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31 Ottobre 2024500 milioni di tagli all’università – Scuola e università, serve un programma e piano di lotta!
In vista dello sciopero di scuola e università del 31 ottobre, pubblichiamo l’articolo sui tagli all’università dal n. 111 di Rivoluzione.
A questo link c’è il pdf del volantino che distribuiremo allo sciopero.
di Tomaso Perani
Approfittando della pausa estiva, la ministra dell’Università Bernini ha promulgato un decreto che, tra mancati incrementi e veri e propri tagli, riduce il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università italiane di ben 500 milioni di euro, pari quasi al 5% del totale, e mette nei fatti in discussione il diritto all’istruzione per tutti.
Dopo anni di tagli feroci, l’FFO era tornato a crescere seppur molto lentamente e rimanendo sempre insufficiente. La ministra inverte radicalmente la tendenza mettendo gli atenei in crisi per almeno due motivi. Primo: la diminuzione delle risorse mette a rischio il funzionamento stesso delle università e la possibilità di assumere nuovo personale sia docente che tecnico, amministrativo e bibliotecario, condannando gli atenei pubblici a erogare sempre meno corsi e servizi, a sviluppare meno ricerca e innovazione e a ritmi di lavoro sempre più elevati. In secondo luogo, la diminuzione dell’FFO rischia di far saltare il limite nel rapporto fra tasse studentesche e finanziamento ministeriale, che per legge non può superare il 20%.
Gli atenei dovranno quindi far fronte non solo a un calo dei fondi pubblici, ma anche al necessario abbassamento del contributo al bilancio che deriva dalle tasse studentesche, pena il dover risarcire gli studenti per le tasse indebitamente richieste. L’abolizione delle tasse universitarie è un obiettivo per il quale bisogna lottare, ma è chiaro che deve essere accompagnato a un maggiore investimento pubblico. L’unico risultato che si prefigge il governo è di ridurre sul lastrico i piccoli atenei, in particolare al Sud, e mettere in grossa difficoltà quelli più grandi.
Così, chi trae effettivo vantaggio sono le università on-line, che stanno diventando sempre più popolari grazie alla maggiore flessibilità e a un rapporto più favorevole tra numero di studenti e numero di docenti. Tuttavia ciò non si traduce in una maggiore apertura verso la classe lavoratrice favorendone la conciliazione studio-lavoro, ma nello svilimento della formazione trasformando le università in diplomifici e la figura dello “studente-lavoratore” in quella del “lavoratore-studente”. Solo i grandi atenei riusciranno a sostenere l’impatto di questa controriforma ma al prezzo di una contrazione dei numeri, e di un ulteriore aumento dei costi. Si torna così alle università come centri di formazione della classe dominante, come prima del ’68.
Questo attacco non può essere fermato sperando nel buon cuore della ministra o nel rispetto del prestigio accademico come vorrebbero i rettori, né chiedendo l’apertura dell’ennesimo tavolo di trattativa come vorrebbe la CGIL.
I lavoratori dell’università devono unirsi in una mobilitazione comune con gli studenti contro questo governo che da una parte taglia i fondi all’università e dall’altra aumenta la spesa militare. Il Partito Comunista Rivoluzionario sarà in prima fila in questa lotta.