Stalin
15 Dicembre 2020La rivoluzione tradita – Lo Stato operaio, il Termidoro e il bonapartismo
17 Dicembre 2020La rivoluzione permanente
12,00 €
di Lev Trotskij
Brossura, cm 12×16,5
352 pagine
ISBN 978-88-87168-04-0
prima edizione: 2004, ristampa: 2022
La crescente aggressività dell’imperialismo mostra la sua incapacità di governare il mondo. L’imperialismo, la cosiddetta globalizzazione, non è altro che un sistema mondiale che genera enormi contraddizioni, miseria, barbarie e guerre.
Di grande sollievo è vedere, praticamente ovunque, una reazione popolare, di massa allo sfruttamento e ai dettami dell’imperialismo. È interesse del movimento operaio assicurarsi che questi movimenti si rafforzino e possano svilupparsi in un movimento rivoluzionario che ponga fine alla barbarie capitalista. Questa, in fondo, è l’essenza di un autentico internazionalismo proletario.
La rivoluzione permanente di Lev Trotskij, affronta proprio questo tema e offre una elaborazione teorica avanzata che, partendo dal dibattito acceso fra Trotskij e la burocrazia staliniana, getta luce su un tema volutamente oscurato nei decenni successivi. Ci preme infatti sottolineare che l’attualità di questo testo non deriva tanto dall’opportunità di ribadire la correttezza delle posizioni di Trotskij rispetto agli stalinisti, quanto dalla necessità urgente di chiarire l’importanza e la preminenza di uno sbocco rivoluzionario in senso socialista anche in quei paesi ipocritamente definiti “in via di sviluppo”.
L’opera è stata scritta da Trotskij nel 1929 in polemica con le “nuove teorie” della burocrazia stalinista, insediatasi a Mosca, i cui i primi esiti drammatici erano la sconfitta della rivoluzione cinese del 1925-27. I cardini di quella polemica erano rappresentati dalla critica alla “teoria del socialismo in un paese solo” e la “teoria delle due tappe”. La prima consisteva nell’affermazione secondo la quale il socialismo poteva consolidarsi in URSS a prescindere dallo sviluppo di rivoluzioni in altri paesi; la seconda, riproponendo la posizione menscevica nel dibattito di inizio secolo con i bolscevichi, sosteneva la necessità per i partiti comunisti di assecondare lo sviluppo del capitalismo e della democrazia borghese e di rimandare a una seconda imprecisata fase la lotta per il socialismo.