Due Spagne allo scontro
19 Dicembre 2015La CGIL di Reggio Emilia vira a sinistra?
24 Dicembre 2015Uno dei portavoce del Partido popular, il partito di destra che era al governo in Spagna fino a ieri, appena sono stati resi noti i risultati elettorali ha descritto la Spagna come “ingovernabile”. È una definizione appropriata del paese, in questo momento.
I risultati delle elezioni hanno prodotto un parlamento estremamente frammentato che, come abbiamo spiegato recentemente, riflette la polarizzazione di classe e la radicalizzazione che si è prodotta nella società spagnola negli ultimi anni. Il sintomo più evidente di questi processi è l’irruzione sulla scena dei PODEMOS, il partito di sinistra, che ha rispettato le sue promesse di “remontada” (rimonta) ed ottenuto 20.66%, a solo un 1,35% dal Psoe, il partito socialdemocratico tradizionale, dando alla politica spagnola una grande scossa. Come ha dichiarato Pablo Iglesias, “La Spagna ha votato per un cambiamento del sistema” .
I risultati
PP (destra): 28,72%, 123 seggi
PSOE (centro-sinistra): 22,01%, 90 seggi
PODEMOS (sinistra): 20,66%, 69 seggi
Ciudadanos (populisti di destra): 13,93%, 40 seggi
Izquierda Unida-Unidad Popular (sinistra): 3,67%, 2 seggi
ERC (nazionalisti catalani di centrosinistra): 2,39%, 9 seggi
DIL-CDC (la lista della borghesia catalana): 2,25%, 8 seggi
PNV (il partito della borghesia basca): 1,2%, 6 seggi
Bildu (sinistra indipendentista basca): 0,87 , 2 seggi
CC (il partito dei regionalisti delle Canarie): 1 seggio
La prima cosa da notare è che il sistema bipartitico che era il fulcro del regime borghese costituitosi dopo la morte di Franco, dove il PP e il PSOE si alternavano al governo, e dove il PSOE fungeva da valvola di sfogo per la rabbia popolare contro la destra, ora è finito. L’ascesa di PODEMOS, determinata da un’ ondata storica di radicalizzazione, ha fatto saltare tutte le valvole di sicurezza della democrazia borghese spagnola.
Il PP ha perso 15,92 punti percentuali rispetto al 2011 – quasi 4 milioni di voti. Ciudadanos, che era stato artificiosamente gonfiato dai media e dai capitalisti, che hanno finanziato generosamente il partito per mesi, è andato inaspettatamente male. Nelle ultime fasi della campagna, molte persone hanno cominciato correttamente a considerarli come un partito reazionario di destra, creato come un potenziale sostituto per un PP in declino. Tuttavia, il PSOE non è riuscito ad intercettare nessuno di questi voti, perdendo 6,7 punti percentuali a partire dal 2011, equivalenti a oltre 1,5 milioni di voti.
È importante sottolineare l’erosione dei consensi al PSOE, uno sviluppo che in Spagna viene spesso indicato come “pasokizzazione” del partito, in riferimento al partito socialdemocratico greco Pasok, partito una volta forte ed ora quasi inesistente. A differenza del PASOK, il PSOE non ha – ancora – partecipato a nessuna coalizione con la destra. Quando era al governo, il periodo nel quale adottò chiare misure di austerità durò solo un anno e mezzo, dai primi tagli annunciati da Zapatero nel maggio 2010 fino al novembre 2011; molto meno del Pasok. Questa rapida erosione del PSOE, mentre è all’ opposizione testimonia la rapida radicalizzazione della popolazione spagnola in questi anni di mobilitazioni di massa e di lotta di classe. Il rinnovo della direzione del partito dopo le elezioni europee del maggio 2014, quando il vecchio e poco carismatico Pérez Rubalcaba è stato sostituito dal giovane Pedro Sánchez, non è riuscita a fermare il declino del PSOE. Le gravi difficoltà in cui si trova ora, non solo riflettono il fatto che la popolazione vuole regolare i conti con un partito che ha portato avanti l’austerità e che è stato coinvolto in numerosi scandali di corruzione, ma anche la comprensione di una parte importante della popolazione che i problemi della società spagnola non possono essere risolti attraverso le politiche “moderate” del PSOE, che non propone altro che una forma più lieve di austerità; ciò che viene richiesta è una trasformazione da cima a fondo della società.
Senza dubbio il partito che è visto come il veicolo per un cambiamento politico radicale è PODEMOS. Creato nel febbraio 2014, è cresciuta in maniera velocissima ed è arrivato terzo in queste elezioni. Nonostante il fatto che ha subito diversi mesi di stagnazione, fino un punto in cui i sondaggi lo indicavano quarto alle spalle di Ciudadanos, con circa il 10-15%, PODEMOS ha invertito questo trend con una potente campagna in cui ha usato una fraseologia di sinistra e di classe e ha fatto appello alla memoria collettiva di tutte le lotte degli ultimi anni. Nel suo ultimo comizio elettorale a Valencia, alla presenza di circa 12.000 persone, Pablo Iglesias fatto riferimento alle lotte degli anni 1930 e 1970, affermando che il linguaggio potrebbe essere cambiato da allora, ma rimangono gli stessi ideali, e ha dichiarato come il regime di Franco fu rovesciato dal movimento operaio. La presenza molto importante del sindaco Barcellona e attivista anti-sfratti Ada Colau durante l’intera campagna di Podemos era un’indicazione grafica di questo cambiamento. È stato sulla base di questa campagna che PODEMOS ha potuto recuperare il vigore del primo periodo. Anche se non è riuscito a superare il PSOE, il risultato è impressionante: 20,66%, 5,159,078 milioni di voti.
Ai risultati di PODEMOS dobbiamo aggiungere il rispettabile 3,68% di Izquierda Unida (IU), quasi un milione di voti – e dobbiamo tenere a mente che i suoi voti in Catalogna e Galizia, dove si trovava in coalizioni più ampie con PODEMOS e altre forze, non sono conteggiati in questa figura. La campagna, di Iu incentrata intorno al suo leader carismatico Alberto Garzón, che ha fatto appello a un chiaro voto di classe e di sinistra, è stata anch’essa in grado di mobilitare migliaia di persone. Il risultato, tuttavia, è il peggiore di sempre per la coalizione: è il prezzo che paga IU per gli anni di errori e per la cecità burocratica da parte della sua direzione.
Insieme, PODEMOS e Izquierda Unida hanno raccolto 576,073 più voti di PSOE. Questo sottolinea ancora una volta l’importanza dell’unità della sinistra, che non è stata raggiunta per colpa dagli interessi di bottega dei due apparati di partito. È importante trarre questa lezione per il futuro.
Chi ha votato per PODEMOS?
La ripartizione dei voti ci fornisce una fotografia della politica del paese. Dobbiamo scavare un po‘ più a fondo, però, per vedere le dinamiche reali in gioco nella società spagnola. La verità è che, come una nuova forza che sta nuotando con il flusso dei tempi, PODEMOS ha ottenuto i migliori risultati tra la classe operaia nelle grandi città e, anche se è necessaria un’analisi più dettagliata del voto, è da aspettarsi che, come prevedevano i sondaggi , PODEMOS sia emerso come la forza principale tra i giovani. Il PP e il PSOE hanno mantenuto la loro base tradizionale di appoggio nelle piccole città e nelle zone rurali. È importante ricordare che, soprattutto tra gli anziani e gli strati meno politicizzati della popolazione, molti continuano a vedere il PSOE come un partito di sinistra e progressista. La combinazione dei voti del PSOE, PODEMOS, Izquierda Unida e le altre forze più piccoli, come il ERC o Bildu (la coalizione della sinistra indipendentista basca), segna una brusca svolta a sinistra nella società.
PODEMOS e le sue coalizioni elettorali alleate hanno superato il PSOE nella maggior parte delle grandi città: Madrid, Barcellona, Valencia, Alicante, Saragozza, Bilbao, Oviedo, La Coruña, Palma de Mallorca, Vigo, Vitoria, San Sebastián-Donostia, Tarragona, Santa Cruz de Tenerife, ecc. Le uniche eccezioni per quanto riguarda le grandi città sono state Siviglia e Malaga, in Andalusia, dove il PSOE è storicamente forte.
Osservando il risultato più da vicino vediamo la composizione operaia del voto a PODEMOS. È il primo partito nella periferia industriale delle grandi città, le cosiddette “cinture rosse” in cui si concentrano i battaglioni pesanti della classe operaia spagnola: quartieri quali Rivas, Coslada e Parla a Madrid; Hospitalet del Llobregat, Santa Coloma del Gramenet e Terrassa a Barcellona; Pasaia a Donostia-San Sebastián; Paiporta e Paterna a Valencia e Barakaldo a Bilbao. In molti di questi luoghi PODEMOS ha ottenuto più del 30%. Anche in altre importanti circoscrizioni di sinistra, come Cadice e La Coruña, dove le liste unitarie sponsorizzate da PODEMOS avevano vinto le elezioni amministrative di maggio, abbiamo visto risultati impressionanti per PODEMOS.
Queste fredde cifre, tuttavia, non riescono a dare un quadro completo delle forze di classe che sono scese in campo. L‘affluenza è stata del 3% più alta rispetto alle ultime elezioni nel 2011, ma questo aumento è stato molto irregolare. I dieci comuni con una popolazione di oltre 100mila abitanti dove l’affluenza alle urne è aumentata di più sono stati: Santa Coloma de Gramenet, Cádiz, Barakaldo, Donostia-San Sebastián, Getafe, Vitoria-Gasteiz, Vigo, La Coruña, Terrassa, Hospitalet de Llobregat. Come si può vedere, tutte queste sono zone operaie che hanno votato in massa per PODEMOS.
Al contrario, i dieci comuni con una popolazione di oltre 100.000 in cui la partecipazione è scesa di più in confronto al 2011 sono stati: Granada, Gijón, Mataró, Alicante, Huelva, Córdoba, Murcia, Badajoz, Jaén, Cartagena. Queste sono tutte piccole città di provincia, basate sul turismo e l’agricoltura, e sono bastioni tradizionali del PP.
Queste cifre sono rivendicate dai resoconti sul campo, che parlano di seggi strapieni in quartieri popolari, come Nou Barris a Barcellona, dove la gente era piena di entusiasmo, e di altri seggi semivuoti con elettori di destra anziani e nervosi in quartieri come San Juan a Alicante. L‘affluenza è diminuita più nettamente nelle piccole città dell’Andalusia, la roccaforte del PSOE.
Tutto ciò riflette una situazione dove la classe operaia delle città è all’offensiva mentre la piccola borghesia e la popolazione che vive nelle campagne è confusa e demoralizzata. L’astensione nelle città di provincia roccaforti del Psoe suggerisce che molti elettori erano indecisi tra Psoe e PODEMOS, e che potrebbero essere conquistati da quest’ultimo in un prossimo futuro. In altre parole, il PSOE ha i giorni contati.
È importante notare che la legge elettorale spagnola è impermeabile all’astensione – ogni provincia riceve un determinato numero di seggi parlamentari a prescindere dall‘affluenza. Di questo hanno beneficiato le roccaforti rurali PSOE, dove l’astensione era alta, mentre le grandi città dove PODEMOS ha ottenuto un buon voto non sono stati premiate per avere un alto tasso di affluenza. Questo aiuta a spiegare perché tra i due partiti, che hanno ricevuto quasi lo stesso numero di voti, vi è una differenza scandalosa di 21 seggi in parlamento.
Forse il risultato più rilevante è stato in Catalogna, dove En Comú Podem, una coalizione tra Podemos, Izquierda unida e Barcelona En Comú (BEC), tra gli altri, ha ottenuto il maggior numero di voti. È arrivata prima nelle province di Barcellona e Tarragona. Ha fatto particolarmente bene nella città di Barcellona, dove ha ottenuto addirittura più voti di BEC, la coalizione di Ada Colau alle amministrative del maggio scorso, quando conquistò il municipio.
Come abbiamo spiegato di recente, in Catalogna PODEMOS si presentava come parte di un ampio fronte elettorale con altri partiti di sinistra e movimenti anti-austerità, denominato En Comú Podem, sotto la guida carismatica di Ada Colau, il sindaco di Barcellona e attivista anti-sfratti che si colloca a sinistra della direzione nazionale di PODEMOS. In effetti, la campagna di questo fronte è stato più radicale e basata su contenuti di classe di quella di PODEMOS a livello nazionale. La posizione sulla questione nazionale è stato inequivocabile, difendendo con vigore il diritto all’autodeterminazione della Catalogna, e a favore di un referendum obbligatorio sull’indipendenza un prerequisito per qualsiasi accordo di governo.
È importante sottolineare che DIL-CDC (Democràcia i Llibertat – Convergència Democràtica de Catalunya), il partito nazionalista borghese, guidato da Artur Mas, che è stato a capo del movimento indipendentista, è andato male in queste elezioni. È sceso da oltre un milione di voti nel 2011 a quasi metà ieri, ottenendo solo il 15% in Catalogna e arrivando quarto. I nazionalisti di centro-sinistra dell’ERC sono cresciuti in maniera importante, raddoppiando i consensi e arrivando a 600mila voti.
Tutto questo indica una svolta importante a sinistra nella società catalana. Come avevamo precedentemente spiegato, sotto la superficie della polarizzazione nazionale che ha segnato le elezioni regionali di settembre, si stavano accumulando forti contraddizioni di classe. Molti lavoratori e giovani hanno visto il voto per i partiti nazionalisti come una sfida al governo di destra a Madrid e a tutto l’establishment, e hanno votato per loro come modo di esprimere il loro odio di classe, piuttosto che per difendere una identità nazionale catalana.
Anche alcuni dei settori più conservatori della classe lavoratrice hanno votato per Ciudadanos a settembre, per paura di essere tagliati fuori dalla Spagna, nonché per esprimere il proprio disgusto per un demagogo borghese come Artur Mas.
Nelle elezioni di oggi, En Comú Podem, attraverso un linguaggio basato su contenuti di classe e con un programma per la trasformazione radicale della società, è stato in grado di intercettare gran parte del voto nazionalista progressista e anche il sostegno di elettori provenienti dal PSOE e da Ciudadanos. In Catalogna, il PP è arrivato sesto con solo l’11% dei voti.
PODEMOS è andato molto bene nei Paesi Baschi, arrivando primo assoluto nella regione, nelle provincie di Alava e Gipuzkoa (una roccaforte tradizionale della sinistra nazionalista) mentre in quella di Bizkaia, non è arrivato primo solo per poche migliaia di voti. Anche i risultati in Galizia, sono stati buoni. Qui PODEMOS si è presentato come parte di un fronte ampio, En Marea, che comprendeva i nazionalisti di sinistra del Xosé Manuel Beiras. En Marea è arrivato secondo in Galizia con il 25%, superando il PSOE e ha vinto nella città industriale di Vigo, la più grande, con il 34%.
Questo dimostra come nelle diverse nazionalità che compongono lo stato spagnolo vi è anche una forte tendenza alla ricerca di alleanze nel resto del paese per una lotta comune per i diritti nazionali e contro l’austerità.
Coalizioni traballanti
È stato aperto un vaso di Pandora. Un periodo estremamente interessante si apre ora in Spagna. Il titolo del Financial Times dopo i risultati è stato “La Spagna si dirige verso il disordine“. In effetti, l’instabilità e la lotta di classe sarà la norma nel prossimo periodo. La borsa spagnola ha reagito ai risultati subendo forti perdite, un metro affidabile dello stato d’animo della borghesia. Sarà estremamente difficile ora formare un governo. Il fallimento di Ciudadanos ha frantumato le speranze che una coalizione PP-Ciudadanos potesse avere la maggioranza assoluta. Ma la classe dominante ha bisogno di “stabilità”, cioè un governo forte, che possa continuare le politiche di attacchi e tagli di austerità del PP.
Ora ci sono tre possibilità principali. La prima è una grande coalizione tra il PP e il PSOE. Questa sarebbe l’unica forma di governo stabile, dal momento che contemplerebbe solo due forze che hanno lavorato insieme in passato (per esempio nel governo regionale basco) e, nonostante la loro ostilità verbale, sono storicamente i partiti di fiducia della borghesia. Avrebbero una chiara maggioranza dei 213 seggi su 350. Tuttavia, tale alleanza distruggerebbe politicamente il PSOE, e lo indirizzerebbe saldamente sulla via del PASOK greco. In effetti, tale linea è molto rischiosa, perché lascerebbe il regime borghese sguarnito sul suo fianco sinistro. Tuttavia, non è impensabile che i capitalisti cercheranno di fare pressioni per un accordo del genere, cercando di tenere fuori Ciudadanos per utilizzarli come una risorsa nel futuro. Già prima delle elezioni, la grande stampa borghese, riecheggiando fonti interne del PP, ha discusso seriamente la possibilità di sostituire l’attuale dirigenza PSOE di Pedro Sánchez con la presidente di Andalusia, Susana Díaz, che rappresenta l’ala destra del partito, per arrivare a un accordo con il PP.
La seconda opzione è un accordo tra il PSOE e PODEMOS, che avrebbe solo 159 parlamentari, 16 in meno della maggioranza, e dovrebbe quindi includere le forze aggiuntive di Izquierda Unida, ERC, Bildu, CC e, eventualmente, il PNV. Ciudadanos ha già messo in chiaro che non sono disposti a sostenere un governo con PODEMOS (a causa del loro “centrismo”). Questo sarebbe uno scenario molto instabile, che avrebbe bisogno di raggiungere maggioranze frutto di calcoli aritmetici complessi per far passare ogni legge. Ci sono anche importanti ostacoli alla formazione di un tale governo. Un referendum vincolante per la Catalogna, che, come detto sopra, PODEMOS ha reso il prerequisito per qualsiasi accordo post-elettorale, sarebbe una pillola difficile da ingoiare per il PSOE, che si è sistematicamente distinto per l’unità della Spagna. La presenza di En Comú Podem e la necessità di portare ERC in un patto del genere rendono questo punto irraggiungibile. C’è anche la riforma della legge elettorale, che sarebbe probabilmente una richiesta chiave di PODEMOS, e a cui il PSOE si oppone in quanto il sistema attuale lo favorisce in maniera significativa. Più in generale, il PSOE e PODEMOS hanno quasi la stessa percentuale di voti. Questo non sarebbe un accordo con i partiti più piccoli, come in Portogallo, dove la sinistra radicale del Bloco e il PCP rappresentano ancora una piccola minoranza, ma una alleanza con una forza significativa e in ascesa che sarebbe in grado di strappare molte concessioni dalla PSOE. La classe dominante si mobiliterà contro qualsiasi possibilità di accordo che coinvolga PODEMOS, e il PSOE sarà sotto una forte pressione per rifiutarla. Tutto sommato, anche se è ancora da vedere, questa opzione sembra molto poco plausibile.
Infine, la terza opzione è quella di tornare alle urne fra un paio di mesi. Pochi lo vogliono, soprattutto tra gli strateghi seri della borghesia, dal momento che difficilmente potrebbe risolvere l’impasse attuale, e anzi potrebbe peggiorare la situazione. Aprirebbe uno scenario greco di estrema instabilità. Il PSOE, in particolare, sente che sta perdendo consensi e vuole probabilmente evitare di tornare al voto. Tuttavia, nel giro di pochi mesi, il PP potrebbe sentirsi abbastanza forte da convocare nuove elezioni presentandosi come l’unico garante della stabilità, sperando di recuperare gli elettori persi verso Ciudadanos e altre forze.
Per la classe dominante, tutte le opzioni sono pessime. Questa situazione di stallo parlamentare rispecchia in ultima analisi, l’intensità della lotta di classe in Spagna, e il fatto che la classe operaia abbia messo la borghesia sulla difensiva.
Quale strada per PODEMOS?
PODEMOS dovrebbe ora passare all’offensiva e mettere il PSOE alle corde. Si dovrebbe insistere sulla cancellazione delle misure di austerità e delle leggi reazionarie del PP e rendere questa la pre-condizione per eventuali trattative di coalizione. Se il PSOE rifiuta, allora sarà ulteriormente esposto come un partito pro-austerità. La difesa del diritto di autodeterminazione nazionale dovrebbe essere un altro caposaldo dell’attività parlamentare di Podemos. Si dovrebbe cercare di mettere il PSOE sotto pressione in base di queste richieste, per mostrare alle masse che non c’è quasi differenza rispetto al PP.
Lo scenario più probabile è uno in cui PODEMOS sia il principale partito di opposizione nei prossimi mesi. In questo scenario, alcune cose sono importanti da capire. In alleanza con Izquierda Unida, PODEMOS avrebbe superato il PSOE. E ‘stato nelle regioni in cui PODEMOS ha realizzato ampi fronti dove è andato meglio. L’unità della sinistra non deve essere messa in pericolo di nuovo. Un’altra caratteristica importante è che nel corso dell’ultimo anno e mezzo, quando gli spagnoli sono stati chiamati alle urne più volte, l’attenzione delle masse si è rivolta al fronte elettorale. Tuttavia, la prospettiva di un nuovo governo borghese per il prossimo periodo potrebbe spingere la gente di nuovo in piazza, e potremmo assistere a nuovi cicli di protesta come nel 2011-2014. PODEMOS si dovrebbe mettere in prima linea in questi movimenti e sfruttare il suo enorme potere di mobilitazione nelle piazze.
Vi è, tuttavia, una lezione più generale da trarre dalle ultime settimane. Durante la campagna, Pablo Iglesias è riuscito a superare il periodo di stagnazione che aveva attraversato PODEMOS grazie ad un linguaggio radicale, basato su un contenuto di classe. Ha cominciato a parlare di nuovo della classe operaia, del socialismo, delle tradizioni rivoluzionarie dei popoli della Spagna. Anche la spinta a sinistra fornita da Ada Colau e da En Comù Podem è stata importante. È andata così anche in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2015, quando PODEMOS si è spostato a sinistra. Nel comizio della notte scorsa subito dopo i risultati elettorali, Iglesias ha detto: “Oggi abbiamo ancora una volta udito la voce della classe operaia, che ha conquistato i suoi diritti attraverso scioperi … la voce della repubblica, di Largo Caballero, di Companys, di Durruti, di Andreu Nin, di Salvador Allende … Mettiamo la democrazia all’interno dell’economia … La storia è nostra ed è la gente che fa la storia “.
Se Pablo Iglesias avesse usato questo linguaggio costantemente, non solo a poche settimane dalle elezioni, sarebbe diventato immensamente popolare. Sono discorsi come questi che gli hanno consegnato un seguito di massa, non proposte keynesiane per aumentare la domanda aggregata o a favore del quantitative easing, o la promessa di rimanere nella NATO. Iglesias ha ragione quando sottolinea che la classe operaia spagnola è di nuovo in piedi e che i risultati mostrano una brusca svolta a sinistra nella società. Se la direzione di PODEMOS cominciasse a spiegare pazientemente un programma di transizione al socialismo, basandosi sulla esperienza dei primi mesi di governo di SYRIZA in Grecia – prima che Tsipras cedesse alla Troika – guadagnerebbe l’attenzione di milioni di persone in Spagna e nel resto del mondo, e potrebbero preparare il terreno per una nuova rivoluzione spagnola in un prossimo futuro.