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23 Maggio 2018Quando una legge riconosce un diritto fondamentale prima negato, la sua approvazione rappresenta una conquista, una vittoria, l’uscita da una situazione di barbarie che si vorrebbe considerare superata una volta per tutte. Quarant’anni fa la legge 194 era tutto questo ma nel suo anniversario c’è ben poco da festeggiare.
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Se il diritto di aborto sopravvive negli articoli della legge non altrettanto si può dire della realtà, dove nel migliore dei casi è un privilegio o un percorso ad ostacoli.
I numeri sono spietati: una media nazionale di oltre il 70% di medici obiettori che impediscono a quasi la metà delle strutture ospedaliere di garantire l’applicazione della legge. Dietro questa media ci sono regioni, come la Sicilia o la Basilicata, dove il tasso di obiettori sfiora il 90%; in Molise c’è un solo medico non obiettore, in interi territori il diritto di aborto non esiste.
L’indignazione schizza alle stelle quando a fronte di questi dati, certi e certificati, le relazioni del Ministero della salute sulla 194 inviate al parlamento non fanno che parlare di anno in anno di “copertura soddisfacente”… un’ipocrisia schifosa che si sbugiarda da sola: nella relazione del 2014 veniva considerato “soddisfacente” il fatto che le interruzioni volontarie di gravidanza venissero effettuate “nel 64% delle strutture disponibili, con una copertura soddisfacente (appunto! ndr), tranne che in due regioni molto piccole”, in quella del 2016 “soddisfacente” voleva dire che “solo” in tre regioni (“molto piccole”!) la percentuale di copertura di strutture che applicano la legge fosse inferiore al 30% e che nella maggior parte delle regioni fosse compresa tra il 30 e il 70%.
Ma se la 194 riconosce un diritto come si fa a definire “soddisfacente” una copertura inferiore al 100%?!
Basterebbe una sola donna che non riesce ad interrompere una gravidanza secondo la legge per dirsi insoddisfatti, e invece questo dato è drammaticamente peggiore, con una stima di 20mila aborti clandestini su base annua (dati Istat).
Si è del tutto persa inoltre la vocazione della legge rispetto alla promozione della prevenzione e della consapevolezza delle giovani donne attraverso la rete dei consultori. Pochi (poco più della metà rispetto alla copertura prevista dalla legge) e con poche risorse taglieggiate dalle scuri dell’austerità, solo il 6% dei giovani tra i 15 e i 18 anni pensa che funzionino nella loro provincia, solo il 4% si recherebbe in un consultorio in caso di gravidanza.
E come se non bastasse, immagini di feti giganti che tappezzano i muri delle nostre città vorrebbero anche ammonirci che dovremmo ringraziare per quel poco che è rimasto della 194!
Eh no! Non ci stiamo! Se gli anniversari sono occasioni per fare bilanci, allora questi 40 anni di 194 ci insegnano che:
– per difendere il diritto di aborto bisogna partire dal superamento di quelle crepe da cui si sono aperte delle voragini: il diritto di obiezione deve essere abolito!
– da fortini assediati rimasti a memoria di una missione fallita, i consultori devono essere rilanciati a livello capillare su tutto il territorio nazionale, pubblici, gratuiti, laici e con una gestione collegiale rappresentativa delle organizzazioni sindacali e dei movimenti delle donne presenti sul territorio.
L’esperienza degli anni ’70 ci dimostra come i diritti civili siano stati conquistati nel contesto di una stagione di lotte a livello generalizzato in cui si sono mobilitati tutti i settori sfruttati della società. Tuttavia oggi vediamo come sotto il capitalismo ogni conquista finirà sempre sotto il mirino. Oggi i consultori chiudono, i fondi per l’istruzione e la sanità pubbliche vengono falcidiati, si attaccano i diritti delle donne e delle persone lgbt, si alimenta il razzismo per dividere i lavoratori, si abolisce l’articolo 18, si precarizza il lavoro, si risparmia sulla sicurezza sul lavoro… La logica che soggiace a tutti questi attacchi è la stessa, la logica del profitto capitalista. Non esistono scorciatoie, non possiamo limitarci a chiedere le briciole, anche la difesa di un diritto fondamentale come quello all’autodeterminazione sul proprio corpo impone di rompere con questa logica e lottare per un sistema che la faccia finita con lo sfruttamento e l’oppressione!