Non ci può essere pace sotto il capitalismo!

Medio oriente: guerra o pace?
2 Luglio 2025
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Non ci può essere pace sotto il capitalismo!

L’editoriale di Rivoluzione n° 119

 

Intervenendo in parlamento in preparazione del vertice NATO, Giorgia Meloni ha rispolverato il motto Si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace, preparati alla guerra. A questo inedito sfoggio di cultura ha replicato Elly Schlein, secondo la quale negli ultimi duemila anni il mondo avrebbe fatto “passi avanti nella risoluzione delle controversie”. Ora, non è chiaro in cosa consistano questi “passi avanti” alla luce di piccoli avvenimenti quali: le Crociate, le guerre di religione, le guerre dinastiche, le guerre coloniali, le guerre napoleoniche, le guerre nazionali dell’800, due guerre mondiali, la guerre di Corea e quella del Vietnam, le guerre arabo-israeliane, tre guerre del Golfo, le guerre di smembramento della Jugoslavia, la guerra in Afghanistan… e ci fermiamo per mancanza di spazio e per dare tempo a Elly Schlein di documentarsi con una semplice ricerca in rete.

Il patetico invito conclusivo della segretaria del PD è stato “se vuoi la pace prepara la pace”.

Pochi giorni dopo i capi di Stato della NATO riuniti all’Aja si sono impegnati ad aumentare le proprie spese militari fino al 5% del PIL entro il 2035. Il Segretario della NATO Rutte ha letteralmente sbavato davanti a Trump con un messaggio che persino il Corriere della sera ha definito “untuoso”, per poi paragonare il presidente USA al “paparino” che mette pace tra i discoli Iran e Israele.

Non inganni l’aria grottesca da pantomima: questi signori (e signore) sono dei burattini, ma i soldi sono veri e le armi anche.

Sia pure con qualche furbizia e artificio contabile, per l’Italia si parla di un conto aggiuntivo di 450 miliardi di euro che porterebbe la spesa complessiva nel decennio vicina ai 900 miliardi. Con 110 miliardi annui la spesa militare equivarrebbe al doppio di quanto si spende per la scuola.

In nome del riarmo si metteranno da parte i vincoli europei e si faranno nuovi debiti. Le inflessibili “regole europee” che vengono usate come una ghigliottina ogni volta che si chiede un euro in più per le pensioni, la sanità o altre spese di utilità sociale, diventeranno più morbide del burro.

In prima linea nel riarmo europeo c’è la Germania, che prevede di aumentare di due terzi la spesa militare nel giro di cinque anni, arrivando a 162 miliardi di euro. Il cancelliere Merz ha detto esplicitamente di voler costruire il più forte esercito convenzionale d’Europa e parla di reintrodurre la leva per costituire una forte riserva, dato che i soli professionisti non basterebbero (e costerebbero troppo) per questo progetto.

Trump incassa non solo una vittoria politica, ma anche una prospettiva di lauti ordinativi per l’industria bellica USA, dato che una parte consistente delle nuove armi (per l’Italia si stima il 60%) sarà importata. All’interno della stessa UE non mancheranno scontri feroci per assicurarsi qualche fetta della lauta torta.

La corsa al riarmo accelera bruscamente, e non sarà l’ultima volta. Sottotraccia rimangono partite ancora più pesanti, compresa quella della deterrenza nucleare.

Non si tratta di un attacco di follia collettiva, o di mania militarista. La borghesia europea sarebbe stata ben contenta di evitare di caricarsi di questo oneroso fardello. Ma è la logica inesorabile della crisi capitalistica che trascina tutti i governi su questo piano inclinato. L’equilibrio che aveva garantito una relativa stabilità alle relazioni internazionali (sia ben chiaro: una gerarchia creata con fiumi di sangue, con innumerevoli soprusi, violenze e prepotenze) è definitivamente alle nostre spalle. Nessun conflitto si risolve, tutt’al più si congelano allargando le loro contraddizioni ad un’arena più vasta. Nessuno può più fidarsi di nessuno, la regola diventa sempre di più mors tua, vita mea. Le potenze emergenti si armano per farsi spazio, quelle dominanti si armano per tenere sotto quelle emergenti, chi non sa dove stare si arma nel dubbio.

Più che mai valgono le parole scritte da Lenin nell’Imperialismo oltre 100 anni fa: quando la divisione del mondo non corrisponde più alla forza reale dei diversi imperialismi, l’unico modo di arrivare a una nuova divisione è con la forza.

Oggi lottare contro il riarmo, la guerra, il militarismo vuol dire necessariamente lottare contro il capitalismo, per rovesciare queste classi dominanti e il loro sistema che ci trascina verso la barbarie. È questo il programma dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria, della quale siamo la sezione italiana.

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1 luglio 2025

 

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