’è l’incompetenza, dov’è il tradimento – questa è la domanda più grande. Si capirà e verranno sicuramente dati giudizi a tutti: sia ai sottoposti che personali, ai criminali e a tutto il mondo”. Questo era il suo modo di deviare le critiche dal presidente e dalla sua condotta nella guerra.

La risposta è arrivata il giorno seguente da Taras Chmut, direttore della Come Back Alive Foundation, che si dice sia vicino al capo del generale delle forze armate Valeriy Zaluzhnyy. In un commento feroce sulla sua pagina FB, ha detto: “Più ci si allontana dalla guerra a Kiev, più ci sono giochi politici. Alcuni iniziano a “cercare i colpevoli” e si preparano per la nuova stagione politica, mentre altri – i “franchi tiratori” – cercano, prevedibilmente, di trasferire la responsabilità di tutti gli errori sull’esercito”. Ha poi ricordato ad Arestovich che l’esercito sta seguendo gli ordini del presidente e quindi se qualcuno è responsabile è lui. “Nel caso qualcuno l’avesse dimenticato, gli ricordo che il delizioso caffè nella soleggiata Kiev viene fornito ogni giorno da centinaia di uomini e donne morti e feriti. Ogni giorno. E oggi, cercare tra loro i colpevoli non è assolutamente la migliore delle idee. I colpevoli non sono nell’esercito, sebbene ce ne siano e per questo chiediamo vengano individuati i nomi dei colpevoli nelle posizioni chiave negli alti uffici governativi che hanno fatto i bilanci e decidono la politica“.

Finché Zelensky può presentare un’immagine della guerra che sta andando bene, rimarrà popolare. Ma se la guerra si trascina e i russi avanzano nella battaglia per il Donbass, la facciata dell’unità nazionale può rapidamente crollare fra recriminazioni reciproche.

Nel frattempo, in Russia, la guerra di Putin è ancora ampiamente popolare. Si sono verificati episodi isolati di attacchi con bombe incendiarie contro uffici di reclutamento militare e anche sabotaggi contro istituzioni scientifiche legate al complesso industrial-militare. Ciò riflette la rabbia di un settore di giovani, la parte della società in cui il sostegno alla guerra è più basso, anche se probabilmente la maggioranza la sostiene. Naturalmente, in condizioni di pesante censura e repressione di qualsiasi punto di vista dissenziente, è difficile valutare la situazione reale.

L’escalation della partecipazione aperta dell’imperialismo statunitense alla guerra è un dono per la propaganda di Putin, che ha sempre sostenuto che si trattava di una mossa difensiva contro l’aggressione della NATO. Tuttavia, se la guerra si protrae, le truppe russe si impantanano e i sacchi per i cadaveri cominciano ad accumularsi, questo può anche lasciare il posto a uno stato d’animo di rabbia e malcontento. Questa guerra è una questione esistenziale per Putin. Tutto il suo regime dipende da questo e per questo utilizzerà tutte le risorse a sua disposizione per assicurarsi di poter ottenere un risultato che possa presentare come un successo.

 

Dalla guerra alla lotta di classe

Mentre la guerra va avanti e le ricadute economiche minacciano di far precipitare l’economia mondiale in una nuova recessione, ci può essere un riflesso sulla lotta di classe. Questo è un elemento chiaramente cruciale dietro alle dichiarazioni di Macron sulla necessità di negoziati, cosa che rappresenta una rottura pubblica con la strategia di Biden. È un presidente debole di fronte a un popolo francese arrabbiato e potrebbe essere disposto a qualsiasi tipo di tregua sul fronte dei prezzi dell’energia. Non è l’unico che può ritrovarsi in una situazione simile nei prossimi mesi.

Le ricadute economiche della guerra e l’aggravamento della crisi del capitalismo finiranno per avere un impatto anche sull’opinione pubblica statunitense. Proprio mentre il Congresso stava approvando 40 miliardi di dollari per la guerra in Ucraina, il paese è stato colpito a livello nazionale da una carenza di latte artificiale. Poiché l’impatto economico della guerra si fa sentire in un aumento del carovita, i normali lavoratori statunitensi (e altrove) si chiederanno, giustamente, perché si possono spendere decine di miliardi per una guerra in un paese lontano, per il profitto dei produttori di armi, mentre non si può nemmeno nutrire o dare una casa alla nostra gente? Questa è una ricetta fatta e finita per la lotta di classe e per l’opposizione agli obiettivi della guerra imperialista in Occidente.

In questo la posizione della cosiddetta sinistra nella maggior parte dei paesi è stata disgustosa. In questa guerra i governi “socialdemocratici” al potere sono tutti allineati all’imperialismo statunitense. Sia in Svezia che in Finlandia, i primi ministri “socialdemocratici” guidano la carica verso l’adesione alla NATO. In Gran Bretagna, il leader laburista Keir Starmer ha tentato di superare i guerrafondai dei Tory e ha minacciato di espellere chiunque metta in dubbio il ruolo della NATO. C’era da aspettarselo, dopotutto, non dimentichiamo che la guerra in Iraq è stata guidata congiuntamente da Bush e Blair. I riformisti di destra difendono sempre gli interessi della propria classe dominante imperialista quando si tratta questi ultimi sono in

Ciò che è più scandaloso è ovunque la posizione dei riformisti di sinistra. In passato avrebbero avuto una posizione pacifista (“coinvolgere l’ONU”, “rispettare il diritto internazionale”). Questa era una posizione senza speranza, poiché questioni fondamentali come la guerra e l’imperialismo non possono essere risolte con appelli alle istituzioni internazionali, ma solo con una lotta di classe antimperialista ferma. Tuttavia, offriva una parvenza di opposizione. Ora anche questo pacifismo contorto è stato gettato a mare.

Negli Stati Uniti, i parlamentari legatti ai DSA (Democratic Socialist of America) hanno votato tutti per l’ultimo pacchetto multimiliardario di aiuti militari per l’Ucraina. Anche il senatore Bernie Sanders ha votato e si è espresso a favore dell’imperialismo statunitense: “Penso che ogni giorno sia importante e penso che dobbiamo rispondere nel modo più forte e vigoroso possibile”. In Spagna, il ministro del Partito Comunista Yolanda Díaz ha appoggiato la decisione del governo di inviare armi in Ucraina, molte delle quali sono finite nelle mani del reggimento neonazista Azov. In Gran Bretagna, dopo la minaccia di essere espulsi dal gruppo parlamentare, i parlamentari della Socialist Campaign hanno ritirato le loro firme da una dichiarazione critica nei confronti della NATO. In Finlandia, l’Alleanza di sinistra, che fa parte della coalizione di governo, è divisa sulla questione dell’adesione alla NATO. In genere i suoi ministri sono favorevoli, anche se alcuni dei suoi parlamentari non lo sono. Qualunque cosa accada, l’Alleanza di Sinistra ha già detto che non uscirà dalla coalizione.

Questa situazione si riflette ovviamente sul lato della guerra, con il Partito Comunista della Federazione Russa, che era stato attaccato dal regime per la sua semi-opposizione prima della scoppio della guerra, si è dichiarato fermamente a favore dell’avventura imperialista di Putin in Ucraina .

La posizione di alcuni gruppi di estrema sinistra non è migliore. In Gran Bretagna, alcune centinaia di settari sono scesi in piazza sotto lo slogan “Armare l’Ucraina!”, come se Boris Johnson non stesse già facendo proprio questo! Questa è anche la posizione della cosiddetta “Quarta Internazionale”, che chiede “sanzioni alla Russia, armi all’Ucraina” aggiungendo in relazione alla questione dell’opposizione alla Nato che “non è questo il problema che si pone”. Portando questa posizione filo-imperialista alla sua ovvia conclusione, Murray Smith (un dirigente della Quarta internazionale) ha dichiarato: “parlare dello scioglimento della NATO come obiettivo immediato, come fa ancora parte della sinistra occidentale, non ha senso. È anche irresponsabile, perché lascerebbe indifesi i paesi dell’Est, ma anche i paesi scandinavi… In assenza di un’alternativa credibile, dobbiamo accettare lo status quo”. Ecco qua, secondo il compagno Smith, i socialisti devono sostenere la NATO! Che farsa!

Il sostegno, attivo o passivo, dei riformisti di sinistra alla propria classe dominante imperialista, è un completo scandalo in un momento in cui ciò che serve è una ferma opposizione. Al momento, abbiamo una situazione in cui in alcuni paesi sono i demagoghi di destra gli unici ad opporsi alla guerra, per le loro ragioni reazionarie.

Il compito dei rivoluzionari è quello di mettere in luce le vere ragioni dietro gli obiettivi imperialisti della classe dominante, squarciando la nebbia delle bugie e della propaganda con cui la guerra viene giustificata. La questione della guerra deve essere collegata alla questione del tenore di vita. In un momento in cui il costo della vita è in aumento, i governi stanno gettando miliardi di dollari nella spesa per gli armamenti, mostrando chiaramente quali sono le loro priorità. Una posizione del genere potrebbe non essere molto popolare all’inizio, ma prima o poi la nebbia della guerra comincerà a dissiparsi. Coloro che hanno mantenuto una posizione di principio fin dall’inizio saranno in una posizione migliore, una volta che si svilupperà un’opposizione di massa alla guerra e ai governi capitalisti che la conducono.

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