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Intifada fino alla vittoria!

L’editoriale del numero 102 di Rivoluzione

Dal 7 ottobre scorso, giorno dell’attacco di Hamas, si è scatenata una campagna mediatica senza precedenti da parte dell’Occidente “libero”. Ogni critica a Israele viene bollata come un attacco alla libertà e alla democrazia. Chi sventola una bandiera palestinese o indossa una kefiah viene accusato di essere un amico dei terroristi.

La storia sembra essere iniziata il 7 ottobre, ma non è affatto così. Il conflitto in Palestina dura da 75 anni. C’è un paese, Israele, che, sostenuto dagli Stati Uniti, principale potenza imperialista mondiale, ha privato un intero popolo, i palestinesi, della sua terra costringendone sei milioni all’esilio. Gli altri vivono nelle enormi prigioni a cielo aperto dei territori occupati, circondati da muri e filo spinato.

C’è un esercito, quello israeliano, dotato degli armamenti più moderni e sofisticati, che, prendendo a pretesto la “guerra al terrorismo”, ha deciso di trattare i residenti di Gaza come “animali” (definizione del ministro della Difesa israeliano), bombardando senza pietà ospedali, scuole, chiese, moschee.

Esistono dunque oppressi e oppressori. C’è un Davide e un Golia. Un esercito di occupazione e un popolo che resiste.

I comunisti non hanno alcun dubbio rispetto a dove stare: dalla parte dei poveri e degli sfruttati, i palestinesi e la loro resistenza.

Questo conflitto ha rivelato a tutto il mondo che per l’Occidente esistono due pesi e due misure. I governi degli USA e della UE hanno armato l’Ucraina fino ai denti contro l’invasione russa, invocando il diritto all’autodeterminazione. Per i palestinesi non solo questo diritto è carta straccia, ma a Gaza si negano anche cibo, acqua e luce.

Ci martellano di immagini e servizi sulle violenze efferate di Hamas, ma si girano dall’altra parte davanti al massacro quotidiano prodotto dall’attacco israeliano a Gaza, dove un bambino muore ogni quattro minuti e il 45% delle abitazioni sono già distrutte. E tutto questo prima dell’annunciata invasione di terra! Stando a Biden e alla Meloni, tutto questo fa parte del diritto alla difesa di Israele purché (ovviamente) esso sia esercitato in maniera “proporzionata”.

Ci ripugna questa morale imperialista di chi ha le mani sporche di sangue: Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, Yemen… per citare solo i crimini degli ultimi vent’anni!

Questo vuol dire che sosteniamo Hamas? Come comunisti abbiamo idee, programmi e metodi totalmente diversi. Non abbiamo mai appoggiato il fondamentalismo, di qualunque religione esso sia.

Ci concentriamo su un altro aspetto, per noi fondamentale. Come è stata possibile l’azione di Hamas? È il portato di decenni di violenza e privazioni sioniste e il prodotto del fallimento totale delle direzioni laiche e riformiste nella lotta per la liberazione della Palestina.

Se i rivoluzionari oggi hanno una possibilità di contendere a gruppi come Hamas la direzione del movimento delle masse palestinesi, è solo difendendo in maniera intransigente il diritto all’autodeterminazione della Palestina, rivolgendo il fuoco della critica verso l’imperialismo e le sue azioni in Medio Oriente, senza fare la minima concessione alla sua morale ipocrita. Chi a sinistra verrà considerato complice di Washington o Bruxelles troverà chiusa la strada verso il proletariato mediorientale.

Siamo dalla parte dei palestinesi. Lo siamo senza alcuna esitazione anche perché in questo conflitto il protagonismo delle masse, arabe ma non solo, costituisce il vero e straordinario elemento di novità. Ci sono state manifestazioni ripetute e imponenti, in ogni singola capitale del mondo arabo e musulmano, da Rabat a Teheran. In più occasioni i manifestanti hanno cercato di prendere d’assalto le ambasciate israeliane e americane o le basi NATO, come in Turchia. Spesso sono stati accolti da lacrimogeni e cariche da parte di quegli stessi governi che in numerose occasioni hanno tradito la causa palestinese, che tuttora, al di là di vuote parole di circostanza, non alzano un dito di fronte al massacro di Gaza e che per tali ragioni sono giustamente contestati dalle nuove generazioni che scendono in lotta.

Un protagonismo che non si è limitato al mondo arabo, ma ha riempito le piazze dell’Europa e del Nordamerica. La vera natura delle democrazie di casa nostra si è svelata ancora una volta quando, da Parigi a Berlino passando per Londra, si sono proibite le manifestazioni a favore della Palestina o si è fatto divieto di esporre simboli palestinesi. Ciò ha prodotto un effetto moltiplicatore per le mobilitazioni: la solidarietà verso la popolazione di Gaza e l’indignazione per la propaganda dei media si sono mischiate con la rabbia che milioni di giovani e lavoratori provano per una vita senza futuro fatta solo di guerre, privazioni e sfruttamento.

Se a questa radicalizzazione di massa i governi di tutto il mondo guardano con terrore, noi la accogliamo con entusiasmo. Il nostro compito sarà intensificare la campagna contro la guerra omicida di Israele, manifestare la nostra solidarietà alle masse palestinesi e preparare le condizioni per il rovesciamento delle nostre classi dominanti, che sono responsabili e complici della barbarie in pieno svolgimento a Gaza e in Cisgiordania.

1 novembre 2023

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